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No alla deriva

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31 dicembre 2005

L'Uomo dell'anno

Quotidiani, riviste, periodici, telegiornali, alla fine di ogni anno si sbizzarriscono per indicare l’Uomo dell’anno.

Così, per non essere da meno (poiché, come scriveva Montanelliil miglior modo per avere importanza è darsene molta”) entro nel gruppo degli “autorevoli elettori” dell’Uomo dell’anno.

Le opzioni non mancano, ma la “nomination”, anche per le vicende emerse nella seconda metà dell’anno e soprattutto in questo dicembre, si riduce a cinque.

Il posto d’onore lo riservo a un Uomo che forse è un po’ blasfemo inserire in questa lista: il Papa Benedetto XVI, Joseph Ratzinger.
Mi è piaciuto molto il suo approccio al Soglio, mi piacciono molti dei suoi discorsi e dei suoi libri.
E’ un Papa colto, di spesso culturale forse tra i più alti e sicuramente maggiore dei suoi predecessori.
Sa parlare alla Fede, al sentimento, ma anche alla ragione, risultando convincente anche per tanti che Fede non hanno.
E se appena ascolto o leggo dichiarazioni dei vari Martini, Tettamanzi, Bertone, giù, giù fino ai Gallo e ai Vitaliano della Sala, mi richiudo nel mio agnosticismo, chissà che questo papa non possa accendere quella scintilla che in futuro potrà indicarmi la via della Fede.

Giulio Tremonti. Due anni fa sembrava spacciato. Silurato dal ministero, fuori dal governo.
Eppure non ha tradito Berlusconi e la Coalizione.
E il tempo – che è sempre un galantuomo – gli ha dato ragione.
Tornato prima al Governo come Vicepresidente, poi, a vele spiegate, nel “suo” ministero, ha aspettato che gli venisse servita su un piatto d’oro la testa del “nemico” Antonio Fazio.
Aveva ragione, il “Divo Giulio”, ha sempre avuto ragione lui e torto la sinistra e quei settori della Maggioranza che fecero quadrato attorno all’uomo di Alvito.
Giulio Tremonti merita sicuramente la nomination.

E a proposito dell’uomo di Alvito, una nomination la merita anche Antonio Fazio.
Era Governatore a vita.
Poteri amplissimi che, però, usati in modo maldestro (peraltro per sostenere un principio che potrebbe anche essere condivisibile: difendere l’italianità delle banche) stanno sortendo effetti disastrosi.
Per lui personalmente, costretto a dimettersi ed a consegnarsi alla gogna mediatica e per le tesi da lui sostenute.
L’Antonveneta è ormai nelle mani degli landesi e le vicende Unipol mettono a rischio anche l’Opa di questa sulla BNL.
Come a dire: una Caporetto senza Vittorio Veneto.

Al quarto posto nelle nomination entra di forza e di diritto Giovanni Consorte.
Suo il merito di aver reso “nudo” il “re” della sinistra che ormai è conclamata, urbi et orbi, priva di qualsivoglia legittimità ad imbracciare la “questione morale”.
Pecunia non olet.
E quando ci sono di mezzo i soldi la tessera di partito non conta assolutamente nulla.
La nomination di Consorte è un doveroso ringraziamento a chi ha messo il bavaglio a tutti coloro che, manicheisticamente dividevano la sinistra degli “onesti”, dalla Destra dei “disonesti”.
Noi lo sapevamo anche prima: adesso lo sanno anche coloro che credono ai coccodrilli che volano, purchè lo scrivano l’Unità, Repubblica e il Corsera.

Ma è il quinto nominativo che, anche per la natura di questo post eleggo “Uomo dell’anno”.
Grazie a lui sono state smascherate le pruderie politicamente bacchettone di vasti settori dello sport e della società.
Grazie a lui ci siamo riconosciuti in una battaglia, onesta, civile e pacifica, di Libertà.
Libertà di esprimere il proprio pensiero.
Libertà di esprimere le nostre idee.
Libertà di manifestarle con espressioni e gesti che non solo non sono aggressivi o violenti, ma anzi rappresentano fratellanza, cameratismo, apertura e pace.
Grazie a lui ci stiamo riappropriando di un saluto, quello Romano (che acidamente, ma sbagliando alcuni definiscono “Fascista”) che ci appartiene da millenni.

Paolo di Canio ce lo ha mostrato:
il saluto Romano non è peccato
.


***

Buon Anno
a tutti, in particolare ai miei coetanei, i bravi ragazzi del 1956, per i quali il prossimo, sarà l’anno del cinquantenario.

29 dicembre 2005

Il calcio nelle mani dei parrucconi

Sepolcri imbiancati: ecco quello che sono coloro i quali da un lato – arrogandosi qualità “liberali” che mostrano subito dopo di non avere – puniscono ripetutamente Paolo Di Canio, colpevole di un reato terribile , per il quale né amnistia, né indulto, né grazia, al confronto del quale l’esser stato condannato per rapine, omicidi o come mandante dell’assassinio di un Commissario di Polizia è infinitamente meno grave: rendere omaggio ai propri tifosi con il saluto romano !

Sepolcri imbiancati quelli che – dimostrandosi ignoranti delle regole del libero mercato – si indignano e chiedono leggi, queste sì ad personam, contro l’accordo commerciale tra Mediaset e Juventus.
Un accordo che, nel pieno rispetto di quella che è la domanda e l’offerta, fa incassare alla squadra di calcio (ahimè) più popolare e con il maggior numero di tifosi una ingente somma per la vendita triennale dei diritti televisivi delle sue partite.
Come se Mediaset dovesse sborsare altrettanti soldi per squadre che non garantiscono audience o come se la Juventus dovesse rinunciare a monetizzare il suo capitale di tifo calcistico.

Se il calcio si affiderà a simili parrucconi, non potrà guardare al futuro con ottimismo.

Se il calcio di siffatti parrucconi fosse lo specchio della società Italiana, non potremmo, tutti noi, guardare con fiducia al futuro prossimo.

Fortunatamente la società reale è ben diversa ed è quella che copre di ridicolo le iniziative "tana libera tutti" di Pannella che marcia a Natale per Roma con un centinaio di adepti, che al dibattito parlamentare fa risaltare le assenze anche tra coloro che l’hanno richiesto e che si rifiuta, con schiacciante maggioranza, di partecipare al Circo Barnum referendario.

E magari che, in futuro, coprirà di ridicolo le sanzioni del calcio italiano, magari eleggendo Paolo Di Canio in Parlamento, come rappresentante del diritto di salutare come si vuole, in piena Libertà.

LA PEGGIO GIOVENTU' V

OTTOBRE 1969 (parte prima)

1 Ottobre: Lombardia, atti di teppismo contro numerose industrie e maestranze che si recano al lavoro.

2 Ottobre: Roma attivisti filocinesi provocano incidenti alla sede della FIAT di Viale Manzoni.
Gravi incidenti ai Licei "Tasso" e "Mamiani"; occupata la scuola elementare "Angela Mauri". Incendiato un asilo al Quarticciolo.
Lombardia, aggressioni alla CO.GE.CO., alla Microtelco, alle Industrie Meccaniche Lombarde, alla Sarm ed all'Autobianchi.

3 Ottobre: Lombardia, altre aggressioni e danneggiamenti alla Carbonio, alla Oerlikon Italiana, alla Lago Marsino, alla Buti Stanislao, alla Crouzet ed alla Siry Chamon.
Roma, occupate alcune case sfitte.

4 Ottobre: Novara, occupata la fabbrica "Rumianca" di Pieve Vergonte.

5 Ottobre: Napoli, incidenti dopo un comizio.

6 Ottobre: Roma, comunisti aggrediscono studenti al Liceo "Virgilio", provocando 2 feriti.
Occupata la Facoltà di Magistero.

9 Ottobre: Roma, attentato contro una sede democristiana in Piazza Bologna.
Milano, oltraggi alle lavoratrici non scioperanti e saccheggi alla Carlo Vitali, alla F.lli Menin, alla L.F.L., all' Officina Meccanica Vimercati.
Genova, gli impiegati dei Cantieri Navali del Tirreno e Riuniti sono costretti a mettersi in salvo dalla furia dei dimostranti per mezzo di un rimorchiatore.

10 Ottobre: Torino, aggrediti operai e tecnici della FIAT Mirafiori; 118 feriti e 30 macchine distrutte. Altre aggrssioni alla FIAT Stura, un agente di polizia ferito. Devastati gli uffici della Lancia ed aggrediti gli impiegati.
Milano, aggrediti operai non comunisti alla Pirelli.
Ivrea, 15 impiegati della Olivetti feriti.
Napoli, dimostranti comunisti incendiano un Pullmann a Capodichino; altro incendio a Pomigliano d'Arco.

11 Ottobre: Roma, occupati 4 palazzi all'EUR ed al Quarticciolo.

13 Ottobre: Milano, invasione e danneggiamenti agli stabilimenti Philips, Sandwik, Carnovali, Sarrea, Microtelco, I.S.A., F.lli Pagani, Siat e Daves.

