Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

30 giugno 2006

Se la Corte Suprema boccia Guantanamo

Quos vult perdere Iupiter dementat prius.
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha dichiarato la illegittimità dei tribunali speciali militari istituiti dal Presidente George W. Bush contro i terroristi e i sistemi di detenzione nel carcere di Guantanamo, ritenendoli una violazione della Convenzione di Ginevra.
Ancora una volta devo citare Virgilio per condannare queste decisioni da parrucconi del diritto.
Sembra proprio che l’eccesso di formalismo e una suicida volontà di considerare i terroristi degni delle nostre leggi, stiano portando l’Occidente a quel crollo che, se prevarranno tesi come quelle della Corte Suprema Usa, ci meriteremo come un vestito confezionato su misura.
Applicare le medesime regole a situazioni differenti è una violazione del principio di equità e il terrorismo musulmano è talmente feroce e fanatico che non possiamo pensare di combatterlo ed estirparlo, con i sistemi giuridici basati su norme che vanno benissimo per regolare i rapporti tra persone – ancorché, alcune, criminali – o tra stati civili.
E’ sciocco combattere con una mano legata dalla stampa e dalla televisione sempre pronte a puntare l’indice accusatore e scandalistico su qualche, marginale, eccesso delle nostre truppe impegnate contro i terroristi e con l’altra mano pure legata dai formalismi processuali tesi a rispettare una Convenzione che, per primi, i terroristi musulmani ignorano.
O forse abbiamo già dimenticato le decine di persone assassinate e sgozzate ?
Se pensiamo di vincere applicando regole del vivere civile, andremo incontro ad una pesante sconfitta.
Noi possiamo e dobbiamo vincere applicando gli stessi, identici, metodi che gli Inglesi applicarono negli anni Venti per pacificare la medesima regione.
Non ci sono alternative, dobbiamo smettere l’abito della festa, per indossare la mimetica.
A meno che non si voglia applicare ai detenuti di Guantanamo il metodo “Baader Mehinof” (Andreas Baader e Ulrike Meinhof, i capi delle RAF, le brigate rosse tedesche, “suicidati” in carcere …).
L’impressione che si trae dalla sentenza della Corte Suprema Usa (e da tante manifestazioni a favore dei terroristi, nonché dalla fuga di alcune nazioni dall’impegno sul campo) è di una estrema debolezza nel rispondere a tono ai terroristi.
E se questa è la nostra percezione, figuriamoci come deve essere interpretata dai terroristi musulmani
Nel 1453 una rammollita e corrotta Bisanzio cadde in mano ai musulmani che massacrarono tutti i Cristiani.
Ricordiamoci dell’11 settembre 2001 e teniamo ben presente che i terroristi non hanno alcun rispetto per le Convenzioni internazionali, per quelle civili e non fanno sconti a nessuno.
Perché noi dovremmo farne a loro ?


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29 giugno 2006

Evasore della realtà

Passate le scadenze elettorali, è il momento delle verifiche e dei primi bilanci di okkupazione cattocomunista del governo, basata su una maggioranza parlamentare – e non popolare - nata per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere.
Molti litigi che hanno fatto emergere che non esiste un progetto comune se non andare “contro” chi invece ce l’ha (il Centro Destra), molti annunci contraddittori, la grazia a Bompressi, uno degli assassini del Commissario Calabresi, l’annuncio della fuga dall’Iraq.
Il parroco, “cattolico adulto” ma, soprattutto, cattolico immaginario, lascia liberi i suoi compari di esternare senza collegarsi e così abbiamo visto in sequenza:
- l’annuncio che il Ponte Silvio non si farà
- lo smantellamento dei cantieri della TAV
- l’annuncio che chiuderanno i cantieri delle Grandi Opere iniziate da Berlusconi, mandando così disoccupati oltre centomila persone
- l’annuncio di progetti sulla a spese di tutti stanza del buco per consentire ai “poveri” drogati di perseverare nel loro sporco vizio a spese di tutti noi che dovremmo finanziare la loro “sicurezza”;
- l’annuncio che, per via amministrativa, verranno aumentati i limiti di “legalità” nel possesso di droga per consumo personale (come i famigerati limiti dell’atrazina di Donat Cattin);
- l’annuncio che si procederà con i pacs per gli omosessuali ... anzi, no, con unioni civili ... invece, no, ci si limiterà a quanto scritto nel programma (che tutti tirano a loro favore, segno evidente di assoluta nebulosità).
- Il crollo (purtroppo reale e non semplice annuncio) della borsa che ha già abbondantemente perso tutto quel che aveva guadagnato sino all’esito delle elezioni politiche.
Ma le performance più divertenti sono quelle in tema economico e parlamentare.
Padoa Schioppa fa onore, dopo poco più di un mese, al suo secondo cognome e prevede manovre e manovrane, naturalmente a danno delle nostre tasche, dando numeri sempre diversi l’uno dall’altro: la serietà al governo ...
Eppure per 5 anni il Governo Berlusconi era riuscito a salvaguardare bilanci, occupazione e grandi opere, senza mai mettere le mani in tasca nostra: sarà mica che i soldi ci sono ma stanno prendendo altre vie, ad esempio quello delle spese parassitarie e clientelari ?
Vannino Chiti, per giustificare il terzo voto di fiducia posto in senato (dove la presunta maggioranza si regge sulla fragile salute dei giurassici a vita) in poco più di un mese, si giustifica dicendo che Berlusconi ha posto “ben” 46 voti di fiducia … tacendo che il dato rappresenta il consuntivo di 5 anni, 60 mesi, di governo.
Di questo passo la sinistra arriverà – se ci arriva … – al secondo anno, superando il numero di 46 voti di fiducia e poi avrebbe altri tre anni per fare un nuovo record (come sempre negativo), oltre a quello, già suo, di ministri, vice e sottosegretari.
L’ultima perla è quella del parroco, il “cattolico adulto” ma soprattutto cattolico immaginario, che ha sparato una cifra di 200000 miliardi quale importo sottratto con l’evasione, pari al 7 % del Pil, pari alla spesa sanitaria.
Anche qui soccorre il buon senso.
Se hanno la cifra, sanno anche come si è formata e dove: allora perché non la recuperano ?
Il dubbio è che sia un numero sparato a caso, tanto per giustificare una nuova ondata di giustizialismo contro la parte produttiva del paese che non li vota.
E non capiscono che l’unico evasore, della realtà, è chi si propone di pagare le clientele, con nuove e/o aumentate vessazioni fiscali, mettendo a bilancio anche improbabili recuperi su una presunta evasione fiscale la cui causa primaria, se non unica, è la presenza di una tassazione sentita come iniqua e vessatoria.
Ogni persona di buon senso vuole che il denaro che guadagna finisca nelle sue tasche e non in quella delle clientele parassitarie.
Ma i cattocomunisti da questo orecchio non ci sentono.
La loro politica di sempre è punire chi produce per costruire una stato bulimico che porta solo burocrazia, immobilismo, corruzione e clientelismo.
Esattamente il contrario di quel che servirebbe all’Italia per confrontarsi nel mondo globale.
E mentre i cattocomunisti hanno cominciato a devastare l'Italia , in Senato va in onda la prima battaglia della guerra per la Libertà da riconquistare, con i senatori della Casa delle Libertà che dimostrano carattere e determinazione, rispondendo con grinta alla violenza commessa contro l'opposizione parlamentare da una maggioranza che vuole impedire ogni discussione.
A fronte di ciò, il tradimento annunciato dell'Udc di Casini che, alla prima occasione buona per mandare sotto il. prodinotti, lancia la sua ciambella di salvataggio assicurando i voti mancanti per il rifinanziamento della missione in Afghanistan e ripetendo l'errore, fatto allora da tutta la Casa delle Libertà, del 1999 quando puntellarono D'Alema.


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28 giugno 2006

Il domani appartiene a noi, se ...

