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No alla deriva

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09 agosto 2008

La Destra ? Assente

Pausa estiva per la politica e, sotto la canicola e all’ombra delle montagne, i politici affilano i loro coltelli per piantarli, con il sorriso sulle labbra, nella schiena dei propri avversari, soprattutto se “amici”.
Nel supermercato “di centro, moderato e liberale” scalpitano in attesa della dipartita (politica) di Berlusconi, sicura nel 2013 ma … non si può mai sapere.
Così un Fini sempre più invotabile cerca di acquisire un aplomb istituzionale, sposando tutte le liturgie che un tempo, brillantemente denunciava, mentre Formigoni, forte del suo essere Governatore della regione più produttiva d’Italia, rivendica il ruolo di Delfino anche in forza della promessa di organizzare il partito-supermercato che a gennaio terrà il suo primo congresso con esiti già definiti (70% a Forza Italia e spezzatini vari e 30% a reduci di Alleanza Nazionale).
E non demordono neppure Tremonti, il gruppo degli ex socialisti premiati oltre ogni logica con i ministeri di peso affidati a Brunetta e Sacconi, mentre un effetto urticante provoca la persona del nuovo portavoce di Forza Italia, un riciclatissimo Capezzone.
Nell’altro supermercato la resa dei conti è a colpi di televisioni (“Red” contro “You dem”: grande fantasia !) e di fondazioni “culturali”, cercando di rintuzzare il populismo giustizialista di Di Pietro che solletica i bassi istinti antiberlusconiani che appartengono ad una minoranza chiassosa e rancorosa.
La Lega ha deluso.
Le parole spese in campagna elettorale sono sfumate ai primi refoli di protesta.
Ancora qualche leghista si ostina a sceneggiate (il giuramento di Borghezio, ad esempio, contro l’invasione islamica) ma che non può trovare alcun riscontro di fiducia da parte dei cittadini dopo i repentini voltafaccia il cui apice è stato raggiunto con il voto favorevole al trattato di Lisbona che espropria la Sovranità Nazionale, dopo che la stessa Lega aveva sostenuto la necessità di un referendum modello irlandese.
Poi la rinuncia all’introduzione del reato di clandestinità, i belati buonisti sul “censimento” degli zingari presentato non, come dovrebbe essere, come necessità per la sicurezza nazionale, ma come necessità per accudire meglio quelle persone, la rinuncia ad una legge che imponga una moratoria nazionale sulla costruzione di moschee.
Insomma, tutto al macero nella speranza di ottenere una parvenza di federalismo.
A sinistra cercano di recuperare lo spirito di un tempo e non si può che apprezzare la scelta di Rifondazione di affidarsi a Ferrero piuttosto che a Vendola, un simil Veltroni in salsa pugliese e con gusti sessuali discutibili.
E la Destra ?
Dopo le elezioni, novecentomila voti e un 2,4% che in altri tempi sarebbe stato un grande successo per una formazione nata da soli 5 mesi, si è assistito ad uno squagliamento generale.
Invece di diventare forza aggregante anche nei confronti delle altre formazioni di Destra, a cominciare da Forza Nuova, La Destra ha maturato la rottura con la Fiamma Tricolore e manifestato una incredibile vocazione suicida con le polemiche tra Santanchè e Storace.
La prima, partita da una posizione condivisibile (La Destra in autonoma alleanza con il PdL, perché il PdL del dopo Berlusconi perderà molti consensi e avrà bisogno di alleati che intercettino la voglia di Destra che il “partito di centro, moderato e liberale” non potrà mai soddisfare) con una visione di una Destra moderna, conservatrice, solidale, viene costretta dalle polemiche interne e da una evidente miopia del clan romanocentrico, a rilanciare con sempre maggiore spericolatezza, fino ad una inaccettabile dichiarazione su una partecipazione della Destra alla costituzione del PdL.
Storace, invece, che manifesta la sua incapacità di ergersi come leader nazionale, rimanendo sempre e comunque un bravo dirigente di partito ma strettamente locale, come altri del gruppo dirigente: Buontempo, Musumeci, e che, quindi, nella prospettiva di una rottura definitiva con la Santanchè, trasformerebbe La Destra in uno dei tanti rivoli di Destra Radicale e, per di più, geograficamente timbrata come partito del centro-sud.
Eppure le premesse per ricostruire una grande forza di Destra c’erano tutte.
La somma dei voti ottenuti da Santanchè e Fiore era pari a quella della sinistra arcobaleno.
Il “partito di centro, moderato e liberale”, come abbiamo visto, ha espulso ogni istanza di Destra, anche quelle portate dalla Lega che le ha sacrificate per un prossimo futuro federalista.
Berlusconi è necessariamente destinato a calare nei consensi anche per le difficoltà generali non a lui direttamente imputabili.
L’annessione di An nel nuovo partito toglierà ogni rappresentanza alla Destra e molti cercheranno un nuovo, antico, ancoraggio a Valori e Tradizioni che solo la Destra può fornire.
Vi sono temi di carattere etico e morale (la Famiglia fondata solo e soltanto sul matrimonio di un uomo con una donna, la Vita, i diritti umani calpestati come in Cina, Cuba e Iran), sociale (il lavoro, la giustizia, la sicurezza), politico (il federalismo, la riforma costituzionale, la Sovranità Nazionale nei confronti dell’europa), fiscale (l’eccesso di tasse) che potrebbero aprire ad una vera Destra una autentica autostrada.
Invece vediamo una spaccatura che spinge, anzi: respinge, le due parti sempre più lontane tra loro.
Santanchè costretta ad inseguire un improbabile e inaccettabile annullamento nel “partito di centro, moderato e liberale” che un uomo di Destra non potrebbe mai votare.
Storace “prigioniero” da un lato degli irriducibili delle coreografie compulsive (il braccino alzato, gli “a noi” “a voi” “a loro” che hanno un senso solo come provocazione e sfottò nei confronti dei resistenzialisti in s.p.e., ma non possono essere la base per un partito moderno), dall’altro da una delimitazione geografica (Roma e il sud) che non può rappresentare la Nazione ed esclude la Destra del Nord.
Eppure la linea inizialmente indicata da Santanchè era quella opportuna: una Destra autonoma, naturale alleata dei centristi, in attesa di incassare i dividendi dell’implosione che provocherà nel PdL la guerra di successione a Berlusconi.
C’era solo da aver pazienza e, nel frattempo, strutturare la Destra e diffonderne le idee moderne e conservatrici.
Forse c’è ancora tempo per un accordo tra le due anime della Destra, un accordo che non può prescindere, a mio avviso, dalla esclusione tanto di ogni confluenza nel PdL, quanto di ogni unità d’azione con gli antiberluschini alla Di Pietro, Travaglio, Grillo & Co.
Se invece verrà consumata la rottura tra una Santanchè “in ginocchio da te (Silvio) e uno Storace arroccato senza speranza come gli ebrei a Masada, l’alternativa, per tanti elettori che il 13 aprile diedero fiducia alla nuova Destra, in mancanza di un “frigorifero” dove conservare incontaminato il proprio voto come ai tempi dell’MSI, sarà solo la via dell’astensione partecipativa.

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