Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

30 novembre 2008

Non è conflitto di interessi

Nei provvedimenti assunti dal governo Berlusconi per fronteggiare la crisi finanziaria, è presente il raddoppio dell’Iva sugli abbonamenti alle televisioni a pagamento.
La televisione che più ne risentirà è la piattaforma di Sky con i suoi quasi cinque milioni di abbonati.
Credo si tratti di una cifra intorno ai 5/6 euro pro capite, nulla che possa mandare in fallimento un bilancio familiare.
Ma la sinistra è sembrata assatanata e, come in preda alle convulsione di un deja vu che si sperava archiviato, ha ululato al “conflitto di interessi”.
Secondo i comunisti e loro associati il provvedimento sarebbe un indebito favoreggiamento alle televisioni di Berlusconi.
Non riesco ad immaginare quale guadagno possa avere Berlusconi per questo provvedimento e non credo che Sky avrà disdette superiori a quelle normalmente ricevute (che spesso sono solo relative ad un canale tematico che non interesse più che all’intero pacchetto), per cui è evidente il carattere strumentale delle nuove scalmane della sinistra, probabilmente più rivolte a coprire la lotta intestina ed il regolamento di conti tra le componenti interne del pci/pds/ds/pd che non a proporre una seria analisi del provvedimento.
Perché se fossero seriamente interessati alla questione, avrebbero sposato l’impostazione di Sky che in tutte le edizioni di ieri ha evidenziato come si tratti di un aumento delle tasse, limitato agli abbonati alle televisioni a pagamento, ma è un aumento della tassazione.
E’, cioè, un qualcosa che Berlusconi aveva promesso che non avrebbe mai fatto.
Questa è la critica giusta da indirizzare al provvedimento: crea un pericolo, pericoloso, precedente, aumentando una tassazione, per la prima volta in sei anni di governo Berlusconi.
Per questo motivo credo debba essere esercitata una “moral suasion” (è di moda …) nei confronti del governo perché riveda il provvedimento e confermi le sue promesse elettorali di non aumentare le tasse e non inventarne di nuove (sennò non vedrei alcuna differenza tra Tremonti e Visco).
E’ evidente che se a sinistra insisteranno nell’agitare l’inesistente “conflitto di interessi”, il governo non potrà fare altro che mantenere l’aumento della tassazione, ma se si sposterà il tiro dalla becera propaganda antiberlusconiana alla concreta impostazione ideale che vuole abbassare le tasse e non aumentarle, a prescindere dai soggetti tassati, allora il governo non potrà che riconoscere come un simile provvedimento sia una violazione degli impegni assunti con gli elettori e con tutti gli Italiani.

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28 novembre 2008

Un altro tassello contro la libertà individuale

ANSA, ore 15,17:

FINO A TRE ANNI DI CARCERE PER XENOFOBIA, VARATA LEGGE UE - BRUXELLES - I ministri della Giustizia dell'Ue hanno dato oggi il via libera finale alla decisione quadro sul razzismo e la xenofobia, con la quale si introducono sanzioni fino a tre anni di carcere per chi incita pubblicamente alla violenza o all'odio. "Il razzismo e la xenofobia non hanno posto in Europa", ha commentato il commissario Ue alla giustizia, sicurezza e libertà Jacques Barrot, che ha accolto molto positivamente l'introduzione di "sanzioni severe ed efficaci contro il razzismo e la xenofobia, che sono una violazione diretta dei principi di libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani e libertà fondamentali sui quali è fondata l'Ue". I ventisette avranno ora due anni di tempo per recepire nella loro legislazione questa norma europea che prevede, si legge in una nota della Commissione Ue, il carcere da uno a tre anni per chi incita pubblicamente all'odio razziale e alla xenofobia anche attraverso la diffusione di testi scritti, foto o altro materiale diretto contro un gruppo o una persona individuata per la sua razza, colore, religione, origine nazionale o etnica. Analoghe sanzioni saranno applicate a coloro che pubblicamente tollerano, negano e minimizzano in maniera grossolana crimini di genocidio, contro l'umanità e di guerra. Con la decisione di oggi si chiude un iter cominciato nel novembre 2001, quando la Commissione Ue presentò la sua proposta."
Cosa significaincitare pubblicamente alla violenza o all’odio” ?
Cosa vuol direincitare pubblicamente all’odio razziale e alla xenofobia anche attraverso la diffusione di testi scritti,foto o altro materiale diretto contro un gruppo o una persona individuata per la sua razza, colore, religione, origine nazionale o etnica” ?
Si potranno ancora raccontare le barzellette sui negri o pubblicare le vignette sui musulmani ?
E se no, saranno vietate anche quelle sui Carabinieri e sul Papa ?
Oppure queste saranno concesse e, per un contorto ragionamento, quelle vietate ?
Ma, soprattutto, come potremo essere sicuri che i magistrati non “interpreteranno” le norme in base alle proprie convinzioni ideologiche e politiche, perseguitando chi non la pensa come loro ?
E’ proprio necessario imporre questi continui limiti alla libertà di esprimere le proprie idee ?
O forse sono le idee di chi impone questi limiti ad essere così deboli da aver bisogno di sanzioni penali per affermarsi ?
In ogni caso nessuno potrà mai sindacare ciò che ognuno di noi potrà pensare.
Almeno nel pensiero siamo tutti liberissimi e tali resteremo.