14 Ottobre: Lombardia, mentre è in corso l'incontro Donat Cattin- sindacati, invasioni notturne in numerosi stabilimenti: SGM, Vampa Combustioni, Moel, Ribon, Petit Pierre, Sarea, Dalmar, Rosacometta, F.lli Colombo.
Roma, ferito un vigile urbano da alcuni manifestanti di fronte al Campidoglio.
Milano, violenze contro operai ed impiegati che si oppongono allo sciopero; feriti 2 poliziotti.
Palmi (RC), attentato contro la casa del Brigadiere dei Carabinieri Giuseppe Princi.

15 Ottobre: Milano e dintorni, numerose industrie vengono assalite e danneggiate : Beiersdorf, Industria Vernici Italiane , Essex, Industria Chimica Bracco, Italver ed altre. Impiegati ed operai malmenati alla Davide Campari, alla Ditta Alma ed alla Creazioni Laura.
Sesto S. Giovanni, aggrediti i dipendenti della Cartografia Milano.


...continua...

28 dicembre 2005

Dieci libri per la biblioteca del Centro Destra

Iniziativa de Il Castello:

Si parla spesso di cultura e di predominio della sinistra.
Le librerie sono ricolme di saggi, pamphlet anche romanzi tendenziosi, schierati su un’unica linea: contro Berlusconi, contro Bush, contro l’Occidente.
La Rete (in italiano) fornisce per lo più una storia rivisitata e corretta secondo i canoni marxisti, ad uso e consumo di chi acriticamente accetta le parole d'ordine del regime.
Ma è dubbio che a tanta produzione cartacea corrisponda una vera e propria cultura del pensiero.
Vediamo che in Germania le troppe manipolazioni apportate hanno fatto rifiutare la pubblicazione di un saggio di storia dello storico comunista Canfora.
Allora deduciamo che ci sia spazio per una cultura autenticamente di Centro Destra.
Ma, soprattutto, ci sono i nostri autori, i saggi che ripristino la verità storica, che possono fornire al lettore non superficiale un approfondimento filosofico, politico, storico alternativo a quello della vulgata sinistra.
L’iniziativa che oggi Il Castello lancia è di fornire, a chi vuole avvicinarsi ad una cultura diversa da quella che si trova nella scuola okkupata da insegnanti sessantottini e negli scaffali delle librerie politically correct, un elenco di libri da cui attingere.
Abbiamo scritto “dieci libri per la biblioteca del Centro Destra”.
Il numero (dieci) è indicativo: potevamo scrivere 5 o 20, non ci scandalizziamo se tale numero non venisse rispettato nelle segnalazioni.
Mentre ci teniamo a scrivere “Centro Destra”, non “liberale”, non sociale”, non “federale”, non “cattolica” e via con tutte le altre Destre che compongono il Centro Destra.
E’ una scelta politica: assieme tutte le Destre per l’emersione di una cultura (che c’è) forte, identitaria, moralmente più valida di quella sinistra, scevra di ogni complesso di inferiorità e orientata alla costruzione di una società nuova, più libera.

Eccezionalmente questo post resterà aperto ai commenti e quindi alle segnazioni anche quando passerà in seconda pagina e sarà raggiungibile tramite un banner.

La mia scelta:

AA.VV. Il libro nero del comunismo
Oriana Fallaci La forza della ragione
Milton Friedman Liberi di scegliere
Giovanni Gentile Genesi e struttura della società
Russel Kirk Le radici dell’ordine Americano
Philippe Legrain Un mondo aperto
Bjorn Lomborg L’ambientalista scettico
Giorgio Pisanò Storia della Guerra Civile in Italia 1943-1945
Valerio Riva Oro da Mosca
Adam Smith La ricchezza delle nazioni



27 dicembre 2005

Strenne di Natale

Mario Monti, nel momento in cui emerge sempre più - per la successione nel posto di Governatore della Banca d'Italia - "un uomo solo al comando" (Mario Draghi), scrive una lettera da "libro Cuore" con la quale rinuncia a competere perchè "ha altri progetti" ... a me è venuto subito in mente "La volpe e l'uva" ...........

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Luca Cordero di Montezemolo, in una strombazzatissima intervista al "suo" giornale (tra le tante presidenze, detiene anche quella di Confindustria), lancia messaggi a destra e a manca e parla di "etica" e di "produtività".
Parallelamente la Fiat chiede l'ennesimo accollo pubblico dei suoi debiti (tramite una "deroga" alla riforma delle pensioni) e riceve un bel due di picche dal Ministro Roberto Maroni.
L'Italia non è più Fiatdipendente ......


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Giacinto Pannella, detto Marco, subisce l'ennesimo smacco.
Dopo aver marciato su Roma alla testa di un centinaio di manifestanti (invece del milione auspicato) e aver accusato i sindacati del suo flop, adesso accusa il Presidente della Camera Pierferdinando Casini del flop della odierna convocazione straordinaria della Camera stessa per parlare di amnistia.
Presenti, nel momento di maggior successo (?) ben 136 deputati su quasi 630 in carica.
Poco più della metà di quanti ne avevano richiesto la convocazione.
L'amnistia si allontana.
E Pannella è ormai ben lontano dalla realtà sociale del paese: dopo il fallimento del referendum sulla procreazione di giugno, il flop di Natale sull'amnistia.
E' l'ora della pensione anche per lui.

23 dicembre 2005

Amnistia per i rei: e alle vittime cosa resta ?

Si torna a parlare di amnistia.

La caciara di Pannella, i suoi toni apocalittici, il suo ricatto elettorale, ha prodotto una richiesta di convocazione urgente (!!!) della Camera dei Deputati per discutere di un provvedimento di cui non si sente affatto la necessità.

I radicali agitano l’amnistia come provvedimento “umanitario”.

Altri come strumento per alleggerire la pressione nelle carceri.

In sostanza verrebbero messi in libertà cittadini o extracomunitari rei sì di piccoli reati (per lo più le amnistie sono indirizzate a pene fino a tre anni, anche se l’ultima – di cui parleremo - ricomprese fino a 4 anni), ma che alle centinaia di vittime appaiono più fastidiosi e pericolosi dei presunti grandi criminali finanziari (non certo dei terroristi !).

Se mai il parlamento dovesse procedere nell’iter dell’amnistia, dovrà quindi decidere i limiti temporali e il perimetro dei reati amnistiati.

Presumibilmente sarà scontro anche su questo e non mi stupirei se la demagogia radicale imponesse la liberazione di una miriade di piccoli delinquenti che andrebbero a rimpolpare le fila della manovalanza criminale, mentre verrebbero trattati con eccessiva severità altri, rei magari di reati da prima pagina, ma che meno incidono sulla sicurezza del singolo cittadino.

I radicali sostengono l’amnistia come provvedimento “umanitario”.

Beh, è molto dubbio che lasciare libere per le strade della nostra città migliaia di persone che non hanno scontato la loro pena, possa essere “umanitario” nei confronti dei cittadini onesti.

Come è ridicolo pensare che il problema delle carceri lo si risolva liberando dei detenuti.

Un po’ come fece una quindicina di anni fa l’allora ministro della Sanità, il democristiano di sinistra Carlo Donat Cattin che, alzando per decreto il livello ammesso dell’atrazina nell’acqua, rese potabile quel che un minuto prima non lo era.

Se le carceri scoppiano è perché le Forze dell’Ordine fanno il loro lavoro, allora, piuttosto che liberare chi è stato incarcerato con grande dispendio di energie e costi, si potrebbero convertire in carceri delle caserme dimesse dalla ristrutturazione delle Forze Armate.

Oppure per i detenuti extracomunitari che non siano responsabili di delitti contro la persona, si potrebbe procedere all’espulsione, avendo prima cura di censirli con tanto di impronte digitali e dna, in modo da poterne rilevare l’eventuale illegale reingresso e reati commessi.

Ma soprattutto si dovrebbe prima di ogni amnistia, por mano alla questione dei “detenuti in attesa di giudizio”, cioè di chi è preventivamente incarcerato, senza che contro di lui sia stata emanata una sentenza di condanna definitiva.

E’ dubbio che un tale sistema – mischiando rei condannati con presunti innocenti solo cautelativamente incarcerati - sia rappresentativo di una situazione di garanzia.

E’ anche dubbio che l’abitudine della custodia cautelare, quando ciò avvenga per reati che non riguardino delitti contro la persona, sia del tutto legittimo, ancorché legale.

Piuttosto che fare una “amnistia libera tutti”, non sarebbe meglio un censimento che, escludendo i responsabili dei reati contro la persona, rispedisca a casa loro gli extracomunitari e lasci in libertà, fino a sentenza definitiva passata in giudicato, chi è soggetto a custodia cautelare ?

C’è poi un ultimo motivo che mi induce a non essere favorevole all’amnistia.

Sarà un motivo anche scaramantico, ma l’ultima amnistia che decisa in Italia, nel 1990, servì ad amnistiare tutti i finanziamenti illeciti ricevuti dai partiti, soprattutto quelli che il PCI ottenne da Mosca.

