Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

30 novembre 2006

Ad armi impari


La riunione NATO di Riga è caratterizzata dalla questione Afghanistan.
L’impegno dell’Alleanza Atlantica subito dopo l’aggressione dell’11 settembre era indirizzato a liberare quel paese dalla presenza dei fondamentalisti musulmani, per togliere loro un comodo santuario dal quale progettare e realizzare ulteriori aggressioni all’Occidente e alla Civiltà.
L’obiettivo è stato in parte raggiunto.
I terroristi islamici non hanno una base sicura, sono comunque soggetti ai bombardamenti ed alle azioni di bonifica da parte delle truppe Occidentali, sono in fuga perenne e difficilmente, in tali condizioni, riescono ad organizzare qualcosa che vada oltre una autobomba o qualche attentato tramite uno o più folli kamikaze.
Ma per conseguire pienamente l’obiettivo e bonificare l’Afghanistan occorre l’impiego di un numero ben superiore di truppe.
Questo apporto deve venire dai paesi NATO e, soprattutto, da quelle nazioni che si sono sfilate dall’impegno in Iraq o non l’hanno mai iniziato.
Se l’Italia è fuggita dall’Iraq, sia pure con una qualche dignità in più degli spagnoli, ciononostante ha liberato per l’impiego sul campo truppe già addestrate e altre potrebbe recuperarne dall’inutile missione in Libano.
Il Presidente George W. Bush, Leader del Mondo Civile, ha chiesto un maggiore impegno alle altre nazioni, soprattutto a quei paesi europei che non si impegnano nell'analoga missione in Iraq.
La risposta della sinistra italiana è stata: siamo per l’opzione del dialogo.
Dialogo, ma con chi ?
Con i terroristi non si dialoga, li si combatte fino a che non sarà seppellito l’ultimo terrorista.
Le idee balzane di conferenze, di trattative, di chiacchiere in sostanza, nascondono solo una vile resa alla violenza, al terrorismo.
Se non peggio: collusione ideologica con siffatti rifiuti del genere umano.
Ma, soprattutto, segna un ulteriore arretramento della “linea del Piave” che trova
nella ventilata sanatoria per gli immigrati,
nella ventilata proposta di legge che ammette la poligamia,
nella legalizzazione effettuata di 350000 extracomunitari oltre le quote stabilite,
nella riduzione dei tempi per l’acquisizione della cittadinanza italiana,
altri esempi di un indirizzo che porta alla rottamazione la nostra Civiltà.
L’amico Ineffabile ha ideato una frase che a me piace citare (magari un po’ modificata): non si può vincere contro i barbari violenti, assassini e armati, limitandosi a leggere il Vangelo.
Ecco, quanti blaterano su conferenze e su “alternative” all’azione militare, mostrano
o assoluta ignoranza,
o collusione con il nemico
o pericolosa (per tutti noi) ingenuità
che ci costringe a combattere ad armi impari:.
Il nemico, senza alcun tipo di limitazione autoimposta.
Noi con tutte le limitazioni imposte da un bon ton bellico che non ha alcuna ragione d’essere quando in palio c’è l’alternativa
tra Libertà e schiavitù,
tra Civiltà e barbarie,
tra la Vita e la morte.
Bene ha quindi fatto il Presidente Bush, Leader del Mondo Civile, a richiamare all’ordine i vecchi arnesi europei, pronti a cedere per un inutile piatto di lenticchie.

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28 novembre 2006

Vecchi Fasci e Nuovi Liberali.

Premetto che oggi mi apprestavo a scrivere quest'articolo con spirito assai più polemico di quanto alla fine sarà,perchè ho trovato il messaggio di Libertyfighter (nel post su Veneziani) assai civile e molto più sensato rispetto a chi porta le fette di salame antifascista doc sugli occhi, e vuole appioppare a tutti i costi un etichetta socialista al Fascismo ,messaggio che mi dona qualche sollievo.
No, LF, non mi riferisco certo a te,poichè non ho nessuna pregiudiziale antiliberale,e spero che qualche vecchio o nuovo Malagodiano ,qualche vecchio discepolo di Edgardo Sogno ogni tanto riaffiori tra tutti questi neofiti liberali, che guardano più all' America che all' Europa come riferimento, anche se concordo che oggi come oggi gli Stati Uniti rappresentano meglio l' Occidente rispetto ad un' Europa prigioniera di banche e balzelli.
Mentre la pregiudiziale antifascista, causata anche da una scarsa e superficiale conoscenza della materia, riaffiora da un po' di tempo tra certi tocquevillani od ex (ma ex di tutto, chi vuole intendere,intenda .Si parla di aggregazione...), magari urlata alla luna, perchè si sa che dal vivo pochi sono leoni. Parlo, senza girarci troppo intorno, di Starsailor, Freedomland (cui avevo risposto ancora , sul Presidente Wilson e le cause della I Guerra Mondiale) e come si vede, Robinik.
Vedi, LF, tu ti dichiari ,oltre che anticomunista ed antisocialista ( e collimo), anche antiFascista; bene, nel tuo caso, permettimi, ma per la tua pacatezza, per il modo di avvicinarti alla materia,io ti definerei decisamente afascista. E ' questo il termine , coniato da Giorgio Almirante già negli anni '70, cui dovrebbe approdare la Grande Destra per la quale io, Mons e gli amici del Castello da tempo ci battiamo. Una Destra basata sui Principi e sui Valori che Mons ha espresso nel suo recente post, e che anch'io nell' altro mio blog http://santosepolcrosplinder.it con l'altro nick Vandeaitaliana (Mortidimenticati più che un blog, vuol essere un archivio) ho spesso rimarcato. Una Grande Destra in grado di arrivare in futuro ad un 20/25 % con chiari paletti che non la facciano sembrare un Centro (c'è già Forza Italia) o con fluttuazioni radicaleggianti lontane anni luce dal Nostro Mondo. Una Grande Destra capace di attirare giovani e vecchi, con un bacino enorme,rispetto all'attuale. Una Grande Destra che lasci il Fascismo alla Storia ed agli storici, non dimenticando che le cose raccontate da Pansa le aveva anticipate Giorgio Pisanò; che gli episodi riferiti da Telese, erano già stati riferiti da Guido Giraudo, Nicola Rao ed altri ancora; una Grande Destra che capisca che è ora di seppelire Mussolini (parafrasando un libro di Salvatore Scarpino), ma senza aggiungersi ai vocianti e beceri cultori dell'antifascismo militante sinistro, approdando appunto ad un sereno afascismo. Anche se capisco che non sia facile, forse raggiungibile solo grazie ad aver letto quei "due o tremila libri" cui sono stato recentemente invitato a fare (ma Veneziani credo ne abbia dieci volte più di me,anche se ogni tanto, come lamentò una volta, la moglie separata glieli brucia. ).
Così, LF, quando vedo ceri neofiti accostare sinistra e socialismo al Fascismo, che furono solo alcune componenti , e pure minoritarie, vedo subito quella sottile ed a volte inconsapevole (perchè, magari, per esserne coscienti, bisognerebbe aver letto due o tremila libri.Capendoli pure.)voglia di accostare il Fascismo al nazionalSOCIALISMO, la cui matrice socialista è stata sì più volte spiegata non solo dal sottoscritto(immeritatamente), ma dai vari De Felice, Nolte,de Benoist, comparando il nazionalsocialismo (questo, sì !) al bolscevismo,insieme ad Orwell, Gide, Simone Weil, Bernard Shaw, Hannah Arendt e Francois Furet. Neofiti che magari lo fanno per accodarsi ad un capetto che batoste elettorali ne ha prese parecchie e che proclama male assoluto in qui e la, ben sapendo che ai recenti funerali di Peppe Dimitri a Roma parecchi dirigenti e vecchi militanti di AN hanno fatto il Saluto Romano.Peppe Dimitri approdato in AN nonostante il suo passato in Terza Posizione, chiamato da chi, anche in AN lotta per una Grande Destra senza pregiudizi.
Questi giovanitristi, come li chiamo io, credono che la realtà virtuale dei blog coincida con quella di tanti giovani, ma non è così, come vedo dalla realtà scolastica con cui mi confronto ed anche dall' aver conosciuto molti giovani senza fette di salame.
No, venendo a noi, LF non vedo nessun elemento socialista nella creazione di case popolari e fondi INPS, bensì un ritorno a concetti appartenenti alle Corporazioni, dove lo Stato era sostituto dal Comune o dal Principato, e dove le banche miravano principalmente al Mutuo Soccorso. Banche Corporative (Legionarie) che Codreanu,per parlare di un Fascismo Mistico e Cristiano cui nessuna connivenza col socialismo può essere imputata, tentò di reintrodurre, prima di essere ucciso dall' Oligarchia Rumena. E chi ti parla è un imprenditore, anzi,come dico ai compagnucci per farli schiattare, un Padrone.
Non vedo nessun elemento socialista nel non vedere di buon occhio il Grande Capitale , anche perchè la Carta del Lavoro al Capitolo VII recita: "Lo Stato Corporativo considera l'iniziativa privata nel campo della produzione come lo strumento più efficace e più utile nell' interesse della Nazione". Carta del Lavoro che al Capitolo II, invece che affermare che il lavoro è un diritto, enuncia: "Il lavoro,sotto tutte le sue forme organizzative ed esecutive, è un DOVERE sociale."
Vedo solo il tentativo di superare due ideologie stantie come il socialismo ed il liberalismo , troppo legate al XIX secolo che nei loro nomi fece rivoluzioni, sangue e guerre in tutto il mondo, legando l' Uomo al materialismo ed all'economia , abbandonando trascendenza e metafisica, cercando e riuscendo di imporre il laicismo ai danni della Religione dei Padri , donandoci una società attuale sempre più tesa a considerare il Cattolicesimo merce per vecchiette bigotte , non accorgendosi così di spianare la strada ai Nuovi Barbari del Jihad.
Vedo in queste radici , ed in altre, depositarie della Tradizione, lo Spirito Millenario dell' Occidente che ponga l'interesse non solo in questo mondo, destinato a dissolversi, ma all' Eternità, al quale l' Uomo, per volere di Dio Nostro Creatore, deve naturalmente tendere.
Se avrai capito questo mio discorso, senza leggere due o tremila libri, il tuo posto da Liberale, in questa Grande Destra, insieme ad altri Liberali veramente liberi, c' è senz'altro.
Per altri, non so.