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27 novembre 2008

Sempre incontentabili,tristi,gabellieri e pessimisti.Insomma,di sinistra

Lo spunto per questo post mi è stato gentilmente offerto da Veltroni e Bersani (funzionari del pci/pds/ds/pd), Epifani e Bonanni (sindacalisti confederali), Landi e Trefiletti ( associazioni consumatori), che ringrazio per darmi ogni giorno la dimostrazione che è una grazia degli Dei non essere di sinistra.
Siamo in crisi.
Crisi finanziaria, crisi internazionale.
Persino la Cina comunista (che, come al solito, nasconde la vera portata di ciò che succede in casa) è costretta ad assumere provvedimenti drastici per sostenere la sua finanza.
In tempi di crisi ci rimettono tutti, il tenore di vita si abbassa, è necessario tagliare sulle spese.
I media (all’80% controllati dalla sinistra) sembra provino un piacere perverso ad imbottirci di notizie negative, inducendo tutti al pessimismo.
Certo è che se ci si chiude nel proprio microcosmo ripetendo a se stessi e al mondo “quanto sono sfigato!” non se ne esce.
Per uscirne bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto.
Bisogna avere fiducia nelle proprie capacità, nel fatto che “domani è un altro giorno” (quanti dovrebbero imparare dalla mitica Rossella !) e, soprattutto, nel futuro della Umanità che ha attraversato altre crisi, anche più gravi, ma le ha sempre superate per poi prodursi nel raggiungimento di nuovi risultati.
Aiutati che il ciel ti aiuta, dice un proverbio popolare e per aiutarsi è necessario anche affrontare le questioni con realismo, ma senza adottare gli atteggiamenti bartaliani del “è tutto sbagliato, è tutto da rifare”.
E se da un lato il governo Berlusconi (che non ho votato e non voterò finchè sarà imperniato su un “partito di centro, moderato e liberale”) si ingegna con provvedimenti che cercano un delicato equilibrio tra obbligati risparmi (tagli) e riforme della pubblica amministrazione, della scuola, della giustizia, vediamo che da sinistra pretendono, sempre per ricorrere ad un altro proverbio della saggezza popolare, la botte piena e la moglie ubriaca.
Vogliono ridurre le tasse: detassare le tredicesime è l’inno di battaglia della sinistra, la stessa che nelle sue due disastrose esperienze di governo (1996-2001 e 2006-2008) ha solo saputo aumentare quelle esistenti ed inventarne di nuove.
Ma vogliono anche che siano aboliti i “tagli” alla spesa pubblica, anzi pretenderebbero che lo stato (cioè noi poveri contribuenti) provveda ad aumentare stanziamenti per questo e quello.
Non dicono dove prendere i soldi: ma tutti gli elettori sanno benissimo che li prenderebbero dalle nostre tasche, come hanno sempre fatto.
E si lamentano, sempre e comunque.
Non va bene neppure la “social card”, cioè quel piccolo contributo mensile che aiuta i più bisognosi (soprattutto anziani) ad affrontare le spese di base della propria esistenza: bollette, alimentari.
La chiamano, con disprezzo, “carità”.
Non vedo proprio cosa ci sia di male a fare della “carità” che ha già insito nel termine il concetto di “amore”.
Ma alla sinistra non piace.
No alla “carità”, perché le pensioni vanno aumentate.
Perfettamente d’accordo.
Ai nostri vecchi dobbiamo garantire una vita dignitosa e confortevole.
Dovrebbero essere in prima battuta le famiglie a provvedere, poi, se non ci sono le famiglie o dove non arrivano le famiglie, lo stato, secondo un concetto di solidarietà e di riconoscenza per tutto ciò che i nostri padri e nonni hanno fatto per noi e per la nostra comunità.
Ma dobbiamo anche rapportarci a quelle che sono le nostre reali possibilità e, quindi, meglio i 40 euro al mese per chi ha veramente bisogno di integrare il minimo vitale che il nulla che la sinistra ha profuso quando era al governo.
Una sinistra che, del resto, si oppone all’aumento dell’età pensionabile che garantirebbe maggior respiro alle casse dell’Inps e, quindi, la possibilità di erogazioni maggiori e più sicure.
Da un lato la sinistra vuole pensioni più alte, dall’altro vuole mandarci in pensione tutti ancora nel pieno della nostra forza lavorativa.
Ma l’apoteosi la raggiunge solo e soltanto “lui”, Veltroni, l’uomo più buono della terra sinistra.
Ripete il solito ritornello in tutte le conferenze stampa e non si accorge, in tal modo, di fare il più classico degli autogol, dimostrando che la sua parte politica sa solo e soltanto appioppare tasse.
Veltroni dice che gli italiani ormai non arrivano alla fine della seconda settimana: caspita !
Tutti andati a lezione di digiuno da Pannella (non a caso alleato e inglobato nelle liste elettorali di Veltroni) ?
Ma Veltroni aggiunge che il governo avrebbe sperperato soldi.
Per l’Alitalia (qui vedremo a bocce ferme quanto ci costerà la pervicacia di non volerla far fallire) e, udite, udite, per l’Ici.
Ecco il Veltroni, il sinistro che conosciamo da sempre !
L’abolizione (solo parziale, ricordiamocelo, solo limitata ad alcune abitazioni di prima casa e non estesa alle seconde case !) dell’ICI è stato uno “sperpero”.
Abolire una tassa odiosa, una patrimoniale che colpisce un bene solo e soltanto perché è di tua proprietà, dopo che su quel bene hai già pagato Iva, l’acquisto, le infrastrutture e paghi le utenze, abolire (solo parzialmente, ricordiamocelo !) una simile nefandezza fiscale è considerato da Veltroni “uno sperpero”.
Evidentemente Veltroni vuole ripristinare l’Ici, esattamente come i governi sostenuti da Veltroni nel 1996-2001 e nel 2006-2008, hano solo e soltanto saputo aumentare le tasse o inventarne di nuove.
Così emerge la sinistra di sempre: incontentabile, triste, pessimista, gabelliera.
E nel confronto Berlusconi giganteggia sempre più …

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24 novembre 2008

Con quali soldi ?

In questi giorni di crisi è tutto un susseguirsi di proposte e di annunci su miliardi di euro stanziati/stanziandi per aiutare l’economia in crisi.
Negli Stati Uniti l’annuncio di quello “… e abbronzato”, che purtroppo gli americani hanno voluto al posto del Presidente Bush, per duemilionicinqucentomila posti di lavoro in più in due anni (al gennaio 2011) è stato salutato da estasiati “ohhhh” da parte dei suoi cortigiani italiani, per lo più gli stessi che coprirono di insulti Berlusconi quando, più modestamente, puntò a creare un milione di posti in cinque anni.
La cgil e il pci/pds/ds/pd propongono la detassazione delle tredicesime (costo stimato 4/5 miliardi).
I pendolari reclamano treni nuovi di zecca e non il riutilizzo sulle loro linee di quelli dismessi dalle lunghe tratte.
Le associazioni umanitarie pretendono che siano gratuitamente curati anche gli illegali.
A scuola vogliono: scuole nuove, strumenti didattici moderni, insegnanti di sostegno per gli immigrati, aumenti di stipendio per il personale.
L’elenco potrebbe continuare praticamente elencando le richieste che ogni settore ha da formulare, sempre nel nome della efficienza, della produttività, del rispetto della persona umana e via discorrendo.
Intendiamoci: ognuna di queste rivendicazioni ha un suo valore, non sono, in linea teorica, delle proposte campate in aria.
Ma c’è un minimo comun denominatore che non viene considerato: il costo.
Ognuna di queste proposte implica un costo, molto alto, che, genericamente, viene accollato “allo stato”, cioè a tutti noi, come se lo stato trovasse i soldi sugli alberi e non, invece, massacrandoci di tasse.
Ora, anch’io vorrei tante cose, ma inevitabilmente mi scontro con un problema di capienza nel mio personale budget.
Non vedo perché lo stato dovrebbe fare eccezione e spendere a prescindere da quel che ha in tasca.
Si criticano spesso gli amministratori di condominio e, talvolta, quando si vuol denigrare le capacità di qualcuno si dice che “non arriverebbe neppure a fare l’amministratore di condominio”, ma tanti che, intervistati da stampa e televisione, dicono con sicumera “bisogna fare questo e quello”, dovrebbero fare un corso accelerato per amministratori di condominio e, forse, capirebbero che le loro proposte sono scritte nel libro dei sogni, perché la realtà è ben altra.
E’ una realtà che ci dice che ogni settore, del pubblico (ma anche del privato) deve ricominciare ad essere gestito con criteri di economicità e che, come minimo, a tot di spese deve corrispondere una entrata di uguale importo.
E questo senza andare a ravanare nelle tasche degli italiani, perché i soldi meglio spesi, sono quelli che, in autonomia, spendiamo per conto nostro.