I commenti al precedente post L’Italia è condannata , mi inducono, a fornire risposte (pur se non dirette) con un secondo intervento (del resto la politica sta avviandosi al letargo estivo e fra un po’, oltre ai preannunciati post sul ruolo di aggregazioni come Il Castello e Tocque-ville funzionali alla mia personale proposta per il futuro del Centro Destra in Italia, riprenderò la serie dei “cult” e delle revisioni storiche come durante la scorsa estate).
Ovvio che i cattocomunisti sono imbaldanziti dopo la paura del 10 aprile e gli sfottò ci stanno: lo abbiamo fatto anche noi nel 2001 e lo avremmo rifatto oggi a parti invertite, lo torneremo a fare quando libereremo Palazzo Chigi dai cattacomunisti.
Non condivido l’interpretazione sulla sconfitta delle politiche e delle amministrative, ma l’avevo già scritto, in particolare sulle politiche terminate con una maggioranza parlamentare – e non popolare – della sinistra per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere.
Ma io non scrivo per i cattocomunisti, bensì per me stesso (il piacere di scrivere) e per esporre le mie idee agli elettori del Centro Destra.
Quindi mi interessa di più convincere, o rafforzare le convinzioni, o fornire elementi di discussione a chi sta dalla parte giusta della barricata che sprecare energie per riportare sulla retta via chi sbaglia: non ho la vocazione del missionario.
Anche perchè le votazioni degli ultimi anni (almeno dal 1996) dimostrano che non ci sono transumanze di elettori (tranne le clientele legate a qualche piccolo ras che lo seguono dovunque vada e che sono impermeabili a considerazioni di altro genere che non sia il voto clientelare) e quindi le sorti di un voto si risolvono nella sua regolarità e nella capacità di motivare gli elettori della propria parte politica a votare e non ad andare al mare, quindi di informare in modo corretto, fornendo elementi di giudizio che smentiscano la propaganda nemica.
Non è vero che i voti del Centro Destra sono “scomparsi”.
Emblematico il caso di Ragusa dove il no alle Riforme Costituzionali ha ottenuto il 70% mentre il ballottaggio per il sindaco ha visto vincente il candidato della Cdl con il 53%.
Gli elettori erano calati del 10% e le stesse persone hanno votato per il referendum e per il sindaco.
Questo dimostra che il consenso per la CdL è ben lungi dall’essersi volatilizzato, ma ha prevalso un, errato, sentimento di paura, prodotto dalla campagna terrorista della sinistra.
La paura da parte di un elettorato del Sud Italia – veggasi l’82,5% della Calabria per il no, quella Calabria dove esistono forestali con una densità maggiore degli alberi da proteggere – di perdere determinati privilegi (leggi:assistenzialismo) che perderanno comunque visto che, volenti o nolenti, l’Italia dovrà confrontarsi nel mondo e si confronterà purtroppo attraverso un apparato istituzionale che guarda al passato, ignora il presente e non costruisce nulla per il futuro, mentre era a portata di mano una Riforma – a costo zero, perchè semplice partita di giro nonostante gli astrusi conteggi di chi ci marcia nel permanere dello status quo – che avrebbe responsabilizzato gli enti locali, creando modelli (trainanti) da imitare.
E’ vero invece che con la pancia piena si è meno portati a sacrificare anche un solo giorno di riposo e che gli astensionisti siano del Centro Destra lo dimostra il voto del 9 e 10 aprile, quando con l’84% dei votanti, la sinistra si è fermata sotto il limite del 50% pur ammucchiando nelle sue file drogati (da compensare con l’aumento del limite per la cannabis), omosessuali (da compensare con i pacs), terroristi, sfasciavetrine e assassini (da compensare con posti in parlamento, amnistie e grazie) oltre ai soliti esponenti dell’Italia parassitaria, funzionarietti di partito e boiardi di stato, nonché i vari poteri forti e le lobbies corporative,
E nonostante i verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere, se gli alleati di Silvio Berlusconi, Casini e Fini in primis, non avessero gettato la spugna prima di combattere, adesso non saremmo qui a subire gli sfottò dei cattocomunisti.
Ed è proprio questo il punto che mi induce a sostenere i due capisaldi:
leadership di Berlusconi e
rifiuto di ogni dialogo con la sinistra.
Perché rinunciare a Berlusconi significherebbe fare il più bel regalo alla sinistra che, infatti, da anni cerca di circuire le menti deboli e corruttibili del Centro Destra, facendo balenare immensi spazi … purchè contribuiscano a mandare in pensione Berlusconi.
Se ci tengono così tanto acchè noi si liquidi la leadership di Berlusconi, vuol dire che la temono e se la temono, vuol dire che Berlusconi deve restare Leader del Centro Destra, perché gli altri sono meno pericolosi.
E perché dialogare con la sinistra significa, senza alcuna utilità per l’Italia, disperdere un patrimonio umano che si è cementato nella comune battaglia di questi mesi, visto che le idee che caratterizzano il Centro Destra non possono che essere distanti e distinte da quelle dei cattocomunisti, al limite – e anche oltre – di una secessione ideologica che è nei fatti.
Se la sinistra vorrà fare delle “riforme”, a parte il fatto che dubito possa riuscirci, lo faccia ma con i suoi soli voti, il nostro dovere è restituire, con gli interessi, la stessa opposizione che la sinistra ha fatto al nostro Governo.
E qui si apre il discorso Udc e Casini vari.
Devono scegliere dove stare
.
Le aperture alla sinistra, il lancio di ciambelle di salvataggio, sono figli di una politica che si deve rifiutare perché basata sullo scambio di favori, indipendenti dalle Idealità e dai Valori che ci vedono inequivocabilmente in netta, totale e insanabile contrapposizione con la deriva morale, politica, civile ed economica rappresentata dai cattocomunisti.
Lontana ha confermato con un bel post questa impostazione e come lei ho visto anche con piacere il post di Mariniello e quello di Kagliostro .
Lo sconfittismo non ci appartiene, è contrario alla natura ottimista e positiva della persona di Destra.
Spero di non vedere mai, nella mia parte politica, scene ridicolmente kafkiane come quelle del 2001 con un regista che arringava la folla contro la nomenklatura di sinistra che stava a subire in silenzio come davanti ad un processo sommario di piazza.
Noi di Destra non abbiamo bisogno di andare dagli analisti, perché siamo saldi nelle nostre convinzioni e nei nostri Valori.
Possiamo perdere, come è capitato, capita e capiterà ancora, ma poiché noi non viviamo di, su e con la politica, possiamo continuare, senza compromessi la buona battaglia per un’Italia che risorga da questa involuzione cattocomunista.
Il domani appartiene a noi, se sapremo ignorare le sirene interessate della sinistra.
Il domani appartiene a noi, se sapremo recuperare il nostro programma, senza annacquarlo nei compromessi.
Il domani appartiene a noi, se sapremo agire e parlare con Valori e Ideali di Destra.
Il domani appartiene a noi, se sapremo continuare nella nostra battaglia, anche con gli strumenti che ci vengono offerti dalla Civiltà di oggi, ad esempio in Rete, senza nulla concedere al buonismo ed al politicamente corretto.

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26 giugno 2006

L'Italia è condannata

Nel 1961, per la regia di Val Guest, con Janet Munro e Bernard Braden, la Gran Bretagna produsse uno dei classici della fantascienza cinematografica: “The Day the Earth Caught Fire” tradotto in italiano con “… e la Terra prese fuoco”.
Alla fine del film, in attesa dell’esito dell’ultimo tentativo per salvare la Terra, le inquadrature mostrano il protagonista camminare lungo una via assolata e polverosa e i titoli, già predisposti, dei giornali, con la doppia versione: “La Terra è salva”, “La Terra è condannata”.
Ispirandomi a quella scena finale, anch’io mi sono portato avanti con i lavori, anche per non sovrapporre la scrittura di un post con la partita dell’Italia ed ho preparato due versioni: “L’Italia è salva”, “L’Italia è condannata”.
Salva, se avessero vinto i “SI’”, condannata se avessero vinto i “no”.
Questo cappello e la parte relativa al “dopo referendum” è uguale, cambia la parte centrale sulla valutazione del risultato e questo perché credo che indifferentemente, quello che c’è da fare per il Centro Destra non cambi, anche se lo spirito e la possibilità di accelerare i tempi è ben diverso.

