Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

31 gennaio 2008

Ultima spiaggia democristiana per il pci/pds/ds/pd

Quando si dice la nemesi.
Gli ultimi residuati democristiani di sinistra, quelli che hanno tradito anni di solenni impegni anticomunisti aprendo una falla nella famosa diga e portando i comunisti al governo, sono stati divorati dall’organizzatissimo partito comunista, anche se nelle dimensioni ridotte in cui si è gradualmente trasformato da pci in pds e ds, ora chiamato pd.
L’abbattimento di Prodi ha però messo nei guai i comunisti di osservanza veltroniana che non hanno saputo far di meglio che indurre il loro vecchio compagno temporaneamente al Quirinale a incaricare un vecchio lupo democristiano.
Sembra una riedizione del Graecia capta feros victores coepit, con i democristiani di sinistra nella parte della Grecia (con tutte le scuse all’antica civiltà Greca per un simile, azzardato accostamento) e con i comunisti di osservanza veltroniana in quella dei “feros victores” (anche qui con ogni scusa per l’indegno accostamento ai nostri Antichi Romani).
Marini che dichiara che cerca un largo consenso e noi ci domandiamo se li legge i giornali dove gli esponenti del Centro Destra hanno chiaramente respinto l’ipotesi di un governicchio di larghe intese.
O forse pensa che nel Centro Destra facciano come a sinistra: dicano una cosa per poi farne un’altra (Veltroni che si ritira in Africa, Veltroni che porterà il pci/pds/ds/pd a correre da solo, dopo Prodi solo il voto …).
Intanto la manfrina, la perdita di tempo continua con nuove consultazioni e riflessioni.
Bene fa la Lega a non andare da Marini e altrettanto avrebbero docuto decidere gli altri partiti della Casa delle Libertà, anche per accelerare i tempi delle decisioni del presidente incaricato.
Intanto persino un settimanale di sinistra come l’Espresso commissiona un sondaggio che vede il Centro Destra in netto vantaggio 58 a 42 .
Un risultato che, oltre a spiegare meglio di qualsiasi arrampicata verbale sugli specchi di Napolitano e Marini perché cercano disperatamente di non andare al voto, smaschera anche l’ultima mistificazione della sinistra, aggrappata alla favola che vorrebbe qualsiasi risultato ricreare una situazione di stallo.
Con quei numeri il Centro Destra vincerebbe alla grande, dimostrando altresì la bontà del sistema elettorale vigente.
E allora si continui ad esercitare ogni pressione perché la parola sia restituita, subito, a chi detiene la Sovranità, al Popolo che non deve esserne espropriato dalle consorterie di vertice tra la casta e i poteri forti.
Se necessario con una poderosa manifestazione a Roma che veda arrivare cittadini da tutta Italia, in una giornata che sia di festa e di pacifica rivoluzione per la libertà e per il voto.


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30 gennaio 2008

Missione possibile: pensionare anche Marini

Con una decisione che, a dispetto delle sedute di riflessione presidenziali, era stata ampiamente annunciata dai quotidiani dei poteri forti, Napolitano ha incaricato Marini di costituire uno straccio di governo per tirare a campare, sperando in tempi migliori per la sinistra, mascherato da governo delle riforme.
Le prime risposte dei partiti del Centro Destra, della ricostituita Casa delle Libertà, è confortante: no.
Io non so come un Marini possa affrontare il nodo della riforma elettorale che vede divisa la stessa sinistra e allora è necessario dire con chiarezza che la scelta di Napolitano è solo uno squallido tentativo di rinviare il redde rationem e la batosta elettorale che si profila per i suoi compagni di sempre.
Alla faccia della imparzialità della presidenza della repubblica.
Cercano di far dimenticare Prodi, sperano che a livello internazionale accada un qualche evento prodigioso che risollevi miracolosamente anche le loro sorti elettorali.
Possono riuscirci solo se qualche esponente del Centro Destra si lasciasse abbindolare dalla loro sirena governativa (che può mettere sul piatto ben seicento nomine).
E’ invece possibile, così come è stato spedito Prodi a fare il nonno, fare altrettanto con Marini.
Il Centro Destra dovrà realizzare quel che fino ad ora ha solo ipotizzato, cioè una marcia su Roma di milioni di cittadini incazzati con la casta alleata dei poteri forti montezemoliani per chiedere la massima espressione di libertà e democrazia: il voto popolare e non gli accordi tra le consorterie di potere nei corridoi dei palazzi.
Nessuna tregua per Marini e per qualsiasi altro esponente della sinistra, con un’unica scelta disponibile: il voto.
Gli imbrogli di palazzo devono essere smascherati e abbattuti dalla reazione popolare che chiede
un governo vero,
un governo forte,
un governo solido,
un governo Berlusconi.
Marini non è il mio presidente.

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29 gennaio 2008

Istruzioni per l'uso:rispettare la par condicio

Ho già avuto modo di citare l’ansiogena Emanuela Falcetti, conduttrice del programma radiofonico mattutino (dopo il Gr delle 6) “Istruzioni per l’uso”.
Anche se la trasmissione ha un pubblico di nicchia (e che magari farebbe volentieri a meno di esserlo, dal momento che si tratta di persone che per motivi vari a quell’ora sono già svegli e anche in movimento) pur tuttavia la trasmissione può incidere sul formarsi dei convincimenti individuali.
E finchè incide sul fatto di rispettare le disposizioni relative alla raccolta differenziata dei rifiuti o sulla conoscenza di nuove cure per malattie varie, si può considerare rispettata la funzione pubblica della radio di stato e anche il titolo della trasmissione stessa.
Ma quando la conduttrice si permette, ben spalleggiata da ospiti scelti, di fare propaganda politica, allora è doveroso chiedere che si applichi anche a lei quella par condicio che viene citata solo contro il Centro Destra.
La radio e la televisione di stato non devono sostenere tesi di parte.
Come al solito, con la sinistra al governo – ancorché abbattuto – si sono messe le mani su un qualcosa che appartiene a tutti, anche a quella maggioranza di Italiani che non votano a sinistra e che, pur tuttavia, pagano il canone.
Per tornare alla Falcetti, dopo che Prodi era stato impallinato – per sua stessa scelta – al senato, la conduttrice ha cercato di far passare il messaggio che la crisi di governo avrebbe impedito la realizzazione delle opere pubbliche, la conclusione dei contratti, la riduzione della tasse.
Dimenticando – ed è grave per un giornalista pubblico ancorché non dipendente ma con contratto di collaborazione – che le tasse sono alte perché Prodi, cioè l’impallinato, le ha aumentate, così come le opere pubbliche sono ferme perché l’impallinato con il suo governo ha preferito non procedere con i finanziamenti, preferendo iscrivere nel bilancio preventivo fondi per la rottamazione delle automobili.
Ma questa mattina la misura è stata ampiamente superata (e inviterei ad ascoltare la replica reperendola su radio rai dove dicono si possa riascoltare la trasmissione) con l’apporto di tal Trefiletti, segretario di una delle associazioni dei consumatori quotidianamente presenti a rotazione.
Costui – amichevolmente chiamato dalla Falcetti “trinariciuto”, ma le cui origini sono assolutamente pertinenti con tale definizione visto che proviene dai quadri della cgil – ha cominciato ad inveire contro chi era al governo al momento del passaggio dalla lira all’euro, specificando l’anno, 2002, e attribuendo ogni sorta di nefandezza economica e, soprattutto, la colpa delle ambasce cui si trovano molti Italiani in questi giorni.
Dichiarazioni che, nel silenzio evidentemente compiaciuto della conduttrice, appartengono alla pura propaganda politica.
Il tutto senza che la Falcetti (o qualche dirigente Rai) abbia pensato di bilanciare simili interventi con la presenza di personalità appartenenti al Centro Destra.
Ancora una volta la campagna elettorale del Centro Destra dovrà combattere anche contro quelle strutture statali che dovrebbero invece garantire equilibrio, par condicio e informazione, non propaganda.
Saperlo ci aiuta anche ad evitare errori di valutazioni sul nemico che ci accingiamo ad affrontare in una campagna elettorale che non potrà che essere “all’ultimo sangue.