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23 novembre 2008

E’ nato il partito della Santanchè

Ieri a Roma Daniela Santanchè ha costituito formalmente il Movimento per l’Italia , composto essenzialmente da quella parte di aderenti a La Destra che non hanno condiviso le prospettive indicate da Storace.
Non tutti quelli che sono usciti da La Destra hanno aderito al nuovo movimento.
Ad esempio Stefano Morselli, ex parlamentare bolognese, ha formato un suo movimento denominato Destra Federale .
Questi movimenti si vanno ad aggiungere alla già citata La Destra, alla Fiamma Tricolore , a Forza Nuova e ad altri movimenti minori che nascono, muoiono e sopravvivono con pochi militanti, fortemente identitari, senza riuscire ad avere un concreto impatto sulla politica italiana.
Come si vede, un’area che – sommando i voti de La Destra/Fiamma Tricolore e Forza Nuova – ha ottenuto 1.200.000 voti e meno del 3%, si divide in ben cinque raggruppamenti “maggiori” “l’un contro l’altro armati” … o quasi.
E’ esattamente il contrario di ciò di cui ha bisogno la Destra Italiana.
Il voltafaccia di Berlusconi del gennaio 2008 rende impossibile una confluenza nel “partito moderato, di centro e liberale”, sia per la sfiducia che ispira l’atteggiamento di Berlusconi, confermata dal suo accorrere alla corte dell’abbronzato naturale che andrà purtroppo a sostituire il Presidente Bush, sia dalla presenza di elementi che con la Destra Italiana, i suoi Valori, i suoi Ideali, la sua Morale, nulla hanno a che spartire.
E mi riferisco essenzialmente alla pletora di radicali e socialisti che hanno occupato i posti di rilievo del “partito di centro, moderato e liberale”.
Ancora, tale raggruppamento non è affidabile per la presenza di Gianfranco Fini in una posizione preminente, contenuto dalla sola presenza di Berlusconi.
Un Fini che dal 2003 ha intrapreso una marcia che lo porta ad essere “pappa e ciccia” con D’alema (assieme al quale ha anche organizzato convegni) ma, soprattutto, lo induce a dichiarazioni estranee alla Cultura della Destra, come l’insistenza con la quale vorrebbe concedere il voto agli immigrati attraverso un percorso accelerato di acquisizione della cittadinanza.
Tutto questo per dire che ho letto ed ascoltato con attenzione le parole della Santanchè, sulle cui posizioni fondamentalmente mi ritrovo, ad eccezione della proposta politica di confluenza a marzo nel pdl.
Continuo a ritenere che tale scelta sia maturata nella Santanchè a seguito degli attacchi rivoltile dalla parte estremista del partito di Storace, ma anche sotto questa ottica è una scelta che non condivido e che ritengo sbagliata.
La Destra Italiana (intesa nel complesso delle sue cinque formazioni “maggiori” citate e tutti i movimenti “minori”) è naturale alleata del partito di Berlusconi, perché è da escludere ogni collusione con centri sociali o con la sinistra, sia strategica che tattica, anche se è possibile, come ai tempi dell’MSI, dare singoli, non concordati voti uguali a quelli della sinistra.
Ma essere naturali alleati non significa annullare la propria Identità, rinunciando a simboli e caratterizzazioni, per annegare nel mare magnum di un partito che, dopo Berlusconi, avrà difficoltà a restare unito.
La Destra deve fare la Destra, sostenendo con forza quei Valori che la caratterizzano come alternativa alla deriva liberalsocialista: Vita, Solidarietà, Ordine (che è anche mentale), Legge, Sicurezza, Gerarchia, Autorità, non necessariamente in questo ordine, cercando al proprio interno una sintesi tra le varie posizioni “economiche” e di politica estera.
Ma per fare la Destra, la Destra deve esistere, essere presente, organizzata, non partecipare al teatrino della politica per conseguire uno strapuntino per grazia ricevuta.
In questo momento l’unico movimento che fa parlare della Destra è Forza Nuova, con iniziative anche sconcertanti, ma di sicura eco mediatica.
Non basta.
Forza Nuova, lo abbiamo visto l’aprile scorso, ha lo 0,3% dei voti, per bene che le vada non arriverà all’1%, insufficiente per rappresentare la Destra in Italia.
C’è bisogno che Romagnoli e Morselli, Santanchè e Storace e Fiore, si chiudano in conclave e si accordino, eventualmente anche per una federazione (come primo passo) individuando obiettivi, iniziative e presenze comuni.
L’alternativa è un frazionamento che disperderà voti, energie, risorse, ma, soprattutto, Ideali e Speranze.

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21 novembre 2008

Viva il linguaggio politicamente scorretto

Una volta si diceva: parla come mangi.
Altra espressione della saggezza popolare ignorata dalla vulgata “democratica”.
Per radio stamattina mi ha colpito l’espressione – che ritrovo nella home page del Corriere della Sera – “sbarcati a Lampedusa in due giorni 1200 migranti”.
Ohibò, mi sono detto: migranti … ma saranno regolari o illegali ?
Fino anche a soli pochi mesi fa ci dicevano: sbarcati 1200 clandestini.
E sapevamo che li avremmo dovuti rimpatriare a forza (almeno nelle buone intenzioni della Bossi Fini).
Adesso i clandestini sono scomparsi (forse come l’immondizia a Napoli …) ed al loro posto sono apparsi i “migranti”, vocabolo tanto rassicurante, quanto volutamente equivoco.
Il migrante non si sa bene se rientri in quelle quote di accesso (che sarebbe opportuno sospendere per un paio d’anni) o se è il solito clandestino che sbarca sulla nostra terra senza essere invitato.
Ovvia la seconda …
Ma l’uso studiato di quel termine cerca di inculcare nell’ascoltatore o nel lettore superficiale meno allarme del termine “clandestino” o “illegale”.
Anche con la ricerca delle parole più insinuanti ed ingannevoli si rovina una nazione.
Allora cerchiamo di riappropriarci dei termini sgraditi alle verginelle politicamente corrette, ma proprio per questo più chiari nel far comprendere di cosa si tratta.
Parliamo di clandestini, di illegali e, Presidente Berlusconi, non parli di “classi ponte” quasi a volersi giustificare motivando la loro realizzazione per aiutare gli immigrati ad inserirsi imparando meglio l’italiano.
Dica classi differenziate, per impedire che la presenza di immigrati che non sanno l’italiano si trasformi in un freno, in un ostacolo all’apprendimento dei nostri figli.

(Nella fotografia: quando AN era Destra)

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20 novembre 2008

Un monumento per Villari

Il presidente della commissione di vigilanza sulla Rai meriterebbe un monumento.
La sua disponibilità a “sacrificarsi” per occupare quella ambita poltrona ha messo a nudo l’inconsistenza della dirigenza del pci/pds/ds/pd che, nella migliore tradizione stalinista, non sembra trovare altra soluzione che espellere il reprobo dal partito (come fecero con il gruppo del Manifesto) ed assentarsi dai lavori della commissione, lasciando campo libero alla maggioranza.
Maggioranza che, dal canto suo, non si mostra particolarmente brillante se il suo vicepresidente dei deputati ha avuto bisogno del pizzino di un parlamentare comunista per replicare ad un dipietrista.
Ma, tant’è, la vicenda Villari consente di inasprire lo scontro tra le parti, evitando lo zucchero e il miele dell’accordo su un nome, quello di Sergio Zavoli, che proprio perché piace a tutti, a me non piace affatto.
Zavoli è un vecchio socialista e mi sembra che tra quelli al governo (Brunetta, Sacconi) e quelli sparsi nei vari ruoli (Cicchetto) di socialisti ce ne siano anche troppi: ben venga un “vecchio”, sano democristiano.
Ma Villari ha soprattutto messo a nudo quanto ci sia di vero nelle dure parole rivolte da Gasparri a Veltroni, che si barcamena nella speranza di “fare il Berlusconi”, sbattendo poi il muso con la dura realtà di essere solo un segretario di partito.
Bravo Villari !
Più Villari, più vivacità al nostro quadro politico, oggi troppo statico nella sua guerra di trincea.


