Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

30 settembre 2005

Se primarie dovranno essere

Personalmente ritengo che le eventuali primarie nella Casa delle Libertà sarebbero una cosa seria, con candidati “veri” e non con sparring partners compiacenti come quelli che si trova di fronte Prodi dove i due maggiori partiti non hanno candidato nessuno.

Ritengo peraltro che Silvio Berlusconi non abbia concorrenza nel cuore e nella mente dell’elettorato della Casa delle Libertà e che, pertanto, avrebbe uguale significato politico una investitura solenne da parte di una conventions degli eletti.

Detto questo credo che l’eventualità delle primarie potrebbe essere colta come una grande opportunità per lanciare il partito unico del Centro Destra.

L’elettorato della Casa delle Libertà è molto più omogeneo sia di quanto non lo siano i leaders, sia di quanto non lo sia l’elettorato della sinistra.

Da noi i Valori fondanti di una comunità sono ampiamente riconosciuti: sistema democratico, libero mercato, libertà individuale, garanzie processuali, libero pensiero, alleanza occidentale.

Da loro ci sono i no global, i pacifinti, i pauperismi ecoambientalisti, gli antistema stagionati, i comunisti (ex, post, neo, vetero), i cattocomunisti di sempre e queste sono solo le categorie più rumorose.

Ma per tornare all’eventuale opportunità delle primarie del Centro Destra guardiamo alla proposta organizzativa dell’Udc.

Può andare bene chiamare tutti gli elettori della CdL che si dichiarino tali e con liberatoria per il trattamento dei dati.

Può anche essere accettato il tetto massimo di spesa per i candidati (anche se a me sembra una prevaricazione).

Non va bene l’esigua somma (due euro) che si richiede per votare.

Non va bene perché una somma così insignificante potrebbe favorire infiltrazioni interessate.

Non va bene perché una cifra così esigua non potrebbe rappresentare il pagamento di una tessera del partito unico.

E infatti l’opportunità da cogliere sarebbe proprio questa: con le votazioni primarie, creare la base degli iscritti al partito unico del Centro Destra.

Una somma che corrispondesse maggiormente al costo di una tessera annuale di partito (ad esempio 50 euro per studenti e pensionati e 100 euro per gli altri) a fronte di una regolare iscrizione, con tanto di tessera, al partito del Centro Destra.

A fine primarie avremmo già gli elenchi degli iscritti pronti per svolgere congressi locali, ed eleggere, dal basso, gli organismi direttivi locali, in tempo per gestire le elezioni e questo senza annullare, per la prossima scadenza elettorale, le singole identità dei partiti.

Ed eviteremmo infiltrazioni organizzate da parte dei sinistri.


Se proprio si vogliono fare queste primarie, almeno che non restino un fatto avulso da un progetto complessivo e la scelta migliore sarebbe quella di utilizzarle per costituire la base del partito unico del Centro Destra: ci si iscrive e si vota.


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29 settembre 2005

Perchè il Bologna fa gola

Mi si consenta una breve digressione in campo sportivo.

Il Bologna, dopo la retrocessione sul campo e i tentativi di annullarla a tavolino, è stato messo sul mercato dal signore e padrone, Gazzoni Frascara (quello che fu l’Idrolitina e le Pasticche del Re Sole).

Il padrone del Bologna, detenendo la maggioranza delle azioni ha fatto un bel bilancino e ha detto: la squadra vale tanto.

Non ci interessa il valore di mercato e la disquisizione su come appostare a bilancio le quotazioni dei giocatori a libro paga.

Ci interessa rilevare che si è aperta la caccia alle azioni di Gazzoni che, in questo modo, riuscirà a realizzare un utile anche con una retrocessione: non è da tutti, tanto di cappello.

Ma da vecchio cuore rossoblu quel che mi interessa è che questa manfrina finisca presto, anche perché, nonostante le incertezze societarie, la squadra sta tenendo al di sopra di ogni prospettiva e con tre o quattro acquisti (se il nuovo proprietario avrà voglia di spendere) si potrebbe riuscire anche a limitare il purgatorio ad un solo anno.

Ma stamattina mi sono cascate le braccia.

Nella settimana in cui doveva essere presa la decisione finale, sono saliti a ben cinque i pretendenti alla mano rossoblu.

Tre indigeni:
il gruppo intorno a Cazzola (Motor show e proprietario della Virtus pallacanestro negli anni del dominio quasi assoluto);
il gruppo intorno a Giatti della Termal (sponsor della squadra campione d’Italia di pallacanestro: la Fortitudo Bologna);
il gruppo intorno a Sabatini (proprietario della attuale Virtus).

Due foresti:
il “Consorzio del Cimone” (modenesi alla ricerca forse della famosa Secchia);
i coniugi bresciani Soldo (viticoltori).

E si è aperta la lotta … o la lotteria.

E’ da segnalare che uno dei gruppi indigeni ha sponsor molto forti, tra i quali il sindaco sindacalista cremonese che, al grido di battaglia “il Bologna ai Bolognesi” (e perché allora Palazzo d’Accursio ai cremonesi ?) ha tenuto a ribadire più e più volte che l’unica offerta reale è quella di Sabatini.

Io non ho preferenze, se non che arrivi un presidente “ricco e scemo” che voglia spendere tanto e tanto per riportare il Conte Claro (nobile decaduto) del calcio italiano agli antichi splendori.

Ma i concorrenti guardano ad altro.

Sì, perché dietro la proprietà del Bologna ci sono gli europei del 2012.

Ci sono gli investimenti e i ritorni economici della idea di costruire un nuovo stadio attorno al quale creare una “città dello sport”.

Ci sono gli inevitabili finanziamenti pubblici ed europei da spartirsi, le commesse, gli appalti, le clientele (qui l’interesse dei politici).

Ma Bologna ha veramente bisogno di tutto questo ?

Quando costruirono il PalaMalaguti a Casalecchio di Reno, vi si trasferì la Virtus, mentre la Fortitudo continuò a giocare in Piazza Azzarita.
Adesso sembra che anche la Virtus ritenga troppo oneroso il PalaMalaguti.

Lo stadio, il Littoriale (ora Dall’Ara), ristrutturato tutto per i mondiali del 1990, è un piccolo gioiello.
36000 posti a sedere, almeno tre grandi parcheggi nei pressi dello stadio, un manto erboso che, forse, è il migliore in Italia.

Perché voler costruire una cattedrale nel deserto ?

Perché voler spostare il Bologna dal suo stadio di sempre ?

Ma soprattutto non sarebbero meglio spesi quei soldi per tenere pulite e asfaltate le strade ?

Scommettiamo che senza il miraggio del business “città dello sport” a volere il Bologna sarebbe solo chi è interessato, come dovrebbe essere anche in proiezione futura, al Bologna calcio ?

E che interesse abbiamo a costruire uno stadio nuovo, per un paio di partite (presumibilmente di qualificazione) e poi lasciarlo desolatamente a spalti semivuoti ?

Domande alle quali avremo risposte solo tra alcuni anni.

Nel frattempo speriamo che chiunque sarà il nuovo proprietario, metta, anche solo per il suo personale interesse in proiezione 2012, un po’ di passione e tanti soldi nel Bologna.




26 settembre 2005

Ecco perchè la sinistra ha paura

E non perde occasione per chiedere le elezioni anticipate, le stesse che quando era maggioranza non volle concedere pur cambiando 3 presidenti del consiglio (e candidando alle elezioni un quarto) e 64 ministri.