Starsandbars/Vandeaitaliana.
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La reazione al malore di Berlusconi è anche un segnale per Casini


Domenica Silvio Berlusconi ha avuto un piccolo malessere che lo ha costretto ad interrompere il discorso che teneva ai Circoli della Libertà.
Secondo le notizie riportate oggi dalla stampa, il malore del Presidente Berlusconi ha fatto subito il giro del mondo ed è stato in cima ai notiziari dei vari paesi.
Anche il mondo dei bloggers ha registrato la notizia come dimostrano i numerosi post e relativi commenti che hanno mobilitato il Popolo di Centro Destra.
Il Presidente si è ora rimesso e sabato 2 dicembre sarà presente alla manifestazione di Roma, circondato dall’affetto del “suo” Popolo, il Popolo di Centro Destra.
E proprio dalle reazioni all’incidente di percorso del nostro Premier si può misurare quanto Silvio Berlusconi sia importante per il Centro Destra e quanto abbia cambiato la politica italiana.
Inutile nascondersi dietro un dito.
Il giubilo dei terroristi di AlQuaeda e dei no global, i freddi commenti che si leggono da parte dei sinistri nei blog, sono solo l’esternalizzazione di un sentimento che appartiene alla sinistra alla quale non parrebbe vero di veder seppellire
chi impedì nel 1994 ad Ochetto ed alla sua “gioiosa macchina da guerra” di occupare il potere,
chi ha dato unità ad una Destra da sempre divisa,
chi in 5 anni ha cambiato radicalmente il posizionamento internazionale dell’Italia restituendoci l’orgoglio nazionale e che ha prodotto ben 36 riforme cominciando a scardinare un sistema di potere e clientelare che, infatti, la sinistra sta cercando, abolendo le riforme di Berlusconi, di restaurare.
Chi riporterà la Destra al governo da cui è stata estromessa per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere, tanto che persino la magistratura ha smontato ab ovo la fantasiosa teoria di un paio di signori (ma purtroppo non ha disposto il riconteggio dei voti ...).
Dicevamo del giubilo della sinistra più umorale (naturalmente quella in doppio petto ha mostrato “solidarietà” e fatto “auguri” ai quali non credo affatto), ma anche dell’affetto che è stato manifestato da tutto il Centro Destra.
Semplici elettori, militanti, giovani e anziani, preoccupati per il Berlusconi uomo ma, soprattutto, per il Berlusconi Leader della Casa delle Libertà.
Perché il Berlusconi che ha cambiato i modi e i tempi della politica italiana, il Berlusconi che ha riunito tutte le destre è ancora imprescindibile per la costruzione di quella grande Coalizione, Federazione, Partito Unico, chiamiamolo e diamogli la connotazione che più ci piace, ma che deve rappresentare tutte le destre, nessuna esclusa, riconoscendo ad ognuna di loro pari dignità e diritti.
E questa operazione la può condurre solo Silvio Berlusconi, con il suo prestigio, la sua abilità e la sua autorevolezza.
Tutto questo è anche la miglior risposta alle ambizioni di un Casini che, smarcandosi da chi lo aveva nel 1994 salvato dalla dissoluzione del suo partito, spera di ottenerne l’eredità politica.
Berlusconi è e resta il Leader della Casa delle Libertà, del Centro Destra, di quegli Italiani che non si arrendono alla rapacità della sinistra e alla soppressione della nostra libertà.

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27 novembre 2006

Quanto può influire un blog ?


Stimolato da una simpatica chiacchierata telefonica con Monica e da un post come sempre elegante e intrigante di Velvet , mi soffermo per una valutazione su questo strumento di comunicazione che, personalmente, uso dal settembre 2003 con la prima versione di Blacknights .
Prima i numeri, gli unici che posso dare: quelli relativi al mio blog (rilevati sabato 25 novembre 2006).
Nel rank “top Italia” di Blogitalia Blacknights è 250° su 14548.
In quello di Technocrati è 36080° su almeno 270.000 (forse più).
Mi dicono che se mi iscrivessi a numerosi blog roll potrei contare su vari link che mi porterebbero a “scalare” la classifica.
La cosa non mi interessa, mi sembrerebbe quasi un barare con me stesso, per cui mi bastano i blog roll del Castello , B4CdL e della Italo American Flag League , così come mi basta la partecipazione agli aggregatori de Il Castello , The Right Nation e Tocqueville .
E tutto questo già dice quanto sia difficile “pesare” il valore di un blog e, complessivamente, l’influenza della cosiddetta blogosfera.
Ma proseguiamo con i numeri.
Nel mio blog, che ha quel “posizionamento”, da giugno 2006 ho inserito come contatore Google Analytics che ho valutato come quello più congruo per i vari dati che fornisce e la credibilità.
Fino a tutto luglio ho tenuto Google assieme ad altri contatori ed ho constatato come la rilevazione degli accessi variasse anche sensibilmente, dando un ulteriore colpo alla valutazione sull’impatto dei blog.
Fatto “100” per Google (che è quello in assoluto più “avaro”) gli altri - per la stessa giornata - variano tra il 110 circa del più “tirato” e gli addirittura 140 circa del più “generoso”.
Allo stato Blacknights fa meno di 100 accessi nel fine settimana e oltre 150 nei giorni feriali sfiorando spesso i 200, con punte di oltre 300 come per il post Bulli e Pupe .
Ultimo dato di interesse la percentuale dei nuovi accessi e dei visitatori di ritorno: 41,78% e 58,22 rispettivamente nell’ultima settimana (quella con Bulli e Pupe ) e 47,38 contro 52,62 dal 10 giugno 2006.
Evidente l’influenza del post che ha “sforato” la media e che ha evidentemente richiamato una reiterata visione, per i commenti e per leggere il prosieguo del dibattito.
Fin qui i numeri.
La domanda che mi sono posto e che Monica e Velvet mi hanno stimolato a mettere per iscritto è: quanta influenza può avere il mio blog, un blog ?
Credo nessuna.
Non ritengo che qualcuno abbia cambiato idea per aver letto quello che io (o qualcun altro) ha scritto e anche “bloggoni” come quello di Grillo non ritengo abbiano influenza nel modificare decisioni già a mpiamente prese e maturate, perché, ad esempio, da Grillo ci si va per fare quattro risate, ma il personaggio non mi sembra che abbia quella credibilità che lo porterebbe ad essere un opinion maker.
Credo che siamo ancora molto lontani, nella blogosfera italiana, dall’avere quella rilevanza che i blog hanno negli Stati Uniti, che fanno vero giornalismo investigativo e portano alle dimissioni, come è accaduto nella campagna elettorale del 2004, illustri giornalisti, influenzando il risultato e chiamando alle urne quegli elettori di Destra che hanno fatto la differenza a favore del Presidente George W. Bush.
Forse, in queste limitazioni della blogosfera italiana, hanno ancora influenza la difficoltà a fare raccolta di finanziamenti tramite lo strumento internet.
Ma anche le sclerosi che sono prodotte nel mondo dell’informazione dalla presenza di rigidità nell’esercizio della professione (albo, ordine etc.).
Per non parlare dei sempre più insistenti tentativi e proposte di mettere il bavaglio alla Rete, prendendo a pretesto le occasioni più svariate come il video della persecuzioni subite a scuola da un ragazzo down.
Del resto, se ci fate caso, la “forza” dei mezzi tradizionali di comunicazione – stampa, radio e televisione – è tale che sono loro che “spingono” alla notorietà i blog, e non viceversa.
Quando un giornale, una trasmissione, cita un blog questo ottiene un incremento notevole di accessi, se non altro per curiosità, come è accaduto a Il Castello alcuni mesi fa.
Ma un blog non riesce a spingere campagne né di acquisto, né di boicottaggio.
Allora, sento già la domanda, perché continui a scrivere ?
Beh, intanto perché ritengo che se non oggi, domani questo sistema di comunicazione potrebbe sviluppare le sue potenzialità.
Quando, ad esempio, aziende e studi professionali, saranno attrezzati con computer che possano anche dare uno sguardo nel mondo, anche per interrompere la monotonia di lavori spesso ripetitivi o per trovare l’ispirazione, ad esempio, per come impostare una citazione.
Poi perchè, in presenza di molteplici impegni, il blog è lo strumento più pratico e con meno dispendio di tempo per esprimersi in un settore che esula dalla propria attività professionale
Ma, in questo momento, credo che la Rete sia un grande archivio, dove poter trovare tutto quello che può interessare.
Un argomento, un evento, un fatto storico, un posto, un personaggio.
Ecco che scrivere in un blog (ma può essere anche in un sito) “serve” a quelli, soprattutto i più giovani, che cercano argomenti per sviluppare un proprio interesse ed una propria idea in formazione o per confermare una propria opinione.
Non cambiamo le idee altrui, ma aiutiamo a motivarle.
Così come, scrivendole, chiariamo a noi stessi – come sempre accade quando si mette nero su bianco un qualcosa – gli aspetti del problema.
Non ci cambia l’idea, ma contribuisce a renderla più chiara.
Vi è poi una obiettiva ragione per cui è opportuno esprimere le proprie opinioni ed idee, anche se si sa che non si cambiano quelle altrui: da chiunque si può imparare qualcosa.
Leggere e scrivere significa recuperare le esperienze e le conoscenze altrui e mettere a disposizione le nostre.
Potrà anche essere poco, ma anche questo è utile alla crescita individuale ed alla formazione di una opinione.
Per non dire della possibilità di trovare, su argomenti specifici, inaspettate adesioni e la soddisfazione di riconoscere altri, propri simili.
Ma, alla fine dei conti, il motivo che, almeno a me personalmente, induce più di altri a scrivere è il piacere dello scrivere.
Indipendentemente dall’efficacia di quanto si scrive.
Ci sono post, ad esempio, che a me è piaciuto scrivere e che considero tra i miei migliori che hanno avuto scarso riscontro, altri che ho scritto frettolosamente, partendo da una idea appena abbozzata, magari nell’intervallo di una riunione, e che hanno aperto dibattiti.
A questo proposito concludo con un ultimo dato, curioso, ma che a me fa piacere.
Come ho scritto, Google l’ho inserito dal 10 giugno e sapete qual è il post più “cliccato” ?
UFO: Shado chiama base Luna del 9 agosto 2005.
Un post scritto quindi prima del 10 giugno 2006.
E’ vero, gli accessi dal Castello, che è ora il principale "collettore" di accessi, vengono conteggiati nel generico e non attribuiti al post, ma è significativo che quel post continua, ogni giorno, ad avere lettori, nuovi e vecchi.
Ed è altresì vero che “Ufo” e “Shado” sono digitatissimi nei motori di ricerca, ma anche questo rientra in uno dei motivi che mi portano a continuare a scrivere nel blog: scoprire tante altre persone con i miei stessi interessi.