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19 novembre 2008

Più selezione a scuola, meno immigrazione

L’equazione può sembrare ardita, ma è pertinente.
La scuola di massa post sessantottina (poi, in realtà, è post 77 ma accettiamo pure convenzionalmente la data 1968 in quanto da lì ebbe inizio il crollo della nostra istituzione scolastica) ha provocato con
le promozioni collettive,
la sufficienza e poi il 28 “politico”,
l’abolizione della disciplina portata dal voto determinante di condotta,
l’accesso a qualsiasi facoltà universitaria indipendentemente dal titolo superiore conseguito
,
ad una legittima aspettativa per milioni di diplomati e laureati che, ovviamente, con quel pezzo di carta in mano pretendono un ruolo lavorativo che sia adeguato al titolo.
In sostanza quei lavori che, come nel monologo di Menenio Agrippa, apparivano “umili” ma erano comunque fondamentali al funzionamento del “corpo” della nazione, sono stati abbandonati, per aspirare ad una scrivania, anche senza le poltrone fantozziani “in pelle umana” o senza l’acquario in cui nuotano i dipendenti.
Ma quei lavori, qualcuno doveva svolgerli.
Da lì l’altra grande iattura per la nostra nazione: l’immigrazione sempre più selvaggia e sempre più massiccia.
Una immigrazione che rischia di stravolgere per sempre il tessuto sociale delle nostre città, modificando sensibilmente i nostri usi, le nostre tradizioni, i nostri costumi.
Le avvisaglie ci sono tutte.
Il “politicamente corretto” spinto all’estremo con la censura su parole ed espressioni che erano parte della nostra cultura (una per esempio fra tutte: “negro” anche se ancora il suo uso non è sanzionato penalmente, viene spesso rilevato come vocabolo “scorretto”).
Ma poi anche la censura operata sulle canzoni e gli addobbi di Natale perché potrebbero “turbare” i non cristiani.
Sul cibo che viene distribuito dalle mense scolastiche e che spesso vede estromessi i prodotti del maiale, privando così i nostri ragazzi di una delle carni più varie, saporita e nutriente che ci possa essere e questo solo per andare incontro alle esigenze dei figli di immigrati musulmani, mentre dovrebbero essere loro ad adeguarsi alle esigenze ed alle tradizioni – anche culinarie – della nostra terra.
Proprio perché è nostra questa terra e non loro
.
Per finire alla soppressione in certe scuole, delle celebrazioni per la Vittoria del 1918, con la scusa che si tratta di una vicenda storica non pertinente ai figli degli immigrati e, ricordandola, li farebbe sentire estranei.
Scommetto però che quelle stesse maestre il 25 aprile si prodigheranno in mirabolanti storie sulla “resistenza”, anche se, pure di quelle vicende (spesso inventate o ricicciate), i figli dei marocchini o dei senegalesi (e non solo) non possono fregarsene di meno.
La scuola di massa, nel suo livellamento, ha quindi prodotto l’eliminazione della selezione che consentiva ai capaci e meritevoli di andare avanti e di puntare alla guida della nazione avendone i numeri e in quanto avevano quei numeri e non in funzione delle amicizie e degli appoggi e, dall’altra parte, ha privato la nazione stessa di chi, non eccellendo nelle arti umanistiche o scientifiche, veniva opportunamente indirizzato a quei lavori importanti ma più manuali che intellettuali.
Certamente non è la sola causa (aggiungiamo pure – vista la grande necessità di “badanti” – la trasformazione della vecchia famiglia nella nuova, con tante donne che hanno perso molto della loro femminilità, per primeggiare e competere con gli uomini) ma fondamentalmente la politica scolastica del “todos caballeros” ha nuociuto grandemente sia alla qualità di diplomati e laureati, che alla richiesta di personale per quei lavori che i nostri non volevano più svolgere.
E’ quindi da domandarsi se, oltre a quanto già indicato nella Riforma Gelmini, non si debba fare un ulteriore e più ficcante passo in avanti, recuperando una selezione orientante, non emarginante, finalizzata anche a ridurre il fabbisogno di manodopera che, oggi, viene coperto con gli immigrati.
E se non sia il caso di sfruttare l’occasione che la crisi attuale ci offre per rallentare e, quindi, bloccare i flussi immigratori per ripristinare un indirizzo che parta dalla scuola e orienti verso il mondo del lavoro chi non ha le capacità per proseguire con profitto negli studi.

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18 novembre 2008

La vogliamo privatizzare questa rai ?

L’indecoroso teatrino che si è svolto (e continua nelle repliche) sulla rai riporta in primo piano un tema che sembra accantonato: la privatizzazione della rai.
La Legge Gasparri ventilava l’ipotesi di cessione di una rete pubblica, ma non basterebbe comunque per porre fine all’assalto degli scherani di parte (dell’una e dell’altra) ai posti di amministrazione e alla creazione delle più composite cordate che ledono, naturalmente, una indipendenza dei giornalisti che, umanamente, non può esistere.
Allora, signori del “partito di centro moderato e liberale” ma, soprattutto, della Lega: volete chiudere con il passato della lottizzazione e privatizzare la rai, tutta ?
Pensiamo ai vantaggi.
1) Basta con i minuetti sull’elezione del presidente “di garanzia”
2) Basta con il tener bloccata l’azione politica nel braccio di ferro sulle nomine rai;
3) Basta con l’offrire a Pannella l’occasione di ripetere la sua noiosa manfrina dello sciopero della fame e della sete su questo tema
4) Basta con il solleticare le (legittime) ambizioni di carriera dei giornalisti inducendoli a fare i megafoni di questa o quella parte politica
5) Basta con il conflitto di interessi.
Ma, soprattutto, ne verrebbe un beneficio per le nostre martoriate tasche, perché:
a) dalla vendita della rai lo stato conseguirebbe un bel mucchio di quattrini che potrebbero servire a finanziare la riduzione delle tasse (per tutti !);
b) con la vendita della rai verrebbe meno la ragione di estorcere un canone che, addirittura, qualcuno propone di aumentare (e che un parlamentare del “partito di centro, moderato e liberale” invece di abolire propone di far pagare all’interno della bolletta della luce, con una inversione dell’onere della prova sul possesso del televisore attualmente sullo stato).
E la Lega che dice ?
Io mi ricordo che anni fa la Lega sosteneva l’abolizione del canone: quale miglior modo per togliere quest’altra odiosa tassa, che il privatizzare la rai, chiudendo, una volte per tutte, con i balletti sulla commissione di vigilanza, il consiglio di amministrazione e le presunte censure dei programmi ?
Quando mai si potrebbero cogliere così tanti piccioni con una sola fava: la vendita al miglior offerente, anche in forma di “spezzatino”, di tutta la rai ?