Non sfugga la coincidenza temporale: crollo del muro (con possibilità di emersione di documenti dagli archivi segreti dell’est comunista) e amnistia per i reati commessi nel ricevere finanziamenti dall’estero, da stati schierati con una alleanza militare nemica della Nato di cui faceva parte l’Italia.

Così ripuliti (formalmente, s’intende), i comunisti poterono sfruttare al meglio la successiva ondata della cosiddetta “Tangentopoli”, per tentare l’assalto ai palazzi di governo (fortunatamente sventato dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi nel 1994).

In Italia stiamo vivendo una nuova offensiva giudiziaria e se mascalzonate furono commesse (ma lo si saprà solo fra una decina di anni) perché dare un colpo di spugna che, magari, azzererebbe molte pendenze come fu per il PCI nel 1990 cosicché qualcuno potrebbe sfruttarle a suo uso e consumo ?

Ci pensino molto, molto, molto bene i parlamentari del Centro Destra prima di buttarsi nell’abbraccio mortale di Pannella e sodali.


I cittadini onesti vogliono sicurezza e questo implica che i delinquenti, una volta condannati, stiano in galera a scontare fino all’ultimo la loro pena.

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PER IL "NO" ALL'AMNISTIA HANNO SCRITTO ANCHE

22 dicembre 2005

Conventio ad excludendum

Rientra a pieno diritto negli anni di sangue la vicenda che esclude fino al 1994 l’MSI dalla possibilità di essere parte organica di una maggioranza di governo.

E’ la c.d. conventio ad excludendum che, lanciata nel nome dell’antifascismo dal PCI, ha visto genuflettersi i rappresentanti di quello che sarebbe poi stato il pentapartito, con il risultato di impedire ai rappresentanti di un elettorato variabile tra il 5,5% e l’8,7% di partecipare alla formazione dei governi.

Non, però, ad aggiungere i loro voti (a volte determinanti) a favore dell’opposizione.

L’MSI nacque nel 1946 per opera di alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana.

Nel 1948 ottenne 6 deputati e 1 senatore: da allora ha sempre avuto una rappresentanza nel parlamento italiano.

Negli anni del centrismo degasperiano l’MSI era fortemente pervaso dalla influenza dell’esperienza nella R.S.I. dei suoi padri fondatori, ma nessuno mise in discussione il suo diritto ad esistere nonostante l’approvazione della famigerata Legge Scelba contro la ricostituzione del Partito Fascista.

Nel 1954 nell’MSI prevalse la linea che, facendo capo ad Arturo Michelini, ne interpretava il ruolo come una destra avviata ad integrarsi nel sistema politico occidentale, superando le residue scorie antiamericane che pure hanno resistito e resistono tuttora in alcuni ambienti circoscritti, quindi a partecipare alla formazione dei governi.

Importanti ma non determinanti i voti dell’MSI per alcuni governi succedutisi a De Gasperi (Pella, Zoli, Segni) ma fu determinante nella costituzione del governo Tambroni, voluto dal Presidente Gronchi.

A Genova l’MSI cercò di svolgere quindi un congresso che ne ampliasse il risultato come partito di maggioranza governativa e possibile futuro partito di governo.

Il PCI, che rischiava di veder allontanare le prospettive di un ingresso nelle stanze dei bottoni, tramite la propria derivazione sindacale (CGIL) organizzò una sommossa nel nome dell’antifascismo (fino ad allora dimenticato, soprattutto quando i voti dell’MSI servivano a bloccare le maggioranze centriste come in occasione della riforma elettorale del 1953).

Tambroni fu costretto a dimettersi, ma l’MSI rimase determinante nell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica (Antonio Segni, 1962).

Con il primo centrosinistra e l’ingresso dei socialisti al governo la maggioranza si ampliò e non ebbe necessità di ricorrere a voti esterni, mentre il PLI di Giovanni Malagodi assunse posizioni di Destra classica, erodendo parte del consenso che aveva conquistato l’MSI di Nichelini.

Alla morte di questi (1969) gli successe Giorgio Almirante.

La concomitanza tra il ritorno (perché tale era) alla segreteria del partito di Almirante e lo scoppio dell’autunno caldo e delle violenze comuniste nelle scuole, nelle piazze, nelle università, nelle fabbriche, consentì ad Almirante di presentare il proprio come il partito dell’ordine.

Memorabile la campagna elettorale del 1972 con lo slogan “l’ultima certezza, l’unica salvezza” che diede all’MSI, che nel frattempo aveva inglobato il Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica di Alfredo Covelli dando vita alla Destra Nazionale, un grande successo con quasi 60 deputati e oltre 30 senatori.

Nel 1971 i voti dell’MSI furono determinanti per l’elezione di un altro presidente della repubblica: Giovanni Leone.

Fu in quegli anni (1969 – 1972) che la strategia comunista ideò la conventio ad excludendum.

Rilevando come il cammino e l’evoluzione dell’MSI, ora anche Destra Nazionale, l’avesse portato a rappresentare una larga parte dell’opinione pubblica conservatrice, i comunisti scelsero la demonizzazione di ogni contatto con l’MSI.

Si rifiutavano di partecipare alle tribune politiche nei dibattiti con Almirante, rifiutavano ogni dialogo, ogni colloquio.

Accusavano di “fascismo” chiunque tentasse un approccio con l’MSI-DN.

Lasciarono le briglie scioglie a chi riteneva che “uccidere un Fascista non è reato” (gli stessi che poi avrebbero dato vita ai gruppi terroristi di sinistra o li avrebbero benevolmente rimproverati di essere “compagni che sbagliano”).

I deboli dirigenti della Democrazia Cristiana, chinarono la testa davanti alla propaganda comunista, con quali risultati possiamo ora vedere.

I governi furono sempre più deboli e condizionati dal PCI che si consolidava come secondo partito nazionale.

La sinistra in Italia, includendovi anche un PSI sempre in bilico tra DC e PCI e, comunque, portato allo stare comunque in maggioranza: con la DC a Roma e con il PCI in periferia, aveva un bacino elettorale intorno al 40% e ,se ci si aggiungevano anche quegli elettori che potevano considerarsi di sinistra in vari altri partiti, arrivava al 45 % (nota: la stessa percentuale che raccoglie sostanzialmente adesso).

La DC prendeva i voti a destra per utilizzarli a sinistra.

Campagne elettorali roboanti e grondanti anticomunismo, per poi accordarsi con i comunisti sul 90% delle leggi prodotte e la spartizione dei posti di nomina pubblica.

Classico l’esempio della RAI/TV dove si diceva che ogni 10 neoassunti, ne arrivavano 4 DC, 3 PCI, 1 PSI, 1 alternativamente di PRI,PLI e PSDI e 1 bravo.

Nella stessa DC era presente in forze una componente di sinistra che faceva perno sull’ex sindacalista cisl Carlo Donat Cattin e sulla cosiddetta “Sinistra di Base” di Marcora e De Mita e che trovò in Aldo Moro il suo leader dopo che questi fu rimosso da presidente del consiglio e fondò una sua “corrente” ostile a quella maggioritaria dei “dorotei”.

In questo quadro il tentativo del 1972 di ritornare al centrismo, sbarcando dal governo i socialisti e riprendendo i liberali, naufragò proprio perché furono sistematicamente rifiutati i voti dell’MSI-DN.

Il PCI ebbe buon gioco, facendo escludere l’MSI dalla formazione dei governi, ad incrementare il suo peso, perché togliendo quel 5,5-8,7% che “valeva” la formazione di Destra, aumentava l’importanza di quel 40% di sinistra dichiarata che poteva anche contare sulla complicità di elementi sinistri nella DC.

C’è peraltro da dire che la conventio ad excludendum valeva a senso unico: nel senso che i voti dell’MSI contaminavano se si aggiungevano o erano determinanti per i governi, mentre erano pulitissimi e accettabilissimi se si aggiungevano (e spesso erano determinanti nel bocciare provvedimenti governativi) a quelli dell’opposizione comunista.

Ma la più evidente strumentalizzazione è rappresentata dal mancato scioglimento dell’MSI per “ricostituzione del Partito Fascista”.

I comunisti si guardarono bene dal promuoverne lo scioglimento perché quei voti si sarebbero aggiunti ai partiti governativi (massimamente alla DC e al PLI) e avrebbero rinforzato (legittimamente persino dal punto di vista comunista) una maggioranza.

Per stringere ancor più il cerchio (e il cappio attorno al collo dei democristiani, cappio che fu poi definitivamente tirato con “tangentopoli”) i comunisti si inventarono “l’arco costituzionale” una ridicola definizione per indicare i partiti “legittimati” (dai comunisti, che cercano sempre di distribuire patenti e purtroppo c'è sempre qualcuno succube di tale strategia !) a partecipare al “gioco” della democrazia.

E fu proprio quell’invenzione che diede il “via libera” a quella autentica caccia al “Fascista” (ma che in realtà era persone colpevoli unicamente di non essere di sinistra) che provocò decine di vittime tra i giovani di Destra.