IN POLONIA VINCE LA DESTRA
VARSAVIA - I risultati ufficiali delle elezioni politiche in Polonia resi noti oggi dalla Commissione elettorale nazionale confermano la vittoria del partito di destra Diritto e giustizia (Pis) anche nel nuovo senato polacco.Dei 100 senatori 48 rappresenteranno il Pis, 27 saranno di Piattaforma civica (Po) e 10 di Samoobrona (Autodifesa), mentre altri 6 senatori saranno della Lega delle famiglie polacche (Lpr). Il Partito di contadini (Psl) avrà 4 senatori e l'Alleanza della sinistra democratica (Sld) solo 1 senatore. I rimanenti quattro seggi saranno per i senatori indipendenti. (Ansa ore 13,30)

Industria. A luglio +0,6% il fatturato e + 5,6% gli ordini in un anno
L'Istituto nazionale di statistica comunica che, sulla base degli elementi finora disponibili, nel mese di luglio 2005 l'indice del fatturato dell'industria, calcolato con base 2000=100 sul valore delle vendite espresse a prezzi correnti, è risultato pari a 115,8 segnando una variazione positiva dello 0,6 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il fatturato è diminuito dello 0,4 per cento sul mercato interno ed aumentato del 3,4 per cento su quello estero.L'indice degli ordinativi è risultato pari a 111,6, con un incremento tendenziale del 5,6 per cento. Gli ordinativi sono cresciuti del 2,0 per cento sul mercato interno e del 13,0 per cento sul mercato estero.Gli indici generali destagionalizzati del fatturato e degli ordinativi sono risultati pari, rispettivamente, a 107,2 e 106,4, presentando, nel confronto con il mese precedente, un incremento dell’1,8 per cento, il primo, e del 3,6 per cento, il secondo. (Istat del 26/09/2005)

Commercio estero. A luglio il saldo complessivo è pari a +2.387 mln di euro
Nel mese di luglio 2005, rispetto allo stesso mese del 2004, le esportazioni verso i paesi Ue sono aumentate dell’1,5 per cento e le importazioni dell’1,8 per cento. Il saldo commerciale è risultato positivo per 1.858 milioni di euro, a fronte a un surplus di 1.884 milioni di euro registrato nello stesso mese del 2004. Rispetto a giugno 2005 i dati destagionalizzati registrano in luglio un incremento dell’1 per cento delle esportazioni e del 3 per cento delle importazioni.Nei primi sette mesi del 2005, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, le esportazioni sono cresciute del 4,9 per cento e le importazioni del 4,1 per cento. Nello stesso periodo il saldo è stato positivo per 486 milioni di euro, a fronte di un passivo di 264 milioni di euro nei primi sette mesi del 2004.(Istat 23/09/2005)


Lungi dall’essere precipitati nel baratro, l’economia italiana si sta riprendendo.

E questo Governo ha agito senza mai mettere le mani nelle tasche degli Italiani.

Mese dopo mese le previsioni catastrofiste dei sinistri managramo vengono smentite dai fatti reali,non da percezioni spesso eterodirette.


Ecco perché Prodi, Fassino & Co. hanno una fretta diabolica di anticipare le elezioni.

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25 settembre 2005

Ma l'Italia è ancora una comunità statuale ?


Otimaster ha lanciato un , sasso in piccionaia chiedendo ai cittadini di Tocqueville perché tante bandiere a Stelle e Strisce e pochi Tricolori.

L’argomento è stato anche ripreso da Robinik

Nel Castello sin dall’inizio il Tricolore è affiancato alla Bandiera Americana e adesso ho provveduto anche qui .

Ma da un po’ di tempo mi domando se noi italiani, siamo veramente tutti Italiani.

La sempre maggiore divaricazione che ho riscontrato nel partecipare a forum e dibattiti con persone politicamente orientate a sinistra, mi hanno fatto riflettere se esiste ancora una Italia o se, invece, non ve ne siano almeno due.

Lo “stato” è una forma di aggregazione politica, che si fonda su elementi personali (la popolazione), reali (il territorio), costituzionali (la sovranità) e giuridici (le leggi).

Ma, soprattutto, deve fondarsi su valori condivisi e fondanti della comunità.

Siamo ancora nelle condizione di chiamare “statol’Italia spaccata in due tra sinistra e Centro Destra ?

Non mi sembra proprio.

Abbiamo in comune il territorio e la popolazione.

Ma con la unione europea di Prodi e Ciampi abbiamo rinunciato alla sovranità.

E l’elemento giuridico (le leggi) è soggetto ad un costante processo di delegittimazione da parte dello schieramento che si trova al momento all’opposizione, non riconoscendo all’altro la legittimità delle leggi che emana.

E’ questo ultimo punto quello più critico (la sovranità potremmo riprendercela con un semplice tratto di penna) ed è critico perché sono venuti meno i valori fondanti comuni.

Alessandro Manzoni nella sua ode “Marzo 1821” diceva delle italica gente, che era “una d’arme, di lingua d’altare, di memorie di sangue e di cor”, sintetizzando così con espressione forte e chiara quelli che sono i valori fondanti di una comunità.

Probabilmente un Alessando Manzoni del ventunesimo secolo avrebbe grosse difficoltà a definirci allo stesso modo ed a trovare elementi in comune, che non siano meramente formali e logistici.

Sì, abitiamo su uno stesso territorio.

Sì , abbiamo una lingua che, grazie al maestro Manzi e alla televisione, è sostanzialmente “una”, anche se spesso corrotta.

Ma siamo “una d’arme” ? Quando prima fu introdotta l’obiezione di coscienza ed ora quella cultura del mammismo, ha provocato continue contestazioni ad un impegno di grande significato morale e politico, come quello della missione in Iraq.
Ecco il primo punto sul quale c’è una insormontabile differenza tra Centro Destra e sinistra: il ruolo internazionale (quindi anche militare) dell’Italia che farebbe della nostra Patria (ed ha fatto in questi anni) una protagonista della politica mondiale e mancando il quale la ridurrebbe a comprimaria.
Oltre alla valutazione di merito su quelle che devono essere i posizionamenti nello scacchiere internazionale: altro punto sul quale il divario si allarga sempre più.

Siamo una “d’altare” ? Beh, su questo non c’è dubbio: no.
Una società che si è evoluta ha anche avuto l’opportunità di prendere conoscenza di alternative prima non esplorate dall’insegnamento della chiesa cattolica.
Inoltre comportamenti ed esempi non sempre edificanti di esponenti ecclesiastici hanno minato l’autorità morale della chiesa, aprendo la strada a correnti di pensiero atee ed agnostiche.
E se ancora una maggioranza (relativa) degli Italiani si considera appartenere alla chiesa cattolica, all’interno di questa maggioranza ci sono anche quelli che, con grande supponenza, considerandosi “cattolici adulti”, prendono strade ben diverse da quelle indicate dai pastori cattolici.
Ma, soprattutto, è il rifiuto di quelle, laicissime, nostre radici Cristiane (e Romane !)da parte di una metà circa degli italiani (quelli orientati a sinistra) nel nome di un internazionalismo del "volemose ben", ci porta a non essere "una d'altare".

Siamo una “di memorie” ? Anche su questo c’è da dubitare.
Se un tempo le divisioni del passato venivano sanate e lasciate alla Storia ed agli storici, la reiterata celebrazione (oltre tutto manipolatoria e mistificatoria di quello che fu un evento storico) di una data che simboleggia una sconfitta e una guerra civile, lascia poco spazio a ritenerci una “di memorie”.
E da lì discende una perfetta “storia parallela” che vede ancora Italiani contro Italiani.
E, cosa ancor più grave, una rivisitazione della Storia precedente che sembrava non solo pacifica, ma che anche aiutava a consolidare un idem sentire nazionale.