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17 novembre 2008

Scioperi bianchi e scioperi rossi

La vicenda Alitalia continua e continua anche l’indignazione a comando contro i lavoratori della compagnia che stanno lottando, senza paraocchi ideologici, per il loro lavoro, per un lavoro ben retribuito nel quadro di regole certe.
In pratica i sindacati autonomi e le associazioni professionali di piloti e assistenti di volo, assolvono al ruolo che è loro demandato dal loro essere rappresentanti di quei lavoratori.
E questo infastidisce perchè turba e disturba la casta dei manovratori.
Turba e disturba la triplice sindacale che vede messa a nudo la propria limitata rappresentatività.
Turba e disturba la classe politica (di maggioranza e opposizione) perché ostacola il dispiegarsi da un lato della mitologia del “salvatore della compagnia italiana”, dall’altro il guadagno degli imprenditori propri amici.
Turba e disturba quel gruppo di potere raccolto attorno ai “capitani coraggiosi” che vede messo in pericolo un affarone succoso, visto che i debiti di Alitalia sono accollati ai cittadini e a loro rimarrebbe solo la parte sana.
Così, veniamo bombardati da una quotidiana dose di informazione subliminale che tende a creare una diffusa ostilità nei confronti dei lavoratori.
Viene denunciata la “irresponsabilità” di chi non firma (ma c’è un obbligo a firmare ? O, piuttosto, non si vuole dare corso a quelli che sono i principi di un libero mercato che comprende anche la libertà di accettare o meno le proposte aziendali ?).
Viene tirata nuovamente fuori la bufala degli “scioperi bianchi che altro non sono che l’applicazione delle normative che la dirigenza aziendale ha dato e la cui inosservanza potrebbe anche essere causa di responsabilità e giusta causa di licenziamento.
Si minacciano (e si attuano) precettazioni (alla faccia del tanto conclamato diritto di sciopero che, per altre e meno pertinenti vicende, viene tirato in ballo ogni due per tre) e, naturalmente, si muovono le procure.
In Italia abbiamo, finalmente, i nuovi untori da crocifiggere per tutto ciò che va male: i lavoratori di Alitalia che non accettano il diktat della Cai.
Ma sarà un loro diritto utilizzare gli strumenti della democrazia e della libertà sindacale per manifestare la loro idea e per cercare di ottenere condizioni migliori ?
Io credo di sì.
Non solo ne hanno il diritto, ma la loro è una battaglia di libertà che dovrebbe interessare tutti i lavoratori italiani, perché se passa il principio per cui si possono, impunemente, scorporare aziende, accollare i debiti al pubblico e consegnare la “polpa” a cordate di imprenditori che fiutano l’affare, con contestuale libertà di scegliersi i dipendenti che vogliono, mandando alla rottamazione gli altri, il tutto sotto l’ombrello dei confederali che firmano non sulla base della valutazioni di categoria, ma in base ad un non ben precisato quadro di riferimento politico-istituzionale, allora domani tutto questo potrebbe accadere ovunque e non ci sarà nessuno che sosterrà le buone ragioni dei lavoratori.
Non ci sarà nessuno perché quella che stanno combattendo oggi i sindacati autonomi di categoria e le associazioni professionali di Alitalia è una battaglia per la sopravvivenza di tutto il sindacalismo autonomo italiano, quel sindacalismo che, scevro dei paraocchi ideologici, non risponde e non è condizionato da legami con i partiti e con la politica, ma guarda esclusivamente alle questioni di categoria e aziendali, lasciando la politica fuori dai luoghi di lavoro, perché la politica è interesse generale da affrontare nelle sedi a ciò preposte e per la quale votiamo, praticamente ogni anno, per esprimere chi deve rappresentare le nostre idee.
Spiace vedere come un governo apparentemente di Centro Destra, presieduto da Berlusconi contro il quale i confederali (ugl inclusa) hanno promosso una decina di scioperi generali nei suoi quasi sette anni complessivi di governo, non veda e non colga l’opportunità che si presenta con la vicenda Alitalia per rimuovere, una volta per tutte, l’ipoteca confederale dalla gestione della cosa pubblica economica ma, anzi, offra una sponda ai confederali contro gli autonomi, riconoscendone una rappresentatività anche là dove tale rappresentatività è smentita dai fatti.
Una simile occasione non sarebbe stata lasciata cadere dalla Thatcher e da Reagan che, infatti, con i minatori e con i controllori di volo non la mancarono.
E questo ci induce a dubitare del futuro e per il futuro del “partito di centro, moderato e liberale voluto dal nuovo Berlusconi, oltre a ricordare con nostalgia il Berlusconi del 2001-2006.

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16 novembre 2008

Sentenze che dividono sempre più

Ogni volta che Berlusconi critica la magistratura, questa si arrocca e grida alla “delegittimazione”.
Certo è che alcuni magistrati mettono del loro in una azione di autodelegittimazione da un ruolo che dovrebbe essere rappresentativo di uno stato che andrebbe scritto con la “s” maiuscola ma, proprio, non ci riesco.
Non bastassero tutti i criminali messi fuori anzitempo, alcuni mai messi dentro o liberati dopo poche ore;
non bastassero i teoremi contro Berlusconi che impegnano ore ed ore di lavoro, che sarebbero meglio spese a dare la caccia ai veri delinquenti e che costano fior di milioni a tutti i contribuenti;
ecco un “uno-due” di sentenze che affosserebbero istituzioni ben più gradite nella coscienza degli italiani.
Tra giovedì e venerdì, infatti, siamo venuti a sapere che:
a - la cassazione ha respinto il ricorso contro la decisione della corte di appello di Milano di togliere i supporti medici che tengono in vita Eluana Englaro
ba Genova, nel processo di primo grado per i fatti del g8 del luglio 2001, sono stati condannati ben 13 poliziotti e disposto un risarcimento ad un gruppo di manifestanti.
E’ ovvia la lettura politica delle sentenze.
Mia, ma anche di tutti coloro che le commentano e, purtroppo, di coloro che le hanno emesse e che hanno giudicato in base a convinzioni personali.
La mia posizione è abbastanza chiara e non abbisogna di particolari spiegazioni.
Sulla dolorosa vicenda umana di Eluana Englaro l’ho già espressa il 13 luglio scorso e qui ribadisco che la vita non è, non può essere un bene disponibile come una lavatrice o un’automobile che si rottama quando non funziona più come dovrebbe.
Sui fatti del g8 la mia solidarietà ai poliziotti è totale e credo che il risarcimento di 800000 euro, cui è stato condannato anche il Ministero dell’Interno per “responsabilità oggettiva”, dovrebbe essere sequestrato per il risarcimento dei danni subiti da Genova e dai genovesi, per responsabilità oggettiva” di tutti i manifestanti – ivi inclusi quelli beneficiati dalla sentenza - che non hanno saputo impedire che dalle loro fila uscissero i devastatori della città.
Noi cittadini onesti abbiamo bisogno di supportare le nostre Forze dell’Ordine che sono l’unico baluardo tra una esistenza civile e l’anarchia, dove entrerebbe in vigore la legge del più forte e della vendetta privata.
Condannare 13 poliziotti per aver dato quattro schiaffoni di troppo dopo giornate in cui le Forze dell’Ordine erano state costrette dalle consegne a prenderle senza reagire, mi sembra francamente penalizzante per chi ha rischiato la vita e, nonostante tutto, continua a farlo con alto senso di uno Stato che, solo per loro, scrivo, una tantum, con la maiuscola.

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14 novembre 2008

Ogni occupazione è bella a mamma sua

Alitalia.
Torneremo a parlare del sindacato, del suo ruolo e dell’occasione persa dal Centro Destra per ridimensionare le pretese della triplice.
Qui evidenzio come si siano scatenate le procure contro i lavoratori che applicano con puntualità le disposizioni interne di servizio.
Fascicoli aperti, sanzioni, il garante in fibrillazione, le associazioni dei consumatori perennemente indignate, i confederali che continuano a firmare gli accordi con controparte.
Reato ipotizzato: interruzione di pubblico servizio.
Per cosa ?
Per aver applicato le regole che l’azienda si è data (e che se non si applicano, qualora accadesse un incidente, creerebbero i presupposti per individuare un capro espiatorio nel lavoratore che non le ha applicate).

Scuola e università.
Decine di istituti occupati.
Lezioni sospese.
Impedito a chi vuole studiare di entrare nelle aule.
Qualche timida denuncia arriva da qualche coraggioso parlamentare del Centro Destra.
Insorgono tutti: non si può impedire la libera manifestazione di un pensiero.
Fascicoli aperti (e subito chiusi), presidi che stanno dalla parte degli occupanti e non vogliono l’intervento della Polizia, le associazioni dei consumatori perennemente indignate, i confederali che scioperano … a metà.
Reato ipotizzato: interruzione di pubblico servizio
Per cosa ?
Per aver occupato scuole e facoltà impedendo ad altri studenti di studiare.
A me la situazione appare differente (più grave) rispetto a quella precedente, eppure la sinistra questa volta è dalla parte di chi impedisce lo svolgimento delle lezioni.