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26 novembre 2006

Ritorna la tassa sui morti




La tassa sui morti, odioso balzello da necrofili, è tornata grazie ai gabellieri della sinistra.
E non su patrimoni di "molti milioni di euro", ma su tutto, ad eccezione di coniuge e figli che pagheranno a partire da un solo milione di euro.
Ancora una volta le bugie hanno caratterizzato la campagana elettorale della sinistra.
Gli itaglioni hanno affidato il loro portafoglio in simili, avide, mani.
Purtroppo per colpa loro quelle adunche mani stanno rovistando anche nel nostro portafoglio.
Ricordiamocelo.

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25 novembre 2006

Flashback con feedback su Veneziani


Una decina di giorni fa, il 16 novembre per l’esattezza, Libero pubblicò un fondo di Marcello Veneziani , uomo della cultura di Destra.
Robinik ha commentato il pezzo di Veneziani, ed io ho commentato a mia volta Robinik.
Posizioni talmente distanti che è inutile (e sarebbe stucchevole) proseguire la discussione.
L’impressione che ho avuto leggendo alcuni commenti è che ci sia stato chi si è fidato del giudizio di Robinik senza leggere il testo in discussione.
Allora ho inviato l’articolo integrale di Veneziani (nel frattempo regolarmente “acquistato” su Libero on line ) alla mia mailing list principale e al Gruppo del Castello .
Nel mentre, Bobo e L’Ineffabile avevano scritto un post ciascuno di adesione alla linea Veneziani.
Ho avuto il piacere di constatare un discreto feedback positivo.
L’articolo è piaciuto ed è piaciuto perché mette nero su bianco un sentimento profondo da parte del Popolo di Destra, un sentimento che fa ben sperare per il futuro, perché dimostra che la sinistra troverà pane per i suoi denti e gente disposta a salire sul ring.
Gli amici che mi hanno risposto e quelli che in questa settimana ho incontrato o sentito e non avevano letto l’articolo di Veneziani, mi hanno ringraziato per averlo inviato, perché ha dato loro soddisfazione rispetto ad un generale clima in cui sembra che si debba fare acquiescenza alla protervia di chi non ha più la maggioranza e probabilmente non l’ha mai avuta se non per (colpo di) mano dei verbali degli scrutini elettorali pieni di ombre e sospetti anche per i voti delle circoscrizioni estere.
Ma l’articolo di Veneziani piace al Popolo di Destra perché contiene quegli elementi di discontinuità con un passato “politically correct che ha solo favorito la deriva morale, politica e sociale della nazione, lanciando e lasciando passare senza forti contrasti messaggi sbagliati come
la “normalità” dell’omosessualità,
la depenalizzazione della droga,
il perdonismo nei confronti dei criminali,
l’accoglienza indiscriminata,
la rinuncia a far valere le ragioni del diritto anche con la forza legale dello stato,
il giustificazionismo
del terrorismo islamico definito “guerriglia” con una sorte di legittimazione.
L’articolo di Veneziani rompe con tutto ciò, ed esprimendo provocatoriamente pensieri “cattivi”, interpreta la voglia di rivincita e di rivalsa della Destra.
E sarà solo proseguendo con quella voglia di rivincita e rivalsa, senza virginee schizzinosità, che si potrà salvare la nostra Patria dalla disgregazione operata dalla sinistra.

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24 novembre 2006

Turchia: dentro o fuori ?


Entro il 2015 si dovrebbe decidere la sorte dell’ingresso della Turchia nell’unione europea.
Io ero favorevole alla sua ammissione.
Lo ritenevo un passo necessario per acquisire all’Occidente una nazione musulmana che potesse essere un coltello puntato alla gola degli stati integralisti.
Oltre al fatto che la Turchia è sempre stata un fedele partner nell’Alleanza Atlantica contro i comunisti.
La partecipazione alla NATO della Turchia,quindi, la prospettiva di disintegrare dall’interno il sistema musulmano grazie ad una Turchia laica, la presenza di milioni di lavoratori turchi in Germania, la laicità di quella nazione fondata da Ataturk e che si manifestava in una libertà di espressione e di costume, da parte anche delle donne, ben più ampia rispetto a quella delle altre donne musulmane, mi faceva pensare che con una “spintarella” di fiducia la Turchia potesse essere funzionale allo scopo di espandere la Civiltà anche nell’islam.
Le ignobili manifestazioni contro la visita del Papa, la distruzione portata alla Basilica di S. Sofia, l’irrigidimento fondamentalista di un governo i cui esponenti “fuggono” all’estero, con le scuse più banali, pur di non incontrare Benedetto XVI, mi fanno riconsiderare il precedente favore con il quale vedevo l’ingresso turco in europa.
Sembra che la Chiesa e questo Papa in particolare, siano diventato il bersaglio prediletto di pavidi buffoni, sclerotici giacobini e infedeli preistorici.
Tanto che mi verrebbe da dire che la Chiesa e Benedetto XVI rappresentano il rinnovamento della società e la Civiltà, contro l’oscurantismo di una religione di stato violenta e fanatica, contro la deriva morale che ha perso il senso delle proporzioni, contro gli orfani della rivoluzione francese.
E, assieme agli Stati Uniti ed al loro Presidente George W. Bush, la Chiesa e il Papa tengono alta la Fiamma della Libertà contro chiunque vuole spegnerla.
Mi verrebbe da dire, l’ho scritto, ma non approfondisco, per ora.
Torno invece alla Turchia e al problmea islamico più in generale.
Anche se non c’è stato un comportamento corretto da parte di alcuni paesi europei, in primis la Francia che ha fatto approvare una legge ad hoc che configura come reato il negare il genocidio armeno, lo spettacolo che offrono gli estremisti turchi che ne monopolizzano la piazza, è tale da indurmi a ritenere prematuro il passaggio della Turchia in europa.
Anche se tale “stop”, rafforza l’asse centrale d’europa (Francia e Germania) che con l’ingresso della Turchia sarebbe passato nettamente in minoranza a favore di un baricentro più atlantico.
Anche se continuo a ritenere i territori sottratti nel 1453 all’Impero Bizantino, un “dominio” naturale dell’Occidente, derivando direttamente da antiche province di Roma.
Anche se una chiusura alla Turchia oggi ne provocherebbe sicuramente una involuzione fondamentalista.
Credo che si debba fare una scelta netta e di campo.
Risultate vane le buone maniere, lo scontro è ormai chiaramente configurabile come la riproposizine del vecchio tentativo dell’oriente prima e dell’islam poi di annettersi l’Occidente civilizzato.
A Maratona e Salamina furono i Greci a respingere l’attacco persiano.
A Lepanto e Vienna fu l’aristocrazia europea a respingere l’attacco musulmano.
Oggi, la nostra Maratona, la nostra Salamina, la nostra Lepanto, la nostra Vienna, si chiamano Beirut, Baghdad, Kabul, ma anche “immigrazione”.
Come e con quali provvedimenti affrontare l'invasione, neanche tanto strisciante, derivante dalla massiccia ondata immigratoria che rischia di trasformarci non solo politicamente - come in molti aspetti già è - in eurabia, ma anche di seppellire la Civiltà sotto il peso numerico di milioni di immigrati musulmani.
Sapremo mostrarci all’altezza dei nostri Padri ?