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28 gennaio 2008

L’unico atto responsabile è votare

Una tremebonda sinistra, che però non ha perso nulla della sua abituale boria e arroganza come attesta il discorso di D’alema di sabato, ha repentinamente cambiato idea e dopo le intemerate: se cade Prodi c’è solo il voto, si presenta ora dal Presidente Berlusconi per strappargli qualche mese in più di governo.
Naturalmente ammantano tutto ciò con il classico, fuorviante, insinuante e mistificante eloquio che fa perno sul presunto interesse nazionale (anche loro continuano a chiamarci “paese”).
Ma l’unico atto di responsabilità nazionale è votare, è votare per cancellare questa legislatura nata male, tra i dubbi di regolarità mai chiariti e con una maggioranza talmente risicata che il “tirare a campare” per 18 mesi ha prodotto danni incalcolabili e devastazioni sia nei valori economici assoluti che in quelli, più importanti, dei nostri bilanci personali e famigliari.
E’ comprensibile che la sinistra, che annusa aria di batosta elettorale, voglia rinviare il redde rationem il più a lungo possibile, sperando nella memoria corta degli Italiani, nel dimenticatoio in cui collocherà Prodi e, forse, anche nel più classico “aiutino”, quello togato.
Ma che senso ha rinviare le elezioni per fare quella legge elettorale che non sono riusciti a realizzare in 18 mesi ?
Ovviamente, a parte il mantenere la cadrega e raggiungere la pensione da parlamentari ?
Che senso ha quando davanti abbiamo scadenze rilevanti come la restituzione del maltolto negli stipendi degli Italiani con un serio programma di riduzione delle tasse, per tutti, come le nomine in importanti enti economici e, anche, la definizione della privatizzazione dell’Alitalia ?
Che senso ha fare, oggi, quel che la tracotanza della sinistra ha rifiutato l’11 aprile nonostante la disponibilità del Presidente Berlusconi ?
Non è vero che si debba andare ad un governo di larghe intese per “responsabilità”, perché essere responsabili significa affrontare l’emergenza in cui Prodi ha condotto l’Italia con un programma chiaro, definito, di legislatura e di prospettiva.
Un progetto, insomma, che riprenda quanto è stato realizzato nei cinque anni di Governo Berlusconi dal 2001 al 2006 e mi domando come la sinistra possa accettare tutto questo.
Meglio, molto meglio, andare subito al voto, ricostituire una maggioranza coesa di Centro Destra e affrontare i nodi lasciatici dall’incapacità di Prodi di governare, a cominciare dai 20 miliardi di euro che non ci sono per pagare la controriforma delle pensioni.
Andando al voto oggi, sarebbe possibile già a marzo !, vedremmo anche se Veltroni è diverso da Prodi e se mantiene quello che promette.
Ne dubitiamo, visti i precedenti (la sua partenza per l’Africa rimandata sine die) ma questa volta è troppo fresca e perentoria l’affermazione: con qualunque legge elettorale il pd andrà da solo alle elezioni, per poter pensare che faccia finta di niente.
Ma poiché sono magnanino, lascio una possibilità alla sinistra di risparmiarsi la batosta elettorale annunciata.
Si faccia il governo delle larghe intese, su un programma anche triennale per finire la legislatura, con tutte le riforme che devono essere fatte (giustizia, privatizzazione rai, riduzione delle tasse, inasprimento della Bossi Fini, riforma costituzionale …) ma con un governo a presidenza Berlusconi.
La sinistra ha sbagliato, ci ha danneggiati tutti, è giusto che la riparazione sia anche di carattere morale e le sue forche caudine sono votare la fiducia ad un governo presieduto da Silvio Berlusconi.
L’unica alternativa, la strada maestra, è però solo il voto, hic et nunc.