Ultimo affresco.
Sede della cgil.
Un gruppo di ragazzi di Azione Studentesca occupa la sede (come quelli che occupano le scuole e le facoltà), srotola uno striscione di protesta e dopo dieci minuti, senza distruggere nulla e senza impedire il lavoro di chi in quella sede opera, se ne va.
La cgil ulula alla “azione squadrista”.

Ogni occupazione è bella a mamma sua.

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13 novembre 2008

Immigrazione:una deriva pericolosa

Oggi le agenzie di stampa hanno battuto una serie di dichiarazioni di due delle prime tre poltrone di questa repubblica.
Napolitano che dichiara che “debbono cadere vecchi pregiudizi, occorre un clima di apertura e apprezzamento verso gli stranieri che si fanno italiani. In un clima siffatto possono avere successo le politiche volte a stabilire regole e a rendere possibile non solo la più feconda e pacifica convivenza con gli stranieri, ma anche l'accoglimento di un numero crescente di nuovi cittadini” e di rincalzo Fini che persevera da più di cinque anni con la sua teoria di facilitare l’accesso al voto agli stranieri.
Per fortuna che esiste ancora la Lega che, almeno a parole, si oppone a questo regime di sudditanza verso lo straniero e propone emendamenti al “pacchetto sicurezza” che incontrano sicuramente il favore di molti cittadini, là dove chiedono che:
- i clandestini paghino le prestazioni sanitarie
- i medici siano obbligati a denunciare i clandestini che si presentano da loro
- siano bloccati i nuovi flussi per almeno due anni
.
Vedremo se la Lega anche questa volta è solo chiacchiere e distintivo o se si impunterà, fino anche a far cadere il governo se non venissero accolti i suoi giusti emendamenti.
Ma Napolitano e Fini non sono soli.
Hanno dietro di loro tutta una corte dei miracoli in preda ad orgasmo obamista ed ecco che stamattina, per radio, ho sentito una notizia da far rabbrividire: un editore (di sinistra) di un paio di pubblicazioni o agenzie, si autocensura ed abolisce il termine “clandestino”.
Il politicamente corretto “uccide” un’altra parola del nostro vocabolario: clandestino è scorretto perché, ha detto nell’intervista, è collegata ad “illegale” e illegale è collegata a criminale.
Invece di arricchirsi il nostro vocabolario si impoverisce, del resto nell’epoca degli sms non possiamo che rischiare di diventare la società dalle poche parole, ripetute all’infinito, perché tutte le altre sono tabù.
Acquista così, davanti ad una simile, pericolosa deriva, il valore di una agghiacciante profezia quanto scrive Ida Magli: “Ma la nomina di Obama certifica la consapevolezza del declino dell’America. E dunque del declino di tutto l’Occidente.Non si capisce perché l’Europa si rallegri tanto: è la civiltà dei bianchi che da oggi è minoritaria e subalterna” (grazie, Nessie ).
E ci vorrebbe la prosa di una novella Fallaci per dare la sveglia ad un Occidente sempre più addormentato e cullato dall’illusione di poter spalancare le porte e rinunciare al bastone del comando senza dover, entro breve, pagar dazio e farci trovare tutti nella condizione di sudditi e non di liberi cittadini.


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12 novembre 2008

5 anni fa, Nassirya

Il 12 novembre 2003, al culmine della guerra contro il terrorismo, 17 militari e due civili furono assassinati a Nassirya da terroristi suicidi.
Sono passati cinque anni da allora e tante cose sono cambiate.
Anche se i pacifinti non lo ammetteranno ma, il mondo, oggi, è più sicuro e lo è grazie all’impegno voluto dal Presidente George W. Bush contro i terroristi assassini.
Un grande Presidente che con grande determinazione, nonostante la defezione di alleati anche importanti come la Spagna di Zapatero e l’Italia di Prodi, è riuscito prima a portare la guerra a casa del nemico, poi a costringere il nemico stesso ad una quotidiana fuga e lotta per la sopravvivenza, distogliendolo dalla programmazione di nuovi attentati a casa nostra, quindi ad estirpare l’erba cattiva, poco alla volta.
E l’elenco dei capi terroristi abbattuti o catturati si arricchisce ogni giorno di nuovi nomi.
In questo quadro anche l’Italia di Berlusconi e del Centro Destra ha fatto la sua onorevole parte e il sacrificio dei nostri Connazionali a Nassirya testimonia che la vittoria che si sta conseguendo sul terrorismo porta anche, un po’, la firma dell’Italia di Berlusconi, del Centro Destra e di tutti noi che NON partecipammo all’avanspettacolo delle lenzuola multicolore alle finestre ed alle marcette “della pace”.
Noi – e solo noi - che oggi possiamo ricordare a testa alta i nostri Caduti, il cui sacrificio non fu vano, ringraziandoli per quanto hanno fatto e promettendo solennemente di continuare in quello stesso impegno d’Onore, d’Amore e Ideale per il quale hanno donato il bene più prezioso: la Vita.


11 novembre 2008

Io e La Destra

A Roma si è svolto il primo Congresso Nazionale de La Destra, il movimento politico fondato da Francesco Storace.
Il resoconto puntuale lo si può leggere sul blog del mio amico Starsandbars che si iscrisse al partito già lo scorso anno ed era presente a Roma come delegato.
Io ho, invece, sostenuto e votato La Destra alle elezioni ma non mi sono mai iscritto, anche se ci sono andato vicino, perché è sempre accaduto un qualche fatto che mi ha bloccato in tale scelta.
Oggi non credo proprio che neppure voterei il movimento di Storace dopo che il 2 novembre ha scritto un post sul suo blog di simpatia per Obama, segno, dal mio punto di vista, che Storace è ormai prigioniero dell’ala estremista, nemici storici dell’America e, come tutti i nemici dell’America, ha sostenuto il candidato democratico.
Ma le ragioni essenziali della mia distanza da La Destra sono altre e ovviamente con riferimenti alla politica interna.
Nella mia idea, La Destra avrebbe dovuto essere un movimento di raccolta di tutti gli Italiani di Destra e Conservatori.
Italiani divisi tra vari movimenti sorti dall’azzeramento del vecchio MSI che, nella Destra, avrebbero dovuto trovare la loro casa comune.
Una Destra, quindi, di Valori, di Identità, di Radici, ma una Destra ancorata all’Occidente ed Atlantica.
Una Destra che sui temi etici (diritto alla vita, “unioni” omosessuali, droga) rappresentasse in sostanza la versione tricolore della analoga destra che esiste negli Stati Uniti e che, ugualmente, fosse una Destra proiettata verso il libero mercato nel rispetto dei principi della sussidiarietà e solidarietà (che non è assistenzialismo).
La mia Destra è una Destra “legge e ordine”, “disciplina e gerarchia”, “libertà e benessere”, se vogliamo parlare per slogan, quindi una Destra che ponga l’interesse degli Italiani innanzi a tutto in un quadro di stabili alleanza atlantiche.
Era il programma de La Destra/Fiamma Tricolore alle elezioni, dove ritrovavo anche un cavallo di battaglia liberale (la flat tax) e che avrei gradito fosse riproposto al Congresso.
Daniela Santanchè ci aveva provato a delineare questa Destra, naturalmente alleata del pdl, la creatura che Berlusconi aveva fatto nascere e per la quale aveva effettuato un ignobile voltafaccia dopo la caduta di Prodi, rifiutando l’apparentamento con la Destra e con l’ultimatum, opportunamente rifiutato, di confluirvi senza simbolo.
Le elezioni sono andate bene, con il conseguimento di novecentomila voti a pochi mesi dalla costituzione, ma hanno mancato il traguardo del quorum.
E lì sono cominciati i guai.
Ha rialzato la testa una piccola area estrema che, poco alla volta, con una campagna aggressiva ha monopolizzato il partito.
Probabilmente ci saranno state anche delle incomprensioni tra Storace e Santanchè, finchè, separandosi, ognuno dei due ha preso un indirizzo che, quando stavano assieme, riuscivano a coniugare con una risultante accettabile.
Così, invece, non è accettabile Storace circondato da pretoriani obamisti, anti Gelmini, anti berlusconiani e disponibili a preferire la sinistra – nostro nemico eterno – al pdl.
E non è accettabile Santanchè pronta a confluire nel “partito di centro, moderato e liberale”.
Il Congresso, ancorché Storace abbia ripreso l’idea della “casa comune” della Destra, non mi ha convinto.
L’esito conclusivo è stato alquanto deludente, romanocentrico, meridionalista, assistenzialista, incerto nella scelta di campo.
Non mi è piaciuto l’anteporre una esigenza di tecnica elettorale (la legge sulle europee) ad un processo di semplificazione del quadro politico.
Non mi è piaciuto per il socialismo accentuato di proposte che non tengono conto del fatto che qualcuno deve pagare per l’assistenzialismo che viene proposto e che la demagogia delle proposte non toglie voti alla sinistra e non ne fa acquisire alla Destra.
E’ evidente che la mia area politica di riferimento è quella de La Destra, della Fiamma Tricolore, di Forza Nuova, perché ritengo più rilevanti le questioni Ideali e dei Valori di una società, di quelle economiche, ma non rinuncio al mio essere atlantista, anche se con Obama non potremo più avere gli Stati Uniti come stella polare e, quindi, ci dovremo inventare un modo per proseguire nelle battaglie di Reagan e di Bush, che sono anche le battaglie per il nostro interesse, contro il terzomondismo e i rigurgiti di statalismo di cui l’unione europea è il principale tedoforo.
Di tutto questo non ho trovato traccia nel Congresso, anche se resta la dichiarazione di principio per cui in Italia è l’Italiano a dover essere anteposto a qualsiasi extracomunitario.
Ma la Lega lo dice meglio, con più efficacia, anche se poi razzola male (approvazione del trattato di Lisbona, accantonamento del progetto di introdurre il reato di ingresso clandestino, accantonamento del progetto di legge per fermare la costruzione di moschee …).
Mi auguro che Storace riesca ad unire i vari tronconi della Destra post missina e, contemporaneamente, ad isolare le frange estreme, che hanno la testa rivolta al passato – esattamente come gli antifascisti in servizio permanente effettivo – per poter costruire una Destra che sappia rappresentare quel mondo conservatore e, perché no ?, reazionario che intende restaurare una nazione forte, sicura, rigorosa, ordinata.
Nel frattempo io continuo a fare il battitore libero (che, poi, è anche il ruolo che preferivo quando giocavo a calcio e che ben poche volte ho avuto la soddisfazione di ricoprire).