Era una conventio contro l’MSI, ma si rivelò contro l’Italia e contro quei deboli partiti che si piegarono alla propaganda comunista.

L’arco costituzionale fu abbandonato solo nel 1994, quando, grazie a Silvio Berlusconi, alla “gioiosa macchina da guerra” di Ochetto e del PCI già divenuto PDS dopo il crollo del muro di Berlino, fu opposto con successo il Polo della Libertà (al Nord con la Lega) e del Buongoverno (al Sud con l’MSI).

C’è un insegnamento da trarre dalla vicenda (qui necessariamente sintetizzata nonostante la lunghezza del post) della “conventio ad excludendum” ?

Il PCI, adottando la vecchia tattica del “divide et impera” riuscì a “congelare” per 25 anni i voti di almeno due milioni di italiani, aumentando la propria influenza sulle scelte di politica nazionale.

L’uso della piazza, la troppo tardiva presa di coscienza sul terrorismo rosso, il non aver fermato da subito le violenze dei giovani di sinistra contro i giovani di destra, furono gli altri strumenti utilizzati dal PCI per infiltrarsi, come una piovra, nelle varie strutture pubbliche.


Il PCI non c’è più, i semi dell’odio hanno però germogliato: prendiamo coscienza e non dividiamo più le forze di una Destra che può diventare, con TUTTE le sue componenti, una Grande Destra.

20 dicembre 2005

Chi ha paura del saluto romano ?

Il calcio italiano squalifica Paolo Di Canio e multa la Lazio.

Quale la colpa ?

Di Canio ha salutato il pubblico a braccio alzato.

Con la mano aperta e non chiusa a pugno.

Colpa gravissima: il saluto romano è infatti, secondo i parrucconi dell’antifascismo da operetta, un gesto sconsiderato.

Il ridicolo di cui si coprono coloro che, per un bel saluto che appartiene alla nostra Storia profonda e antica, squalificano un giocatore è pari alla loro ignoranza su quella simbologia.

Come gli sciocchi del detto popolare, si concentrano sul dito che indica la Luna, anziche rivolgere il loro sguardo allo spazio infinito.

Ma è anche un indice di questo mai sopito complesso di inferiorità nei confronti delle parole d’ordine della sinistra, una sudditanza psicologica che supera, di gran lunga, i confini della sinistra per attecchire tra le menti più insicure anche nel fronte opposto.

Eppure il saluto romano è un modo franco e aperto di abbracciare, in amicizia, chi ti sta davanti, a maggior ragione se sono più persone, un pubblico, una folla, che è impossibile salutare uno ad uno.

La mano aperta simboleggia la fiducia e la pace, perché in una mano aperta non si porta alcuna arma.

I film western ci hanno tramandato il modo di salutare di e verso gli indiani d’America: un braccio alzato a metà con la mano aperta per indicare che si viene in pace.

Ben diverso è, psicologicamente, il pugno chiuso.

Simbolo di aggressività, di violenza anche solo nella postura.

In un pugno chiuso si può nascondere qualsiasi cosa atta ad offendere il prossimo.

Ma nessuno squalifica chi saluta in quel modo o chi espone simboli del comunismo (la faccia di Guevara, la falce e il martello, le bandiere rosse) che pur rappresentano il più infame e sanguinario dei sistemi politici che abbiano mai calpestato la terra.

Eppure, dopo 60 anni dalla fine della guerra e ancor di più dalla fine del Fascismo, qualcuno – per ignoranza o per pavidità - ha ancora paura del saluto romano.


Allora non posso che esprimere solidarietà a Paolo Di Canio, vittima della inquisizione illiberale e della meschinità dei pavidi, invitando altresì tutti gli “uomini liberi e forti” a respingere gli stereotipi che a maggior ragione oggi (ma era così anche negli anni settanta) non hanno più alcuna motivazione, né ragione di “chiamate alle armi” o di isteriche riesumazioni di un arco costituzionale monumento alla vendita all'ammasso delle coscienze.

***
Vedere anche

LA PEGGIO GIOVENTU' IV

SETTEMBRE 1969.

2 Settembre: Pisa, i comunisti assediano per 3 giorni la sede del MSI.

3 Settembre: Torino, comunisti filo-cinesi penetrano con la forza negli stabilimenti della FIAT Mirafiori,compiendovi atti di violenza.

6 Settembre: Roma, una guardia di PS è aggredita e ferita dallo studente comunista Maurizio G.

9 Settembre: Caserta, prendendo a pretesto un evento sportivo,comunisti filo-cinesi applicano in città i metodi della guerriglia urbana,con incendi,barricate,attentati.
Torino,una Molotov è lanciata contro un deposito della FIAT.

10 Settembre: Milano, disordini e lancio di Molotov durante una manifestazione di scioperanti.

13 Settembre: Roma, violente manifestazioni comuniste per la scarcerazione del sovracitato Maurizio G.

15 Settembre: Padova, ordigno nell' Istituto di filosofia e Diritto all'Università.

17 Settembre: Torino, comunisti aggrediscono operai che non aderiscono allo sciopero politico;nei disordini ferito gravemente un poliziotto.
Milano, aggredito e ferito un operaio che non aderisce allo sciopero.
Sesto San Giovanni, aggrediti operai ed impiegati che non scioperano.
Vicenza, gruppi di esperti picchettatori impediscono alle maestranze l'accesso alle Acciaierie Griselle e Acciaierie Beltrame.

18 Settembre: i contadini di Eboli e Serravilla bloccano le strade per Salerno.
Mario Battaglia,48enne operaio della Brown Bovery vine aggredito e ferito da 5
picchettatori rossi mentre andava a lavorare.
Sesto San Giovanni, Berenice Fabro e Natale Barlazzi ,che si recavano al lavoro,vengono aggrediti e feriti durante uno sciopero delle Industrie Lombarde Elettromotori.

19 Settembre: Milano, un commando motorizzato di comunisti assalta la fabbrica SILLEM di Musocco,ferita gravemente una telefonista.La stessa fabbrica viene successivamente invasa dai dimostranti per rappresaglia contro i 150 operai che non hanno aderito allo sciopero dei metalmeccanici,con devastazioni,oltraggi e furti. Minacce e violenze agli impiegati della Pirelli Bicocca ed a quelli della Geloso.
Bergamo, di fronte ad un'inaspettata reazione degli operai contro i picchettatori,sono quest'ultimi,poverini, a chiedere l'intervento della polizia.
Torino,aggrediti operai ed impiegati della FIAT.

21 Settembre: Torino, studenti della "Confederazione Nazionale" che distribuivano volantini contro l'invasione della Cecoslovacchia vengono aggrediti da un a massa di attivisti comunisti.2 feriti tra gli studenti.

22 Settembre: Milano, ancora aggressioni contro operai della Pirelli.

23 Settembre: Civitavecchia, occupati dai comunisti gli stabilimenti dell' Italcementi.
Roma, occupata la sede dell'Autovox.
Milano, atti ripetuti di vandalismo provocano la temporanea chiusura della Pirelli.

26 Settembre: Cardito, 150 operai occupano a forza il Municipio e bruciano importantissimi documenti.
Torino, il Dr. Macchia della Polizia viene travolto e ferito dall'auto di un occupante davanti alla FIAT.

30 Settembre: Lombardia, atti di violenza e di coercizione si verificano contro quelle industrie in cui gli operai non intendono scioperare: Risomesa,Wagner,Gasparotto,Intermeccanica,Officine Meccaniche Vimercati,Anceschi,Villa & C.,Everest Calcaterra,Leghhe leggere,Protti,Corboloy, etc.
Roma, gravi violenze durante la manifestazione degli operai edili.

19 dicembre 2005

What if ... ?

Un post ucronico dedicato a chi non ha memoria e si riduce a pasdaran di una falsa purezza ideologica.


Il 28 marzo 1994, nella generale sorpresa, Silvio Berlusconi vince le elezioni politiche e forma il suo primo governo con Alleanza Nazionale e Lega.

Nel corso dei mesi si scatena una durissima opposizione di piazza che, facendo leva anche sulle insofferenze leghiste, portano ad un ribaltone a dicembre.

Silvio Berlusconi si dimette e, invece di convocare nuove elezioni, il presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro affida l’incarico a Lamberto Dini, già ministro del tesoro con Berlusconi, che porta avanti la legislatura, fino alle elezioni del 21 aprile 1996 dove la Lega corre da sola e l’Ulivo di Prodi riesce a conquistare la maggioranza dei seggi, pur prendendo meno voti del Polo di Berlusconi.

Decisivi furono una sessantina di seggi del maggioritario persi dal Polo nel centro sud per aver rifiutato ogni alleanza con la Fiamma Tricolore allora guidata da Pino Rauti, nata da una scissione in Alleanza Nazionale.

Ma cosa sarebbe accaduto se

A gennaio 1996, finalmente, Scalfaro decide di sciogliere il parlamento e indice nuove elezioni per il 21 aprile dello stesso anno.