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23 novembre 2006

Con chi faranno le riforme strutturali ?


Dopo aver preteso “lacrime e sangue” per finanziare le varie clientele e aver candidamente ammesso che per portare i conti nei limiti pretesi dall’europa sarebbe bastato meno della metà, Padoa Schioppa annuncia la “fase 2”, quella delle riforme strutturali.
Subito rimbeccato dall’estrema sinistra che gli fa un bel marameo.
Allora viene spontaneo domandarsi: con chi faranno le riforme strutturali ?
Sì, perché finora la sinistra si è trovata sostanzialmente compatta nel distruggere:
- la politica estera Atlantica e Occidentale per ritornare al fiancheggiamento degli estremismi palestinesi;
- la riforma della giustizia;
- la riforma della scuola;
- le grandi opere (no al Ponte Silvio, no alla TAV, ostacoli al Mose)
- la politica repressiva contro la diffusione della droga
- la politica di sicurezza contro la criminalità.
A distruggere si fa in attimo, per costruire occorre tempo e, soprattutto, la condivisione degli obiettivi.
Ed è proprio quello che manca alla sinistra.
Insieme per distruggere, divisa quando si tratta di costruire.
Prendiamo le pensioni.
Ci sono almeno tre posizioni:
1) alzare l’età pensionabile come richiesto da Banca d’Italia e ventilato da TPS;
2) riportare tutto ai livelli ante riforma Berlusconi-Maroni;
3) utilizzo di complicati sistemi di penalizzazione/premiazione per incentivare a restare volontariamente al lavoro
.
In pratica hanno, per una volta, ragione i sindacati quando dicono: andiamo a trattare sulle pensioni quando il governo si presenterà con una proposta unica.
Allora una riforma come quella delle pensioni (che se fosse stata fatta nel 1994 come proponeva Berlusconi avrebbe risolto da tempo il problema delle pensioni di ieri, di oggi e di domani) diventa una tela di Penelope, senza fine.
Naturalmente quando si tratta di mettere le mani su del denaro i tempi vengono accorciati, così viene anticipata di un anno la destinazione del TFR ai fondi pensione o all’inps, in pratica avocando quelle cifre o ai sindacati (che hanno i loro rappresentanti nei consigli di amministrazione dei fondi chiusi) o allo stato stesso con una partita di giro che trasforma fittiziamente un debito in un credito.
In pratica la sinistra che in sei mesi ha perso la fiducia dell’elettorato e anche quei 340000 voti dei pensionati determinanti per conseguire quel dubbio margine di 24000 voti, arraffa dove può, lasciando macerie alle sue spalle.
Il vero pericolo è il continuo parlare di “larghe intese”, che rappresenterebbe uno stallo tra esigenze totalmente opposte.
E senza i voti di tutto o parte del Centro Destra la sinistra non è in grado di fare quelle riforme strutturali che vagheggia TPS.
E l'Italia ha bisogno di coerenza e non di inciuci.
Quello che è utile è impossibile con l'inciucio, quello che è possibile con il compromesso è inutile alla nazione.

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22 novembre 2006

L'8 settembre targato D'alema


Lo skipper della Farnesina sembra che abbia dichiarato che l’11 settembre non fu un’azione di guerra e noi non siamo in guerra, smentendo quindi la realtà che vede il mondo civile impegnato contro la sfida del terrorismo islamico.
Probabilmente per il baffino d’Italia i terroristi islamici sono “musulmani che sbagliano” come 30 anni fa i brigatisti rossi erano “compagni che sbagliano”.
E’ un ulteriore passo, dopo la romantica passeggiata a braccetto con parlamentari hetzbollah, per cercare di portare indietro le lancette dell’orologio ai tempi della prima repubblica, ai tempi in cui Craxi e Andreotti spedivano l’esercito per proteggere dai Marines il terrorista responsabile del dirottamento dell’Achille Lauro (e dell’omicidio di un cittadino Americano di religione ebraica) per poi lasciarlo partire libero.
E che quei tempi infausti tornino a bussare alla nostra porta sembra sia possibile se è vera anche la notizia che vorrebbe i francesi pronti a sparare contro ai jet Israeliani.
E' un 8 settembre annunciato, targato D'alema, che imposta un cambio di alleanze, come è dimostrato anche dalla vicenda dei due volontari della Croce Rosse il cui rapimento lampo - perpetrato da ambienti palestinesi - si è risolto con i sentiti ringraziamenti di D'alema agli stessi palestinesi, che prima rapiscono e poi incassano i ringraziamenti per averli liberati.
La vecchia europa, l’europa dei Prodi, dei Ciampi, dei Padoa Schioppa, mostra tutta la sua decrepita pavidità.
E’ l’europa che
prende le distanze dalle vignette danesi sull’islam,
ma gode nello sfruculiare il Papa Benedetto XVI.
E’ l’europa che
demonizza Le Pen, precursore dell’allarme contro l’invasione musulmana,
ma non è in grado di risolvere il problema dell’immigrazione.
E’ l’europa che
si dissocia nei fatti dalle parole del Papa a Ratisbona lasciandolo solo contro l’islam,
ma continua a dar credito all’apologia di genocidio del presidente iraniano.
Può questa europa rappresentare il futuro dell’Umanità ?
Credo proprio di no.
E non solo per quanto citato, ma per la perdita dei Valori fondanti una Civiltà forte e sana.
Allora non può meravigliare che il comunista D’alema sposti sempre più il baricentro della politica estera sul versante islamico, che evidentemente vede come surrogato del suo sconfitto, ma mai dimentica, credo comunista.
In fondo, comunisti e islamici sono portatori del medesimo odio verso la Civiltà, l’Occidente e l’America.
Un odio che si manifesta, ora come allora, con il terrorismo e la violenza.