Il referendum confermativo sulla Riforma Costituzionale è terminato con la vittoria della conservazione di ispirazione cattocomunista e dello status quo più ottuso.
Una qualunque persona, di media intelligenza, che non fosse stata accecata dall'odio ideologico avrebbe capito che la Riforma Costituzionale proposta era quanto di meglio fosse possibile realizzare.
Invece la sinistra cattocomunista ha preferito mistificare e costringerà l'Italia ad arrancare sempre più nelle retrovie del mondo civile, perchè le nostre istituzioni non sono all'altezza delle sfide globali.
Una proposta di rinnovamento e di proiezione nel futuro è stata bocciata dalla paura di liberarsi dalla tutela dello stato-mamma e di perdere qualche nicchia di privilegio che, comunque, perderanno nel futuro – e senza tanti ammortizzatori – perché la nostra Italia non sarà in grado di rispondere alle sollecitazione di un mondo cambiato rispetto al 1948 e la politica italiana è ingessata e sclerotizzata in vicende e schemi di 60 anni fa.
La percentuale non esaltante di votanti non cambia la sostanza delle cose, anche perché qui non c’è alcun quorum (che sarebbe comunque stato superato).
Piuttosto è significativa la spaccatura del paese che, ancora una volta, mostra come l’impostazione ideologica prevalga sulla ragionevolezza di un cambiamento necessario.
La vittoria del SI' nelle regioni più avanzate del Nord, ripropone e rilancia una, a questo punto più che legittima e fondata, aspirazione all'indipendenza, mediante una secessione pacifica come quella che portò alla separazione della Repubblica Ceca dalla Slovacchia.
Purtroppo l’Italia riprende la sua deriva morale, civile, politica ed economica, interrotta solo per cinque anni con il Governo Berlusconi.
Il voto segnala principalmente la sfiducia dei cittadini sulla possibilità di cambiare, una rassegnazione alla decadenza, che viene annegata con l’oblio che deriva dallo sport, dal benessere che tuttora abbiamo (ma in queste condizioni non possiamo sapere ancora per quanto tempo), dalla perdita dei freni inibitori per l’esternazione di ogni capriccio, salvo però scandalizzarsi quando vengono estrapolate intercettazioni che mostrano i “potenti” dire e fare quelle stesse cose che noi diciamo o facciamo o pensiamo di fare.
Una sfiducia che deve essere combattuta con dosi massicce di Valori, di Ideali e di Progetti: è la strada che dovrà percorrere il Centro Destra.

Le politiche, nonostante la grande performance di Silvio Berlusconi e nonostante Forza Italia sia nettamente il primo partito italiano, hanno visto una maggioranza parlamentare - solo parlamentare e non popolare - nata per un (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere.
La situazione evidenza un estremismo ideologico della sinistra coniugato con un immobilismo figlio della mancanza di un progetto concreto realmente condiviso.
Ciononostante il piatto piange per il Centro Destra, per l’Italia e per gli Italiani.
Sarà difficile ottenere il riconoscimento della vittoria politica e popolare del 9 e 10 aprile con la riconta che deve essere certificata da commissioni formate da una maggioranza che ha tutto l’interesse a confermare se stessa, le amministrative hanno visto una situazione di stallo, il referendum ci ha riportato alla costituzione degli Scalfaro e dei Ciampi, di un ‘epoca, cioè, in cui non avevamo neppure la televisione.
Guardiamo avanti.
Cosa possiamo fare per accelerare la fine del regime cattocomunista ?
Due le premesse fondamentali.
1) Evitare di dare agli elettori la benché minima idea che il Centro Destra possa sedersi ad un tavolo con la sinistra, con questa sinistra massimalista. Quindi rifiutare sistematicamente ogni fair play, ogni riconoscimento, ogni concessione alla sinistra: dicono di avere la maggioranza, che governino … se ci riescono.
2) Smetterla con il parlare di “successione” a Silvio Berlusconi. A settanta anni (non ancora compiuti) Berlusconi è e può restare ancora, almeno per un altro decennio, come leader del Centro Destra, guidandoci per la seconda volta nella traversata del deserto per riprendere il cammino rivoluzionario – per le riforme che sono scaturite nella passata legislatura - interrotto il 9 e 10 aprile. In dieci anni, con Berlusconi di nuovo Premier, ci sarà il tempo per individuare un nuovo leader.
Poi ci sono le parti ideali, strategiche e tattiche.
In parlamento vogliamo i nostri deputati e senatori sempre presenti e sempre pronti a votare contro il governo, qualunque argomento venga messo in discussione.
I nostri rappresentanti devono marcare la differenza con la sinistra e dare agli elettori del Centro Destra la soddisfazione di vederli mordere i garretti dei cattocomunismi al governo, giorno dopo giorno, ora dopo ora, votazione dopo votazione.
In un modo tale da difendere, con le unghie e con i denti, le Riforme del Governo Berlusconi e far sì che ogni provvedimento legislativo costringa la sinistra ad una battaglia all’ultimo sangue, senza alcuna concessione da parte dei nostri parlamentari.
I Leaders del Centro Destra devono evitare di offrire stampelle alla sinistra e in questo senso pessima è l'iniziativa dei centristi di Casini di offrirsi per votare il rifinanziamento della missione in Afghanistan, ripetendo l'errore del 1999, quando si diede copertura al governo D'Alema sul Kossovo.
Piuttosto rilanciare le iniziative, come lo sciopero fiscale, che consentirebbero di chiudere i rubinetti della spesa clientelare e parassitaria, mettendo all'angolo la sinistra che ha ora l'obbligo di pagare le cambiali firmate alle varie lobbies che l'hanno sostenuta.
A seconda della legge elettorale – che presumibilmente rimarrà quella attuale – avviare o una federazione del Centro Destra (vigente una legge elettorale proporzionale) che possa trasformarsi rapidamente in un partito unico del Centro Destra in caso di improvviso e non auspicabile accordo che porti al ripristino del maggioritario.
Aggregare comunque tutti, nessuno escluso, i partiti e i movimenti politici, sociali, sindacali e culturali, che il 9 e 10 aprile furono schierati con la Casa delle Libertà, che si riconoscano nel progetto di ammodernamento del paese, che, comunque, non siano di sinistra.
Aprire ai delusi della sinistra, a quegli itaglioni che hanno capito di aver sbagliato, tornando così ad essere Italiani.
Ma su queli battaglie ?
Poche e chiare.
Riduzione delle tasse
E’ e resta un cavallo di battaglia per chiunque voglia combattere la tracimazione statalista e la deriva clientelare.
Obiettivo: una flat tax uguale per tutti, al più basso livello possibile che, personalmente, individuo nella famosa “decima” (10%) Romana, oltre la quale si considerava commettersi usura.
Far pagare i servizi al prezzo di costo ed rendere produttivi gli impieghi pubblici,
Dagli amministrativi ai docenti, dai magistrati ai trasporti.
Federalismo
Rilanciare la battaglia federalista per decentrare competenze, aumentando quelle di esclusiva pertinenza delle realtà locali.
Presidenzialismo
Abbandonare l’idea del Primo Ministro da affiancare ad un Presidente della Repubblica, spesso tra loro in conflitto di personalità, per sposare l’idea di un Presidente che sia Capo dello Stato e Capo del Governo, con forti poteri di direzione della politica che derivano essenzialmente dall’elezione popolare.
Identità nazionale
Rilanciare la storia e la conoscenza delle nostre radici culturali, per riscoprire la natura e le ragioni della nostra comunità statuale.
In questo quadro si provveda a filtrare l’immigrazione, sulla base delle reali necessità nazionali, delle possibilità di accoglimento e della propensione – culturale, religiosa, politica – degli immigrati ad integrarsi nella nostra comunità, divenendo, al termine di un rigoroso processo non inferiore ai dieci anni, cittadini Italiani a tutti gli effetti.
Libertà di stampa e comunicazione
Basata sul libero mercato.
Ciò significa revocare i finanziamenti pubblici sulla stampa e privatizzare completamente la Rai.
Giustizia giusta
Per avere fiducia nell’opera dei magistrati, questi devono essere in sintonia con il sentimento popolare e abbandonare ambizioni aristocratiche di interventismo in campi non loro.
Quindi si passi alla divisione tra magistratura inquirente e giudicante.
I pubblici ministeri siano eletti dal Popolo, abbiano un mandato a scadenza, così inseguiranno i criminali e non i riflettori che arrivano su inchieste basate su teoremi che, immancabilmente, colpiscono nemici politici.
I giudici siano nominati tra avvocati, giuristi, docenti universitari di esperienza e che abbiano mostrato conoscenza delle leggi.
Non più magistrati allo sbaraglio che giudicano persone solo in virtù di un concorso, teorico, superato.
Nuovo statuto dei lavori
Perché i sindacati tornino a fare i sindacati e non essere delle holding economico finanziarie con i loro CAF, Patronati e associazioni che si occupano di consumatori, case etc., ognuna delel queli percepisce un contributo statale.
I sindacati devono funzionare con i contributi degli iscritti.
Uno statuto dei lavori che adegui le leggi italiane alla mutata realtà internazionale, perché non esistano più lavori in perdita e mantenuti dal contributo pubblico, con le tasse di tutti noi, solo per ragioni di basso clientelismo.
Siamo vicini a tutto questo ?
No, ma possiamo iniziare un percorso virtuoso per rilanciare l’Italia che marcisce attualmente sotto il tallone cattocomunista.
Ma, soprattutto:
NESSUN DIALOGO,
NESSUN CONTATTO,
NESSUNA CONCESSIONE:
L'ERRORE PIU' GRANDE SAREBBE SEPPELLIRE L'ASCIA DI GUERRA !
Rinunciare alla netta e totale separazione nei confronti della sinistra non solo sarebbe un salvagente nei confronti della acclarata incapacità dei cattocomunisti di sviluppare un progetto coerente di riforme, ma soprattutto sarebbe un tradimento nei confronti degli elettori del Centro Destra, degli Italiani e dell'Italia che ha bisogno di tante cose, ma non di inciuci politici.
In questo, ruolo importante potranno avere i cittadini, singolarmente e associati in movimenti culturali e politici, organizzati in network come possono essere Il Castello e Tocque-ville.
Ma questo, che più direttamente coinvolge lo strumento che stiamo utilizzando, merita una riflessione più approfondita e specifica, che svolgeremo nei prossimi giorni.