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27 gennaio 2008

Quel che resta del '68

Ci siamo.
Il quarantennale dell’anno meno rivoluzionario del “periodo rivoluzionario” ma che, tuttavia, ha impresso il suo numero nella storia, è iniziato.
E non mi sottraggo al cimento, perché mi piace ricordare, perché il ’68 lo “odio per quel che ha prodotto, ma lo “amo per i ricordi indelebili della mia adolescenza.
Non mi sottraggo anche per le stesse ragioni che Marcello Veneziani, sempre più un grande interprete della mia generazione, espone nella “postilla fuori stagione” al suo ultimo saggio Rovesciare il ‘68” (Mondatori, 169 pagine, euro 17,00 … in questi giorni presso BOL o i negozi Mondatori sconto del 25%) che ho letto con passione e partecipazione (e consiglio a chi c’era e a chi non c’era).
“… lasciare una testimonianza che non tutti fummo come il tempo comandava, non tutti seguirono le stesse idee o la stessa mancanza di idee … “.
E siamo solo all’inizio, perché il ’68 non si può esaurire in breve, proprio perché non si conclude nell’ anno da cui prende il nome, ma prosegue oltre, per l’intero decennio successivo e oltre, almeno sino al yuppismo dei primi anni ottanta, quando calcavano la scena Craxi e De Mita.
Ancora una volta mi aiuta Veneziani a inquadrare la mia presenza nel ’68, io che in quell’anno avrei compiuto – il 31 dicembre – 12 anni e che, quindi, non feci “in tempo a viverlo per acerbi limiti d’età. Arrivammo a festa finita, e vivemmo tra i rottami, i fumi e le carcasse che avevano lasciato per terra”.
Avevo dunque appena compiuto 11 anni quando inizia il 1968, che sarebbe poi passato alla storia come l’anno della rivolta giovanile.
Da provinciali come siamo anche in Italia abbiamo santificato il ’68, quando però le vicende politiche per noi più rilevanti accaddero l’anno successivo.
Infatti il ’68 che ricordo, in prima battuta, riguarda il calcio.
Dopo l’umiliazione coreana ai mondiali inglesi del 1966, nel 1968 riuscimmo a risorgere vincendo, per la prima e unica volta nella storia del nostro calcio, il campionato europeo per nazioni, preludio dell’indimenticabile Italia – Germania 4 a 3 di due anni dopo in Messico.
Il 1968 fu anche anno di Olimpiadi e di elezioni, in Italia e negli Stati Uniti.
Olimpiadi, in Messico, caratterizzate da disordini sedati con il pugno di ferro dalla polizia e dall’esercito messicano che garantirono il regolare e tranquillo svolgimento dei giochi.
Ma caratterizzate anche dall’atteggiamento dimostrativo di due atleti negri degli Stati Uniti che, sul podio per la premiazione, al momento dell’alzabandiera e dell’Inno Nazionale salutarono con il pugno chiuso e, se ricordo bene, anche voltando le spalle alla loro Bandiera.
Era l’epoca della “Grande Società” del Presidente Lindon Barney Johnson, successore di Kennedy, erede anche del ginepraio vietnamita da cui non riuscì a districarsi ed a causa del quale rinunciò al ricandidarsi e fece perdere a novembre anche il suo vice Hubert Humphrey, contro un risorto Richard Nixon.
Famoso lo slogan nei campus universitari di quanti protestavano contro la guerra in Vietnam: ehi, ehi, LBJ, how many kids did you killed today ?
Elezioni americane che ebbero una grande copertura mediatica anche in Italia, ovviamente per i canoni di allora, grazie alla presenza del fratello di John Kennedy, Robert, assassinato a Los Angeles da un estremista siriano (era dell’anno precedente la famosa “guerra dei 6 giorni” quando in, appunto, sei giorni gli Israeliani mostrarono al mondo la loro netta superiorità militare sbaragliando l’attacco concentrico portato loro da Egitto, Siria e Giordania e occupando la Gerusalemme in mano araba, le alture strategiche del Golan e la Cisgiordania).
Mi ricordo che, come durante l’attuale fase delle primarie, i telegiornali davano una grande copertura alle vicende dei candidati democratici, Johnson vs. Kennedy, per poi arrivare a Humphrey, mentre dei Repubblicani si citavano appena i nomi con le percentuali ottenute e Richard Nixon stravinceva sul miliardario Nelson Rockfeller, mentre al terzo posto spuntava un attore semisconosciuto, Ronald Reagan.
Chissà che non ci sia qualche analogia con le elezioni del 2008, con Mc Cain nel ruolo di Nixon, il miliardario mormone Romney in quello di Rockfeller e … Huckabee (sostenuto dal grande “Walker Texas Ranger” al secolo Chuck Norris) come Reagan
Ed elezioni in Italia.
Ultime elezioni svoltesi alla scadenza regolare dei cinque anni di legislatura e prima legislatura a terminare anzitempo, nel 1972.
Per ritrovare una legislatura completa dovremo aspettare il 1987, quasi 20 anni dopo, come nel romanzo di Dumas.
Magari con elezioni nel 2008 si ricomincia da capo, mettendo la parola fine a 40 anni di convulsioni, per ricominciare a crescere.
E mi ricordo anche quelle elezioni, le prime che seguii (per forza, non c’erano alternative alle tribune politiche !) costantemente.
Presidente del consiglio era Aldo Moro, lento, noioso, contorto con i suoi ragionamenti levantini e i suoi bizantinismo lessicali (l’unico che quando parlava in televisione faceva sbuffare mio padre che, per professione, era abituato a parlare chiaro, in modo che capissero tutti) mentre brillante era il segretario della Democrazia Cristiana Mariano Rumor (mi ricordo ancora, nel 1972, un suo comizio a Bologna, da ministro degli interni, con un passaggio che approvai allora e che starebbe benissimo anche oggi. Parlando dei terroristi – era appena morto, per sua stessa mano, Feltrinelli sotto un traliccio – disse che il governo li avrebbe perseguiti “di covo in covo, di cantina in cantina, di traliccio in traliccio” … purtroppo furono solo parole).
Paludati gli altri, ivi incluso il segretario dell’MSI Arturo Nichelini, avvocato e moderato, che sarebbe deceduto l’anno successivo lasciando il posto all’indimenticabile Giorgio Almirante, il più grande oratore tra i politici italiani di ieri e di oggi.
Mi ricordo che, come sempre, al termine della campagna elettorale, l’ultima tribuna, ospitava il presidente del consiglio uscente e mia madre commentò: ecco, praticamente ci ha detto che tanto non cambia nulla e resterà ancora lui.
Moro (con Fanfani) fu il responsabile del primo centrosinistra organico, quello che, dopo l’appoggio esterno del 1962, sbarcò definitivamente i liberali di Malagodi dal governo per imbarcare i socialisti e le loro malefiche nazionalizzazioni (frutto anche della loro atavica e mai saziata fame di potere) preludio alla eterna crisi economica del sistema Italia.
Ma mia madre non ci azzeccò.
Dopo le elezioni, infatti, la DC diede il benservito a Moro, per incaricare Rumor.
Per il resto non cambiò nulla, se non il quadro generale in cui si doveva operare (e dici poco !).
In tempi di emergenza, la DC non era attrezzata ad affrontare i moti di piazza dell’anno successivo e mostrò tutta la debolezza di un partito unito dal potere, ma lacerato da divisioni insanabili tra i cattolici conservatori e quelli che oggi si autodefiniscono “cattolici adulti”, responsabili dell’ingresso al governo dei comunisti.
Per completare il quadro, Presidente della Repubblica era Giuseppe Saragat (famoso per le migliaia di telegrammi spediti e puntualmente letti al telegiornale e per aver istituito, secondo i maligni, l’ “alzabarbera” al Quirinale), premier inglese Harold Wilson, presidente francese Charles De Gaulle, Breznev dittatore sovietico e Papa Paolo VI.
Le elezioni del 1968 portarono anche, nel piccolo mondo delle scuole medie che frequentavo, il vento della politica.
La madre di un mio compagno di classe fu eletta alla camera, nelle liste del pci.
Nessuna posizione di rilievo, era abitudine del pci far eleggere a rotazione propri funzionari in modo che potessero, con una o due legislature, maturare la pensione da parlamentari e quindi lavorare per il partito con meno oneri per lo stesso e più per lo stato (il solito sistema di scaricare sul pubblico vicende private … nulla di nuovo sotto il sole).
Ma a noi ragazzini che avevamo il primo approccio con il mondo “dei grandi” sembrò qualcosa di importante.
E ci dividemmo.
A sinistra i seguaci del figlio della parlamentare comunista, uno dei quali soprannominammo “Mao”, a destra gli altri (ed io fui soprannominato per ripicca “Papadopulos” dal nome del Capo della Giunta Militare che l’anno prima aveva preso il potere in Grecia).
Nel frattempo cominciarono ad arrivare notizie di quel che accadeva in Francia, in Germania e negli Stati Uniti.
Ma, ormai, le vacanze incombevano.
E in pieno periodo di vacanze l'invasione della Cecoslovacchia ad opera delle truppe del Patto di Varsavia, per ricordarci - ma quando le menti sono chiuse anche quel fatto gravissimo passò senza incidere più di tanto - quanto infame sia il comunismo, portatore di miseria, terrore e morte.
A giugno i campionati europei di calcio (vinti, come ho già scritto) e poi le Olimpiadi in Messico ad ottobre.
Il ’68 italiano poteva attendere l’anno successivo per il suo inizio.