Cominciano, frenetiche, le consultazioni per la formazione delle liste e, soprattutto, delle candidature e degli apparentamenti nei 475 collegi uninominali.

Gianfranco Fini non vuole alcuna alleanza con Pino Rauti che gli aveva contestato la svolta di Fiuggi.

Silvio Berlusconi, però, riesce a convincerlo a desistere dalle sue posizioni, che già avevano fatto perdere l’alleanza con la Lega di Bossi che corre da sola, e in cambio di 10 collegi (7 alla camera e 3 al senato) la Fiamma Tricolore entra nel Polo delle Libertà.

Il 21 aprile si vota.

La Lega ottiene un successo straordinario raggiungendo il 10% dei voti di lista, ma ottenendo appena 30 deputati e 20 senatori a causa della mancata aggregazione in uno dei due poli.

Il Polo delle Libertà vince tuttavia le elezioni grazie a 57 seggi uninominali che riesce a conquistare con il voto determinante di Fiamma Tricolore.

Berlusconi si mette subito all’opera e costituisce il suo secondo governo che giura nelle mani di uno Scalfaro, schiumante rabbia, il 19 maggio.

Entro la metà di giugno il Governo ottiene la fiducia e presenta le sue riforme:

- pensioni
- mercato del lavoro
- giustizia
- riduzione delle tasse
- sicurezza interna
- immigrazione
- grandi opere
- scuola
- università.

La maggioranza è solida e ben presto si unisce ad essa anche la Lega che ottiene l’inizio del processo di riforma costituzionale.

In politica estera si tratta per l’euro e Berlusconi, forte di una maggioranza compatta, rifiuta il diktat francotedesco e resta fuori dall’euro come la Gran Bretagna.

Telekom Serbia non viene acquisita da nessuno e il dittatore serbo Milosevic non ottiene i finanziamenti necessari a proseguire nella sua avventura e, dimettendosi, apre una stagione di pacifica transizione alla democrazia.

Berlusconi riduce le tasse e adotta un sistema proporzionale uguale per tutti con detrazioni per le situazioni disagiate e le famiglie numerose.

L’immigrazione, in presenza di una legge rigida che modifica la fallimentare legge Martelli, viene dirottata sulle coste spagnole e francesi, dove i rispettivi ordinano il respingimento dei barconi.

L’inizio della crisi economica mondiale (1999) trova l’Italia in salute, con un programma avviato di infrastrutture e il pieno controllo sulla propria moneta.

Francia e Germania cominciano a risentire delle conseguenze della moneta unica, mentre Gran Bretagna e Italia vedono crescere il loro PIL.

Italia e Gran Bretagna diventano le nazioni guida dell’europa e si ridiscute la scelta di Maastricht e dell’euro.

Nel 1999 scade il mandato di Scalfaro e viene eletto Antonio Martino al Quirinale.

Nel 2001 gli Italiani riconfermano la maggioranza a Berlusconi.

La rinuncia ai particolarismi e l’allargamento del perimetro del Polo delle Libertà avrebbe fatto guadagnare 5 anni all’Italia, allontanando il comitato d’affari che domina la sinistra.

La Storia insegna ... sempre !

What if … ?

18 dicembre 2005

The Right Nation. La Grande Destra

Alcuni mesi fa Krillix mise in linea, per gioco, il link a due test che avrebbero dovuto indicare il “tasso di liberalismo” di ognuno.

Il grafico di entrambi riportava due variabili: sul piano economico e su quello “politico” (mi sembra parlasse di “diritti civili” ma l’espresisone non piace neanche un po’, quindi preferisco farlo rientrare nell’ambito generale del “politico”).

Il mio risultato – che ritengo abbastanza azzeccato – indicava un forte liberalismo in economia e un forte conservatorismo in politica.

Al di là del risultato di un test, credo che si possa partire da lì per effettuare un discorso più ampio sul cosa significhi essere di Centro Destra, oggi, in Italia.

Perché ci ritroviamo in una Coalizione, la Casa delle Libertà, che ha un perimetro molto ampio che parte dalla Destra Sociale e arriva sino ai Riformatori Liberali, con un futuro aperto ad Alternativa Sociale della Mussolini, al MIS di Rauti e alla DC di Rotondi.

Insomma quello che personalmente ho sempre desiderato vedere in Italia: una grande alleanza di Centro Destra che non escluda nessuno, nel rispetto delle radici di ognuno e senza chiedere il “bollino blu” di provenienza controllata.

Sarà per questo che non mi sono mai definito in altro modo che “di Destra”.

Non liberale, fascista, federalista, nazionalista, cattolico, sociale o radicale, ma solo e soltanto di Destra, perché ritengo che le “contaminazioni” da una destra ad un’altra siano all’ordine del giorno e che coniugare le istanze di ciascuna destra porti tutto il movimento alla vittoria, perché ogni destra ha in se stessa elementi propulsivi e di ricchezza tali da avvantaggiare tutte le altre.

Ma questo sono discorsi teorici, veniamo al pratico.

Suppongo che siamo tutti d’accordo sul fatto che, pur con tutti i suoi difetti e i suoi limiti, la democrazia rappresentativa sia il sistema politico ancora oggi … peggiore, a parte tutti gli altri.

Quindi sappiamo che in una democrazia rappresentativa governa – cioè imprime il suo marchio alle leggi ed alla società – chi ha la maggioranza.

Uno può avere le idee più belle di questo mondo ma se non ha i voti … ciccia !

Penso che siamo anche tutti d’accordo sulla necessità di avere meno stato nella nostra vita e nelle nostre tasche.

Questo significa una revisione globale della tassazione ed una accentuata spinta alla privatizzazione di quel che è ancora in mano allo stato.

Siamo anche sostanzialmente d’accordo, credo, che la miglior forma di governo sia quella che è più vicina ai cittadini, quindi un sistema federale che sia incardinato in uno stato unitario nel rispetto della nostra Storia Nazionale.

Siamo anche, credo, tutti o in gran parte d’accordo nell’affrontare con decisione la questione dell’immigrazione e il ruolo in e dell’europa.

Siamo anche tutti o in gran parte d’accordo nel ritenere l’intervento statale sussidiario rispetto al privato, ma tale comunque da garantire un livello minimo nei servizi essenziali, in primis la sanità.

E altrettanto potremmo dire per l’istruzione.

Così come riteniamo lo Stato debba essere terzo nei rapporti economici, possiamo ritenere che il ruolo di arbitro debba svolgersi nel legiferare e fornire ai competitors sul mercato norme chiare per regolare i loro rapporti e una giustizia veloce ed imparziale per dirimere le controversie.

Ma lo Stato deve avere anche gli strumenti per sanzionare chi mette in pericolo l’incolumità, la sicurezza e il benessere dei propri cittadini, così Forze di Polizia preparate, ben pagate e sostenute politicamente e Forze Armate in grado di intervenire, in un mondo globalizzato, ovunque siano in pericolo gli interessi nazionali.

E si potrebbe continuare elencando altrettanti aspetti di una società che vorremmo vedere realizzata nella nostra Italia.

Questo il quadro che mi appare di un Centro Destra che penso possa essere sempre più unito sugli obiettivi, con qualche distinzione sulle strategie e opinioni anche diverse (pluraliste) sulle tattiche da seguire per conseguire gli obiettivi.

Obiettivi che, indiscutibilmente, ci dicono che siamo distinti e distanti da una sinistra che non sa ancora “cosa farà da grande” (se mai riuscirà a raggiungere una maturità che non ha ancora ottenuto in oltre 100 anni).

Poi, certo, ci sono le specifiche – spesso artefatte – differenziazioni su singoli temi, come è naturale che sia e come è naturale che vengano affrontati con serenità e senza minare il progetto generale.

Come ancora una volta giustamente ha osservato Silvio Berlusconi, il nemico è al di fuori della Casa delle Libertà, all’esterno del perimetro che ho identificato nella “grande Destra” in cui hanno piena e paritaria dignità tutte le Destre, qualunque sia il percorso passato, senza necessità di esami e patentini.

Vediamo infatti come la strategia della sinistra somigli (forse inconsapevolmente) a quella che i Romani sintetizzarono nel “divide et impera”.

Vanno a sibilare ai “fascisti”: siete nati da una costola del socialismo … “eravate meglio da fascisti”.

Poi richiamano i “liberali” alla comune religione antifascista e al vecchio, mefitico arco costituzionale.

Quindi insinuano nei leghisti che no, con quegli statalisti, romanocentrici non si può governare.

Altro giro, altro sibilo, ai missini, contro i leghisti che vogliono dividere l’Italia e ai missini meridionali, che i leghisti sono financo razzisti, perché vogliono depredare il Sud.

Ai radicali, che il Centro Destra è asservito alla Chiesa, mentre coi cattolici fanno dire al segretario del loro maggior partito di essere sempre stato un buon cattolico.

Tutto questo perché a sinistra non c’è alcun afflato ideale, ma solo un comitato d’affari composto da funzionarietti di partito e boiardi di stato uniti da un interesse comune: continuare a fruire dei benefits che la politica concede anche a chi non ha una sua storia professionale.