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Tra calcio e politica:l'Italia del SI' e quella del no

Ancora poche ore per esprimere un voto che potrebbe spalancare all’Italia le porte del futuro o sprangarle per molti anni ancora, indirizzandola di nuovo verso quella decadenza politica, civile, morale ed economica, interrotta solo con i cinque anni di Governo Berlusconi e che ora è ripresa a causa di una maggioranza parlamentare di sinistra, tra comunisti e “cattolici” di sinistra: proprio quelli che scrissero, escludendo gli altri, la vecchia costituzione del 1948.
Una maggioranza parlamentare, ma non popolare, tale solo per un (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere.
Tecnicamente non ci sono dubbi sul SI’ alla Riforma Costituzionale, perché darebbe alle nostre istituzioni quelle caratteristiche e quei poteri necessari ad affrontare ad armi pari le sfide della globalizzazione.
La vittoria dei conservatori cattocomunisti, significherebbe mantenere in vigore una carta vecchia e stantia, per di più pasticciata con l’affrettata riforma della sinistra del 2000.
La vittoria dei conservatori cattocomunisti significherebbe avviare l’Italia verso una involuzione democratica, politica, civile, morale, economica.
Esattamente il contrario di quello di cui abbiamo bisogno.
E quando il Centro Destra tornerà al Governo, dopo il fallimento della coalizione arcobaleno dei conservatori cattocomunisti, allora i provvedimenti saranno ancor più dolorosi per chi si è cullato nelle nicchie di privilegio clientelarstataliste.
Oggi gioca anche l’Italia del calcio (e per questo, ispirandomi come spiegherò, ad un “film cult” del 1961, ho già preparato le due versioni del post successivo al voto, perché, comunque, il percorso dovrà essere il medesimo, che vinca o perda il “SI’”, non essendo purtroppo ipotizzabile l’immediato crollo del governo cattocomunista).
La Nazionale, partita per i mondiali di Germania accompagnata dalle gufate dei cattocomunisti, che hanno dichiarato di tifare Ghana e persino Stati Uniti pur di vederci umiliati, è riuscita, invece, nonostante i teoremi giustizialisti sui presunti scandali calcistici, ad approdare agli ottavi, con buone probabilità di arrivare almeno in semifinale, visto l’impegno non proibitivo con l’Australia e l’eventuale quarto di finale con Svizzera od Ucraina.
Ebbene, prima dei mondiali, ci fu chi diceva “no” alla partecipazione della nostra Nazionale, suggerendo una involuzione uguale a quella di chi è contrario alla Riforma Costituzionale.
C’era chi diceva “no” alla partecipazione di Gianluigi Buffon, Fabio Cannavaro (i migliori, fino ad ora, con Andrea Pirlo, degli Azzurri !).
C’era chi diceva “no” a Marcello Lippi.
Erano sempre gli stessi, quelli che non vogliono navigare liberi in mare aperto, gli esponenti dell’Italia privilegiata, dell’Italia che ha paura.
L’Italia del SI’ è invece ottimista e positiva, è l’Italia per la quale vale la pena soffrire e sacrificarsi, di combattere senza mai arrendersi, è l’Italia che “atterra e suscita, che affanna e che consola”.
Forza Italia !

Precedenti post sulla Riforma del SI’


1) La dolce terra dove il SI' suona 2/6/2006
2)
SI' per ridurre gli sprechi della politica 9/6/2006
7) SI' al futuro 23/06/2006

25 giugno 2006

SI’:regaliamoci una Costituzione nuova di zecca

Ultimo appuntamento con le urne per questo 2006 ricco di scadenze elettorali.
Un appuntamento forse più importante e significativo di tanti altri.
Un appuntamento con il nostro futuro.
60 anni di chiacchiere, di clientelismi, di burocrazia, di manovre e manovrine e manovrone.
60 anni all’ombre di una carta costituzionale nata dall’odio e da una sconfitta bellica.
Per 60 anni ripetuti sono stati i tentativi di aggiornare la costituzione e renderla più aderente alle esigenze della nostra Patria e più concreta verso i bisogni dei cittadini.
Per 60 anni le lobbies che campano sulle chiacchiere, sul clientelismo, sulla burocrazia sono riuscite ad impedire il varo di una vera riforma costituzionale.
Il 13 maggio 2001, però, una nuova maggioranza di Centro Destra è riuscita a rompere la maledizione del vuoto cosmico che avvolgeva la carta del 1948.
E nel novembre 2005 il voto conclusivo del doppio passaggio alle camere.
La Riforma Costituzionale aveva superato quasi tutti gli ostacoli parlamentari, le imboscate, le resistenze di un passato che ha il volto degli Scalfaro, dei Ciampi, dei Prodi, dei Bertinotti, dei D’Alema e di tutta quella nomenklatura, cresciuta tra corridoi e sezioni e cellule di partito, di sindacato e della burocrazia, che ha il massimo interesse a mantenere le cose come stanno.
Abbiamo già visto le caratteristiche fondamentali di una Riforma attesa da almeno 20 anni e che solo ora può diventare realtà senza inghippi, compromessi e ritardi:
- Primo Ministro con poteri sufficienti per governare
- Fine del bicameralismo perfetto, con la creazione del Senato Federale, per accelerare le procedure di formazione delle leggi;
- Riduzione del numero dei deputati e senatori;
- Attribuzione alle regioni e agli enti locali di competenze esclusive su materie di immediato interesse amministrativo per la vita dei cittadini;
- Una corte costituzionale più aderente al ruolo di garante di una giustizia vera;
- Un presidente della repubblica più aderente ad un ruolo super partes
.
La sinistra maggioritaria in parlamento per un (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere si oppone al SI’, nel nome degli interessi corporativi delle lobbies di privilegiati che fondano la loro ricchezza sulle tasse che pagano gli altri.
La stessa sinistra propone di riformare la costituzione dopo l’eventuale e non auspicabile vittoria di chi si oppone al SI’.
Ma come si può crederle ?
Come possono pensare di riformare un qualcosa che in 60 anni non sono mai riusciti a riformare ?
Perché rinunciare alla riforma che già c’è sperando in qualcosa che non solo deve essere ancora approvata, ma anche scritta ?
Si può ancora migliorare ? Certo.
Nessuno ha scritto che la Riforma Costituzionale sia perfetta.
Ma non possiamo, nella impossibile ricerca della perfezione, lasciare che la situazione costituzionale dell’Italia continui a marcire su una carta superata e non più adeguata ai tempi.
Intanto approviamo riforme utili e positive.
Poi, se necessario e quando sarà necessario, si potranno inserire ulteriori miglioramenti, come sempre accade in una realtà in movimento come quella di un mondo globalizzato.
L’Italia e gli Italiani oggi e domani possono farsi un grande regalo votando SI’: una Costituzione nuova di zecca e adeguata alle esigenze di un grande paese che vuole vivere e progredire nel benessere.