(1 - continua)

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25 gennaio 2008

The day after

Ieri sera abbiamo brindato alla fine di un governo che, da subito, puzzava di cadavere.
Oggi ho avuto l’occasione di parlare con molte persone e di osservare il comportamento di altrettante conoscendone la tendenza politica.
A sinistra erano mogi … ma non troppo.
Uno mi ha detto: almeno così non si realizzerà la tassazione sulle rendite.
Già, perché se il governo di sinistra fosse riuscito a sopravvivere anche questa volta, ci avrebbe bastonato con l’aumento dal 12,50% al 20% delle tasse sui Bot e su altri titoli di risparmio.
Stiamo già guadagnando dalla caduta di Prodi e della sua combriccola.
Era però un piacere vedere la faccia soddisfatta, leggere gli sms ed ascoltare i commenti di chi era già orientato al Centro Destra.
Si respirava aria fresca, la battuta reciproca veniva spontanea, la fiducia straripava.
Ed è proprio di fiducia nel futuro che noi abbiamo bisogno.
Quella stessa fiducia mortificata e azzerata da Prodi e dai suoi sodali per manifesta incapacità.
Avevano promesso la felicità e hanno portato gli incubi, soprattutto a chi ingenuamente aveva loro creduto.
E, unanime, l’opinione che si debba tornare a votare subito, hic et nunc, senza indugi, senza manfrine istituzionali, senza governicchi che tirano a campare ed a far arrivare i parlamentari di prima nomina alla pensione.
Ma anche consapevolezza che i poteri forti si stanno riorganizzando per impedire che sia data la parola al Popolo, evidentemente devono ancora fare qualche buon acquisto/svendita per completare i loro traffici.
Il giorno dopo l’ingloriosa,ripugnante figuraccia al senato che ha decretato la fine di Prodi il dato saliente è proprio la voglia popolare di urne e l’elitario, ipocrita richiamo a governi “istituzionali” per “realizzare le riforme”.
Lcdm ha preso la testa di questa corrente con osservazioni che, evidentemente, sono pensate per un popolo bue.
Quando, infatti, Lcdm sostiene che è necessario eliminare il bicameralismo perfetto, sorge spontaneo il pernacchio, visto che la fine del bicameralismo perfetto era contenuta nella Riforma Costituzionale approvata dal Centro Destra nel 2005 e che, anche grazie ai giornali confindustriali tutti schierati con la sinistra, è stata affossata dal referendum del 2006.
Altrettanto dicasi per i “ribaltoni” con la fuoriuscita dalla maggioranza e per tanti altri aspetti che ora tanto la sinistra quanto i poteri forti orfani del governo Prodi, millantano come “riforme necessarie”: erano già state fatte dal Centro Destra e proprio la sinistra con la complicità dei poteri forti le aveva affossate.
Non possono essere argomento per rinviare il verdetto delle urne.
Le prime dichiarazioni di Berlusconi, Fini e Bossi (assieme, senza Casini sono accreditati del 49,3%, sufficiente per prendersi tutto il piatto) mi piacciono.
Ho peraltro il timore che l’indole liberale e la tipica bontà di Berlusconi (nulla a che vedere con la livida tignosità mostrata da Prodi) possano farlo abboccare all’amo veltroniano.
In fondo per merito di Veltroni si è spappolata la sinistra, Berlusconi potrebbe anche essergli riconoscente e lanciargli una ciambella di salvataggio.
Proprio per tale motivo sarà necessario organizzare un movimento di opinione e pressione perché pungoli i nostri rappresentanti a non scendere a compromessi: al voto subito.


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24 gennaio 2008

E adesso subito al voto

Prodi ha perso il governo nel modo peggiore, con una figura meschina, mostrando livore, rabbia e nessun senso dello stato che avrebbe preteso di non esarcebare gli animi con l’ostinazione per il voto del senato.
Un vergognoso oblio copra la sua storia politica e personale.
Adesso si aprono tante strade per il futuro.
L’Italia è la patria del bizantinismo.
Alcuni voti a favore di oggi fanno scappare da ridere, se non fosse che siamo anche noi Italiani e veniamo danneggiati da chi dice che vota “sì” non per le capacità di governo, ma per consentire di avere un governo.
Ebbene no.
Meglio nessun governo che questo governo, incapace di rispondere alle sfide del mondo globale e in grado solo di caricare balzelli espropriandoci dei nostri risparmi.
Meglio nessun governo anche perché questo parlamento, delegittimato sin dalla proclamazione di un voto dubbio dopo gli scrutini del 10 aprile 2006, non può esprimere un governo coeso e con un progetto per il nostro futuro.
Solo una maggioranza, di una parte o dell’altra può realizzare quelle riforme di cui l’Italia ha bisogno.
E poiché abbiamo visto che la sinistra non è in grado di portare altro che distruzioni e devastazioni, mentre il Centro Destra, pur con tutte le difficoltà di convivenza, le riforme è stato in grado di farle, occorre rimettere subito la sella in groppa al Presidente Berlusconi perché riprenda a trascinare il fardello Italia fuori dalla palude in cui l’ha condotta la sinistra.
Per fare ciò c’è una sola strada: elezioni subito.
Che sia Prodi o qualcun altro a gestire l’ordinaria amministrazione poco cambia.
Napolitano sciolga il parlamento e convochi le urne nel più breve tempo possibile.
Con questa legge elettorale.
Senza tante manfrine di consultazioni e riti tribali vari, si vada al voto a marzo e si riprenda ad aprile 2008 là dove si era lasciato nell’aprile 2006.

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23 gennaio 2008

Beati gli ultimi ...

a candidarsi che saranno i primi a ritirarsi.