Siamo una “di sangue” ? Come possiamo esserlo se, come per la “memoria” continuiamo ad essere divisi da una guerra civile che ha fatto versare sangue, soprattutto “a bocce ferme”, con massacri che gridano ancora vendetta ? E come possiamo esserlo quando c’è una parte consistente della popolazione (e determinante per una eventuale vittoria della sinistra alle elezioni) che si trastulla nell’infame e abietto “10,100,1000 Nassyria” ?
Ma, soprattutto, come potremmo esserlo se c'è sempre quella metà circa della popolazione, che sostiene una politica di accoglimento che avrebbe il risultato principale di condurci ad un meticciato culturale e non solo, con l'abbandono della Tradizione ?

Siamo una “di cor” ? Purtroppo anche in questo caso, se per “cor” intendiamo l’aspirazione ad un medesimo obiettivo e risultato, siamo irreversibilmente divisi.
Come possiamo infatti sentire una comunanza con chi sceglie di aprire le nostre frontiere ad uno straniero che ci odia, che non vuole integrarsi, che viene con l’obiettivo manifesto di sottomettere la nostra Tradizione alla sua volontà, ai suoi costumi, alla sua religione ?
E come possiamo sentire una comunanza con chi pretenderebbe di vivere sul lavoro altrui, facendo intervenire lo stato in ogni aspetto della nostra vita sociale ?
Naturalmente il ragionamento funziona allo stesso modo dall’altro punto di vista.

A noi Italiani ormai non resta in comune che la carta di una identità che non abbiamo più condivisa, e solo fino a quando la rinuncia alla sovranità già operata non ci porterà ad avere anche un documento in tutto e per tutto uguale a quello dei cittadini di altre nazioni.

Naturalmente a noi resterebbe il Tricolore, per gli altri è sufficiente la bandiera rossa o quella arcobaleno.

E’ evidente che lo scontro di civiltà passa anche attraverso la nostra società e la divide con un baratro che ogni giorno si allarga sempre più.

Possiamo tornare alle origini di una comunità statuale, cioè l’unione di persone che insistono sullo stesso territorio e abbiano valori condivisi?


Forse bisognerebbe cominciare ad aprire un dibattito su quali soluzioni dare alle nostre divisioni e se ci possono essere punti sostanziali di condivisione, che peraltro io non sono riuscito a trovare, e dai quali ripartire per ricostituire una comunità condivisa.

23 settembre 2005

Unione nei fatti

L'Ansa delle 14,51 batte una notizia:

"
Ciampi nomina nuovi senatori a vita

Giorgio Napolitano e Sergio Pininfarina (ANSA) - ROMA, 23 SET - Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha nominato senatori a vita l'on. Giorgio Napolitano e l'ing. Sergio Pininfarina. Le nomine sono state motivate dal fatto che Napolitano e Paninfarina hanno illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale. I decreti di nomina sono stati controfirmati dal presidente del Consiglio Berlusconi, stamani al Quirinale. "

Se qualcuno aveva ancora bisogno di una prova della collusione tra i poteri forti, i vari salottieri buoni cresciuti all'ombra di Cuccia e della Fiat, e la sinistra ecco la dimostrazione che non è una invenzione.

Sergio Pininfarina è sicuramente un industriale di valore, ha creato ricchezze ed ha sicuramente "illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale".
E' stato anche parlamentare europeo (vado a memoria: credo nel gruppo liberale ed eletto dall'alleanza PLI-PRI) e presidente della Confindustria.

Tutto questo ha pesato nella scelta del signore anziano che dimora sul Quirinale (Palazzo che fu di Papi e di Re) e credo che, al di là delle indubbie qualità personali, abbia pesato la sua appartenza alla "società bene", a quella borghesia che la sinistra si è scelta come destra ideale, forse perchè la considera una borghesia debole e perdente e Pininfarina ricoprirebbe il ruolo della foglia di fico di queste nomine.

Infatti l'altro nominato è Giorgio Napolitano: Carneade, chi era costui ?

Probabilmente pochi sapranno chi è Napolitano e questo la dice lunga su quanto abbia "illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale".

Uno dei tanti nella nomenklatura del Partito Comunista Italiano, assurto a improvvisa notorietà quando gli fu affidata la presidenza della Camera, primo comunista a ricoprire tale ruolo.

Non ha lasciato traccia di sè (a parte la firma su una legge sull'immigrazione) neppure come ministro degli interni, tanto che persino a sinistra pensarono bene di pensionarlo e di sostituirlo, cadendo dalla padella nella brace, con Rosa Russo Iervolino (pensate un po': il neo senatore a vita rimpiazzato dalla Iervolino, evidentemente considerata più capace !!!).

Finchè l'anziano signore che dimora sul Quirinale (Palazzo che fu di Papi e Re) non ha deciso di riesumarlo.

E la domanda che ci si pone è: cosa mai avrà fatto di così "altissimo" Napolitano per meritarsi l'odierna nomina ?

Assolutamente nulla: è stato (e presumibilmente è ancora) un fedele devoto del PCI/PDS/DS e così hanno pensate bene di piazzarlo a Palazzo Madama vita natural durante.

Così l'accoppiata è fatta: un liberale (rappresentante della destra, secondo loro) e un comunista (a rappresentare la sinistra).

Sancendo anche la "santa alleanza" tra i "salotti buoni" e la sinistra che ambisce ad esservi accolta.

Tutto questo mi ricorda tanto i regimi dell'est europa quando erano oppressi dal comunismo: le loro elezioni farsa avevano sì dei partiti di "opposizione", ma di una "opposizione" che era scelta dallo stesso partito comunista.

Con tutto il rispetto per Pininfarina, la cui storia personale è monda da ogni ombra, mi sembra che gli epigoni del comunismo italiano cerchino di riproporre la stessa storia, scegliendosi anche gli avversari.

22 settembre 2005

8 per mille: liberi di scegliere

Uno dei cavalli di battaglia dei laicisti contro la chiesa cattolica è l’opposizione all’8 per mille.

L’8 per mille è un contributo che viene trattenuto dal nostro reddito in uno con le imposte sul reddito e devoluto per scopi umanitari, culturali e di sostentamento del clero cattolico.

Trova la sua fonte nella revisione dei cosiddetti Patti Lateranensi firmati l’ 11 febbraio 1929, dal Duce con il Cardinale Segretario di Stato Vaticano Pietro Gasparri e che concludevano la querelle iniziata il 20 settembre 1870 con la liberazione di Roma dall’amministrazione del Papa Re.

In tali accordi, recepiti anche dall’ordinamento repubblicano, si prevedeva un compromesso in base al quale, riconoscendo all’Italia le terre che furono dello Stato Pontificio, lo Stato si accollava il sostentamento del clero attraverso lo strumento della congrua.

Il 18 febbraio 1984 vennero sottoscritti i nuovi accordi, aggiornati alle mutate condizioni generali e politiche, tra il cardinale Segretario di Stato Vaticano Agostino Casaroli e il presidente del consiglio Italiano Bettino Craxi.

Tra l’altro venne modificato il sistema del sostentamento al clero ampliando il concetto agli aiuti caritatevoli.

Il Vaticano accettò di mettersi in gioco, non ricevendo una somma fissa, ma una somma corrispondente all’8 per mille (che non è una tassa in più, perchè sarebbe comunque trattenuta dal nostro reddito) rapportato al numero dei contribuenti che avessero fatto l’opzione di scegliere la chiesa cattolica, piuttosto che lo stato o altre confessioni religiose.

In pratica se nessun Italiano firmasse nella casella della chiesa cattolica, questa non otterrebbe nulla.

Se l’opzione fosse esercitata da un solo contribuente e questi scegliesse la chiesa luterana, quest’ultima otterrebbe il 100% delle somme.