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1) La dolce terra dove il SI' suona 2/6/2006
2)
SI' per ridurre gli sprechi della politica 9/6/2006
7) SI' al futuro 23/06/2006
8) SI' all'Italia 24/06/2006


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24 giugno 2006

SI' all'Italia

La Riforma Costituzionale per la quale domani e lunedì saremo chiamati ad esprimere il nostro SI’, contiene principi condivisibili.
Non sono io a dirlo, ma quel Prodi che si fregia del titolo di presidente del consiglio grazie ad una maggioranza solo parlamentare, ma non popolare, divenuta peraltro tale per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere.
Quello stesso Prodi che cerca di irretire i soliti itaglioni, promettendo che dopo la bocciatura del SI’ da lui auspicata, ridurrà il numero dei parlamentari in misura ancor più sensibile dei 177 che la Riforma Costituzionale del SI’ ha già attuato.
Ma quale credibilità può avere un tizio che ha già fatto il record nel numero dei ministri, viceministri e sottosegretari, fino ad un esilarante 103 ?
Come può questo stesso tizio pensare di farci credere che, una volta respinta la certezza di ridurre i parlamentari di 177 unità, lui li ridurrebbe di oltre 300 unità ?
Il governo finirebbe ad avere più membri del parlamento stesso !
Se, poi, i principi sono condivisibili, perché opporvisi ?
La carta costituzionale di un paese deve esprimere un sentimento che sia condiviso e sia adeguato alle aspettative e alle esigenze di un intero popolo, non di una sola parte di esso.
Una funzione che la carta del 1948 ha esaurito in poco tempo, essendo un documento redatto sull’onda emotiva e sotto l’influsso particolare di una guerra persa che aveva diviso l’Italia e la carta ne era la più evidente riprova.
La nuova Carta Costituzionale, come verrà formulata dal SI’ degli Italiani, sarà invece la certificazione del superamento della guerra civile del 1943-1945 e anche del clientelismo di stato, dando responsabilità alle amministrazioni locali e limitando il ruolo del governo centrale ai grandi temi di politica finanziaria, estera e della difesa.
La chiarezza delle competenze delineate per stato e regioni,
la precisione delle procedure necessarie per sciogliere eventuali conflitti,
i poteri assegnati al Primo Ministro,
la riduzione dei parlamentari (già legge, basta un SI’, non una promessa da prodinotti !),
la fine del bicameralismo perfetto
,
ecco le ragioni di un SI’ all’Italia che ogni vero Italiano può dire non solo quando gioca la Nazionale di calcio, ma il 25 e 26 giugno nelle urne del referendum confermativo di una legge costituzionale che c’è già, che è già pronta.
L’Italia merita un posto in prima fila nella gestione globale del mondo.
Lo meritiamo per la nostra Storia, la nostra Cultura, la nostra Civiltà, la nostra capacità di dare all’Umanità dei capolavori nell’arte, nella letteratura, nella scienza.
L’Italia lo merita per l’importanza che riveste nel progresso civile dell’Umanità.
Ma per “stare dentro” e non essere messi ai margini, dobbiamo avere istituzioni adeguate alle nostre aspirazioni.
Una carta vecchia e dividente come quella del 1948 non è più adatta allo scopo.
La Riforma Costituzionale fornisce quegli strumenti, quelle guide innovative per far tenere all’Italia il passo con le altre grandi nazioni del pianeta.
Una Carta che, con la Riforma, diventa unificante, perché favorisce lo sviluppo delle peculiarità locali che arricchiscono la nostra comunità.
Responsabilizza governanti e governati perché tutti tirino, ognuno per le proprie capacità e con la consapevolezza di non essere abbandonato in caso di difficoltà, dalla stessa parte per il bene della Patria e di ciascuno dei suoi singoli cittadini.
Il SI’ di domani e di lunedì, è un SI’ all’Italia.


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23 giugno 2006

SI' al futuro

La città con i manifesti elettorali acquista sempre un colore … sudamericano.
I creativi si sono sbizzarriti e i colori abbondano, come gli slogan.
Gli oppositori del SI’, puntano come sempre sul terrorismo catastrofista, sul richiamo agli affetti ancestrali.
Invitano a non rompere la costituzione … noi invitiamo loro a non rompere e basta !
Ripescano un vecchio slogan architettato ai tempi dei referendum contro le televisioni private.
Ieri: “non si spezza così una illusione”.
Oggi: “non si spezza il cuore”.
Speriamo con analoga sorte.
Intimano, con sommo sprezzo del ridicolo: “la costituzione non si tocca !”
Sembra il nuovo idolo d’oro.
Peccato che loro stessi siano i primi a non volerla applicare (ricordiamoci ad esempio dell’art. 39 ancora non applicato) e a contestare se una qualche norma (veggasi l’art. 40) è stata (dopo 44 anni !!!) finalmente resa operativa.
Ma soprattutto mettono in campo il loro personale politico: Oscar Luigi Scalfaro.
Ma può, qualcuno, votare come vota Scalfaro ?
Il rappresentante più emblematico del vecchio che, invece di passare, ammuffisce ?
Sfido io che Scalfaro non vuole rinnovare la costituzione: ci ha vissuto sopra per 60 anni !
Ma l’Italia del terzo millennio non può rimanere ancorata a degli schemi nati con la sconfitta nella seconda guerra mondiale e architettati solo da una parte delle forze politiche, con esclusione di altre.
E, poi, diciamolo, dal 1946 ad oggi sono cambiate molte cose nella società, nei costumi, nella politica, nel mondo.
La costituzione del 1948 era considerata “flessibile” perché prevede un meccanismo, l’art. 138, di revisione e riforma.
Praticamente lasciato desolatamente inutilizzato o quasi.
Le uniche modifiche di rilievo sono state nel 2000, il pasticciaccio brutto di Amato che sperava di acquisire voti leghisti con una riforma del titolo V cui la Riforma odierna pone rimedio, e l’abolizione nella XIII disposizione transitoria e finale, del divieto di rientro in Italia dei discendenti maschi della nostra Casa Reale.
Pensiamo solo che la Costituzione Americana del 1776 è tuttora in vigore, nonostante sia dai costituzionalisti considerata “rigida”, adeguata ai tempi con i vari emendamenti, ma intonsa nel suo corpo fondamentale perché propone Valori, eterni, e non rigide regole, dettate da una specifica contingenza storica ormai abbondantemente superata.
La Costituzione Americana fu scritta quasi un secolo prima dello Statuto Albertino che, dopo un secolo, dovette lasciare il posto alla costituzione degli Scalfaro.
Allora noi non dobbiamo soffermarci sugli slogan, sui richiami al nonno petulante che non vuole cambiare, perché non si ritroverebbe nel nuovo.
Noi dobbiamo pensare al futuro.
Dobbiamo pensare ad una costituzione che ci fornisca elementi di stabilità e di governabilità.
Una costituzione che valorizzi le autonomie e le peculiarità delle nostre genti.
Una costituzione che tagli l’apparato dello stato a cominciare dai parlamentari (177 in meno !).
Una costituzione che consenta all’Italia di competere con le altre grandi nazioni nel mondo globale, perché il suo governo ha gli strumenti per decidere e applicare le sue decisioni, senza perdersi nei rivoli delle rivendicazioni locali, da lasciare alle amministrazioni locali.
Un SI’ al futuro, per il futuro, respingendo l’immobilismo di chi sa che si deve cambiare, ma non vuole rinunciare ai suoi privilegi.