L’essere pro o contro la pena di morte, pro o contro l’amnistia o la grazia a taluni criminali, considerare l’omosessualità una malattia o una cosa normale, non sono un programma di governo.

Sono legittime opinioni che hanno, le une e le altre, completo diritto di essere esposte, ascoltate, valutate e, nelle specifiche occasioni, accolte o respinte.


Sta a noi smascherare il gioco della sinistra, non essere succubi delle loro parole d’ordine ed impegnarci perché la “grande Destra” divenga ogni giorno più coesa.

15 dicembre 2005

La pena di morte non è una barbarie

Barbarie è l’omicidio, la violenza cui spesso segue l’uccisione della vittima, la strage perpetrata per instillare il terrore nei cittadini, l’assassinio di rappresentanti delle istituzioni democratiche.

La pena di morte è una punizione che colpisce, giustamente e legittimamente là dove è prevista dall’ordinamento statuale, chi è responsabile di simili efferatezze.

Perché allora sdilinquirsi nel voler imporre ad altri paesi democratici (per quelli retti da sistemi dittatoriali e privi di garanzie giuridiche il discorso è totalmente opposto) una scelta contro la pena di morte ?

La pena di morte è una pena, il massimo della pena lecitamente comminabile ad un criminale, quando prevista dall'ordinamento giuridico e assistita da garanzie di equità nel processo.

Poi c’è il discorso sulla utilità della pena capitale.

E ci sono argomenti a favore di una tesi e dell’altra.

Legittimamente si deve accettare che vi siano idee diverse e ascoltare un parere ed il suo opposto.

La decisione del Governatore Schwarzenegger di non concedere la grazia a Williams, può essere condivisa o meno, senza isterie o anatemi.

Personalmente la condivido e mi sento di segnalare questo post apparso su Il Castello all’attenzione di tutti.

Un post cui stranamente nell’agorà di Tocqueville non è stato dato lo stesso risalto che invece è stato concesso ai Savonarola contrari alla pena di morte.

Eppure è scritto bene, non offende, è solidamente argomentato.

Allora diamo, nel nostro piccolo, risalto al post di Jetset perché non si abbia timore di punire Caino

LA PEGGIO GIOVENTU' III

LUGLIO 1969.

1 Luglio: Reggio Emilia, colpi di carabina esplosi contro l'abitazione del deputato liberale Ferioli;denunciati Giancarlo R.,Bruno T.,Fabrizio P. - tutti appartenenti ad organizzazioni di sinistra.
Roma, arrestati tre comunisti per attentati contro pompe di benzina.
2 Luglio: Napoli, esplode una bomba in un vagone della Metropolitana.
3 Luglio: Torino, circa 3000 comunisti filo-cinesi aggrediscono le forze di polizia,che lamenteranno decine di feriti.
4 Luglio: Reggio Emilia, due colpi di fucile sparati da un circolo anarchico ancora contro il deputato Ferioli.
5 Luglio: Roma, incendiata da una Molotov un' automobile appartenente ad un simpatizzante missino.
8 Luglio: Roma, scritte antireligiose e blasfeme in un quartiere dell'EUR da parte degli anarchici.
Bari, durante uno sciopero i comunisti costruiscono blocchi stradali e devastano campi.
10 Luglio: Novara, comunisti aggrediscono tre militari e lanciano Molotov contro una caserma.
15 Luglio: Foggia, gravi disordini durante uno sciopero di braccianti.
19 Luglio: Milano,undici studenti di estrema sinistra condannati per aver aggredito a Marzo il Professor Trimarchi nell' Università,reo di non aver restituito il libretto ad uno studente che lo aveva pesantemente insultato. Tra i condannati,Mario Capanna,leader storico del Movimento Studentesco.
28 Luglio: Ravenna,Bolzano,Sanremo, violenze rosse nelle scuole per impedire gli esami di maturità.

AGOSTO 1969.

9 Agosto: 8 attentati al tritolo sui treni;ferite 8 persone.
10 Agosto: Milano, la polizia libera l'ex-Albergo Commercio occupato in Novembre; nei locali viene scoperto un ingente quantitativo di armi ed esplosivi.
13 Agosto: Roma, comunisti aggrediscono nel quartiere di Centocelle i Bersaglieri del 3° Reggimento Corazzato.
30 Agosto: Milano, una bomba esplode a Palazzo Marino,sede del Comune di Milano.

.....continua.....

14 dicembre 2005

LA PEGGIO GIOVENTU' II

APRILE 1969

4 Aprile: bomba al tritolo esplode a Genova davanti all'azienda del gas.
8 Aprile: bomba al tritolo esplode alla Caserma del Genio di La Spezia.
11 Aprile: Trento, nel Palazzo della regione e nel Palazzo dell'INPS scoppiano ordigni esplosivi; denunciato Marco P. - estrema sinistra.
12 Aprile: un fiasco di benzina è gettato contro i locali del Consorzio del porto di Genova; denunciato Ciro T. - comunista.
!3 Aprile: un ordigno esplode nell'ingresso della Caserma di P.S. a Novara;denunciati Remo M. e Flavio Z. - estrema sinistra.
25 Aprile: due bombe esplodono alla Fiera di Milano; 5 feriti. Denunciati i soliti Paolo B. ed Angelo Pietro D.S.
Ordigno esplosivo ad orologeria nell'Ufficio Cambi della Stazione Centrale ,sempre a Milano.
Vibo Valentia :lanciato un ordigno esplosivo contro il monumento a Luigi Razza, Eroe della Prima Guerra Mondiale e Ministro tra le due Guerre;denunciati gli estrmisti di Sinistra Paolo C. e Osvaldo F.

GIUGNO 1969

2 Giugno: Ventimiglia,attentato contro una Caserma dei Carabinieri.
4 Giugno: Rovereto,esplosione di un ordigno rudimentale in un aula scolastica.
5 Giugno: Palermo,la città paralizzata dagli scioperi indetti dalle sinistre.
Milano,la polizia sgombera il Politecnico occupato dalle sinistre.
9 Giugno: Milano,studenti comunisti provocano incidenti e tafferugli durante un corteo.
10 Giugno: Milano,studenti comunisti impediscono gli esami all'Università.
12 Giugno: Milano,un fotografo aggredito dagli attivisti comunisti.
13 Giugno: Roma,comunisti filocinesi devastano la sede del Fronte d'Azione Liberale.
16 Giugno: Urbino,tre missini aggrediti da 50 comunisti. I rossi irrompono nell'abitazione dello studente simpatizzante di destra Gabriele Limido.
19-21 Giugno: Palermo,blocchi stradali e provocazioni contro le Forze Armate.
Orgosolo,comunisti filocinesi incitano all'occupazione di installazioni militari.
20 Giugno: Orgosolo,le manovre militari bloccate da 2000 dimostranti con pecore al seguito.
25 Giugno: attivisti di estrema sinistra lanciano 2 bombe Molotov contro la sede dell' Assolombarda.
26 Giugno: Roma,denunciato per oltraggio alla polizia il parlamentare comunista ed ex-partigiano Giuliano Pajetta,fratello del più noto Giancarlo.
30 Giugno: Novara,violenti scontri tra maoisti e militari.


......continua....

13 dicembre 2005

Un Signor Ministro da DIECI con LODE

"'Non ci sono le condizioni per la grazia a Sofri'"


Roberto Castelli, Ministro di Grazia e Giustizia, 13 dicembre 2005

LA PEGGIO GIOVENTU'

Accetto con piacere la proposta di Mons di aprire una finestra su quegli anni.
Furono anni terribili quelli,altro che formidabili. Anni della Terza Guerra Civile Italiana.
Anni in cui essere di Destra voleva dire essere condannati alla morte civile,se non a quella vera,come accadde per molti.Più avanti parlerò dei tanti giovani caduti,colpiti da un odio cieco ed infame.
Eravamo guardati con sospetto, additati come i Fascisti usciti dalle Fogne. Anche un giovane di 14 anni veniva indicato come "picchiatore nero".
E presto ci accorgemmo che i pericoli non venivano solo da chi imbracciava prima bastoni, catene , chiavi inglesi e poi molotov e pistole; no, avevamo contro i giornalisti di regime, i salotti della "gauche caviar" , molti magistrati che vedevano golpisti dappertutto, i professori delle scuole.

Come ha ricordato Mons nel post precedente,si tende a far iniziare quel periodo con la Strage di Piazza Fontana. Ma gia l'anno prima c'erano stati gli antecedenti.

NOVEMBRE 1968.
12 Novembre. All'Università di Genova esplode una bomba:denunciato Michele M.,un appartenente dell'estrema sinistra.
28 Novembre. Occupazione da parte di estremisti di sinistra dell'ex-Albergo Commercio in Piazza Fontana a Milano.