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21 novembre 2006

Bulli e pupe


Il titolo è scontato, su un argomento che in questi ultimi giorni ha avuto il dubbio onore delle prime pagine e che viene (a mio avviso impropriamente) definito “bullismo”.
Abbiamo letto di vessazioni perpetrate nei confronti dei più deboli, di stupri di gruppo, di “branco” che impone la “sua” legge.
Abbiamo persino visto immagini di insegnanti sbeffeggiati dagli alunni.
Ci si domanda: che fare ?
Ancora una volta la libertà, confusa con il lassismo, ha prodotto l’anarchia e l’anarchia è sopraffazione.
Ma non è solo questo, a mio avviso, il problema.
Siamo in una società dove i ragazzi vengono coccolati e protetti ben oltre il lecito.
Siamo in una società dove a scuola invece di insegnare gli atti eroici del passato, viene rifilata una melassa buonista che indebolisce lo spirito e cresce da un lato dei pavidi per educazione, dall’altro dei violenti per reazione.
Una volta, se un ragazzo veniva bocciato a scuola, i suoi genitori, dopo avergli rifilato un paio di ceffoni, lo facevano studiare tutta l’estate.
Adesso, oltre ad essere diventata una parola “politicamente scorretta” per cui non si dice più “bocciare”, se uno è, per la sua ignoranza, costretto a ripetere l’anno, i suoi genitori fanno ricorso al Tar.
Una volta si sapeva che l’uomo era uomo e la donna, donna.
Adesso, anche ai vertici delle istituzioni, si crea confusione, come si crea confusione su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che fa bene e ciò che non fa bene.
Come per la droga.
Vengono innalzati i limiti minimi per non definire “spaccio” la loro detenzione e il ministro non sa far altro che dire che non si legittima l’uso della droga, ma è solo per evitare il carcere a chi viene sorpreso con quella quantità di sostanza stupefacente.
In pratica si rinuncia a priori all’unica sanzione che potrebbe incutere un minimo di timore: si proietta un messaggio sbagliato.
Femministe arrabbiate pretendono la parità in ogni campo con gli uomini.
Il pugilato è anche in gonnella.
Però ci si lamenta se un gruppo di ragazze pesta una che è estranea al loro gruppo o che ha violato una sorta di “codice d’onore”.
Da un lato si propugna la licenziosità nei costumi, quindi una deriva morale che ammorba l’intera società, e dall’altro ci si lamenta dei primi effetti di questa anarchia.
Allora bisogna essere chiari: non si ristabiliranno le situazioni ante deriva in tempi brevi.
I tempi per la restaurazione di comportamenti corretti saranno tanto più lunghi quanto più prevarranno messaggi sbagliati come
la “normalità” dell’omosessualità,
la depenalizzazione della droga,
il perdonismo nei confronti dei criminali,
l’accoglienza indiscriminata,
la rinuncia a far valere le ragioni del diritto anche con la forza legale dello stato,
il collateralismo al terrorismo islamico.
Ma, soprattutto, la demolizione del concetto di Autorità, di Gerarchia, di Comando, di Superiore porta, con un tragico effetto domino, sin nel più piccolo aspetto della nostra vita sociale a contestare sempre e comunque le decisioni di chi è preposto a decidere, utilizzando ogni strumento di un lassismo diffuso per ribaltare decisioni prese.
E in tal modo va a ramengo ogni disciplina, ogni ordine, ogni legalità.
La responsabilità non è dei bulli e delle pupe di questo inizio del XXI secolo, la responsabilità è di chi ha giocato, per fini personali, a scardinare la Tradizione per sostituirla con il nichilismo e il relativismo.
Quelli che negli anni settanta e ottanta erano definiti “i cattivi maestri” hanno seminato vento con la complicità di chi pensava di usarli per abbattere un sistema di cui allora erano gli oppositori.
Oggi, i complici divenuti establishment raccolgono la meritata tempesta.

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20 novembre 2006

I 50 anni di Peyton Place


Il 1956 è stato un anno importante, non solo perché sono nato io … ma anche per tragici eventi politici che avrebbero potuto, se solo chi doveva capire avesse tenuto gli occhi aperti, far guadagnare all’Umanità oltre 30 anni di progresso, abbattendo, da subito, il regime ideologico più sanguinario che mai abbia calpestato il suolo terreno e per più frivoli eventi letterari.
Della repressione comunista in Ungheria abbiamo già parlato, qui, oggi, ricordo i 50 anni di Peyton Place, il fortunato romanzo di Grace Metalious che vide le stampe proprio nel 1956.
E fu subito successo.
Tanto da realizzarci subito un film, godibilissimo anche oggi, con Lana Turner.
Naturalmente sia il libro che il film ebbero un sequel e fu prodotta anche una serie televisiva.
In casa mi sembra di aver sempre visto i due romanzi (Peyton Place e Ritorno a Peyton Place) che ho tuttora in edizione Pocket Longanesi del 1965 il primo e del 1967 il secondo.
Non mi ricordo a che età li lessi, ma fu subito “amore”.
Ambedue i romanzi li ho riletti più volte e anche adesso, prima di scrivere questo post, ho effettuato l’ennesimo “ripasso”.
Così pongo subito l’unica perplessità che non sono mai riuscito a risolvere (anche perché non ho mai indagato in merito fedele all’insegnamento della mia professoressa di lettere del ginnasio, che soleva ripetere di non cercare la logica nelle opere letterararie … anche se lei si riferiva all’Iliade e all’Odissea …): come mai, nei pocket Longanesi in mio possesso, nel primo romanzo il nuovo preside che poi sposerà Constance McKenzie si chiama “Tom Makris” ed è di origine greca, mentre nel “Ritorno” si chiama Michael Rossi ed è di origine italiana ?
Sarà mica che la Metalious – morta per cirrosi epatica a seguito delle ampie bevute cui era dedita – abbia scritto il seguito senza un ripassino del primo ?O è stata una svista del traduttore di uno dei due ?O una “censura” per un qualche motivo “nazionalista” in uno dei due ?
Mah, se qualcuno conosce la risposta, non potrò che ringraziarlo (magari qualcuno che avesse voglia di leggersi i due romanzi in lingua originale).
Ma a parte questo dubbio, i romanzi si leggono bene e con interesse.
Oggi, le “scabrose” e "torbide" vicende di una piccola cittadina del New England americano, non scandalizzerebbero nessuno, a ben altre notizie – e tutte vere ! – siamo abituati: a cose ben più sconce, a cominciare da Prrrodi a palazzo chigi !
Ma nel 1956 scrivere di aborto, di legami extraconiugali, di corruzione, di ragazze madri, di un “quasi incesto”, era una rottura con una linea che aveva sempre dipinto la provincia come “tranquilla” in opposizione alla corruzione indotta dalla megalopoli (New York per definizione).
Un po’ come fu nel 1969 il film “Il commissario Pepe” con la straordinaria interpretazione di Ugo Tognazzi nei panni di un commissario che indaga (e viene trasferito) sui vizi nascosti di una cittadina veneta, dove tutto è, all’apparenza, tranquillo.
Peyton Place è stato il primo di una serie di romanzi dove la vita reale, con anche vicende di sesso, ha fatto capolino.
L’anno successivo avremmo visto la stessa operazione con Angelica di Anne e Serge Golon (una lunghissima serie che ha trovato la sua sublimazione con i film interpretati da una splendida Michele Mercier che sarà sempre l’unica, originale Angelica) in un ambientazione seicentesca.
E non possiamo dimenticare il contemporaneo “The Philadelphian” (tradotto in italiano con “L’uomo di Filadelfia” in edizione Garzanti) da cui fu tratto nel 1959 lo splendido film con Paul Newman “I segreti di Filadelfia” ed è incentrato su un altro filone caro agli Americani: la scalata sociale di immigrati (irlandesi).
Oggi siamo andati ben oltre, tracimando anche il limite del buon gusto pur aggiornato ad oggi (ricordo solo “Porci con le ali” di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice che, tutto sommato, resta ancora il migliore di tutta la paccottiglia che ha costruito un romanzo intorno alle più sfrenate libido sessuali), ma nel 1956 la Metalious, per quanto controcorrente, seppe dosare una trama solida, con l’innesto di elementi di provocazione.
Ed è rileggendo quei romanzi degli anni cinquanta e sessanta, che si riscopre il gusto della trama, che deve essere al centro di una storia.
Potrebbe essere un’idea per un Editore che voglia ancora stampare dei bei libri: una collana con i classici degli anni cinquanta e sessanta, un’operazione nostalgia che potrebbe avere anche successo.