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22 giugno 2006

La prosperità è alle nostre spalle

Avete presente quegli articoli truculenti, che grondavano terrorismo economico e rappresentavano l’Italia di Berlusconi in preda alla più nera miseria ?
Se li avete presente, non vi domandate dove sono andati a finire ?
In naftalina, dite ?
La risposta è esatta, signora Longari !
E’ bastato il cambio di governo perché dai giornali scomparissero i terrorismi catastrofisti sulla nostra situazione economica.
Adesso ci sono gli articoli che cercano di giustificare, pur senza avere dati e numeri, un inasprimento fiscale, come è nella tradizione di una sinistra accattona e vendicativa che, per di più, ha raccattato la maggioranza parlamentare per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere.
Vi propongo ora un lancio ANSA di martedì 20 giugno 2006:

Istat: disoccupazione ai livelli piu' bassi dal '92
20/06/2006 - ora :10:34
ROMA - Disoccupazione in calo al 7,6% nel primo trimestre del 2006, rispetto allo stesso periodo del 2005. La variazione e' stata dello 0,6%. Lo ha reso noto l'Istat; le persone in cerca di lavoro sono 1.875.000. Secondo l'istituto di statistica il tasso di disoccupazione, al netto dei fattori stagionali, si attesta sul 7,4%, il livello piu' basso dal 1992. Nel primo trimestre dell'anno il numero degli occupati e' stato pari a 22.747.000, con un aumento di 374mila unita' rispetto al 2005. L'incremento, scrive l'Istat, e' dovuto principalmente all'occupazione straniera (+224mila) e all'apporto di ultracinquantenni. Per quel che riguarda il tasso di occupazione della popolazione tra i 15 e i 64 anni, il valore ha toccato quota 57,9%, sette decimi di punto in piu' rispetto al primo trimestre 2005. (Agr)

Non l’ho trovato nelle prime pagine di quei giornali dal terrosimo catastrofista facile.
Eh già, perché in sette righe ci si dice che a marzo 2006, cioè 9 giorni prima delle elezioni, la situazione occupazionale era la più florida dal 1992.
Indubbio merito di chi, per cinque anni, ha gestito situazioni non facili consentendo agli Italiani – e purtroppo anche agli itaglioni - di avere un lavoro. E l’aumento degli occupati si riverbera anche nell’aumento delle entrate fiscali, senza aver dovuto inseguire la chimera, parolaia e demagogica, della “lotta all’evasione fiscale”, formuletta che ormai fa il paio con la “repubblica nata dalla resistenza antiFascista … bla … bla … bla”.
E non finisce qui.
Come motivo di riflessione vi fornisco anche i dati di borsa, sempre inoppugnabili.
Ricordando che nel 1999, D’alema consule, cominciò ad esplodere la bolla speculativa, che nel frattempo abbiamo avuto l’11 settembre (2001), l’11 marzo (2004) e il 7 luglio (2005).
Ciononostante la fiducia degli investitori nel sistema Italia era tale che dal 2003, Berlusconi consule, la borsa italiana ricominciò a chiudere con il segno positivo fino al 9 aprile 2006 …
“In base ai dati diffusi dalla Borsa Italiana sui principali indicatori dello stato di salute dei mercati, aggiornati a fine marzo 2006, si rileva un andamento molto positivo della Borsa, soprattutto nel comparto azionario, con una crescita sia della capitalizzazione sia degli scambi … Nel mese di marzo il mercato azionario ha proseguito il trend di crescita in corso da novembre, infatti l’indice S&P/MIB ha chiuso il mese a 37.928 punti, crescendo dello 0,7% rispetto a febbraio e del 6,2% rispetto alla fine del 2005, raggiungendo anche quota 38.602, il massimo dalla sua introduzione. Il Mibtel, a fine mese, ha raggiunto i 29.309 punti (+1,8% rispetto a febbraio e +9,5% da fine 2005) mentre il MIB, quotando 28.562 punti (+1,3% rispetto a febbraio e +9,6% da fine 2005), si posiziona al di sopra della media europea; entrambi hanno raggiunto nel mese i valori più alti dal febbraio 2001 (rispettivamente 29.714 e 28.878).”
Poi il 9 aprile, una maggioranza nata per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere e così …
“Le statistiche relative all’andamento dei mercati nel mese di maggio confermano il sentimento generale affermatosi nelle ultime settimane tra gli investitori, in merito a un rallentamento dei corsi azionaririsultato mensile negativo per tutti gli indici azionari:
il Mibtel ha chiuso a 27.923 punti, perdendo il 5,09% rispetto ad aprile e mantenendo un +4,28% dalla fine del 2005;
il MIB si è fermato a 26.931 punti perdendo il 6,07% rispetto al mese precedente (+3,36% da fine 2005);
l’S&P/MIB ha chiuso a 36.450 punti con una perdita del 3,50% su aprile (+2,09% da fine 2005);
il Midex ha chiuso il mese a 35.352 punti con una perdita del 9,86% rispetto ad aprile (+11,8% da fine 2005);
l’AllStars ha concluso il mese a 15.473 punti perdendo l’8,42% rispetto ad aprile (+10,51% da fine 2005);
lo Star con 18.822 punti a fine mese ha perso rispetto ad aprile il 7,44% (+12,48% da fine 2005);
il TechStar ha concluso il mese a 11.479 con una perdita dell’11,90% (+11,99% da fine 2005);
il Mex a fine maggio si è attestato a 10.383 punti, perdendo il 4,04% rispetto alla fine di aprile (+8,44% da fine 2005).”

E l’ultimo dato al 21 giugno 2006 ...

SPMIB 35.500
MIBTEL 27.032
MIB30 35.310
STAR 17.613
TECHSTAR 10.791
MIB30-S 35.310
MIBTEL-S 27.032
Questa è la “felicità” cui hanno creduto gli itaglioni.
I numeri parlano chiaro: la prosperità ce la siamo lasciata alle spalle il 9 e 10 aprile.
Come diceva la pubblicità di una nota marca di birra ?
Meditate, gente, meditate …

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21 giugno 2006

SI' per un presidente realmente super partes

Gli oppositori del SI’ alla Riforma Costituzionale si stracciano le vesti, accusandola di aver ridotto la figura del presidente della repubblica ad un guscio vuoto, togliendogli ogni potere e lasciandogli solo una rappresentanza meramente formale.
A parte il fatto che – come vedremo – non è vero, è opportuno ripercorrere velocemente l’esegesi della Riforma.
Ad un afflato Federalista marcato dalla Lega, faceva da opportuno contrappeso il richiamo all’Unità di cui portabandiera era Alleanza Nazionale.
I primi per il maggior decentramento e autonomie locali possibili, i secondi per la Repubblica Presidenziale, cavallo di battaglia mai rinnegato da Giorgio Almirante in poi.
Sarebbe stata una ottima soluzione, all’americana: Federalismo abbinato al Presidenzialismo.
Il Presidente sarebbe stato il simbolo dell’Unità Nazionale, dotato di fortissimi poteri e con l’autorità che gli sarebbe derivata dall’elezione popolare.
Le autonomie locali avrebbero avuto più poteri amministrativi locali, ma non avrebbero potuto mettere a rischio l’Unità della Nazione avendo un interlocutore del “peso” di un simile Presidente.
Purtroppo tale soluzione sarebbe stata troppo evoluta per i nostalgici della prima republlica dei compromessi che allignano anche nella Casa delle Libertà e che portano il nome di Unione di Centro.
Così si è preferito edulcorare il Federalismo e mantenere la divisione delle cariche tra presidente della repubblica e primo ministro.
Optando per quella formula del “premierato forte” di ispirazione anglotedesca.
Se abbiamo già visto quali sono i poteri e le responsabilità del Primo Ministro, vediamo ora perché la sinistra, maggioritaria – per ora – per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere, mente anche sul ruolo del presidente della repubblica riformato e regolato negli articoli 83-91.
Innanzitutto l’estensione della base elettorale e l’ampliamento di un quorum qualificato fino alla quinta votazione compresa (art.83), rende il presidente della repubblica così eletto maggiormente rappresentativo.
La riduzione da 50 a 40 anni per l’eleggibilità, aumenta la platea dei papabili che, in futuro, potrebbero anche non essere quei personaggi che, al momento, non avrebbero sfigurato nella parata del 1° maggio nella vecchia Mosca sovietica, tra i componenti del politburo, sempre uguali, sempre imbalsamati.
Viene regolato il caso di “ingorgo istituzionale” senza che si debba aprire una crisi nel caso in cui non vi sia identità di vedute tra presidente e primo ministro.
I poteri del presidente della repubblica restano sostanzialmente invariati nelle fattispecie di rappresentanza, mentre acquisisce poteri di nomina per alti funzionari e Autorithy.
Vengono meno invece quelle facoltà che rendevano il presidente parte in causa nelle diatribe politiche.
In sostanza non avremo più i Gronchi che imponevano i Tambroni, non avremo più gli Scalfaro che tramavano contro Berlusconi facendosi mallevadori di ribaltoni, non avremo più i Ciampi che interferivano nella attività legislativa del Governo – rallentandone l’azione – e portando a modifiche dannose come il premio di maggioranza regionale per il Senato, anziché quello nazionale, nella nuova legge elettorale.
E non è un caso se gli ultraottantenni ( e quasi novantenni) Ciampi e Scalfaro, siano contrari al SI', non riuscendo a capacitarsi che il mondo va avanti e non segna il passo come magari vorrebbero.
Il dominus della politica diventa il Primo Ministro, il presidente della repubblica assume un ruolo di garante della Unità, con funzioni che gli impongono l’astensione dalle interferenze e, pertanto, divenendo veramente quella figura super partes che, al momento, non è.
Il SI’ alla Riforma Costituzionale diviene così momento per nobilitare ed elevare, non sminuire, la figura del presidente della repubblica che diviene complementare, senza intersecare, a quella del Primo Ministro.