E’ un meccanismo democratico: la quota di chi non sceglie viene ripartita in percentuale alle scelte operate dagli altri contribuenti.

Chi la contesta dovrebbe, per coerenza, contestare ogni riparto proporzionale.

Ad esempio dovrebbe contestare il plenum del parlamento.

Poiché ad ogni elezione c’è almeno un 20% di astenuti, perché non ridurre del 20% il numero dei parlamentari ?Ma così non è, perché tutti abbiamo la possibilità e siamo messi nelle condizioni di scegliere e chi non lo fa a suo modo sceglie sapendo che la parte di sua competenza verrà ripartita in base alle scelte degli altri cittadini/contribuenti.

Quello che disturba i laicisti è che il 40-45% dei contribuenti Italiani continuino a firmare per la chiesa cattolica e che questa percentuale si accresca con le non scelte di altri.

Ma il difetto sta nell’incapacità delle altre confessioni e dello stato di apparire più credibili come beneficiari di quelle somme.

Ci hanno provato, i laicisti, a chiedere di non firmare per la chiesa o di firmare (trovata dell’ultimo anno) per un’altra confessione: inutilmente.

I cittadini contribuenti esercitano la loro libertà di scelta, consapevole e ponderata.

Magari si potrebbe discutere se non sia il caso di ampliare a scelte non limitate la destinazione di tale somma, ma qui si entra in un altro campo.

La chiesa ha avuto il coraggio di sottoporsi al giudizio dei contribuenti ed è stata premiata.


Forse è su questo che dovrebbero soffermarsi coloro che ne contestano il diritto a ricevere l’8 per mille: perché la chiesa cattolica, nonostante tutta la propaganda contraria, è ancora più credibile delle altre confessioni e dello stato ?

21 settembre 2005

Porta Pia non fa più ... breccia



Il 20 settembre 1870 i bersaglieri entrarono a Roma, ricongiungendola al resto d’Italia e lasciando al Papa Re la sola cinta del Vaticano.

Mi sarei aspettato ieri, 20 settembre 2005, un florilegio di rimembranze da parte degli anticlericali in s.p.e., soprattutto dopo il referendum di giugno e le ultime esternazioni del Cardinal Ruini.

Invece solo oggi ho letto che un anziano signore che dimora al Quirinale, già sede dei Pontefici e dei Sovrani d’Italia, tra una liturgica benedizione per i ragazzi che tornano a scuola, un pistolotto sull’integrazione (ma il suo segretario tuttofare non gli ha detto che sono proprio i musulmani a rifiutarla ? Non gli hanno raccontato di via Quaranta ?) e gli amarcord stile nonno Venanzio del giornalino di Giamburrasca con i calciatori del Livorno, ha anche ricordato il 20 settembre di 135 anni fa.

Ho letto che quell’anziano signore ha posto i “paletti” tra Stato e Chiesa.

Strano, pensavo che i paletti fossero stati posti da un pezzo e conosciuti da ancor prima e la formula cavouriana del libera Chiesa in libero Stato li sintetizzasse al meglio.

L’oblio che oggi si stende sul 20 settembre, lungi dall’essere un fatto negativo mi induce a sperare che anche altre ricorrenze che dividono gli Italiani e che ora sono celebrate con rulli di tamburo e dando fiato ai tromboni della retorica, possano gradualmente diventare fenomeni di nicchia e di amarcord da nonni Venanzio.


E se avete capito che mi riferisco al 25 aprile … avete capito bene !

20 settembre 2005

Don Camillo e il Peppone in trentaduesimo

Giovannino Guareschi aveva ambientato a Brescello, in provincia di Reggio Emilia, nella bassa padana, le sue fortunate storie di Don Camillo, il parroco anticomunista tutto d’un pezzo e Peppone, il sindaco comunista suo antagonista.

Oggi dobbiamo accontentarci di un Don Camillo (Ruini) di razza, ma di un Mortadellone che di Peppone ha solo la stazza e le velleità, mancando del tutto la coerenza, le radici (anche se gira le feste dell’unità arringando le “care compagne, cari compagni” …) e, soprattutto, la straordinaria simpatia di Gino Cervi (l’unico, vero Peppone) che, non a caso, fu consigliere regionale del Lazio per il … Partito Liberale Italiano (quello vero, di Einaudi, Martino, Malagodi e Bignardi, non quello portato alla tomba da Zanone !).

In effetti, ancorché su una materia marginale perché esclusivamente ideologica, abbiamo una figura carismatica, Don Camillo (Ruini) nato a Sassulo (provincia di Modena, terra padana) contrapposta a quella di un autodefinito “cattolico adulto”, il Peppone da Scandiano (provincia dei Reggio Emilia).

Don Camillo in questo caso assume un ruolo morale e al tempo stesso di garante delle norme costituzionali dello stato laico, dove all’art. 20 (della costituzione nata dalla resistenza antifascista bla bla bla) afferma che “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e all’art. 31La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia…”.

Norme che possono essere equivocate solo in modo truffaldino.

Don Camillo sostiene quindi le norme laiche di uno stato laico riaffermando i principi di un diritto naturale che trascende l’uomo e trascende il suo essere cristiano, buddista, agnostico o ateo.

Il Peppone da Scandiano, invece, vola molto più basso, anzi direi non vola affatto.

Lui ha in mente due scadenze per le quali ha assoluto bisogno dei voti di una sinistra estrema (rifiutata in Germana persino da un socialista) sia per vincere in modo convincente le primarie farsa della sinistra, sia per poter sperare di tornare a posare i suoi chiapponi sulla poltrona di palazzo Chigi.

E così da lui udiamo non proposte lineari, argomentate con chiarezza, ma farfugliamenti sconnessi, dai quali si cerca di estrapolare un qualche senso.

Così dal cilindro esce la proposta dei cosiddetti pacs, una sorta di matrimonio di serie “b” per le coppie di fatto.

Davanti alle obiezioni anche di parte dei cattolici ( presunti tali) allineati a sinistra, precisa: non si parla di matrimoni omosessuali.

Allora si parla solo di coppie di fatto eterosessuali !

Ma, allora, che bisogno c’è di appesantire le nostre norme legislative con un matrimonio bis ?

Oggi il divorzio è facilmente conseguibile e le unioni di fatto sono una libera scelta di due soggetti che potrebbero sposarsi, scegliendo anche il regime (comunione o separazione dei beni) che più ritengono idoneo.

Insomma, il matrimonio, tutelato dalla costituzione (sempre quella, nata dalla resistenza etc. etc.) è alla portata di tutti e chi sceglie di non sposarsi, lo fa, per l’appunto, per scelta: allora perché intervenire con norme matrimoniali su chi ha deciso di non sposarsi ?

Avrebbe un senso se fossero comprese le coppie omosessuali, ma il Peppone da Scandiano ha farfugliato che non di questo si trattava … o forse sì ?


Ah, abbiamo un Don Camillo degno di Guareschi, ma quanto ci manca un vero, dignitoso, serio Peppone !

19 settembre 2005

L'ultimo repubblichino


Carlo Mazzantini è autore coerente che ci ha raccontato la guerra civile dalla parte dei vinti.

Prima di Pansa.

Mazzantini è un ottimo autore, trascurato per il suo “peccato originale”: non ha tradito.

Dopo l’8 settembre, quando tutta una serie di personaggi che Mazzantini ricorda, con un rapido giro di valzer passarono dalla mistica Fascista a bandiera rossa, lui rimase coerente e, volontario, andò a combattere per l’Onore, per la Patria, per il Duce ma, soprattutto, per se stesso, per potersi guardare allo specchio senza vergognarsi.