Mentre ancora, scaramanticamente (non dire quattro se non l'hai nel sacco, dice il Saggio), non abbiamo organizzato il brindisi che accompagnerà il taglio della mortadella e degli insaccati di contorno, è arrivata la notizia che si è ritirato Fred Thompson, il candidato che avevo eletto come preferito nella rosa dei Repubblicani per la successione a George W. Bush alla Casa Bianca.
Mi dispiace perché i motivi che me lo avevano fatto preferire a McCain e ad Huckabee restano tutti, in quanto questi due candidati, pur esprimendo una posizione conservatrice e “muscolare”, manifestano alcune defaillance rispetto all’identikit del mio candidato ideale, che deve avvicinarsi il più possibile ad una sorta di clone del Presidente in carica, che reputo uno dei migliori che gli Stati Uniti e l’Occidente abbiano avuto.
Un candidato autenticamente Conservatore nei Valori, Liberale in economia, determinato nella politica estera e nell'uso della forza militare.
A tutto questo rispondeva Fred Thompson.
Solo parzialmente rispondono McCain (di cui non apprezzo il silenzio/complicità sui temi cari ai radicali italiani) e Huckabee (di cui invece non apprezzo il distacco dalla politica estera di Bush).
Anche la scelta di Thompson di ritirarsi ora, me lo fa apprezzare per dignità e intelligenza.
I voti fino ad ora espressi lo indicavano chiaramente fuori dai giochi.
Insistere avrebbe portato a tre fattori negativi:
- un inutile spreco di denaro;
- il frazionamento del voto conservatore che, invece, ha bisogno di unità per scongiurare la candidatura di Giuliani;
- l’accumulo di tossine e di litigiosità nel campo Repubblicano
.
Vorrei sottolineare proprio questo ultimo punto, con una vena di ottimismo.
Allo stato attuale tra i candidati Repubblicani non c’è nessun mattatore.
McCain, Romney e Huckabee hanno alternativamente vinto o perso con onore nelle prime votazioni e sono sostanzialmente alla pari, con un vantaggio in delegati per il candidato mormone e con un vantaggio nei sondaggi per il Veterano del Vietnam.
Deve però ancora entrare in campo Giuliani e la sua poderosa (non so se gioiosa) macchina da guerra.
Gli altri sono ormai out e farebbero bene a prendere esempio da Fred Thompson.
Il 6 febbraio, dopo il super tuesday, probabilmente i giochi saranno fatti, ma se, per caso, come potrebbe accadere, i candidati arrivassero alla Convention di agosto, senza un dominatore, allora ci starebbe anche una soluzione che possa rappresentare l’unità del partito, dietro una figura che possa raccogliere stima, consensi trasversali e la non ostilità, magari derivante dall’animosità della campagna elettorale, degli altri candidati.
Ecco che la scelta di Fred Thompson potrebbe risultare vincente.
La cara amica Lontana è stata l’animatrice del blog Italiani per Fred Thompson e adesso stiamo riflettendo sul suo utilizzo nel prosieguo di questa interessante ed importante campagna presidenziale americana.
Una campagna che, indipendentemente dalla presenza del candidato da noi reputato migliore per rappresentare quella parte politica nella quale ci riconosciamo, segna un momento decisivo anche per il futuro della nostra Patria perché il Presidente degli Stati Uniti è anche il Capo dell’Occidente, l’uomo da cui non possiamo prescindere per qualunque, efficace politica estera.

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22 gennaio 2008

Il razzismo dell'ignoranza

Mentre teniamo incrociate le dita, sperando di poter brindare giovedì sera al trapasso di Prodi e dei suoi sodali, veniamo al tema innescato dal mio post di venerdì Meglio Hillary di Obama .
La tesi del post era (e la confermo) questa: da sostenitore di un Repubblicano per la Casa Bianca, preferisco Hillary ad Obama perché la sconfitta di Obama alienerebbe,per la delusione, ad Hillary il voto di molti sostenitori di Obama, più di quanti la vittoria di questo otterrebbe tra i sostenitori di Hillary.
E un tal fatto favorirebbe la vittoria di un candidato Repubblicano
.
Non è altro che la trasposizione in sede Americana di ciò che persegue la sinistra in Italia, quando preferisce Fini (o Casini) a Berlusconi, per il fatto che li ritengono più battibili del Leader del Centro Destra.
Oltre a commenti pertinenti al tema, sono arrivati un paio di soggetti che non hanno saputo far altro che darmi del “razzista”, “Fascista”, naturalmente “di merda” (il loro vocabolario, purtroppo, oltre ad essere limitato, rispecchia anche la loro essenza …).
Il tutto per aver usato il termine “negro” per individuare le persone di pelle nera.
E come avrei dovuto chiamarlo se il fatto rilevante, che smuove l’interesse dei media, è che Obama è il primo candidato negro con una qualche possibilità di vincere la nomination e la Casa Bianca ?
Lo sciocchezzaio si è arricchito con chi ha affermato “si dice nero non negro”: ma dove è scritto ?
Anzi, il “nero” nel linguaggio comune è l’Italiano di Destra e l’uso per individuare un negro potrebbe solo indurre in confusione.
Per non citare poi ben altre espressione che vorrebbe il “galateo” del politicamente corretto: uomo di colore, afro-americano.
La vera ragione sta nel fatto che chi si irrita per l’uso di un termine che fino a 20/25 anni fa (cioè prima che le paturnie del “politicamente corretto” facessero proseliti e danni) era normalmente utilizzato, non ha argomenti seri da proporre.
Anzi, se il tema si sviluppa con un “votarlo perché negro” (o perché donna), il razzismo lo dimostra chi pretende di accusarne gli altri.
Ed è il peggior razzismo dell’ignoranza, perché non si sostiene uno perché bravo, ma perché negro, perché donna, perchè omosessuale, perché biondo, perché bruno ...
Così come un razzismo dell’ignoranza dello stesso genere è voler imporre al prossimo un vocabolo, un linguaggio, con la protervia dei professorini del nulla, capaci solo di noiose, ripetitive masturbazioni lessicali.
Tanto più che solo una interpretazione prevenutacome tipicamente sono quelle dei talebani in servizio permente effettivo che vedono il razzismo anche sotto il letto - può dare al vocabolo “negro” una connotazione spregiativa.

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21 gennaio 2008

Il minimo risultato con il massimo sforzo

Anni fa, nei primi anni della mia esperienza lavorativa, avevo un collega che, capace, volonteroso, disponibile, pur tuttavia non riusciva a conquistare la fiducia dei superiori e arrancava nelle “retrovie”.
Un giorno ottenne la agognata promozione al grado superiore: dopo 6 anni e 11 mesi dalla precedente.
Cioè un solo mese prima dell’automatismo che sarebbe comunque scattato il mese successivo.
Con l’ironia, grazie alla quale riusciva sempre a sfogare le sue amarezze professionali, sbottò: ho ottenuto il minimo risultato con il massimo sforzo.
Quel collega mi è tornato alla mente leggendo dell’ipotesi di contratto siglata dalla triplice per i metalmeccanici.
127 euro in 30 mesi, poco più del recupero inflattivo (sperando che l’inflazione per il 2008 e 2009 non schizzi come si potrebbe arguire dai dati di dicembre) e in cambio un sabato lavorativo e una giornata di permesso rinviata all’anno successivo.
Chi ha firmato quel contratto fu tra coloro che ironizzarono sulle riduzioni delle tasse della riforma fiscale di Berlusconi e che, in media, aveva consentito un guadagno di 40 euro al mese.
Chi ha firmato quel contratto fu tra coloro che soffiò sul fuoco contro il Governo Berlusconi, organizzando scioperi (costosi per l’economia nazionale e per i singoli lavoratori) per poi piazzare a palazzo Chigi un tal Prodi che, assieme ai suoi degni compari, ha ulteriormente ridotto gli stipendi aumentando le tasse ed inventandosene di nuove.
I metalmeccanici, assieme ai pensionati, furono tra i più assidui frequentatori delle manifestazioni contro il Governo Berlusconi, credendo ad un futuro roseo una volta insediato a Roma, con i loro sacrifici, il “governo amico”.
Tanto amico che, oltre alle già ricordate gabelle, ha rifilato un protocollo sul welfare che, per consentire a 100000 persone in tutto di anticipare la data di pensione, crea ulteriori costi a carico di chi lavora che, poi, andrà (forse …) in pensione esattamente quando sarebbe andato con la Riforma Maroni.
E adesso un contratto, pronube il “ministro amico” del lavoro Damiano, che in sostanza ha “strappato” 7 euro in più rispetto alla proposta imprenditoriale, respinta con sdegno appena due giorni prima.
Il tutto, naturalmente, condito da giornate di sciopero che probabilmente hanno succhiato, con le relative trattenute, parte degli aumenti ottenuti.
Se non è il “minimo risultato con il massimo sforzo”, allora cos’è ?

