La triste vicenda
Alitalia (che potrebbe
avviare al default Berlusconi) viene vissuta all’esterno come lo è una partita di calcio dalle opposte tifoserie.
Da un lato ci sono gli aderenti al “
partito di centro, moderato e liberale” che difendono a spada tratta le decisioni di Berlusconi e sbavano dalla voglia di vedere fallire l’Alitalia se non vengono accettate le
condizioni capestro della
cordata formata da imprenditori di sinistra e capeggiata da Colaninno.
Per costoro le
Associazioni Professionali di Piloti e Assistenti di Volo, che tanti plausi negli stessi ambienti avevano riscosso quando fecero fallire il tentativo di Prodi di svendere ad Air France, adesso sono “
il nemico” da abbattere, mentre è portata agli
onori dell’altare un nuova trimurti, composta dai confederali cisl,uil e ugl .
Nell’altra metà campo ci sono
comunisti e loro caudatari che vedono nel fallimento di Alitalia, naturale anche se non scontata (
e continuo a non crederci) conclusione della vicenda, un mezzo per ottenere
la prima rivincita su Berlusconi dopo la disfatta elettorale dell’aprile scorso.
Il loro nume tutelare, il nuovo eroe “
proletario”, è
Epifani, ma non disdegnano, per l’occasione, neppure le Associazioni Professionali, una volta spregiativamente liquidate come “sindacatini autonomi e corporativi”.
E’ evidente che
chi commenta da tifoso, non solo non è personalmente coinvolto dalla vicenda Alitalia, ma è anche estraneo agli ambienti lavorativi e sindacali.
Per costoro, se lo vorranno, le righe che seguono potranno essere momento di riflessione.
Non parlerò quindi (per ora) di Alitalia (il titolo è una ragionata provocazione), perché
la vicenda non è finita e, personalmente, da cittadino che paga le tasse (
troppe tasse !) dico solo che
non voglio accollarmi più neanche una lira per il salvataggio della compagnia che, se si salverà (
e spero che resti italiana) dovrà farlo senza aiuti diretti o indiretti (
gli ammortizzatori sociali straordinari) che sono solo un
mettere le mani nelle tasche dei cittadini.
Parlo invece della situazione sindacale di cui Alitalia è uno specchio fedele, anche se di grande risonanza, che può essere rivisto in
numerose altre categorie.
Eravamo abituati a sentire
snocciolare la triade, cgil-cisl-uil, come un rosario e tale comunicazione ci ha indotti a credere che quei tre sindacati rappresentassero tout court i lavoratori.
Volutamente il messaggio che è stato – e continua ad essere – veicolato vedeva tale trimurti come
unica legittimata ad essere definita “sindacato”.
Sì, in particolari circostanze saltava fuori che
nella scuola piuttosto che nel credito o nei trasporti venivano proclamati scioperi da “sigle autonome”, mai ben definite e trattate come, in alcune famiglie, viene trattata la zia zitella che quando arrivano gli ospiti è pregata di accomodarsi in camera sua.
Eppure, spesso, queste “
sigle autonome”
rappresentano più lavoratori attivi della triade sunnominata.
Con la
marcia da gambero che Fini ha impresso al suo partito da alcuni anni la vecchia
Cisnal, sindacato di area missina che nel 1996 per diventare, per l’appunto
dopo Fiuggi, più “presentabile” cambiò il nome in ugl, ha fatto timidamente capolino, bussando alla porta della trimurti:
vengo anch’io ?
No, tu no, le rispondevano sistematicamente.
L’ugl, accomodatasi sullo strapuntino davanti all’uscio, si è adattata a fare anticamera, aderendo ai contratti ed agli scioperi proclamati dai fratelli maggiori, tanto che,
dal 2002 al 2006, l’ugl ha aderito a tutti gli scioperi generali (se ricordo bene ben 7 !) che la trimurti proclamò contro il Governo Berlusconi (quello vero).
Finalmente, progressivamente, categoria dopo categoria, l’ingresso nel tavolo “buono”, magari su una vecchia sedia di legno, ma l’ugl era arrivata al traguardo.
Così facendo, però, l’ugl ha perso l’unica caratteristica che la contraddistingueva dalle altre sigle confederali:
l’indipendenza.
I numeri dei sindacati, cioè i loro iscritti, non sono realmente conosciuti, ma è ormai opinione diffusa che
i quattro confederali rappresentino meno del 20% dei lavoratori dipendenti attivi, essendo più della metà dei loro iscritti, pensionati.
Ma dov’è il restante 80% dei lavoratori attivi ?
In buona parte
desindacalizzato e con buona ragione visti i danni provocati dai sindacati in quasi quaranta anni, dal 1969.
Ma in buona parte, forse anche in numero superiore a quello dei confederali, è
iscritto ad associazioni professionali e/o sindacati autonomi di categoria, che sono l’anima autentica del sindacalismo.
Personalmente sono un sostenitore di un
coordinamento tra tutte queste organizzazioni autonome, senza il quale non sarà possibile contrastare adeguatamente il
disegno politico ed oligopolistico posto in atto dai confederali e dagli imprenditori della loro stessa area politica.