E questo Mazzantini, ben prima di Pansa, ha raccontato: “A cercar la bella morte”, “I balilla andarono a Salò” fino a questo “L’ultimo repubblichino”.

Questo libro di appena 107 pagine per 10 euro è edito, come gli altri da Marsilio.

Ogni pagina sembra scritta con quella rabbia e quell’orgoglio che Oriana Fallaci, antifascista dichiarata, chiede all’Occidente nella sua e nostra battaglia contro l’eurabia.

E’ un libro che tutti dovremmo leggere per sapere, al di là della mitologia resistenzialista sorta dopo il 25 aprile che ci è stata propinata sin dai banchi di scuola e solo ora comincia a sgretolarsi davanti all’approfondimento storico scevro di ideologismi, come si addice a 60 anni dalla fine della guerra.

E’ un libro che non può non farci pensare: “io cosa avrei scelto” ?

Avrei scelto di “farmi furbo”, come Mazzantini ricorda gli veniva detto da quelli più “scafati”, o avrei scelto “la bella morte” ?

Avrei scelto di rimanere fedele ad un Re che scappava da Roma, o ad un Duce ormai in disarmo e ostaggio dei tedeschi ?

Col senno di poi, dice Mazzantini e concordo, è facile scegliere.

E Mazzantini ricorda anche che il 10 giugno 1940, quando il Duce arringò la folla, ad osannarlo c’era tutta Italia.


E c’erano anche Giorgio Bocca e Davide Lajolo, Arrigo Boldrini e Franco Modanino, Romano Bilenchi ed Elio Vittoriani e altri passati alla storia come antifascisti, ma ricordati da Mazzantini quando erano Fascisti, prima dell’8 settembre 1943.

18 settembre 2005

La labirintite di Casini

Casini ha la labirintite.

Non si potrebbe spiegare in altro modo gli ondeggiamenti suoi e del suo partito sulla riforma elettorale.

Furono proprio loro a porre come prima condizione per il rilancio della Coalizione di Centro Destra la riforma elettorale in senso proporzionale.

Hanno presentato loro una proposta contenente lo sbarramento del 4% e lo scomputo dei partiti che prendessero meno di tale percentuale dai conteggi per il premio di maggioranza.

Poi hanno cominciato a rimestare: no, niente sbarramento.

E adesso Casini ci informa che sì. la riforma sarebbe legittima, ma "serve più dialogo".

E con chi ? Con chi questo dialogo lo rifiuta a priori come fa sistematicamente Prodi ?

O con Fini che è, giustamente, irritato dai ripensamenti dei casinisti (sbarramento al 4%, no al 2, meglio nessuno sbarramento ...) ?

Questa storia del "dialogo" salta fuori ad ogni piè sospinto.

Dovremmo dialogare con un presunto islam moderato, dovremmo dialogare con gli stati canaglia, dovremmo dialogare con una opposizione che sprizza odio in ogni sua dichiarazione.

L'impressione è che Casini si sia accorto che, dopo aver fatto troppo il furbo con Berlusconi nella convinzione di poterlo mettere all'angolo e sostituirlo, gli è rimasto il cerino acceso in mano: rifiutato dalla sinistra (con cui vorrebbe dialogare) e senza più essere considerato affidabile dagli alleati del Centro Destra.

Da qui il suo (e dei suoi) senso di vertigine, che lo porta, ogni giorno, ad ondeggiare alla ricerca di una via d'uscita.

Tanto va la gatta al lardo ...

17 settembre 2005

Vite parallele: Fazio e Ciampi

Il titolo più corretto sarebbe stato “vicende parallele”, perché questa non è certo una biografia parallela di due burocrati che hanno passato la vita nelle dorate e ovattate stanze della pubblica amministrazione, ma solo un parallelismo tra gli ultimi comportamenti dei due signori in epigrafe.

Non ho però resistito alla tentazione di fare un richiamo a ben più famose “Vite parallele” (anche per la qualità dei personaggi allora presi in esame), anche se quei due non meritano certo la penna di un Plutarco e neppure una biografia seppur scritta solo da un Monsoreau.

Antonio Fazio, governatore a vita della Banca d’Italia, aveva un chiodo fisso: impedire che banche straniere si impossessassero di istituti italiani.
Per riuscire nel suo intento ha solecitato, venendo meno al suo ruolo di arbitro imparziale, il tentativo di scalata rispettivamente della Banca Popolare Italiana all’Antonveneta (ai danni dell’olandese ABN AMRO) e dell’Unipol alla BNL (ai danni della spagnola BBV).
Ci limitiamo qui a citare che, in entrambi i casi, Fazio, pur, come sembra, rispettando la lettera della legge, ha agito come giocatore in campo.
Unipol (compagnia comunista di origini e fiore all'occhiello della Lega delle cooperative rosse) è passata ai danni del BBV (vicino all’ex premier spagnolo Aznar di Centro Destra) senza suscitare particolari isterie.
BPI (in odor di Padania) ha subito attacchi a 360 gradi e ha dovuto lasciare il campo all’ABN AMRO (la banca vicina ai socialisti olandesi).
Per il suo tentativo di giocare la carta BPI, Fazio è stato crocefisso e sarà costretto a lasciare il posto da governatore della Banca d’Italia, senza gloria alcuna, anzi nella vergogna.
Fazio non viene però imputato per aver ricercato e stimolato l’Unipol a prendersi la BNL, ma questa è un’altra storia.

Carlo Azeglio Ciampi, invece, viene accreditato dalla stampa monocorde, come un “padre della patria” per aver fatto, sul versante politico, la stessa mossa di Fazio: invece di essere arbitro imparziale è sceso in campo sostenendo senza pudore alcuno, le ragioni di una squadra in campo.
Una squadra nella quale, tra l’altro, lui stesso ha giocato come ministro del tesoro fino all’elezione al Quirinale.
Ciampi, infatti, non solo, durante tutta la legislatura berlusconiana, ha messo costantemente il bastone fra le ruote del Governo, rimandando cavillosamente due importanti riforme come quella sulle comunicazioni e quella sulla giustizia (obbligando il parlamento ad un doppio voto e facendo quindi perdere tempo ai legislatori), ma a pochi mesi dalle elezioni scende nuovamente in campo nel tentativo di impedire al parlamento di legiferare su materie di sua competenza, come la legge elettorale, ritenendola non importante per la nostra democrazia.
E non potrebbe essere altrimenti da parte di uno che non si è mai sottoposto al giudizio degli elettori, pensando evidentemente di essere stato presidente del consiglio, ministro del tesoro e presidente della repubblica, per grazia divina e intervento dello Spirito Santo.
Eppure, eppure, venendo meno al suo obbligo di imparzialità, in un campo ben più importante di quello in cui è intervenuto Fazio, Ciampi non solo non è stato crocefisso, ma viene citato ad esempio dai “ragazzi del coro” della stampa sinistra e portato in processione dalla nomenklatura dell’opposizione, in evidente attesa di poter gridare: “Ciampi, santo subito !”.

Come ha argutamente annotato Watergate2000 , se al posto di Ciampi ci fosse stato Cossiga, sarebbero piovute le richieste di messa in stato d’accusa .

Ma mentre Fazio non si è messo sotto l’ala protettrice della sinistra, Ciampi, della sinistra, fu anche ministro del tesoro ….

16 settembre 2005

Incentivo alla disoccupazione

La disoccupazione esiste, ovunque, da sempre.

Tecnicamente quando scende sotto il 4% di disoccupati di parla di “piena occupazione”.

In Italia i disoccupati sono quasi l’8% (tra i quali peraltro molti lavorano “in nero”).

In Francia e in Germania la disoccupazione è a due cifre (11 e 13 %) tanto che è proprio questo il punto che potrebbe far perdere alla sinistra di Schroeder la Cancelleria: 5 milioni di disoccupati, simbolo di scelte economiche sbagliate.