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10 novembre 2008

Alitalia: paura confederale di contarsi

Lo avevamo scritto: la vicenda Alitalia è tutt’altro che chiusa.
Hanno provato a farcelo credere con l’accordo che ha visto ricompattarsi tutta la casta di potere: maggioranza di governo, opposizione di sinistra, imprenditori pronti a socializzare le perdite e privatizzare gli utili e sindacati confederali.
Tutti assieme appassionatamente per l’affare del secolo, una compagnia aerea di prestigio, dalla quale venivano rimossi i debiti e i settori in perdita (accollati ai cittadini e contribuenti italiani sotto forma di “bad company”) e dalla quale una nuova società, costata una cicca, incamerava solo la polpa.
Un affarone che presupponeva il complice silenzio delle organizzazioni sindacali.
Hanno fatto male i loro conti.
Se i confederali si sono prontamente prestati al gioco (persino la cgil – che pure in questi giorni è scesa in trincea e calzato l’elmetto – a dimostrazione di quanto grandi siano gli interessi in ballo) i sindacati autonomi di categoria e le associazioni professionali si sono opposti, fedeli al loro ruolo di vero sindacato non inquinato dalle collusioni partitiche, ottenendo un successo che va ben oltre le loro aspettative, tanto da essere obbligati a fare da pompieri nei confronti di una categoria arrabbiata e già attiva nel porre in essere forme di contestazione contro la non ancora esercitante Cai.
Con una sicumera degna di miglior causa (ma, soprattutto, di una causa giusta e non sbagliata come quella che sostengono) l’amministratore delegato di Cai Rocco Sabelli e l’inadeguatissimo ministro Altero Matteoli, hanno respinto ogni ipotesi di aprire un dialogo, una vera trattativa, con chi sta dimostrando di essere rappresentativo della categoria: i sindacati autonomi e le associazioni professionali.
La trimurti confederale, per l’occasione puntellata dall’Ugl, aspetta e spera.
Spera che non si vada ad una “conta” che dimostrerebbe che non sono in grado di far volare Alitalia senza la partecipazione determinante dei sindacati, quelli autonomi, veramente rappresentativi.

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09 novembre 2008

9 novembre 1989: non dimenticare la barbarie comunista

Nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1989 il mondo divenne migliore.
Il muro di Berlino, l’odioso simbolo della divisione tra il Mondo Libero e quello comunista veniva sgretolato da una folla che, non più trattenuta dai vopos, si ricongiungeva con i fratelli separati (e più fortunati) di Occidente.
La data, l’evento sono un simbolo e rappresentano la ritrovata Libertà non solo di un Popolo, quello tedesco, ma anche la fine di un incubo globale, di una barbarie, del più feroce e sanguinario sistema politico che mai abbia insudiciato la nostra terra: il comunismo.
E’ vero, restano ancora – purtroppo – alcune nazioni rette da regimi comunisti (Cina, Cuba, Corea del Nord su tutte) che, però, sono state costrette ad accettare sistemi e correttivi occidentali che le porteranno ad abbattere, violentemente o meno non siamo in grado di prevederlo, il regime.
Forse ci sarà bisogno di “una spintarella” perché ciò accada, ma che accada è nelle carte della Storia.
La caduta del muro non riguardò solo la Germania, ma fece da volano per tutta una serie di ritrovate libertà nell’est europa, fino alla Grande Madre Russia, ora pienamente riconquistata al ciclo virtuoso del progresso globale, con l’importante apporto della sua rinnovata e ritrovata Tradizione che sarà sicuramente utile nel momento in cui la nazione fino ad oggi guida dell’Occidente mostra segni di decadenza, prima di tutto morale e diviene una pericolosa ed inquietante incognita politica.
Il 9 novembre fu, dal Governo Berlusconi nel 2005, proclamato Giornata della Libertà.
Non è un caso che quando tutte le “giornate” e le ricorrenze (e sono tante !) fissate nel mondo vengono celebrate con rulli di tamburi e solenni quanto retorici discorsi, proprio questa, che per noi contemporanei, per noi che abbiamo vissuto il “prima”, il “durante” e il “dopo” caduta del muro rappresenta una svolta epocale, sia trascurata e i giornali radio, stampa e telegiornali non ne diano alcun conto.
Spiace anche rilevare come, salvo errore, neppure chi questa ricorrenza ha fortemente voluto, Silvio Berlusconi, se ne sia ricordato (forse è preoccupato di mostrarsi poco “di centro, moderato e liberale” ?).
Ebbene questo post, unitamente al collegamento agli analoghi interventi di questo blog svolti nel 2005, 2006 e 2007, vuole essere un filo conduttore di una memoria che non dovremo mai tradire.
Non dobbiamo dimenticare, perché una barbarie come il comunismo si estingua ovunque, al più presto e mai più calpesti la nostra Terra.

