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No alla deriva

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01 giugno 2008

Così si gioca solo in Paradiso

Fulvio Bernardini pronunciò la frase che dà il titolo al post non dopo lo spareggio vittorioso del 7 giugno 1964 contro l’Inter, come erroneamente uno sarebbe portato a credere, ma un anno prima, dopo una sonante vittoria (7 a 1) contro il Modena.
Un presagio dell’anno che sarebbe venuto.
Io c’era.
Ero un ragazzino di neppure 8 anni, appassionato, come tutti i miei coetanei, di calcio e, come quasi tutti, tifoso della squadra della mia città, il Bologna, non come accade oggi, quando troppi ragazzini cercano non la squadra della propria terra, ma quella vincente e credono che esistano solo Juventus, Inter e Milan !
Bologna e il Bologna hanno vissuto per 44 anni con il ricordo del settimo (ottavo se aggiungiamo quello del 1927 non assegnato, come invece tre anni fa fu assegnato all’Inter) scudetto e di quella memorabile stagione, culminata il 7 giugno con quegli interminabili 90 minuti, passati in gruppo, nel campetto di fronte a casa, sdraiati sull’erba ad ascoltare in religioso silenzio la cronaca radiofonica.
Stagione, quella 1963-1964, memorabile dal punto di vista del giovane tifoso e delle vicende umane che l’hanno caratterizzata.
Lo scandalo del doping, la squalifica di mezza squadra e la penalizzazione che ci aveva allontanato quel traguardo che i più anziani sognavano da anni e che per noi ragazzi sembrava un qualcosa di dovuto.
E mio padre, tifoso – da sempre e fino all’ultimo –della Juventus, che mi consolava e mi diceva che se l’accusa fosse stata falsa, giustizia sarebbe stata fatta.
E giustizia fu.
Nonostante la ferita psicologica, nonostante la tragica morte per infarto del Presidentissimo Renato Dall’Ara (il bosco prospiciente le nostre abitazioni, dove andavamo a giocare, era di sua proprietà) il Bologna si vide riconosciuta la correttezza sportiva e portò a casa il suo ultimo (spero solo in ordine temporale) scudetto con un evento che, probabilmente, in Italia non si vedrà più: lo spareggio conclusivo.
E mi ricordo le partite che andavo a vedere allo Stadio, il Littoriale, poi battezzato con scarsa fantasia Comunale ed ora Dall’Ara in onore del Presidentissimo, accompagnato da amici di famiglia, anche loro ormai ricordi della memoria e di sbiadite fotografie in bianco e nero, che si prestavano a fare da “tutori” ad un gruppo di quattro scatenati ragazzini, ancora oggi tra loro amici e solidali.
E la gioia della vittoria e la tristezza quando si perdeva.
E l’immagine, che forse alcuni ancora possono ricordare, di quel ragazzone biondo. “al Tudasc”, il Tedesco, Helmut Haller, con il numero dieci sulle spalle che, al termine della partita, immancabilmente si sedeva in mezzo al campo per togliersi le scarpe, mentre noi ragazzini ci dividevamo tra i tifosi di Giacomino Bulgarelli, Ezio Pascutti, Harald Nielsen e di tutti gli altri (Negri, Furlanis, Capra, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli, Perani, Rado ...) che formarono una squadra, mai più dimenticata.
Oggi, come in altre due occasioni, se ricordo bene, il traguardo è molto meno nobile, ma ancora importante: il ritorno in serie A.
E’ il nostro scudetto, lo scudetto di una squadra che non ha saputo, dopo Dall’Ara, avere una presidenza con un portafoglio adeguato alle ambizioni ed alla storia della società.
Ci fu solo il periodo del Presidente Luciano Conti che riuscì, a volte con difficoltà e con i riti del “Mago di Turi” Oronzo Pugliese, a conservare la serie A.
Ci fui poi lo sprofondo della prima retrocessione del 1982, poi quella del 1996, infine quella del 2005, dopo un doppio spareggio con il Parma (che quest’anno è retrocesso in serie B … come una nemesi storica).
Non sono convinto della bontà di una guida societaria che vorrebbe traslocare il Bologna dal Dall’Ara alla provincia, di una guida societaria che ha un occhio (e forse più) alla cessione della squadra ad investitori stranieri (addirittura americani che stanno al calcio come noi stiamo al baseball o al football !).
Ma oggi è giorno di felicità per Bologna e i Bolognesi, con il ritorno della squadra in serie A e il ritorno del sogno, di poter tornare a gioire come quel 7 giugno 1964, recuperando quello spirito gioioso e fanciullesco che rimane in noi, nascosto, ma sempre pronto a riemergere quando gli eventi della vita ce ne forniscono l’occasione.
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
Che da lunge, dal labbro d’altrui,
come un uomo straniero, le udrà !
che a’ suoi figli narrandole un giorno,
dovrà dir sospirando: "io non c'era";
che la santa vittrice bandiera
salutata quel dì non avrà.

(Alessandro Manzoni “Marzo 1821”)




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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti e in bocca al lupo per il prox anno.
Chissà perché, quando saltano fuori accuse di irregolarità sportiva, c'è sempre l'Inter di mezzo come presunta parte lesa..

Massimo ha detto...

Grazie :-)
Per correttezza devo dire che qualche anno fa venne fuori una "testimonianza" formulata in punto di morte non mi ricordo più da quale ex dirigente del Milan e riportata dal giornalista bolognese ora in pensione Oddone Nordio, in base alla quale ad architettare tutto lo scandalo doping ai danni del Bologna fu il Milan che, in quel momento, era secondo dietro al Bologna e davanti all'Inter ...
Non so quanto sia vera questa versione, ma la riporto così come il giornalista la descrisse ...