In Francia la famigerata legge sulle 35 ore lavorative non solo non ha risolto il problema della disoccupazione, ma ha sensibilmente ridotto la produttività delle aziende.

In Italia, invece, la tanto criticata (e peggio) politica del Governo Berlusconi ha consentito una progressiva riduzione della disoccupazione, portando al lavoro un milione e seicentomila persone.
Lavori seri, di cui il 73% a tempo indeterminato (alla faccia del conclamato precariato), che nulla hanno a che spartire con l’assistenzialismo improduttivo e clientelare degli LSU (lavori socialmente utili) di sinistra memoria.

Evidentemente c’è chi ha nostalgia della disoccupazione a due cifre e, nella foga di seguire sempre e comunque l’esempio francotedesco, prova a riportare l’Italia indietro nel tempo.

Rifondazione Comunista, partito determinante nella sinistra, con l’approvazione di tutta la sua coalizione ha presentato un progetto di legge centrato sull’erogazione di uno “stipendio” ai disoccupati, unito ad agevolazioni nei servizi (scuola, trasporti sanità, abitazione).
Incentivi anche ai datori di lavoro che assumessero tali persone.

Costo ? 13500 miliardi il primo anno, 27000 negli anni successivi.

Provate a dire con quali soldi la sinistra intende incentivare la disoccupazione (perché di questo si tratta: chi mai vorrà dannarsi ed adattarsi per un lavoro, magari faticoso, quando lo stato eroga sull’unghia 1 milioncino delle vecchie lire ?) e, soprattutto, il clientelismo elettorale ?

Bravi, indovinato: più tasse per tutti.

Il partito delle tasse è la sinistra.

Con Berlusconi sappiamo che le tasse diminuiscono.

Con la sinistra abbiamo la certezza, per averlo provato tra il 1996 e il 2001 e perché ce lo stanno dicendo ora in tutte le salse, che le tasse aumenteranno.

E aumentando le tasse, diminuirà la nostra libertà.

Ancora una volta, non è uno slogan è la realtà: meno tasse = più libertà.

15 settembre 2005

Linguaggio curiale ?

Oggi, sul quotidiano Libero , è apparsa una intervista di Laura d'Incalci a Monsignor Maggiolini, Vescovo di Como ed editorialista, significativamente intitolata: "Ma i gay vanno curati".

Il tema ? L'europa, la cristianità e anche la questione delle unioni di fatto.

Ho avuto il piacere di leggere che c'è ancora chi non ha paura di considerare alcuni omosessuali dei malati, da curare.

Ecco il brano di interesse dell'intervista che è linkata al titolo (almeno nella edizione ridotta):

La Chiesa ha sempre considerato il diritto naturale un punto di riferimento vincolante per chi detta le regole e organizza la società. In Europa si fa strada invece una concezione dello stato che riconosce ogni istanza sociale a prescindere da qualsiasi criterio di verità sull'uomo e di bene per la comunità. Zapatero insegna... e altri ricalcano le sue orme. Come giudica questa tendenza?
«Oggi, invece di riprendere la teoria - per altro saggia - del diritto naturale, si preferisce parlare di soggetto umano singolo o sociale. Come si nota, il discorso viene maggiormente soggettivizzato, ma arriva a conclusioni analoghe. E supera una certa concezione fisicistica della natura che oggi è mal tollerata. L'Europa è trionfalmente sulla strada della dissoluzione. Non si riesce quasi più a distinguere lo Stato dalla società. Non solo: si tende a trascrivere ogni desiderio - anche il più balordo - in termini di diritti. Così si arriva a uno stato che fa propria la morale dei singoli e delle "famiglie di senso". E questo meccanismo segue soprattutto gli istinti meno nobili. L'Europa deve essere vigile nella difesa dei valori fondamentali della persona e delle libere aggregazioni. Se no, moritur et ridet: sta languendo ed è convinta d'essere arrivata all'apice della gloria».

"Maschio e femmina li creò" diventa oggi un problema politico?
«È un problema politico. Lo è sempre stato. Le leggi statuali devono stabilire il minimo dovere da compiere per non ledere le persone o la società intera. Tenendo conto che la legislazione non solo recepisce, in parte, il costume diffuso, ma influisce sullo stile comune di pensiero e di vita».

A chi considera illiberale e discriminatorio il mancato riconoscimento dei matrimoni-gay cosa risponde?
«Rispondo che strutturalmente la persona è uomo o donna, e che la sessualità si pone come una forza enorme nel costituire la società. Se si svilisce la stima nei confronti della famiglia, alla lunga - nemmeno troppo - si hanno contraccolpi sui coniugi e soprattutto sui figli. La sessualità non è semplicemente fonte di godimento sensibile: è anche una responsabilità che si pone come modo di esprimere l'amore autentico. Va da sé che per attuare e addirittura per capire queste vedute, occorre una sensibilità educata secondo norme morali che includano e sono come giustificate dall'amore umano. Il matrimonio non è un'istituzione da combinare a piacimento. Molti omosessuali possono essere curati. Coloro che hanno l'omosessualità quasi come una seconda natura devono accettare la rinuncia alla famiglia che è fondata sul matrimonio»."

A volte si dice "linguaggio curiale" per indicare contorsionismi verbali tali da non far capire all'interlocutore quel che si pensa (se mai si pensa qualcosa).

L'intervista del Vescovo di Como sfata tale luogo comune.
Ed è una bella lezione di italiano, di morale, di chiarezza allo zapatero stagionato che da una settimana farfuglia sui Pacs, cercando di acquisire simpatie nella sinistra estrema, ma sempre più preoccupato di non irritare l'area cattolica.

Sia "no" il "no", sia "sì" il "sì".

14 settembre 2005

Badoglio o Niccolai ?

Stiamo parlando di Casini, ovviamente, le cui esternazioni e argomentazioni ci hanno posto simile quesito.

Per la cronaca Pietro Badoglio fu il responsabile dell’8 settembre 1943.
Infatti quando divenne presidente del consiglio il 25 luglio 1943 dopo la sostituzione del Duce, proclamò: “la guerra continua”, mentre già intavolava trattative con quello che allora era il nemico, all’insaputa degli alleati con i quali avevamo iniziato la guerra.
La sua figura è passata alla storia e gli inglesi coniarono un verbo apposito: to badogliate, per indicare un tradimento spregevolmente tramato nell’ombra.

Comunardo Niccolai, invece, fu (è) indimenticabile difensore del Cagliari anni settanta, quello di Gigi Riva, Ricki Alberatosi, Pierluigi Cera, Domenghini, Boninsegna, Gori … campione d’Italia.
Niccolai aveva una particolarità tutta sua: segnava da difensore, sì valanghe di gol nella … propria rete !
E se ai mondiali messicani del 1970 arrivammo in finale, la leggenda narra che sia stato merito di un provvidenziale infortunio che costrinse Valcareggi a sostituire Niccolai con Rosato.

Capite, quindi, che ogniqualvolta si sente parlare Casini o un altro dei suoi sodali, l’alternativa è una e una sola: ci sono o ci fanno ?

Irritano l’elettore del Centro Destra scientemente per “tirare la volata” alla sinistra (magari in cambio di un qualche cadreghino) oppure fanno autogol nella loro (che purtroppo è anche la nostra) rete perché hanno la natura del grande Niccolai ?

La stessa storia dei sondaggi è singolare.

Casini ritiene che sia reale il vantaggio della sinistra, quantificato da alcuni in una forbice che varia dal 9 al 12 percento, mentre i sondaggi in possesso del Premier parlano di una parità.