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20 giugno 2006

Quasi quasi divento monarchico


Non avrei mai pensato, dopo quasi 50 anni di onorata militanza per la Repubblica Presidenziale, di provare uno spontaneo moto di simpatia per la monarchia.
Chi legge queste note (da ormai tre anni, quasi due su Digiland e uno qui) sa che la stima e la fiducia che provo nei confronti dei magistrati italiani è pari alla temperatura esistente sulla superficie di Plutone.
Del resto non passa giorno senza che se ne legga una nuova.
Ieri, ad esempio, la notizia che la magistratura, quella stessa che sofisticheggiando tra "guerriglieri" e "terroristi" ha mandato libero un ... "guerriglista", vorrebbe processare, incriminandolo - pensate un po' ! - per "delitto politico", il marine che, rispettando le sue consegne e regole d'ingaggio, sparò al posto di blocco in cui perse la vita Nicola Calipari.
Potrei adattare alla magistratura l’antico detto sui medici e la medicina: tanta fiducia nella medicina e nessuna nei medici, può diventare tanta fiducia nella legge e nessuna in chi deve applicarla.
Così è abbastanza naturale per me, nel momento in cui si solleva un qualsivoglia polverone con i vari Robespierre e Saint Just de noantri che emettono avvisi a raffica, provare simpatia per chi cade.
Se, poi, si vanno a leggere le intercettazioni (rectius: brani di intercettazioni … ) e si sentono i commenti scandalizzati sulle frasi e sulla terminologia usata, mi domando da dove spuntino questi moralisti dell’ultima ora e mi torna in mente la favola di Fedro sulle sacche messe da Giove sulle spalle degli uomini.
Una, la più piccola, con i difetti altrui, posta davanti.
L’altra, molto, molto più grossa, con i propri difetti, dietro
.
Ma tutto questo è colore, la questione più grave è invece quella delle intercettazioni.
Non che siano fatte, anzi credo che per la sicurezza di ognuno di noi non dovrebbero esserci limiti alla possibilità da parte dei Servizi e della Polizia all’intercettazione ambientale, telefonica e di ogni genere.
Il problema è la mancata riservatezza delle stesse, è la puntuale uscita sulla stampa di atti che dovrebbero rimanere riservati, anche perché ho l’impressione che sulla stampa finiscano brani delle intercettazioni acquisite, magari quelli dai quali emergerebbero responsabilità che, in un più ampio contesto – nel quale conta anche il tono che si usa – verrebbero ridimensionati a semplici boutade o a millanterie da bar.
Sembra quasi che la “professionalità” di certuni si riduca allo sbirciare dal buco della serratura il voyeurismo altrui, magari con tanta invidia.
Ma se c’è chi pubblica c’è – ed a mio parere è di gran lunga più colpevole – chi fornisce il materiale da pubblicare.
Le persone vanno tutelate, nella loro privacy, soprattutto quando vengono mosse loro accuse tutte da provare e, soprattutto, che devono dimostrare che devono tenere ad un dibattimento.
Troppe volte abbiamo visto svanire nel nulla processoni istruiti con grande clamore e, non vorrei sbagliare, ma mi sembra di ricordare che un paio ebbero come protagonista proprio il p.m. anglopotentino.
Altra questione è la carcerazione preventiva.
Altra infamia.
O uno viene preso in flagranza (tale può essere considerata anche una prova documentale o testimoniale) nel commettere reati contro la proprietà (distruzione di vetrine, auto etc.) o la persona (aggressione, omicidio) oppure la carcerazione è solo e semplicemente un modo per fiaccare la resistenza di un presunto innocente, al fine di estorcere una confessione che faccia magari quadrare teoremi non sufficientemente suffragati.
Mi suona molto strano che mentre ex terroristi assassini entrano in parlamento, altri vengono graziati e per altri ancora si sia messa in moto la ruota dell’amnistia, per dei reati (se mai ci fossero) di corruzione o di “concussione sessuale(sic!) si metta in galera una persona, con tanto di battage a reti unificate.
Mi sa tanto di gogna, addirittura prima di una eventuale sentenza di colpevolezza.
Ecco perché ho sentito in questi giorni sorgere un sentimento monarchico.
Sì … Silvio I … suona bene …


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19 giugno 2006

SI' per garanzie vere e vera giustizia

In questi anni, soprattutto dopo il 1991, abbiamo visto come la magistratura abbia prepotentemente tracimato dai suoi limiti naturali, per diventare un contropotere, non elettivo.
La quantità industriale di informazioni di garanzia, prontamente rese pubbliche attraverso giornali e scribacchini compiacenti, ha compromesso la qualità degli atti stessi, la credibilità dell’istituzione e la legittimità stessa delle azioni.
Un Italiano sano di mente non può pensare di essere stato governato per decenni da banditi, magari compromessi con la mafia e, guarda un po’ che caso !, tutti dalla stessa parte politica.
Infatti, ad un esame più approfondito, l’alluvione di inquisizioni, si è ridotta ad un rivolo di condanne.
Ma permane una interpretazione ideologica della funzione togata che solo in parte è stata inquadrata dalla Riforma Castelli (che, infatti, ANM e sinistra vorrebbero abolire).
Ma una parte delle regole che devono informare il ruolo della magistratura, perché non tracimi, sono scritte nella Riforma Costituzionale.
E se il Consiglio Superiore della Magistratura è toccato in modo minimale (un po’ più di coraggio non avrebbe guastato) scorporando (art. 104, 4° comma) il terzo di membri elettivi del Parlamento in un sesto eletti dalla Camera e un sesto eletti dal Senato Federale, la Riforma Costituzionale che saremo chiamati il 25 e 26 giugno a confermare con il nostro SI’, ha riscritto l’art. 135 sulla composizione della Corte Costituzionale.
Una corte che è preposta a dirimere i conflitti di attribuzione, ma anche a determinare la conformità delle leggi alla carta costituzionale e giudicare sulle accuse mosse al presidente della repubblica.
Fino ad oggi i 15 giudici erano eletti per un terzo dal presidente della repubblica, per un terzo dalle varie magistrature e per un terzo dal parlamento.
Netta prevalenza (10 su 15) di giudici eletti o nominati da organi che non promanano dal Popolo, ma o sono eletti in secondo grado (presidente della repubblica) dove i compromessi sono all’ordine del giorno (sfido chiunque ad affermare che Napolitano sarebbe stato mai eletto con voto popolare !) o sono frutto dell’autoreferenzialità di una corporazione chiusa all’esterno e che è formata per concorso e non per elezioni.
Con la Riforma Costituzionale, rimane una maggioranza (8 su 15) di giudici nominati da tali organismi (4 dal presidente della repubblica e 4 dalla magistratura) ma ben 7 verranno eletti dal parlamento, con prevalenza (4 contro 3) del Senato Federale, quindi con un occhio di riguardo per le realtà locali.
Con la Riforma Costituzionale, viene inferto un duro colpo all’immobilismo parruccone del vecchio sistema, con auspicabili ulteriori sviluppi verso una corte più in sintonia con i sentimenti popolari.
In questo quadro la Riforma Costituzionale da confermare con il SI’ del 25 e 26 giugno, ha anche posto dei paletti sulle successive attività dei giudici che, alla fine del loro mandato novennale, non potranno ricoprire per tre anni tutta una serie di incarichi (governativi o amministrativi) riducendo quindi il rischio di “voti di scambio” e di interferenze nelle decisioni della corte stessa.
Probabilmente è per tali motivi che la sinistra, piccola maggioranza per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere, si oppone al SI’, favorevole alla Riforma Costituzionale.
Ma l’Italia ha bisogno di entrare nel terzo millennio, non di arroccarsi nei paludati sofismi e nelle corporazioni che appartengono ai lontanissimi anni in cui la vecchia costituzione fu scritta.