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19 novembre 2006

Adamo ed Eva


A me piacciono le donne.
Mi piacciono molto meno quando fanno le pasionarie e perdono ogni femminilità nell’inseguire comportamenti maschili, aggiungendovi di loro una massiccia dose di velenosità che tutti, almeno una volta, abbiamo avuto modo di conoscere in almeno una donna con cui abbiamo avuti rapporti.
Così, mentre ho sempre avuto un grandissimo piacere nella compagnia, più o meno intima, di donne femminili, eleganti anche quando indossano i jeans e che sanno intervenire con misura su ogni argomento di discussione, ho invece sempre provato una forte repulsione per quelle donne che si presentano “in divisa” (tunica larga e senza orpelli) magari con i capelli unti e che, nello sbraitare il loro “credo” (politico: di sinistra,rigorosamente pacifinto ed ecoambientalista) stravolgono persino i lineamenti di un volto che, in altre circostanze, lo si definirebbe “bello”.
A tutto questo ho pensato venerdì sera quando, sorseggiando un delizioso novello friulano appena arrivato, ho fatto l’errore di guardare il TG5 anziché qualche telefilm, di gran lunga più piacevole.
La telegiornalista Annalisa Spiezie, arrivata alla notizia sulla vittoria della convivente del segretario socialista francese alle primarie della sinistra per le presidenziali di aprile, ha infilato, in un telegiornale visto da uomini e donne, la tipica filippica delle femministe, cambiando persino l’espressione del volto, esaltando le presunte qualità della neo candidata all’Eliseo, tacendo su ben altri problemi, come i dubbi sul tesseramento gestito dal suo convivente, le perplessità sulla sua proposta politica, sulla sua esperienza governativa e, in sostanza, il fortissimo dubbio che sia solo un fenomeno mediatico costruito a tavolino all’interno del cui involucro … nulla.
Ma alla fine la telegiornalista ha esaltato la candidatura al femminile dei socialisti francesi come il risultato delle “quote rosa” che là ci sono e qui in Italia sono state bocciate, per poi infilarsi in una nuova filippica contro il presunto maschilismo della politica italiana.
Come ciliegina sulla torta è stato fatto un rapido excursus sulle donne “emergenti”, con una esaltazione, quando si è trattato di citare la moglie dell’ex presidente Clinton, da curva sud dello stadio.
Ci mancava la “ola” e la gestualità tipica delle femministe d’antan ed eravamo catapultati indietro di 30 anni.
Non ci sto.
Mi sembra che sin dal 1946 le donne abbiano il diritto di voto in Italia.
Mi sembra che non vi sia nessuna legge che impedisca alle donne di candidarsi, essere elette, assumere cariche di rilievo.
La stessa presidenza della camera fu per due volte assegnata ad una donna (Jotti e Pivetti).
Sulle quote panda ho già espresso la mia opinione , qui voglio ricordare che una vittoria ottenuta per la presenza di “quote” è una vittoria dimezzata, soprattutto se si considera che Margareth Thatcher non ha avuto bisogno di alcun favore legislativo per lasciare la sua impronta nella Storia.
Il problema è l’interesse che le donne mettono nella politica.
E’ evidente che su una base di 1000 uomini e 100 donne è molto più facile trovare un uomo che emerga, che una donna.
E’ lo stesso discorso dei movimenti sportivi.
Là dove c’è una base più ampia è anche più facile che vi sia un campione, mentre altrove il campione diventa leggenda proprio perché raro.
E nello sport non è che diano pacchi di secondi di vantaggio a chi gareggia in uno slalom di sci pur arrivando dall’Africa equatoriale !
Non è il sesso a fare il buon politico, quindi lo Statista con la “S” maiuscola, ma le idee, i progetti che propone alla gente, la capacità di raccogliere adesioni su quelle idee e su quei progetti (non su una immagine che, pur importante, viene comunque dopo) e la riuscita, una volta raggiunto il governo, nel realizzare quei progetti, fondati su quelle idee.
Che sia donna o uomo non fa alcuna differenza.
Tanto per rimanere nell’ambito della Destra, io una Thatcher la voterei anche con altri dieci uomini della stessa parte politica candidati, una Rice la potrei votare solo se l’alternativa fosse un candidato di sinistra.
E questo perché mentre la Thatcher era concreta e proponeva un modello di sviluppo che condividevo e condivido, la Rice mi appare molto teorica, intellettuale, in sostanza estranea al mio modo di pensare.
E in Francia la situazione si ripropone tra un prodotto mediatico che probabilmente “fa vendere” giornali e un solido amministratore, Nicholas Sarkozy, che ha ben chiara l’identità di una nazione e come fare per preservarla o restaurarla.
Non è questione di donna o uomo, è questione di sostanza e chiunque ponga l’accento sul genere, non credo faccia un buon servizio all’interesse nazionale e neppure a quello della causa per la quale si spende.

Nell’immagine a corredo del post un tipo di donna che mi piace … :-)

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18 novembre 2006

Adesso Sarkozy apra a Le Pen


La rossa Segolene Royal adesso è in sella al partito socialista francese.
Uno di sinistra vale un altro, quindi …
Mi interessa invece la Destra nel mondo.
In questo caso, in Francia dove la presidenza Chirac è giunta al suo epilogo, in un rapido declinare dopo la elezione quasi plebiscitaria del 2002 contro Jean Marie Le Pen, leader storico e carismatico dell’estrema Destra che rappresenta un buon 15% della Francia multietnica e probabilmente molto di più della vera Francia.
Se non è ancora certo il ritiro di Chirac (ma sarebbe folle a riprovarci, potendo chiudere la sua carriera con una vittoria – quella del 2002 – invece di rischiare di abbandonare da sconfitto) la Destra francese schiererà, però, almeno due concorrenti.
Il Primo Ministro ed ex ministro degli esteri ai tempi della liberazione dell’Iraq (che osteggiò) Dominque Villepin e il Ministro degli Interni Nicholas Sarkozy.
Inutile dire che personalmente le posizioni su immigrazione, ordine pubblico, alleanza occidentale che caratterizzano Sarkozy me lo fanno preferire di gran lunga al suo antagonista.
Ma per vincere, in Francia come altrove, la Destra deve trovare l’unità di tutte le sue componenti.
Questo significa che non si possono liquidare quei francesi che votano e sono rappresentati da Le Pen con una chiusura aprioristica nei confronti del Fronte Nazionale.
In un sistema nel quale, ormai, ci si avvia sempre più ad avere realtà politiche e sociali spaccate in due (e anche nettamente) vince chi riesce e vuole aggregare e unificare la sua parte politica, senza preclusioni, senza snobismi, dando a tutti (nella fattispecie: a tutte le destre) pari dignità.
E’ evidente che vi sono delle differenziazioni, anche personali, sennò non ci sarebbero due partiti, ma è altrettanto evidente che se consideriamo la forza elettorale del Fronte Nazionale al 15%, sarebbe suicida chiudere in frigorifero quei voti che faranno la differenza nel ballottaggio.
Sì, perché ritengo quasi certo un ballottaggio tra il candidato della sinistra e quello della Destra, che potrebbe poi essere anche Le Pen stesso se Villepin e Sarkozy, facendosi la guerra, ottenessero meno voti.
E anche in quel caso sarà necessario, per sventare la sciagura di riconsegnare l’Eliseo alla sinistra, sostenere Le Pen, compattamente e senza “puzza sotto il naso”.
Quindi la soluzione che io auspico, per la Francia perché è la nazione che prima si avvicinerà al voto, ma in generale ovunque, è un accordo tra tutte le Destre che, nel riconoscere pari dignità ad ogni componente, impegni a sostenere il candidato di Destra che abbia ottenuto il maggior numero di voti e vada al ballottaggio.
Ogni altra soluzione porterebbe la sinistra al potere e Sarkozy, o chi per lui, meriterebbero di essere sconfitti, perché non si può chiedere agli elettori del Fronte Nazionale – come non lo si può chiedere in Italia a quelli di Alternativa Sociale o della Lega – di fare i semplici portatori d’acqua, senza un accordo che ne riconosca la dignità di componente della coalizione.
A buon intenditor

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17 novembre 2006

La forza della violenza


I nuovi comici italiani hanno avuto una grande pensata: fare satira sul Papa e sul Suo Segretario.
Che coraggio !
E quale fantasia !
Sin dai tempi delle Sturmtruppen di Bonvi i tedeschi che parlano italiano sono stati oggetto di ilarità e scimmiottamenti.
Vorrei sentire i comici italiani parlare in tedesco …
Ma soprattutto li vorrei vedere usare analogo trattamento contro imam, ayatollah e tutto il sancta sanctorum islamico che condanna a morte per quattro vignette e una t-shirt.
E infatti, questi “coraggiosi” testimonial a pagamento della libertà di satira, si guardano bene dall’attaccare quelli che, se solo pensano che uno li guardi storto, hanno sempre la fatwa a portata di mano (e qualche fanatico imbecille che si presta ad eseguirla !).
La pavidità con la quale ci si propone nei confronti del mondo islamico (e che qualcuno osa chiamare “dialogo”) è la miglior riprova di quanto sia importante il timore che si incute al nemico, per vincere una battaglia senza combatterla.
Allargando il discorso veniamo alla (meritoria e coraggiosa) manifestazione del 2 dicembre contro le aberrazioni della sinistra.
Non so se sarà contro la finanziaria, visto che, quotidianamente, tale legge fondamentale subisce, per mano stessa della sinistra, mutazioni genetiche tali che ogni commento dovrà necessariamente essere rinviato quando (e se … ) sarà approvata definitivamente da entrambi i rami del parlamento.
Comunque sia si è deciso di manifestare.
E’ una scelta che, personalmente, non condivido e le cui motivazioni vado a ripetere dopo quanto ho già scritto il 4 ottobre scorso:
Una manifestazione di piazza, oggi, sulla finanziaria rischia di essere solo un modo per stemperare la tensione, lasciando inalterata la manovra.
Tra l'altro per la natura e l'equilibrio dell'elettorato del Centro Destra non si provocherebbe alcun danno tale da indurre a più miti consigli il nemico.
La manifestazione
non provocherebbe il blocco delle attività produttive,
non porterebbe a scioperi,
non ci sarebbero
macchine incendiate,
vetrine spaccate,
muri imbrattati,
città devastate.