Ma, a ben guardare, quella forbice può essere realistica se la situazione di parità fosse alterata dalla fuoriuscita dei casinisti, accreditati di una percentuale tra il 4,5 e il 6 e che, passando da una parte all’altra provocherebbe quel differenziale.

Conti fatti senza l’oste: l’elettore centrista.
Abbiamo molti dubbi che sarebbe disponibile a consegnare l’Italia allo zapatero stagionato e alla sua confusa combriccola sinistra.

Casini: sei Badoglio o Niccolai ?

13 settembre 2005

Joseph McCarthy: come si inventa un mostro

Vi ricordate di Yalta ?
Sì, quella amena località balneare in Crimea dove si decisero gli assetti del mondo in previsione della sconfitta dell’Asse.
Sapete come il debole e malato presidente Americano Roosevelt chiamava il dittatore sovietico Stalin ? Zio Joe.

Se sapete questo, sapete anche che, nonostante la resistenza di Churchill, la terza guerra mondiale è derivata dalla debolezza di Roosevelt e dal tradimento di parte del suo entourage.
E ci è anche andata bene che, per il suo quarto mandato, Roosevelt decise per Harry Truman quale vice e non per Henry Wallace, Vicepresidente uscente e vicinissimo alle posizioni dell’estrema sinistra Americana.

Ebbene noi sappiamo che i sovietici, nel giro di pochi anni, riuscirono a coprire il gap della bomba atomica: come ?

Grazie allo spionaggio che si era infiltrato sin dentro la Amministrazione democratica di Washington.

L’innocenza raramente lancia urla di indignazione. La colpevolezza invece sì

La frase è di Wittaker Chambers, l’ex comunista Americano, che alzò il velo sulle attività antiamericane dei comunisti negli USA.

E chi ha lanciato, e continua a lanciare, grida più stridule di chi continua a dipingere il senatore Joseph McCarthy come un aguzzino ?

L’11 luglio 1995 furono resi noti i documenti con i quali si accertavano le responsabilità nelle attività spionistiche di Alger Hiss, Julius Rosenberg e I. F. Stone: McCarthy non era un visionario, era realista e aveva puntato l’indice contro chi si era infiltrato nella società Americana per fornire informazioni al nemico sovietico.

Ci furono degli eccessi ? Probabilmente sì, come sempre quando per fare pulizia è necessario incidere il tumore in profondità e vengono rimosse anche cellule sane.
Ma l’attività del senatore McCarthy fu tale da consentire di spurgare l’amministrazione di Washington dagli elementi inaffidabili e consentire al Governo Statunitense di affrontare gli impegnativi confronti con il nemico sovietico, senza allevare in seno troppe serpi.

La parabola del senatore McCarthy fu breve, ma sufficiente a ribaltare l’andazzo di Washington.

Oggi il nome di McCarthy viene ancora dileggiato dalla sinistra liberal e contro di lui si producono film che rispecchiano il “politically correct” che lo vuole un “mostro”.

L’articolo di Paolo Guzzanti linkato al titolo risponde con grande chiarezza alle mistificazioni della sinistra.

Se abbiamo vinto la terza guerra mondiale contro l’impero del male, l’Unione Sovietica, lo dobbiamo anche alla sua battaglia contro le infiltrazioni comuniste negli Stati Uniti.


Gliene saremo sempre grati e il Senatore Joseph McCarthy merita un posto di rilievo nel Pantheon dei Grandi della Libertà.

11 settembre 2005

11 settembre


L' 11 settembre 2001 è una data che rimarrà nella memoria e nella Storia della Civiltà.


Fanatici musulmani compirono un atto proditorio di aggressione, colpendo e assassinando vigliaccamente civili e non militari, aprendo quella che è la quarta guerra mondiale: quella contro il terrorismo islamico.


A chi è di memoria corta ricordiamo la data: 11 settembre 2001, due anni prima della liberazione dell'Iraq cui alcuni (in buona o mala fede che sia) attribuiscono la responsabilità del terrorismo musulmano.


Ma il terrorismo islamico, come abbiamo recentemente sintetizzato , risale ad almeno 32 anni fa, con l'omicidio degli atleti Israeliani alle Olimpiadi di Monaco 1972.


L'attacco dell'11 settembre 2001 è, dunque, l'atto violento che ha svegliato le coscienze migliori dell'Occidente.


Purtroppo i terroristi musulmani possono contare sulla complicità di chi, anche in Occidente, trova giustificazioni per loro, raccoglie finanziamenti, preferisce marciare contro le democrazie invece che contro i violenti.

La guerra sarà lunga, ma il ricordo delle vittime dell'11 settembre e di tutte le vittime di 32 anni di terrorismo musulmano, ci fanno gridare: non preavalebunt !

08 settembre 2005

Sex Bomb

Sembra che l'elezione di una musulmana a Miss Inghilterra, Hammasa Kohistani, sia stata presa molto male dai fondamentalisti islamici.



Così come non hanno gradito la partecipazione al concorso di altre 3 musulmane.

LONDRA - Per la prima volta una ragazza di religione musulmana è stata eletta Miss Inghilterra. «È un fatto storico e sono davvero orgogliosa. Spero di non essere l'ultima musulmana a diventare Miss» ha detto Hammasa Kohistani, 18 anni, che a dicembre aveva rappresentato l'Inghilterra al concorso di Miss Mondo. La premiazione si è svolta sabato sera all'Olympia di Liverpool. Corvina, poliglotta (parla sei lingue, tra cui russo e farsi), Hammasa è nata a Tachkent in Uzbekistan da genitori precedentemente fuggiti dall'Afghanistan. E' stata scelta tra 40 aspiranti reginette al termine di una competizione durata due giorni. Tra le 20 ragazze selezionate per la fase finale c'erano quattro musulmane.

IL «NO» DEI CONSERVATORI - Tra le favorite per la vittoria c'era anche Sarah Medley, ventitreenne irachena. E contro di lei si sono scagliati i leader musulmani più conservatori, chiedendo che la ragazza si ritirasse dal concorso. «È fuori discussione che una ragazza musulmana possa prendere parte in alcun modo a questo concorso di bellezza, perché è illegale» ha tuonato Hashim Sulaiman dell'Istituto Islamico di Liverpool. «Le uniche parti del corpo che possono essere esposte sono il volto, le mani e i piedi» ha aggiunto Sulaiman, non soddisfatto del fatto che Sarah, in ossequio alla propria fede, non ha sfilato davanti alla giuria in bikini, ma con un costume intero, stretto in vita da un pareo.


Alla faccia dell'integrazione.

Chissà che la voglia di apparire non possa essere la chiave che possa scardinare l'arteriosclerotica mentalità di tanti musulmani.

07 settembre 2005

Le nostre radici

Dopo il Novecento (2002-2003), l’Ottocento (2003-2004) e l’Era Antica (2004-2005) Il Giornale dal 29 agosto propone per la sua Biblioteca StoricaIl Medio Evo”: 50 volumi e 15 DVD per conoscere cosa è stata quell’epoca, spesso sottostimata o bistrattata, ma fondamentale per la formazione della nostra Civiltà.

Il primo DVD, sulle Crociate, conferma la positiva opinione che si è avuta dell’analoga opera relativa all’Antichità.

I titoli dei volumi contengono sia biografie (in relazione alle quali ho sempre diffidenza, poiché il biografo tende un po’ troppo ad “innamorarsi” del soggetto prescelto) ma anche pregevoli studi sulla vita del Medio Evo.

Per chi già è appassionato dell’epoca e, più in generale, della nostra Storia, una occasione per integrare la propria biblioteca: sicuramente troverà qualche titolo mancante.