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20 gennaio 2008

Veltroni e la mossa della disperazione

Il segretario del politburo del pci/pds/ds/pd ha considerato fallita l’esperienza di governo della sinistra, sepolta sotto i rifiuti materiali di Napoli e quelli politici delle tante questioni irrisolte (libertà di parola per il papa, deriva morale con le proposte degli ambienti radicali, diluvio di tasse, credibilità all’estero, sicurezza, legalità …).
Come fare per salvare dal naufragio la barca del neonato partito ?
Veltroni e i suoi consiglieri hanno sicuramente considerato che mantenersi in una coalizione con i Caruso, i Guadagno, i Diliberto, i Ferrero, i Giordano, i Bertinotti, i Pecoraro, voleva dire alienarsi il voto – determinante – di quei cittadini border line che non hanno ancora saputo scegliere tra la sinistra e il Centro Destra e credono ancora nella possibilità di una democrazia dell’alternanza sul modello anglo americano.
Allora Veltroni gioca tutto sulla ruota del primato solitario: il pci/pds/ds/pd correrà da solo, proclama (vedremo poi se sarà come quello che annunciò la sua partenza per l’Africa appena terminata l’esperienza da sindaco) con qualunque sistema elettorale.
In cauda venenum.
Veltroni “sfida” il Presidente Berlusconi a fare altrettanto.
Ma la situazione è profondamente diversa.
Noi - per fortuna - non abbiamo i Caruso, i Guadagno, i Diliberto etc., abbiamo solo una frangia ridicolmente minoritaria che si aggancia – e solo sulle questioni etiche – alla tradizione radicale, per il resto il Centro Destra è omogeneo a livello di elettorato e votare questo o quello non farebbe sostanziale differenza.
Le divisioni, da noi, riguardano la leadership ed unicamente per le ambizioni personali di Fini e Casini, ma è il Presidente Berlusconi a rappresentare l’unità di tutto il Centro Destra, avendo saputo essere e rappresentando tuttora la sintesi tra le varie anime del Centro Destra che, pur a volte divergenti, non raggiungono quella incompatibilità che sapevamo essere e si è manifestata a sinistra.
La “sfida” di Veltroni è, quindi, una polpetta avvelenata, una mossa disperata che vorrebbe esportare nel Centro Destra il fallimento della sinistra.
Poiché, poi, io continuo a sperare che si torni al voto con l’attuale – buona – legge elettorale (che, come afferma il Presidente Berlusconi avrebbe necessità solo di un rapido ritocchino per consentire il premio di maggioranza su base nazionale anche al senato e garantire la governabilità senza penalizzare alcuna componente ideale della nazione) che Veltroni conduca pure il pci/pds/ds/pd alle elezioni in solitaria, noi faremo coalizione e, finalmente, torneremo al governo per rimediare a due, devastanti anni di sinistra, cercando di ramazzare, materialmente e moralmente, le strade italiane.

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18 gennaio 2008

Meglio Hillary di Obama

Alla ricerca di una boccata di aria pura, punto la tastiera sulle elezioni presidenziali americane.
Nonostante il titolo, non si dubiti del fatto che sono personalmente sostenitore di una presidenza repubblicana, muscolare e conservatrice.
Ma il target mediatico è centrato sulla disfida democratica.
Lo è perchè i due principali antagonisti sono un negro e una donna e solo terzo incomodo, decisamente staccato, John Edwards rappresenta il Presidente classico: bianco, uomo e protestante.
Come bianchi, uomini e protestanti sono i candidati della rosa repubblicana, tutti con l'aplomb del Presidente classico.
Hillary Clinton e Barack Obama, invece rappresentano una rottura molto forte con l'immagine del Presidente Americano come siamo abituati a vedere, anche se film e telefilm seriali hanno più volte ipotizzato una presidente donna o un presidente negro (ad esempio "Una donna alla Casa Bianca" oppure "24").
Lo scontro tra i due pretendenti democratici è molto acceso.
Alcuni hanno definito uno scivolone una battuta della moglie di Clinton: per fare una legge sui diritti civili dei negri c'è voluto un presidente come Johnson, quasi a sminuire l'azione di Martin Luther King, icona della comunità negra americana.
Il bello è che Hillary ha ragione ...
I media danno quindi alla "strana coppia" una copertura di gran lunga superiore a quella che concedono agli altri candidati democratici ed all'intera squadra repubblicana, perchè quei due ispirano articoli e "fanno vendere".
Indubbio il vantaggio che deriva ad Hillary e Obama da questa esposizione (gratuita) sulla stampa, anche se non è sempre benevola la penna dei commentatori.
Perchè preferisco Hillary ?
Ovviamente per un motivo di stretto interesse di parte, posto che da Italiano ho scelto il Gop.
Hillary, come si evidenzia dalle primarie, non riesce a spuntare il voto compatto delle donne.
E' una caratteristica che riscontriamo anche in Italia: le donne non amano le altre donne che si mettono in luce e spesso agiscono contro di loro.
Viceversa Obama compatta la comunità negra.
Ma come la compatta nelle primarie, così una eventuale nomination a favore di Hillary rischia di demoralizzarla e indurla a disertare le urne a novembre.
Una situazione che favorirebbe sicuramente il candidato repubblicano a meno che Hillary non decida che, oltre alla prima donna presidente, sia il tempo per un vicepresidente negro, creando un ticket dal forte impatto mediatico che, però rischierebbe di tener fuori dalla Casa Bianca l'America tradizionale, profonda.
Viceversa, se la nomination andasse ad Obama, non credo che gli elettori di Hillary sarebbero così depressi da astenersi dal voto favorendo i Repubblicani.
Ecco quindi spiegato il mio personale favore verso Hillary, limitatamente alla nomination democratica: la sua candidatura, favorendo l'astensionismo dei sostenitori di Obama, sarebbe più abbordabile da parte di un forte ticket Repubblicano, Conservatore e "muscolare".