Siamo troppo civili e troppo onesti perché una manifestazione di piazza possa cambiare la sostanza di una politica fiscale banditesca
.”
Non mi sembra sia cambiata la situazione.
Chi ha paura di un milione o anche due di pacifici cittadini ?
Si faccia pure la manifestazione e, anzi, si cerchi di portare quanto più popolo possibile in piazza, però mettiamoci bene in testa che senza vetrine spaccate, senza blocco delle attività produttive, senza muri imbrattati, la manifestazione non spaventa nessuno e men che meno chi ha usato la piazza violenta per creare difficoltà al Governo Berlusconi.
E’ la legge della forza, che è applicata, all’unisono e con i medesimi risultati, dagli islamici estremisti e dalla sinistra.
I primi per ottenere che l’unico bersaglio della satira sia la Chiesa Cattolica.
La seconda per delegittimare il nemico politico, creando un clima di intimidazione (veggasi bombe contro Forza Nuova) e cercare di allontanare, per paura, chi potrebbe partecipare alle manifestazioni.
Nel 1975 si raccolsero migliaia di firma per il ripristino della pena di morte.
La raccolta fu effettuata dal solo MSI in un clima di intimidazione nel quale chi voleva firmare doveva arrivare al tavolo della petizione, superando un cordone composto da estremisti di sinistra sporchi e urlanti, a mala pena tenuti sotto controllo da Polizia e Carabinieri.
Nonostante quel clima, a Bologna si raccolsero firme in numero doppio rispetto ai voti ottenuti dall’MSI alle elezioni amministrative di giugno.
Ma quanti cittadini in più avrebbero firmato se fossimo stati in una vera democrazia ?
Ecco, in Italia non abbiamo ancora una democrazia compiuta, siamo in libertà … vigilata, finchè i tappi del politically correct e della paura impediranno di fare una satira contro l’islam graffiante come quella contro la Chiesa Cattolica o renderanno priva di effetti pratici una manifestazione che non provochi danni alle proprietà o qualche testa rotta.
E’ “la forza della violenza”.

N.B.: una raccolta di immagini ironiche sull’islam la si trova in Mohammed Image Archive da cui è tratta la vignetta che correda il post.

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16 novembre 2006

La droga fa male. Anche in modica quantità


Non ho fatto in tempo a compilare l’elenco di quelle che, a mio sindacabilissimo giudizio, sono le caratteristiche della Destra che mi piacerebbe vedere, che la sinistra mi fornisce l’occasione per ribadire uno dei miei punti: il nr. 27repressione del fenomeno droga punendo drogati e spacciatori (l'ordine non è casuale) il cui posto è la galera (per gli italiani) e l'espulsione verso il loro paese di origine (per gli extracomunitari)”.
Uno dei tanti ministri,vice,sottosegretari (il suo incasellamento si perde nel numero) Livia Turco, comunista DS, ha innalzato con decreto il limite di droga posseduta per “uso personale”.
Ora.
La droga o è un bene o è un male.
Non è indifferente.
Ma se anche fosse indifferente, i sostenitori della liberalizzazione dovrebbero spiegare per quale motivo se ne consente l’uso personale, mentre si puniscono gli spacciatori.
Se la droga fosse un bene o fosse indifferente, non ci dovrebbe essere nulla a vietare la sua vendita.
Un po’ come la vendita di bignè e pizzette, insomma.
Sappiamo tutti che a mangiarne troppi stiamo male, ma non viene punito il pasticcere che ne vende a quantità smodate alla stessa persona: basta che paghi.
Idem per la droga.
Se non è male, la vendita sia lecita e leciti (e tassati) siano i guadagni.
Le “modiche quantità” sembrano la classica foglia di fico di chi vorrebbe accattivarsi le simpatie dei drogati e dei drogandi/drogaturi, pur essendo perfettamente conscio che è un male.
Quindi da un lato insorge con filippiche moralisticheggianti contro gli spacciatori, la cui esistenza, poi, legittima consentendo l’uso personale in “modiche quantità”.
Credo, invece, sia necessario, per poter vivere in una società forte, proiettata verso il futuro e con l’obiettivo di creare benessere e sicurezza per i suoi associati/cittadini, avere ben chiaro che la droga è male.
E’ una fuga dalla realtà che serve solo ai deboli per ingannare se stessi e gli altri.
E’ un fenomeno che deve essere represso se vogliamo vivere bene.
Perché il drogato è un pericolo per il prossimo (oltre che per se stesso).
Un pericolo per l’incolumità fisica dei cittadini onesti e per la proprietà.
Ammettere una sia pur ridotta “modica quantità” è già un ammiccare della serie “fa male, ma guardo da un’altra parte”.
Aumentare i limiti di tale “modica quantità” significa aumentare progressivamente la platea di chi ne può far uso, dando l’erronea percezione che poi male non sia e non faccia.
Diciamolo chiaramente: se un drogato facesse male solo a se stesso, non me ne fregherebbe nulla.
Ma così non è.
Il drogato quando non ruba o non agisce con violenza per procacciarsi il denaro necessario al suo vizio, comunque sia è un peso e danneggia il prossimo.
Pensate solo nel mondo del lavoro.
Un drogato, con le sue alterazioni di umore, con la sua preoccupazione fissa del recuperare la droga, quanto poco possa produrre e quel che non produce lui, si carica necessariamente sul collega.
Per non parlare del drogato che svolge una professione alla quale si rivolgono cittadini per ottenere giustizia, cure, per realizzare costruzioni.
E’ quindi dovere dello stato, se ha ancora un senso far parte della stessa organizzazione statuale, reprimere il fenomeno droga, cominciando da chi, con il suo consumo, attira gli spacciatori.
Cioè il drogato stesso.
Un governo che ampli la possibilità di drogarsi, senza alcuna repressione, è un governo che non fa l’interesse dei cittadini e, anzi, cerca di stordirli, forse perché non riflettano sulle sue azioni.
Non a caso il provvedimento del ministro comunista arriva in un periodo in cui la sinistra è allo sbando sul provvedimento più importante di un governo: la finanziaria.
E questa sinistra oltre ad imporre nuove tasse e ad aumentare quelle già esistenti, non avendo null’altro da dire si riduce a ... vendere fumo.

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15 novembre 2006

A cosa serve il sindacato ?


Ancora una volta Libertyfighter mi fornisce lo spunto per un post, che è l’ideale continuazione di quello scritto l’8 novembre sulla necessità di non regalare i lavoratori dipendenti alla sinistra
Nel suo ultimo commento a tale post, Libertyfighter affronta quattro argomenti che possono far parte di un liberismo “spinto”:
1) la funzione del lavoro pubblico
2) il ruolo del sindacato nel contratto di lavoro
3) il valore del contratto nazionale
4) gli effetti dello sciopero.