DICEMBRE 1968.
3 Dicembre. Genova:nell'Ufficio Annona esplode un ordigno,denunciati Paolo B. e Angelo Pietro D.S.,esponenti anarchici.
25 Dicembre . Livorno:una bomba esplode nel Palazzo di Giustizia,denunciato ancora Paolo B. di cui sopra.
27 Dicembre.Piombino:una bomba viene fatta esplodere nella mensa dei Carabinieri;denunciati Mario N.,Pietro e Angelo B. - dell'estrema sinistra.

GENNAIO 1969.
1 Gennaio. Viareggio : gravi violenze dei contestatori davanti alla discoteca "La Bussola".
3 Gennaio. Pisa: nel Campo Darby esplode un ordigno;denunciati come mandanti i coniugi C. ed ancora Paolo B.
11 Gennaio. Firenze: nel Liceo Scientifico Leonardo viene provocato un incendio;denunciato Franco D.P. - sinistra.
26 Gennaio. Milano: nell'Ufficio Spagnolo del Turismo esplode una bomba.
27 Gennaio. Torino: nella Chiesa di S.Cristina esplode un ordigno:denunciati i mandanti,ancora i coniugi C. ed il già menzionato Angelo Pietro D.S.

FEBBRAIO 1969.
1 Febbraio. Milano: nell'azienda RCA scoppia un ordigno al tritolo;denunciati Giuseppe N. e Clara M. -estrema sinistra.
28 Febbraio. All'ingresso del senato esplode un ordigno:denunciati i soliti coniugi C. e Angelo Pietro D.S.

MARZO 1969.
6 marzo. Bottiglia Molotov lanciata da un auto in corsa contro la Questura di Vercelli;denunciati Massimo B.,Daniele G,Diego F.,Antonio C.,Silvano G. e Giuseppe R. - tutti di estrema sinistra.
7 e 8 Marzo. Genova:scioperi,incidenti e blocchi stradali nel centro cittadino.
27 Marzo. Roma: un chilo di polvere da mina viene usato per un'azione contro il Ministero della Pubblica Istruzione:denunciati Angelo Pietro D.S. e Paolo F.
31 Marzo. Roma: nel Palazzo di giustizia esplode un ordigno:denunciati ancora Angelo Pietro D. S. e Paolo F.


.......continua.....

12 dicembre 2005

12 dicembre 1969:l'inizio degli anni di sangue

Il 12 dicembre 1969 una bomba scoppiò nel salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana a Milano: 17 morti.

E’ sempre arbitrario indicare una data di inizio e una di fine di un periodo storico.

Nulla inizia mai all’improvviso e nulla finisce altrettanto repentinamente.

Credo però che il 12 dicembre 1969 possa segnare l’inizio di quel periodo che abbiamo definito “anni di sangue” e casualmente l'inizio delle nostre narrazioni coincide proprio con l'anniversario di tale strage.

Il mondo aveva appena visto soffocare nel sangue la “primavera di Praga” (1968) a dimostrazione che il comunismo non può avere alcun “volto umano”.

In Grecia si era da poco (1967) instaurato un regime autoritario definito “regime dei Colonnelli”.

Gli Stati Uniti impegnati nel Vietnam, avevano appena eletto Presidente (entrato in carica il 20 gennaio 1969) Richard Milhouse Nixon, l’uomo che avrebbe chiuso la guerra nel Vietnam e che sarebbe invece passato alla Storia per il Watergate.

Il 20 luglio 1969 Neil Armstrong e Buzz Aldrin avevano compiuto i primi passi dell’uomo sulla Luna: “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l'umanità”.

In Italia le elezioni del 1968 avevano confermato il governo di centrosinistra (DC, PSI, PSDI, PRI), ma non c’era più Aldo Moro a dirigerlo, bensì Mariano Rumor, in uno di quei governi semestrali, inframmezzati dai governi balneari di Giovanni Leone, che hanno dato all’Italia il triste primato della instabilità politica.

L’Italia era pervasa dalle prime contestazioni studentesche che scimmiottavano quelle, più concrete, di Berkley e quelle violente a Parigi e in Germania.

Il 12 dicembre, dunque, mentre i milanesi erano appena usciti dalla classica festività di S.Ambrogio e dal rito dell’inaugurazione della stagione scaligera e l’Italia tutta si apprestava al Natale, con la più classica delle trasmissioni (Canzonissima con Johnny Dorelli, Raimondo Vianello e le gemelle Kessler, con vittoria finale di Gianni Moranti … “ma chi se ne importa” …) di una televisione ancora monopolistica ed un campionato di calcio che, dopo aver visto il secondo scudetto della Fiorentina, avrebbe visto il primo (e unico per ora) del Cagliari di Rombodituono, scoppia la bomba di Piazza Fontana.

Una bomba, tipica arma della sinistra anarchica ed è proprio nei confronti dei circoli anarchici che si orientano le indagini con l’arresto di Giuseppe Pinelli e, quindi, di Pietro Valpreda, riconosciuto da un tassista.

Con Valpreda viene arrestato anche un altro anarchico: Mario Merlino.

Le responsabilità sembrano chiare, la testimonianza del tassista inchioderebbe Valpreda.

Sennonché … cominciano ad aprirsi altre piste: quelle che portano alle organizzazioni definite “neofasciste” e, in primis, a Ordine Nuovo guidato da Pino Rauti.

Dopo 36 anni nessun colpevole.

6 processi (“solo” due in meno di quelli che hanno sancito la colpevolezza di Adriano Sofri nell’assassinio del Commissario Luigi Calabresi titolare delle indagini su Piazza Fontana), tra rinvii, legittima suspicione, incompetenza territoriale, non hanno individuato i colpevoli.

Tutti, di ogni colore, assolti.

Il 3 maggio 2005 quella che sembra la parola fine: nessun colpevole.

O, meglio, non si è riusciti ad individuare un colpevole.

La cosiddetta “pista nera”, quella sulla quale sono state orientate le indagini in via esclusiva dopo l’assassinio del Commissario Calabresi, è stata percorsa in ogni più remoto angolo.

Sono stati processati (e assolti) ideologi di una “certa” concezione della Destra, piccoli aderenti a formazioni di destra e uomini dei servizi segreti: nulla.

Ma il percorso durato ben 36 anni, oltre ad essere una costante ferita per i famigliari delle vittime, ha avuto un risultato molto concreto: stornare l’attenzione dal primissimo filone di indagini (quello della sinistra anarchica) per aprirne uno – quello sulla cosiddetta “eversione nera” – che, pur non portando a nessun risultato, è servito come termine di paragone per ogni altro evento luttuoso in Italia.

A distanza di 36 si possono solo esternare delle sensazioni e ricordare le conseguenze di quella scelta di indirizzo.

Il passaggio da una pista della sinistra anarchica ad una “nera” ha avuto il risultato di stornare l’attenzione dei fatti dell’agosto 1968 (invasione della Cecoslovacchia da parte dei carri armati comunisti) ed ha aperto la stagione della “caccia al Fascista”.

Politicamente ha impedito che il Movimento Sociale Italiano entrasse nel gioco parlamentare e nella formazione dei governi, congelando ancora per 25 anni, fino al 1994 con la discesa in campo di Silvio Berlusconi che “sdoganò” il partito) un elettorato oscillante tra il 5 e l'8 %, favorendo quindi il gioco di potere del PCI.

Le stragi attribuite ai “neri” hanno fornito l’alibi per l’invenzione dell’ “arco costituzionale”, una delle grosse truffe politiche cui, purtroppo, i partiti anticomunisti (DC-PLI-PSDI-PRI) non ebbero il coraggio di opporvisi, accettando la "conventio ad excludendum" contro l'MSI-DN e rinunciando così ad un "pacchetto" di voti che poteva essere determinante, come lo è ora, a definire maggioranze parlamenteri libere dall'ipoteca comunista.

Ma l’abbandono della pista della sinistra anarchica costituì il precedente su cui si costruirono tutte le indagini per tutti gli eventi stragisti successivi che, come Piazza Fontana, non diedero risultati certi, ad eccezione di una condanna per la strage di Bologna del 2 agosto 1980, peraltro soggetta oggi a tante e tali contestazioni, persino da sinistra, da ritenere che possa, a tutti gli effetti, rientrare tra i “casi” insoluti, almeno moralmente e politicamente.

Nel giorno del 36° anniversario della strage di Piazza Fontana si può ragionevolmente dubitare che potrà mai esservi giustizia su questa terra e che le risposte saranno sempre inficiate dalle scelte ideologiche di ognuno.

Ma mi e vi pongo comunque un interrogativo: cosa sarebbe accaduto se il Commissario Calabresi avesse potuto continuare le sue indagini senza abbandonare la pista anarchica ?

Siamo certi che la pista della sinistra anarchica fosse poi così sbagliata ?

Alla luce dei pessimi esiti delle piste “nere” seguite a senso unico è quantomeno lecito porsi la domanda.

09 dicembre 2005

Anni di sangue: dedicato a chi non c'era

Se la vicenda della grazia a Sofri può avere un merito, è quello di aver scoperchiato il vaso che conteneva le storie degli anni settanta.