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18 giugno 2006

Grand Hotel Guantanamo

Vi sono dei giorni in cui gli argomenti che si vorrebbe commentare sono ben più di uno.
Allora non resta che adottare il brevettato metodo Watergate e, raccolti, proporli tutti … naturalmente sintetizzando al limite della brutalità e limitandoci oggi alle questioni connesse con la politica estera.

Grand Hotel Guantanamo
Cominciamo subito con la vicenda che ci fornisce il titolo del post.
Con la limpidezza tipica della giovane età, ha già detto tutto Riccardo di Thank You America.
Ma che ci stiamo anche a porre dei problemi per dei terroristi catturati mentre, si opponevano alle Forze Armate della Coalizione ?
Dobbiamo riconoscere a simili figuri quelle garanzie che a loro non passa neppure per l’anticamera del cervello di riconoscere a tutti quelli che vorrebbero assassinare e che hanno assassinato con gli atti vigliacchi di terrorismo ?
Un cittadino, prelevato da casa e detenuto in attesa di giudizio ha diritto a tutte le garanzie del caso.
Uno che spara alle Forze della Coalizione, che si oppone al ripristino della legalità e della libertà, che progetta e mette in atto crimini terroristi, ringrazi di essere alloggiato al Grand Hotel Guantanamo.
E si vergogni chi, sofisticheggiando sui metodi, mette in pericolo altre vite, dando spazio alla propaganda terrorista.

Tour Operator, C.I.A.
Il caso è molto simile al Grand Hotel Guantanamo.
Sappiamo che ci sono terroristi in libertà, infiltrati nelle nostre retrovie.
Sappiamo che, se riescono a sfuggire alla cattura, è perché hanno coperture, protezioni e anche un uso sfacciato delle nostre leggi (o una loro opinabile interpretazione) che consente loro di continuare a minacciare la nostra libertà e sicurezza.
Sappiamo che il primo dovere di uno Stato che si rispetti è garantire i cittadini onesti, da chi vuole danneggiarli.
Dobbiamo avere dei dubbi sulle operazioni della C.I.A. per spazzare via un po’ di erba cattiva dal nostro territorio e, magari, ricavare da simile feccia un po’ di informazioni per metterci tutti in condizioni di maggiore sicurezza ?
Solo persone malate dentro possono pensare di mettere sotto accusa la C.I.A. e i governi che l’hanno aiutata a garantire la nostra sicurezza e libertà.
Altro che “inchieste”: santi subito !

Bush in Iraq
Con un bel contropiede, tipico del periodo “mondiale”, il Presidente George W Bush è volato in Iraq, per rafforzare il messaggio lanciato con l’eliminazione del criminale Al Zarquawi.
Un messaggio che non è diretto solo agli iracheni e ai terroristi, ma anche agli alleati infedeli, badogliani, che progettano di riprendere la politica del tenere un piede in due staffe.
Il minuscolo governo nato per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere che - come giustamente osserva Giulio Tremonti - con la sua piccolezza rende grandi i problemi del paese, è avvisato.


L'amico ... "diverso"
D'Alema è il tipico esponente comunista, cresciuto alla scuola di partito e cerca di infinocchiarci con la teoria dell' "amico diverso" degli Stati Uniti.
Siamo amici, ma ...
Siamo amici, però ...
Siamo amici, se ...
Dimenticando che, sin dall'antichità, l'amicizia presuppone un sentimento non assoggetabile a "ma", "però" e "se" che rappresentano solo il desiderio di tenere il piede in due staffe, per troppa viltà nel dire "no".
E questo dimostra quanto scarso sia per la sinistra il valore delle loro idee.
Personalmente un "amico diverso" lo eviterei come la peste, perchè sarebbe sempre pronto a pugnalarmi alle spalle.
Amicus certus in re incerta cernitur.

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17 giugno 2006

SI’ per eliminare l'assistenzialismo clientelare

La Riforma Costituzionale che potremo confermare con un “SI’” il prossimo 25 e 26 giugno, ha un cuore federalista.
Il progetto federalista appartiene di diritto alla Lega Nord e ad Umberto Bossi che, unico, negli anni ottanta, intuì la sclerosi dello stati unitario e rispolverò il federalismo di cui Carlo Cattaneo era stato un precursore, prima ancora dell’unità del paese.
Federalismo, secessione e, infine, prendendo spunto dalle larghe autonomie concesse dal Regno Unito a Galles e Scozia, devolution” o devoluzione, cioè trasferimento di competenze e poteri dallo stato centrale alle regioni e agli enti locali.
Una soluzione positiva che trova la sua normativa nella Riforma Costituzionale agli articoli dal 114 al 133.
Inizio, ancora una volta, dalla critica al sistema di innestare in un testo vecchio e superato, sangue fresco.
Continuo a ritenere sarebbe stato di gran lunga meglio mandare in archivio la vecchia carta per riscriverne, articolo dopo articolo, una nuova.
Ma, tant’è, la politica è l’arte del possibile e più di così evidentemente non era possibile ottenere in considerazione delle resistenze degli statalisti presenti anche nel Centro Destra, sia pur in misura inferiore a quanti allignano a sinistra (basti considerare il pasticciaccio brutto della presunta “riforma” del titolo V raffazzonata da Amato per cercare di raccogliere un pugno di voti in più alle elezioni del 2001).
Un altro errore, a mio avviso, è l’aver mantenuto la “specialità” delle cinque regioni a “statuto autonomo” che non ha senso in uno stato federale dove ogni regione ha le sue competenze e poteri (e dove, nel terzo millennio, non avrebbe comunque senso neppure in uno stato centralista).
Notiamo quindi che la Riforma del 2005, sottoposta al “SI’” confermativo del 25 e 26 giugno, ha una alternanza di pesi e contrappesi, pur nella devoluzione di competenze e poteri.
Così se nel primo comma dell’art. 114 viene elevato a rango costizionale il principio della susssidiarietà dello stato rispetto alle realtà locali, nel terzo comma dello stesso articolo viene sancito il ruolo di Roma capitale.
La devoluzione delle competenze viene definita con una tripartizione ben determinata delle competenze per materia:
- legislazione esclusiva dello stato
- legislazione esclusiva delle regioni
- legislazione concorrente fra stato e regioni
.
Naturalmente gli eventuali conflitti di competenza trovano un percorso chiaro e ben definito per la loro risoluzione ed evitare situazioni di stallo.
La Riforma consente una maggiore vicinanza degli amministratori agli amministrati, crendo in capo ai primi quei poteri che li costringeranno ad operare nell’interesse della loro comunità senza trincerarsi dietro l’alibi dei “trasferimenti” di risorse da Roma.
Il governatore, il sindaco, avranno la facoltà di agire per migliore le condizioni della propria regione, del proprio comune.
E, con questa Riforma, se la situazione non migliorerà i cittadini sapranno che il motivo è da ricercarsi nell’inadeguatezza di chi hanno eletto e potranno così bocciarli alle elezioni e sostituirli con altre persone che potranno dimostrare di valere di più.
Verranno meno anche gli inutili assistenzialismi fini a se stessi, ma non verrà mai meno il principio solidaristico insito nella costituzione di una comunità nazionale.
In pratica: basta con i posti inutili e le clientele pagate da tutti, sì ad interventi mirati per rimuovere ostacoli allo sviluppo o per sopperire a situazioni di gravi calamità imprevedibili.
Il risparmio e la concretezza che deriva da questa impostazione ci dice anche il perché la sinistra al governo per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere, sia schierata contro il SI’.
Votare SI’ significa dunque avviare l’Italia sulla stessa strada che ha percorso la Gran Bretagna, valorizzando le identità locali, recuperando valori tradizionali locali e arricchendo l’intera comunità nazionale con il contributo fattivo di tutti, abbandonando e per sempre, il vecchio assistenzialismo clientelare, fondato sull’esproprio per alcuni per distribuire le briciole ad altri ed arricchire i mediatori: chi è in possesso della leva fiscale.
SI’, quindi, per uno stato moderno, proiettato al futuro dove tutti contribuiscano secondo le loro capacità e possano godere dei frutti del proprio lavoro senza vederselo sottrarre e disperdersi in migliaia di inutili rivoli.

Precedenti post sulla Riforma del SI’

1) La dolce terra dove il SI' suona 2/6/2006
2)
SI' per ridurre gli sprechi delal politica 9/6/2006