Ho già avuto modo di scrivere quel che accade - sempre più spesso – in occasione di vertenze o anche solo di trattative all’interno di un contratto già firmato, per singole questioni.
L’imprenditore (
rectius: il
manager, perché
imprenditore è chi rischia di suo, non chi, comunque, percepisce laute liquidazioni anche se lascia un’azienda sull’orlo del fallimento) non vuole trattare con sindacati che, rappresentando solo ed esclusivamente gli interessi della categoria di appartenenza, sono liberi dai condizionamenti imposti dalle segreterie generali e, quindi dai partiti.
Vi siete chiesti come mai
la trattativa Alitalia è stata seguita in prima persona, per i sindacati confederali “firmaioli” , dai loro segretari generali (Bonanni, Angeletti e Polverini), mentre la cgil ha mandato avanti
solo un segretario nazionale, tal Solari, tenendo Epifani “impegnato” altrove ?
Ma pensate che realmente i sindacalisti aziendali ritengano
un buon contratto quello che prevede la decimazione delle retribuzioni e dei benefit ?
Cisl, uil e ugl hanno apposto una firma politica, l’opposizione della cgil (
che con Prodi avrebbe firmato di tutto e di più) è politica.
La posizione di tutti e quattro i sindacati è una posizione inficiata dalle influenze e dalle interconnessioni partitiche.
Quanti sindacalisti confederali adesso sono in politica ?C’è chi è sindaco (ahimè, proprio a Bologna !), c’è chi è stato ministro, chi persino presidente del senato, chi presidente del Cnel, di commissioni parlamentari, di regione …
Non è possibile negare che abbiano utilizzato il sindacato come
cursus honorum per la loro carriera politica (
beh … sempre meglio che lavorare, no ?).
I confederali, da tempo, sacrificano le esigenze delle categorie a disegni di parte trasformandosi in partiti e in collettori di ingenti finanziamenti ( anche dallo stato grazie alle leggi che i loro sodali in parlamento propongono e fanno approvare) tramite i vari caf, patronati, associazioni inquilini, proprietari, consumatori.
E
questa politica è gradita anche ad un certo tipo di management (ripeto: non di imprenditori) che da questi sindacati trova piena disponibilità per le sue
acrobazie organizzative e finanziarie, proprio perché, grazie alla commistione tra politica, management, sindacati, riesce a realizzare i propri progetti che passano, immancabilmente,
sulla testa di chi lavora, visto che
sono essenzialmente alchimie finanziarie, destinate nel tempo a non creare ricchezza, ma solo a consumarla.
L’obiettivo è quindi quello di
eliminare dal gioco le associazioni professionali e i sindacati autonomi di categoria.
Utilizzando norme di legge che, magari, impongono il
concetto di “maggiore rappresentatività “, interpretandolo poi come non limitato alla categoria, ma esteso all’intero mondo del lavoro.
In questi 40 anni, nonostante siano calati i lavoratori attivi iscritti ai confederali, è aumentato il loro potere, proprio grazie alla
comunanza di interessi con il management rampante.
Escludere dalle trattative o dalla gestione di un accordo il sindacato (autonomo) che non lo firma, organizzare referendum con scrutatori tutti dei confederali e assemblee organizzate a senso unico, il bombardamento mediatico teso ad accreditare solo la trimurti (oggi con l’aggiunta della ugl) come “sindacati” e tacendo sugli altri quando non presentandoli come i “Pierini” della situazione, sono solo
alcune delle manovre adottate per creare quell’oligopolio funzionale ai disegni di entrambi: sindacalisti con ambizioni politiche e management con ambizioni di comandare rischiando soldi altrui.
L’opposizione dell’Anpac e delle altre associazioni professionali di Piloti e Assistenti di Volo è quindi, una
nuova trincea per la libertà nel mondo del lavoro.
Sono queste associazioni, non i quattro confederali, che
rappresentano realmente le esigenze dei lavoratori di Alitalia.
Possono sbagliare (
ma non si capisce perché, se hanno fatto bene con Air France, sbagliano con Colaninno) ma
interpretano in modo corretto la funzione sindacale che non deve essere subordinata a strategie politiche, ad interessi generali, che non deve partecipare a trattative su finanziaria e provvedimenti di governo, perché per questo ci sono i partiti politici, per questo c’è un parlamento eletto da tutti noi e che tutti noi rappresenta.
La battaglia delle Associazioni Professionali, nel nome del corporativismo di categoria, è una
battaglia sacrosanta che dovrà essere giudicata esclusivamente da chi appartiene a quella categoria.
Nello specifico, la battaglia delle Associazioni Professionali di Piloti e di Assistenti di Volo potrebbe essere
l’ultima occasione per respingere l’oligopolio sindacale e ridare fiato anche in altre categorie ai sindacati autonomi, contro la soffocante massificazione dei confederali.
Per questo la provocazione del titolo è, per me, quanto mai opportuna:
forza Anpac !Entra ne