Arbitrariamente si può individuare il periodo che chiamo “anni di sangue” tra il 1969 e il 1983.

Anni in cui persero la vita decine di giovani per mano di coetanei, oggi cinquantenni e il più delle volte impuniti e avviati ad una tranquilla vecchiaia.

La sinistra ha responsabilità gravissime per quel che accadde in quegli anni e sono responsabilità implicitamente riconosciute dal tentativo di dipingere quel periodo come “formidabile”, mettendo la sordina alle decine di storie, crude, che stonerebbero nel panorama bucolico che i reduci sinistri illustrano ad ogni rievocazione.

Nel momento in cui mi accingo a scrivere questo primo post mi si aprono mille cassetti della memoria e la scelta che faccio è quella di narrare, senza seguire un ordine cronologico, basandomi essenzialmente sui ricordi personali di quel periodo che vissi completamente da studente liceale e universitario.

Un periodo che mi ha accompagnato dalla scuola media, al mondo del lavoro.

Non so se riuscirò a ricreare, a dare il senso del clima che si respirava in quegli anni, almeno ci proverò.

Il tempo tradisce i sentimenti di allora, perché, da gran medico qual è, ci porta istintivamente a trattenere in memoria i ricordi piacevoli e rimuovere o accantonare quelli spiacevoli.

E questo non aiuta a far conoscere a chi non c’era, il significato di quegli anni.

Come non aiutano le rievocazioni pilotate da chi, allora, era in prima fila tra gli sprangatori, alcuni dei quali passarono il Rubicone e divennero terroristi a tutto tondo e che ora hanno tutto l’interesse a sminuire la portata eversiva dei loro atti, a trovare giustificazioni, ad ammantare con nobili motivi le loro spregevoli gesta di allora.

Erano gli anni in cui “uccidere un Fascista non è un reato”: slogan tragicamente confermato dalle pochissime condanne comminate, dalle ridicole pene inflitte (penso ad esempio agli assassini di Sergio Ramelli) e dalla totale omertà (altro che mafia !) che ha coperto e copre i criminali di allora.

E la vicenda Sofri ne è un esempio evidente.

Ma chi erano i Fascisti, bersaglio della violenza prototerrorista ?

Tutti quelli che non si genuflettevano al pensiero sinistro, marxista leninista che i vari gruppi partoriti dalla casa madre del PCI individuavano come ostacoli alla loro pretesa di instaurare un regime comunista in Italia.

Gruppi i cui stessi nomi evocano oscurantismo, violenza, miseria, terrore, morte: Servire il Popolo, Lotta Continua, Avanguardia Operaia.

E i bersagli erano i missini: “contro le squadre di Almirante, antifascismo militante” gridavano nelle piazze.
E i deboli governi dell’arco costituzionale costringevano Giorgio Almirante a non parlare nelle principali piazze italiane.
A Bologna, solo nel 1993 il Segretario del MSI-DN potè tornare a parlare in Piazza Maggiore.

Ma se pensavano, vilmente, di lasciare in pasto alle belve rosse i soli missini, quelli che appartenevano a quello che sarebbe diventato il pentapartito avevano fatto mali loro conti: “Vaticano, CIA, DC, il Fascismo è tutto lì” gridavano nei cortei gli estremisti, coccolati e vezzeggiati da un PCI che prese coscienza solo dopo l’omicidio Moro.

E ce n’era anche per le Forze dell’Ordine, allora come oggi in prima fila a tutela della sicurezza dei cittadini: “Camerata basco nero, il tuo posto è il cimitero”.


E se qualcuno avesse dei dubbi sulla natura violenta ed omicida di quei “contestatori”, ecco l’invocazione ai maggiori gruppi del terrorismo internazionale dell’epoca: “ira, feddayn, tupamaros, vietcong” scandito incessantemente ad ogni corteo.


Fu in quel clima che maturarono omicidi e stragi che ci accingiamo a narrare.

07 dicembre 2005

Non si abbia timore di punire Caino

Solitamente evito in questo blog di riportare per intero articoli di stampa, preferendo esporre con parole mie , idee personali.

Ma stamattina, leggendo Il Giornale ho trovato un articolo del professor Vittorio Mathieu che, squarciando il velo dell'omertà sulla pena di morte e, anche, delle manipolazioni sul pensiero dell'inflazionato Beccaria, riconosce alla pena di morte una sua validità e legittimità.

Per precisione tengo a sottolineare che nella distinzione che il prof. Mathieu fa tra gravità e aflittività della pena, tende ad escludere la pena di morte per i terroristi, perchè tale pena sarebbe poco afflittiva e li consacrerebbe fornendo loro un'aurea eroica, mentre propone per loro i lavori forzati.

E' vero, ma la pena di morte consente ai cittadini onesti di chiudere, una volta per tutte, con persone che vogliono, con la violenza, minare la sicurezza di tutti: lasciarli in vita significherebbe concedere loro opportunità per reiterare il reato.

Meglio "sacri" ma morti, che afflitti dai lavori forzati e, magari, dopo pochi anni liberi di tornare ad uccidere.

Godiamoci dunque l'articolo del prof. Mathieu.
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La reciproca stima m'induce a interloquire con Vittorio Sgarbi sulla pena di morte. Me ne occupai trent'anni fa in un libro (Perché punire) che poteva fruttarmi l'accusa di vilipendio della (cattiva) magistratura (Cicala). Vi sostenevo che la pena di morte è legittima; non assolutamente necessaria in linea di principio, ma in certi casi molto opportuna; e che oggi non si capisce la pena di morte perché non si capisce la pena in generale.
Il colpevole ha abusato della libertà, e la pena deve essere una simmetrica e adeguata restrizione della sua libertà.

La pena detentiva diminuisce la libertà, ma anche una pena pecuniaria, perché priva il condannato dei mezzi per esercitarla.

La pena di morte sopprime la libertà del tutto, nel caso di delitti efferati, che rendano il colpevole totalmente indegno di esercitarla. Da questo punto di vista è la pena più grave, ma non la più afflittiva, e non andrebbe commisurata alla gravità del delitto bensì alla sua esecrabilità.

Sarebbe inopportuno, ad esempio, prevederla per il terrorismo, che richiede pene ben più afflittive, come i lavori forzati a vita.

Sacrificando il colpevole, la pena di morte gli ridà dignità: in qualche modo lo sacralizza.

Sacer esto era la formula della pena di morte nelle XII Tavole.
Ho poi cercato anch'io un argomento contro la pena di morte, e ho creduto di trovarlo pensando a R.M. Rilke: la pena di morte priva giustamente il reo del bene della libertà, ma lo priva anche della «sua» morte, naturale e personale.

Dubito, però, che questo argomento sia decisivo, perché la morte è sempre qualcosa di naturale e innaturale a un tempo.

Ciò che più mi meraviglia è che oggi ritengano illegittima la pena di morte molti cristiani, nonostante che si pensino salvati grazie a una condanna a morte (errata, ma conforme alla legge ebraica: «ha bestemmiato»).

Vorrebbero sentirsi salvati da un «assassinio di Stato»?
O si potrebbe pensare alla storia cristiana della salvezza con un Cristo condannato all'ergastolo?
Il giurista Francesco D'Agostino (a cui mi lega concordia di intenti, oltre che profonda amicizia) sostiene che nessun argomento contro la pena di morte è inoppugnabile, salvo il seguente: la vita è un bene indisponibile.

Ma la libertà è forse un bene disponibile?
La pena colpisce sempre un bene in quanto indisponibile.
Uno può esser privato di una casa che gli è cara, ad esempio, per ragioni di pubblica utilità, e provarne dispiacere; ma questa giuridicamente non è una pena, come sarebbe il dover vendere la casa per pagare una multa.
Il tema su cui vorrei però richiamare l'attenzione di Sgarbi è Cesare Beccaria.

Il suo aureo libretto parla di «pene» nel titolo, ma parla d'altro nel testo.

Il Beccaria giustifica la pena solo in quanto mezzo di difesa della società.

Con ciò riduce la persona del reo a un mezzo, mentre la persona del reo è sempre un fine, e in quanto tale viene punita.

La pena è dovuta al reo, prima ancora che alla società o alla parte lesa. Kant confuta perciò «il marchese Beccaria», anche se per altri aspetti esagera nel giudicare la pena di morte insostituibile.
Inoltre il Beccaria, appunto perché fa della pena un mezzo di difesa sociale, non esclude affatto la pena di morte come ultima ratio, e lo dice esplicitamente.

Lo feci notare a Giuliano Vassalli quando presentammo la nuova edizione nazionale delle opere di Beccaria con Luigi Firpo, che la curava. Vassalli trovò queste osservazioni «maligne», ma non inoppugnabili.
L'opera del Beccaria, insomma, fu un grande progresso in materia di procedura penale, ma non di diritto penale (sempre che sia sua, e non di Pietro Verri.


È uno strano destino della famiglia Beccaria che, quando ne viene qualcosa di buono, qualcuno lo attribuisca a uno dei Verri. Compreso Alessandro Manzoni).