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17 gennaio 2008

Vade retro larghe intese

Il mefitico olezzo che emana l’Italia di Prodi porta un grave rischio di inciucio.
E’ evidente che Prodi e i suoi sodali non sono in grado di amministrare neppure un condominio, figuriamoci una nazione che dovrebbe e vorrebbe essere tra le prime sette industrializzate del mondo.
La crisi che ha toccato il suo apice con l’ignobile sceneggiata delle immondizie napoletane, con la censura al Papa e con la vicenda del ministro della giustizia Mastella, può trovare soluzione solo attraverso un recupero di credibilità e affidabilità che la sinistra non è in grado di incarnare, né verso i cittadini italiani, né verso l’estero.
Ma la sinistra è abilissima, grazie anche agli uomini che ha piazzato al vertice delle istituzioni, ad evitare la strada lineare delle elezioni anticipate, bensì a ricercare la via, anche la più tortuosa, pur di mantenere incollata al fondo schiena la propria poltrona.
E allora è bene esercitare la necessaria pressione nei confronti dei nostri rappresentanti del Centro Destra perché evitino, come la peste, ogni accordo che porti ad un governo di larghe intese, unità nazionale, solidarietà nazionale o come cavolo la sinistra proporrà di chiamarlo, perché sarebbe un tradimento del mandato elettorale.
Un mandato, il nostro, che ha, senza “se” e senza “ma”, officiato i rappresentanti eletti del Centro Destra a stare, rigorosamente, distinti e distanti dalla sinistra.
La sinistra e il governo Prodi sono immersi in un oceano di letame.
Non avrebbe alcun senso un compromesso che salvi loro e sporchi noi.


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16 gennaio 2008

Una nazione da rottamare

Se l’europa o l’Occidente avessero la facoltà di distribuire incentivi per la rottamazione di una nazione,l’Italia sarebbe la prima nella non ambita lista.
Nel giro di pochi giorni, l'insipienza di un governo nato probabilmente da una inesistente maggioranza di voti e che ha potuto sopravvivere perché il Centro Destra non ha saputo fare quel che, in qualsiasi nazione del mondo, avrebbe fatto chi, sconfitto sul filo di lana, sospetta brogli, ha mostrato al mondo intero fin dove siamo sprofondati.
Una intera regione da 14 anni non riesce, per colpa esclusiva dei suoi amministratori di sinistra, a smaltire i rifiuti urbani e Prodi, pur avvisato da un anno della crescente emergenza, ha guardato altrove salvo imporre diktat alle regioni virtuose perché si facciano carico di problemi altrui, esportando quindi immondizia e disordini.
I cittadini sono insicuri perché la legalità è un optional basato sulla gentil concessione di criminali sempre più tutelati e riveriti.
Docenti (?) della maggiore università italiana che, supportati dal braccio armati dei loro studenti scioperaioli, chiedono e, purtroppo, ottengono che il Papa, la massima autorità morale dell’Occidente, capo della più importante religione del mondo, sia costretto a rinunciare ad una lectio magistralis cui era stato invitato dal Rettore.
La moglie del ministro della giustizia viene messa agli arresti domiciliari.
E ancora, statistiche che indicano come i nostri studenti sono i più somari d’europa e cittadini che, indipendentemente dal reale esito di elezioni, votano contro il proprio interesse pur essendo ben avvisati di quel che sarebbe accaduto.
Non basta.
In quale nazione del mondo, oltre all’Italia, c’è una sinistra che, pur di distruggere il Capo dell’Opposizione, prepara una legge che danneggia una delle aziende più floride e che produce ricchezza e occupazione ?
Dove, se non in Italia, si consente ad un governo di tassare a tutto spiano senza che migliorino i servizi ?
E che dire del provincialismo in base al quale si preparano addirittura celebrazioni per il quarantennale di una data che rappresenta l’inizio della fine dalla nostra stabilità economica e politica, quella da cui furono generate le bande terroriste comuniste ?
In Italia funziona qualcosa solo se basata sulla personale attività di singoli operatori, volonterosi e autentiche mosche bianche.
Sarebbero da rottamare tutti i pubblici servizi, dai trasporti alla giustizia, dall’istruzione alla pubblica amministrazione per sostituirli con altrettanti commissari unici cui affidare per un decennio i pieni poteri in modo che ricostruiscano l’intero tessuto della nazione.
Siamo una nazione da rottamare.

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14 gennaio 2008

Imbavagliate il Papa !

Chi ha la mia età ricorda sicuramente l’orgia di “manifesti” che venivano sottoscritti negli anni settanta, prodromici alle ben più incisive azioni delle brigate rosse.
Si potrebbe dire che i manifesti indicavano l’obiettivo e le brigate comuniste eseguivano.
Fu così, ad esempio, con il Commissario Calabresi contro il quale si scatenò una canea infame di presunti “intellettuali” che, una volta assassinato Calabresi da militanti del movimento di Adriano Sofri, Lotta Continua – come sancito da ben 8 processi – ritirarono prontamente la mano che aveva firmato.
Ma i “manifesti” di simili “intellettuali” proseguirono, indicando, volta per volta, gli obiettivi delle “streghe” da mandare al rogo.
Oggi tornano di moda.
Una sessantina di professori della “Sapienza” si oppongono all’intervento del Pontefice all’inaugurazione dell’Anno Accademico, prendendo a pretesto un intervento del 1990 dell’allora Cardinale Ratzinger, che citò Paul Feyerabend, filosofo della scienza: “All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto”.
Viene in mente il famoso discorso di Ratisbona, quando, anche allora per una citazione, il papa venne aggredito dai musulmani, senza che i tanto solerti firmatari di manifesti avessero nulla da ridire contro il tentativo di tappare la bocca al Pontefice.
Il parallelismo tra i due episodi conferma, se ce ne fosse bisogno, quanto siano simili i fondamentalismi islamici e laicisti e quanta strada c’è ancora da percorrere perché sia garantita la libera espressione di idee.
Ma se la reazione dei musulmani, pur istigata da ayatollah e imam, vedeva come protagoniste masse di ignoranti, la censura che si vorrebbe imporre al Papa alla Sapienza è di gran lunga più grave perché proviene non solo da persone che dovrebbero, per il ruolo ricoperto, avere un grado elevato di cultura (anche se non lo dimostrano in questa occasione) ma anche e soprattutto da educatori.
E mi domando che razza di educatori siano quelli che vorrebbero tappare la bocca a chi non la pensa come loro.
O, addirittura, a chi si limita a citare un accademico, quindi un loro collega sia pur di qualche decennio fa, che esprime idee divergenti a quelle comuni.
Educatori, senza dubbio, alla stessa stregua di chi piega ai propri teoremi ed alla propria ideologia la Storia e la Scienza.
Del resto se la cultura in Italia è scesa così in basso lo si deve anche a chi dovrebbe trasmetterla alle giovani generazioni e, invece, preferisce sottoscrivere manifesti giacobini per impedire ad un Papa di parlare.
Ed è strano che mentre al Papa si rinfacci una citazione di 28 anni fa, nessuno abbia alcunché da ridire nei confronti, ad esempio, di Napolitano e di tutti i comunisti che, ripetutamente e con farina del loro sacco, hanno in passato difeso strenuamente tanto le invasioni sovietiche su altri popoli, quanto un regime, quello comunista, che fu ed è il peggiore che mai la Terra abbia mai conosciuto.
Il Papa censurato per una citazione, i comunisti liberi di parlare, anche quando hanno sbagliato tutto – e con parole proprie frutto della loro intima convinzione erronea – nella loro vita.
Mi sembra ce ne sia a sufficienza per solidarizzare con il Pontefice, anche se non ne ha certo bisogno avendo dalla sua ogni ragione.