Dal complesso di questi quattro punti, ne desume la dannosità del sindacato.
Sono d’accordo se vediamo il sindacato come è ridotto in Italia, il sindacato confederale, s’intende, non se ci manteniamo sul piano di come dovrebbe essere e di come potrebbe essere un sindacato che tuteli realmente gli interessi dei lavoratori che rappresenta nel quadro dell’interesse più generale dell’economia nazionale.
Diciamo intanto chiaramente che non si può pensare ad una società senza lavoratori pubblici.
Non può esistere per il semplice fatto che, anche volendo (e auspicando) la riduzione dello stato ai minimi termini, pur tuttavia ci deve essere del personale che operi nella pubblica amministrazione.
Certo le assunzioni clientelari che dal dopoguerra ad oggi hanno caratterizzato il nostro pubblico impiego devono essere confinate nei ricordi, ma una burocrazia efficiente deve basarsi su dipendenti pubblici ben remunerati, professionali e affidabili.
Ricordo anche, per inciso, che dipendenti pubblici sono anche i diplomatici, i Militari, le Forze dell’Ordine, i magistrati, gli insegnanti, non solo i famosi impiegati ministeriali, comunali, regionali, del catasto.
Quindi sì, al lavoro pubblico, adeguato ad uno stato presente al più basso livello possibile nella vita dei cittadini, con personale qualificato, fidato, ben remunerato, cioè in concorrenza con il corrispondente impiego privato.
Libertyfighter poi contesta l’intermediazione sindacale nella stipula dei contratti di lavoro e l’esistenza dei contratti nazionali che uniformano le condizioni.
Sul primo punto obietto che tra chi offre lavoro e chi presta lavoro c’è una tale disparità di “forza” contrattuale che il rapporto sarebbe totalmente sbilanciato a favore del primo, fino ad imporre condizioni che ripugnano alla coscienza civile in termini di impegni, retribuzione, orari, garanzie sulla sicurezza.
Anche qui inviterei a non avere in mente la corruzione del ruolo sindacale operata dal 1969 in poi dalla trimurti confederale, ma la necessità di una equa e paritaria conflittualità che deve coniugare, nell’interesse dell’economia aziendale, il diritto dell’imprenditore al guadagno, con l’analogo diritto del lavoratore a svolgere i suoi compiti professionali nelle condizioni migliori di sicurezza e con una retribuzione adeguata alle prestazioni.
L’unica possibilità che i prestatori d’opera possono avere per presentarsi dal datore di lavoro in condizioni di parità e contrattare è quella di unirsi e presentare richieste comuni.
Da qui l’esigenza di un organismo collegiale che divenga interlocutore paritario dell’imprenditore.
Sul secondo aspetto, il contratto nazionale, anche qui è un problema di equità, cioè di fornire con una contrattazione nazionale, delle condizioni minime che siano uguali per tutti quelli che svolgono lavori uguali o simili.
Poi che debba essere impressa una maggiore rilevanza ai contratti aziendali e/o territoriali è verissimo.
Aziendali perché, anche per merito o demerito dell’imprenditore, anche per merito o demerito dei lavoratori, due aziende che pure operano nel medesimo settore merceologico, potrebbero avere risultati differenti e non è né giusto, né opportuno, né educativo che differenti bilanci proiettino uguali risultati nelle tasche dei lavoratori.
Dare soluzioni uguali a situazioni differenti non incentiva la produzione e l’applicazione professionale ed è sintomo di profonda iniquità nel riparto delle risorse disponibili.
Per lo stesso motivo sono favorevolissimo a quelle che furono chiamate le “gabbie salariali”.
Una retribuzione uguale derivante da un contratto nazionale e/o aziendale, a due lavoratori che vivono in zone dove il costo della vita sia differente è un ingiusto arricchimento per quello che vive dove si spende di meno.
E’ quindi giusto inserire un correttivo territoriale alle retribuzione, avendo riguardo ad un parametro “100” individuato in una specifica località.
Così come varie rilevazioni hanno riguardo alle provincia e, all’interno di questa, alla differenza tra il comune capoluogo e i piccoli comuni del circondario, così anche per le retribuzioni potrebbe essere applicato un analogo criterio di differenziazione.
Questa sarebbe una miglioria dei contratti collettivi, integrati con quelli aziendali e territoriali, non una loro sconfessione.
Resta poi sempre la possibilità di trattative individuali, soprattutto per incarichi dirigenziali e particolari figure professionali (mi viene in mente, ad esempio, uno specialista informatico che sia assunto per seguire le linee di una grossa azineda nazionale o un avvocato che, sempre in una grossa azienda nazionale, ne divenga dipendente per seguire la contrattualistica,la consulenza o il recupero crediti) nulla vieta di integrare, anche qui, le previsioni generali con contratti personalizzati che tengano conto del valore professionale del singolo, della richiesta di tali specifiche prestazioni.
Veniamo quindi allo sciopero che Libertyfighter rivede in modo da non creare disagi agli utenti dei servizi, trattandosi di questione che deve riguardare esclusivamente l’ambito: datore/prestatore di lavoro.
Libertyfighter propone così l’assunzione temporanea di precari che svolgano il servizio in sostituzione degli scioperanti.
Il servizio si svolgerebbe senza danneggiare la cittadinanza, i lavoratori avrebbero il loro costo, ma l’azienda non avrebbe alcun danno tale da indurla a scendere a patti.
A parte il fatto che un servizio svolto da un lavoratore assunto ad hoc per un periodo limitato, magari di ore, non potrebbe essere all’altezza di quello svolto da un lavoratore professionale, la soluzione di Libertyfighter è sbilanciata, perché non prevede costi aziendali.
Il tema lo avevo affrontato il 17 gennaio scorso su Il Castello, prima che si trasformasse in aggregatore, con un post intitolato Lo sciopero del futuro al quale rimando, limitandomi a dire che lo sciopero che vedrei per il futuro è quello virtuale.
I lavoratori continuano a lavorare, versando la retribuzione delle ore di sciopero in un fondo di solidarietà o in un fondo pensioni integrativo, importo che viene raddoppiato da uguale versamento da parte aziendale.
I servizi restano attivi con i lavoratori professionalmente incaricati di essi, ma sia i lavoratori che l’azienda subiscono un danno patrimoniale che li spinge a trovare al più presto un accordo.
Non è il sindacato ad essere sbagliato, è l’abuso che la trimurti ha operato del ruolo sindacale, screditando l’intero movimento sindacale che, invece, ha un suo specifico ruolo nell’equilibrio del mondo del lavoro, nell’interesse generale dell’economia nazionale.

NOTA: nell'immagine un divertente manifesto inserito in un comunicato della Cgil nel corso di una polemica con il sindaco di Sanremo

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14 novembre 2006

La mia Destra


Una volta “di Destra” erano solo quelli dell’MSI, gli altri rifuggivano da tale qualificazione ostentando orrore e disprezzo per i “Fascisti”, sì, perché una volta, neanche tanto tempo fa, “di Destra” era sinonimo di “Fascista”.
Poi, pur rimanendo snob (sine nobilitate …) continuare a definirsi “di sinistra”, la Destra ha ripreso vigore e noto, con piacere, che sono molti a reclamare il diritto a definirsi “di Destra”.
A volte però vedo con stupore luoghicomunisti sostenuti da persone che insistono nel ritenersi “di Destra” e che pretenderebbero persino di negare tale qualifica a chi, “di Destra”, lo era in tempi in cui esserlo significava rischiare se non la vita – ma anche la vita! – almeno qualche scontro fisico con la massa sinistra.
Continuo a ritenere il luogo della politica l’arte del possibile ed è naturale che anche tra chi si colloca dalla stessa parte, ci possano essere delle differenze indotte dalla personale sensibilità, esperienza, cultura, ma certi eccessi nel ribaltare i Valori tradizionali dell’essere di Destra gridano vendetta.
Ho sempre sostenuto che, tra tanti torti – praticamente ogni volta che apre boccaBertinotti ha ragione quando parla di “Destre”, al plurale.
E riconosco che di Destre ve ne sono più d’una: Liberale, Sociale, Federalista, Nazionalista, Fascista, Conservatrice, Reazionaria, Cattolica, Monarchica e l’elenco potrebbe continuare se andassimo a specificare sempre di più.
Altre volte ho continuato scrivendo che auspicavo la Grande Destra , come sintesi che coniugasse tutte le anime della Destra.
Ieri, invece, mi sono venuti in mente alcuni aspetti di ciò in cui io credo possa e debba individuarsi la persona “di Destra”.
Così, senza alcun ordine, li elenco certo anche di essermene dimenticati altri, per rendere chiaro quale sia “la mia Destra”.


1) città ordinate
2) libertà di circolazione
3) onestà
4) libertà di pensiero e di espressione
5) libertà di stampa
6) libertà di mercato
7) libertà sindacale nell’ambito di una legge che ne regoli l'attività per impedirne la tracimazione ai danni della comunità
8) pagare le tasse purchè giuste cioè al più basso livello
9) ergo ridurre l’intromissione dello stato nella vita dei cittadini ai servizi essenziali (difesa, ordine pubblico, giustizia, politica estera, servizi sanitari e dell’istruzione di base) e all’amministrazione delle città (buche, illuminazione, rifiuti)
10) tutela dell’infanzia e del nascituro
11) tutela del diritto alla pensione dignitosa
12) giustizia certa, veloce e proporzionata
13) legittimità della pena di morte
14) no all’indulto e all’amnistia
15) no alla grazia politica
16) sì alla legittima difesa
17) diritto soggettivo e naturale di possedere armi
18) libertà religiosa
19) rispetto della Tradizione
20) rispetto della Gerarchia
21) radici Romane e Cristiane
22) adesione alla Civiltà Occidentale
23) stretta alleanza con gli Stati Uniti d’America
24) europa dei popoli e delle nazioni, no all’europa di Bruxelles e dei burocrati
25) anticomunismo senza se, senza ma e senza compromessi
26) eterosessualità come stato normale delle relazioni sessuali, quindi nessuna concessione ai capricci degli omosessuali
27) repressione del fenomeno droga punendo drogati e spacciatori (l'ordine non è casuale) il cui posto è la galera (per gli italiani) e l'espulsione verso il loro paese di orgine (per gli extracomunitari)
28) selezionare l’immigrazione in base alla compatibilità degli immigrati con la nostra società ed alla loro assimilabilità
29) approvazione della dottrina della difesa preventiva per soffocare sul nascere il terrorismo e garantire la nostra sicurezza in Patria
30) separazione della magistratura in giudicante e inquirente, quest’ultima posta alle dipendenze del ministero della giustizia e composta da procuratori eletti per un periodo di tempo limitato dal popolo, mentre i giudici siano scelti tra avvocati e giuristi di chiara fama ed esperienza
31) presidenzialismo
32) sistema elettorale basato sul maggioritario secco a turno unico (all’inglese)
33) sistema federale basato sull’autonomia regionale
34) con i terroristi non si tratta, perché i terroristi vanno annientati e basta
35) Onore
36) Patria


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