Ma è la coincidenza (casuale o meno che sia) con l’epoca che stiamo vivendo che ci porta a rinnovare l’interesse per la Storia e per il Medio Evo.

E’ nel Medio Evo che, dopo la caduta dell’Impero Romano, gli europei devono far fronte alla nuova minaccia esterna: quella musulmana.

Le Crociate, dunque, che caratterizzano un lungo periodo, ma anche la lotta tra papato e impero e la formazione dei primi sentimenti nazionali.

Dopo la Civiltà del diritto, della conoscenza, diffusa dai Romani e conservata dalla Chiesa Cristiana, è la creazione delle Nazioni europee cui assistiamo con il Medio Evo, in attesa di avere tutte quelle altre scoperte, rivoluzioni e innovazioni che hanno fatto fiorire quella che è adesso la Civiltà.

Questa Biblioteca storica del Giornale, consapevolmente o meno, soprattutto in queste ultime due serie di pubblicazioni, con la Storia Antica e con il Medio Evo, ci riporta ad una questione che tiene banco nell’ultimo anno: le nostre radici.

E piaccia o meno al comunislam, piaccia o meno a Chirac, Schroeder e Zapatero, le nostre sono radici inequivocabilmente Romane e Cristiane.

Le pubblicazioni della Biblioteca Storica sono un’ottima occasione perché lo capiscano anche quelli le cui menti sono ottenebrate dal nichilismo relativista.

04 settembre 2005

Cow gays ? No, grazie !

Venezia è una vetrina per filmografari di vario genere.

Osannati liberals vi arrivano per presentare opere “impegnate”, naturalmente sorvolando sulle peggiori nefandezze del mondo, ma interpretando come devianze alcuni fatti datatissimi.
E’ per loro una sorta di lasciapassare per faraoniche opere di ristrutturazione nei loro possedimenti, senza finire sulla graticola della sinistra.

Poi c’è chi ha l’obbligo di dissacrare o di scandalizzare.
A tutti i costi.
Una forma mentis che difficilmente si supera anche quando si avrebbero idee per fare delle belle opere.

Ci voleva infatti molto a realizzare un film su un amore tra una donna e un uomo ?
Evidentemente, sì.

Forse pensando ad un target ben preciso (due lui o due lei, mano nella mano nel buio di una sala cinematografica dopo aver pagato un bel biglietto di ingresso: almeno non mi risulta esistano ancora sconti per omosessuali) che, a quanto si legge, sembrano tra i principali consumatori di simili prodotti di evasione dalla realtà, Ang Lee ha realizzato un film sull’amore omosessuale tra due cow … gays.

Che l’omosessualità sia … un vizio (direi io e la libertà di opinione è ancora un diritto), noto sin dall’antichità è un dato di fatto.

Ma far ruotare un film western su un amore omosessuale mi sembra una ricerca artificiosa della notizia, della visibilità.

E non si capisce se il film di Ang Lee voglia essere denuncia, spettacolo o semplicemente un prodotto di consumo fine a se stesso (come penso e ribadisco: finalizzato ad un target ben preciso).

Il Western non ha mai voluto mandare “messaggi” ma può ragionevolmente rappresentare la Forza del Bene.
Decadde quando lo si volle infarcire di “messaggiche ne svilivano il piacere di guardarlo.

Per fortuna il vero Western ha spalle robuste e se la serie Deadwood troverà presto la sua continuazione sul satellitare Fox, possiamo comunque appassionarci con film sempre verdi.

Quelli di John Ford, quelli con protagonisti veri, come John Wayne e Richard Widmark, e con le ballerine del saloon che, senza dubbio, sono un vedere migliore di un paio di cow gays.



Questo è l’unico Western (una scena di Soldati a Cavallo con John Wayne)




02 settembre 2005

Vicini con il cuore

Grazie a Lisistrata l'idea di dare un segnale di solidarietà agli Stati Uniti si concretizza.


Le possibilità di versamento sono sostanzialmente due:
la prima è quella che fa riferimento ad un'associazione di volontariato di cui Lisistrata è presidente e che si chiama A.L.V.I.N. - che possiede un conto corrente postale, e queste sono le coordinate per il versamento tramite bollettino: c/c n. 42410209 - Intestato a: A.L.V.I.N. Associazione Libera Volontariato - Viale Ungheria, 5 - 20128 MILANO

o l'accreditamento postale bancario, attraverso queste coordinate:
Naz. IT - Chek 63 - CN 0 - Cod. ABI 07601 - cab 01600
La seconda è quella di inviare le offerte entro una raccomandata o posta prioritaria, a:
A.L.V.I.N. Associazione Libera Volontariato - Viale Ungheria, n. 5 - 20138 - Milano

Dove sono i conti di solidarietà per l'America ?

Dove sono i conti della Caritas prontamente attivati per ogni disastro naturale e sui quali si possano versare somme a favore degli Stati Uniti colpiti dall’uragano Katrina ?

Dove sono gli “aiuti subito” del Corriere della Sera e TG5 a favore della Louisiana ?

Dove sono gli sms di solidarietà a favore del Mississipi ?

Dove sono tutta quella pletora di organizzazioni del “volontariato” che ad ogni cataclisma naturale si premurano di comunicarci numeri di conti sui quali far affluire denaro per i colpiti da tali disastro ?

In ogni disastro naturale (e non) gli Americani hanno sempre offerto aiuti e inviato mezzi per alleviare le sofferenze e per dare impulso alla ripresa.

Sempre in prima fila, gli Americani, con uno spirito umanitario che demolisce ogni critica relativa ad un loro presunto materialismo e infantilismo culturale, perché chi dimostra simile sensibilità verso altri esseri umani, dimostra, con i fatti, di avere un chiaro senso morale e una statura intellettuale che articolisti italiani in questi giorni neanche si sognano.

Gli Americani sono stati in prima fila ad aiutare anche nemici mortali come gli iraniani e i cinesi in occasioni di disastri come terremoti e alluvioni.

Ed è assolutamente ridicolo leggere articoli che interpretano, l’uragano che si abbattuto su Louisiana e Mississipi come una sorte di vendetta della natura perché … non è stato firmato un inutile protocollo di Kyoto.

E chi guarda soddisfatto alle devastazioni di Katrina ha il medesimo spessore morale di chi, l’11 settembre, ha pensato e scritto che gli Americani se l’erano meritata, ha lo stesso spessore morale di chi aiuta i terroristi nella loro opera di morte, ha lo stesso spessore morale degli Osama Bin Laden, degli Al Zarquawi.

A quelli augurerei, se fossi al loro livello di meschinità e bassezza morale, di vivere quelle stesse devastazioni sulla loro pelle e senza aiuti da parte degli Americani.

Ed è certo che se c’è razzismo in Italia è di chi, anche davanti a simili eventi, divide i popoli a seconda che si debbano o meno raccogliere aiuti.
E quando ciò accade significa che non esiste più una comunità nazionale.

Allora, nel silenzio delle associazioni che in queste circostanze solitamente già hanno il conto corrente pronto, accogliamo la proposta di Lisistrata per organizzare una raccolta di fondi da consegnare al Governo Americano come testimonianza di amicizia e solidarietà.

Ma l’iniziativa di Lisistrata, di cui daremo presto conto nello specifico, non ha certo un valore pratico, perché per quanto saremo in grado di raccogliere, sappiamo benissimo che sarà sempre poco e che gli Americani, popolo laborioso e che non si sofferma a piangersi addosso, sanno reagire e ricostruire, meglio di prima.

La raccolta ha una fortissima caratterizzazione morale: è un grazie che si vuole dire a voce alta agli Americani ai quali dobbiamo molto del nostro attuale benessere, della nostra sicurezza e della nostra libertà.

Grazie America. Grazie Bush.