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13 gennaio 2008

Le discariche di Prodi

Romano Prodi, il peggior presidente del consiglio che l’Italia abbia mai avuto in tutta la sua storia, mostra ogni giorno di più il suo volto arrogante e insipiente.
Ieri si è permesso di criticare le regioni che, interpretando correttamente (come lui non è in grado di fare con gli Italiani) il volere dei loro cittadini, negano il permesso di scaricare su di loro le immondizie create dall’incapacità della sinistra nell’amministrare Napoli e la Campania e dall’immobilismo dello stesso Prodi, informato già da un anno – per ammissione della sua stessa compare Iervolino – dell’emergenza crescente.
Prodi ha scandito: “l’Italia è una nazione civile”.
E’ l’unica affermazione giusta che abbia fatto: l’Italia è una nazione civile che non merita un governo ed un presidente del consiglio che sarebbero inadeguati anche per il Burundi.
L’atteggiamento di Prodi è quello tipico del debole cui viene assegnato un compito troppo superiore alle sue capacità.
Per non confessare la sua inadeguatezza (eufemismo), fa la voce grossa, confidando nell’apparato di protezione che lo circonda: lecchini, poteri forti, giullari, funzionari e boiardi di stato.
Dietro quella cortina, ma soprattutto usufruendo della protezione della Forza Pubblica (che prima o poi si stancherà di prendere insulti e bastonate per proteggere chi non merita di essere protetto) si crede in diritto di abbaiare ordini contrari alla comune decenza, addirittura ergendosi pomposamente (e scalfaronianamente !) a censore dei comportamenti altrui.
L’atteggiamento di Prodi non si fa fatica ad equipararlo a quello dell’uomo che, nella vita di tutti i giorni, è oppresso da madre/moglie/capo ufficio e sfoga le sue frustrazioni non appena ha un piccolo incarico, magari di presidente dell’assemblea condominiale (neppure questo incarico, comunque, sarebbe adatto alla statura di Prodi).
Prodi e i suoi sodali hanno clamorosamente mancato nella gestione dell’emergenza rifiuti e ora cercano di salvarsi scaricando l’immondezza sul prossimo, trasformando in altrettante discariche le altre regioni d'Italia, osando lamentarsi se il Popolo si ribella e la butta nei giardini di chi si rende complice della politica prodiana.
Non bastavano le tasse che hanno ridotto i nostri redditi,
non basta la minaccia di aumentare il prelievo sui risparmi,
non basta il grave danno perpetrato al Nord penalizzando Malpensa,
non bastano i prezzi che galoppano
,
Prodi riesce anche ad inquinare le regioni che – faticosamente, costosamente, virtuosamente – erano riuscite a tenere sotto controllo il problema dei rifiuti.
Non solo.
Con il suo atteggiamento presuntuoso ed arrogante, con l’imposizione dello smaltimento dei rifiuti campani su tutto il territorio nazionale è riuscito anche ad estendere la protesta popolare – inizialmente limitata a Napoli – a tutta Italia.
Ma non sono esenti da critiche i Leaders del Centro Destra che, davanti all’aberrante governo dei rifiuti di Prodi, non intervengono per capeggiare e coordinare la rivolta popolare, preferendo il cazzeggio sulla legge elettorale e, di fatto, aiutando Prodi a superare l’emergenza che potrebbe abbattere un governo così pernicioso per l’Italia e gli Italiani.
Berlusconi capisca che della legge elettorale non ce ne frega nulla.
Della spazzatura che Prodi vuole spargere dappertutto, sì.
Ci aspettiamo di vedere Berlusconi, Fini, Bossi, Casini, Storace, Rotondi e tutti gli altri, alla testa del Popolo che si ribella alla sinistra politica della monnezza di Prodi.

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11 gennaio 2008

Le mani di Prodi sui nostri risparmi

L’ultima spiaggia di Prodi e dei suoi sodali è la riduzione delle tasse.
I sindacati che furono complici della prima finanziaria di Prodi, quella che ha aumentato di due punti il prelievo fiscale, impoverendo stipendi e pensioni, hanno captato la rabbia del Popolo e hanno implorato i loro referenti politici, quelli del “governo amico” di sinistra, di ascoltarli e ridurre le odiate tasse.
Ma i soldi se li sono già sputtanati nei mille rivoli delle loro clientele.
Allora ecco che tentano, con la complicità questa volta di una stampa allineata e per nulla indipendente, di generare consenso con l’effetto annuncio: diminuiremo le tasse sui salari bassi.
Ma ecco anche rispuntare l’anima pauperista, quella che vuole tutti gli italiani più poveri per poterci controllare meglio, che rilancia l’aumento della tassazione di quelle che loro chiamano rendite e che, invece, altro non sono che il giusto frutto del poco risparmio che si riesce a conseguire, spesso si tratta dei risparmi di una vita di rinunce e di sacrifici.
Quanti sono i pensionati che hanno un piccolo patrimonio in bot, titoli di stato, obbligazioni grazie al cui rendimento riescono a far quadrare i conti del mese ?
Contro queste persone, che meriterebbero ben altre attenzioni, si rivolge l’avidità del fisco prodiano che si propone una infame partita di giro: ridurre – di una miseria – l’imposizione, probabilmente solo su una quota marginale di cittadini e in cambio sfilare altro denaro dalle nostre tasche, con la scusa della unificazione delle aliquote sulle rendite finanziarie che, e non è certo un caso, consentiranno ai rapaci gabellieri della sinistra di incassare più di quanto restituiranno del maltolto.
Ma c’è un’altra parola d’ordine della sinistra che è tipica del comunismo: redistribuzione del reddito.
Tutto questo significa che a chi produce, a chi lavora, a chi, quindi, giustamente, dovrebbe veder trasformata questa sua produttività in moneta sonante, verrà sottratto il suo giusto guadagno per ridistribuirlo a chi, per motivi vari, anche sfortuna, ma anche indolenza, non produce e aspetta solo di campare sulle spalle altrui.
Comunismo, e della peggior specie, allo stato puro: rendere tutti uguali al più basso livello possibile, tranne, ovviamente, la nomenklatura composta da funzionari di partito e simili.
L’imbroglio che Prodi e i suoi sodali perpetrano nei confronti dei cittadini italiani, anche e soprattutto di coloro che li hanno stoltamente e incautamente votati, non può passare sotto silenzio solo perché il 90% dei media sono asserviti a questa coalizione, ma deve trovare nell’unica voce di libertà diffusa in rete una vasta eco.
Sia chiaro: con Prodi e i suoi sodali continueremo a diventare tutti più poveri e gli unici ad arricchirsi saranno solo i poteri forti e i funzionari di quella casta politica che ha dimostrato la più totale inefficienza e della cui “competenza” il fallimento della gestione dei rifiuti campani è solo la punta di un iceberg.

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