9 novembre 2005
9 novembre 2006
9 novembre 2007


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07 novembre 2008

Le abituali sciocchezze dei "politicamente corretti"

Silvio Berlusconi è un noto “battutista”.
E’ uno dei suoi pregi e, per tale motivo, è un cruccio per i grigi burocrati della sinistra, dalla faccia perennemente triste e vagamente iettatoria.
L’ultima battuta Berlusconi l’ha fatta in Russia commentando il fatto che le due grandi potenze mondiali, Russia e Usa, hanno ora un presidente giovane ed ha definito il democratico eletto in America “giovane, bello e abbronzato”.
Apriti cielo !
Una cascata di critiche inviperite, per la “mancanza di rispetto” che avrebbe danneggiato l’Italia.
Perché lo ha definito “giovane” ?
No, visto che un quarantenne è oggettivamente tale.
Perché lo ha definito “bello” ?
Ecco, io lo criticherei per questo perché, pur non essendo esperto della bellezza maschile, non riuscirei certo a definirlo tale (come non posso definire né bella, né elegante la moglie e qui il mio giudizio è di gran lunga più attendibile, ancorchè fortemente soggettivo e influenzato dai miei criteri di bellezza femminile).
Le critiche a Berlusconi sono piovute perché lo ha definito “abbronzato”.
Una simpatica battuta con la quale ha cercato di esorcizzare la prima volta di un negro in quel ruolo.
Una battuta che, evidentemente, ha toccato un nervo scoperto e chi non si è curato di offendere George W Bush senza curarsi di danneggiare gli interessi dell’Italia, chi non si è minimamente curato di offendere il Papa Benedetto XVI (con ciò offendendo milioni di fedeli), pretende di mettere in una teca quell’Obama che, solo e soltanto per il colore della sua pelle, deve essere, secondo una evidente concezione unilaterale e alquanto singolare della satira, esente da critiche, da ironie, da satira.
Vorrei dire ai sacerdoti del “politicamente corretto” di rassegnarsi.
A chi è all’opposizione (ed io sono all’opposizione rispetto alla “nuova” America) resta il diritto inalienabile alla satira, alla battuta, all’ironia.
E se voi l’avete usata e la usate contro Bush e il Papa, contro Berlusconi e Sarkozy e Putin, altri possono bene usarla nei confronti del vostro nuovo eroe.
La battuta di Berlusconi, poi, non faceva altro che evidenziare un dato di fatto oggettivo che neppure attraverso le vostre lenti distorte è possibile negare: Obama è abbronzato, moooolto abbronzato, anche se magari preferisce la montagna al mare …

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06 novembre 2008

Da che parte sta Fini ?

Leggo una notizia di agenzia.
Fini, quello del pdl “comica finale” e dal pdl eletto presidente della camera dei deputati, si lamenta perché la commissione bilancio ha passato la finanziaria senza esame di emendamenti (in un’altra versione ho letto senza approvare emendamenti) e,quindi, senza alterare il testo proposto dal governo.
A me sembra una bella notizia e sarebbe ancor più bella se, per la prima volta, si evitasse il cosiddetto “assalto alla diligenza” e si approvasse, finalmente, una finanziaria nella integrale versione del governo che, in tal modo, si assume l’intera responsabilità della conduzione economica e non potrà trovare la scusa delle modifiche parlamentari, che immancabilmente stravolgono, con i relativi danni, l’impianto studiato.
Non solo, ma se la finanziaria dovesse essere per la prima volta approvata senza modifiche, potremo vederne effetti (che si sperano positivi) derivanti dall’aver evitato compromessi ed improbabili ricorsi a “coperture” fittizie e inventate all’ultimo momento.
Se questo accadesse, anche a seguito di un voto di fiducia, il governo avrebbe messo un primo tassello, nei fatti, ad una riforma di questa farraginosa, ottocentesca liturgia che è l’approvazione del bilancio dello stato, con benefici sia per l’attività parlamentare che per la coerenza delle norme redatte.
E’ ovvio che l’opposizione si lamenti, perché il non riuscire a mettere i bastoni fra le ruote del governo la impaurisce: non sia mai che Berlusconi riesca a far funzionare la macchina dello stato !
Molto meno ovvio che a cercare di mettere i bastoni fra le ruote del governo sia uno dei maggiori beneficiati dalla maggioranza parlamentare esistente.
La domanda del titolo, quindi, è pertinente: da che parte sta Fini ?
Mi sono da tempo convinto che Fini stia solo dalla parte di Fini e pensi solo alla carriera di Fini ed al futuro di Fini.
Non so se ambisca alla poltrona di Berlusconi o a quella di Napolitano, ma è certo che il suo atteggiamento spalleggiatore della sinistra è alquanto sospetto.
Forse cerca di accaparrarsi i voti per il Quirinale, forse cerca di impedire, solo per invidia, che Berlusconi riesca nel suo titanico sforzo di mettere in ordine le questioni dello stato.
Resta il fatto che Fini, con questa sua uscita estemporanea, è entrato a gamba tesa contro il governo e la sua stessa maggioranza, in pratica evocando i vecchi “franchi tiratori” o, comunque, un atteggiamento ribellistico da parte dei parlamentari della maggioranza, con la riedizione dell’assalto alla diligenza (cioè al denaro di tutti noi), paralisi istituzionale, norme raffazzonate e prive di coerenza logica.
Mi auguro che Fini non venga ascoltato.
Mi auguro anche che Berlusconi si sia pentito – viste le continue punture di spillo che il suo colonnello gli infligge – dall’avergli dato retta escludendo la Destra dalla coalizione.

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05 novembre 2008

America addio. Forza Putin

Il suicidio è compiuto.
Grazie ad una scelta inaspettatamente masochista, inquinata dal “politicamente corretto” di una canea mediatica tutta schierata a senso unico, gli Stati Uniti abdicano alla leadership dell’Occidente che fino ad oggi (e fino alle ore 12 di Washington del 20 gennaio 2009) detenevano (deterranno) in modo indiscusso.
Gli americani hanno eletto il loro Odoacre e “ucciso” il loro Oreste decretando la fine del loro imperium.
Il risultato di queste elezioni impedisce ora di volgersi a Washington per avere risposte, in linea con i Valori della nostra Tradizione, alle sfide che vengono lanciate alla nostra Civiltà.
L’elezione di un elemento le cui radici sono ben lontane da quella Civiltà e quella Cultura che ha nella Romanità e nella Cristianità le sue fonti e nell’Europa la sua culla, mi inducono a rivolgere altrove la mia attenzione per continuare una battaglia che rispetti una Tradizione, rigettata dal voto americano.
Il pericolo davanti al quale siamo ora posti è che da Washington arrivino input distruttivi per la nostra Civiltà, visto che il nuovo presidente discende da un padre africano e da una madre ultra liberal che abbandonò persino il suo paese di cui ne disconosceva, con la politica, l’intima essenza e c’è da domandarsi con preoccupazione quanto i suoi genitori saranno presenti – inquietanti ombre – nelle sue scelte.
Ugualmente della moglie si conoscono, prima di essere candidata a diventare first lady, giudizi fortemente negativi verso gli Stati Uniti, disprezzando quindi quella nazione – ma soprattutto le sue radici e origini - di cui suo marito sarà purtroppo presidente.
Lo stesso neo eletto ha manifestato tendenze inequivocabilmente socialiste, con frequentazioni ambigue quando non pericolose e sospetti di simpatie musulmane.
Ci sono tutti gli ingredienti per fare una miscela esplosiva che potrebbe distruggere l’Occidente e il benessere di tutti noi, soprattutto con un presidente ambizioso, inesperto, obbligato a dimostrare di essere e di esserci, più di qualsiasi altro suo predecessore e, nel contempo, rappresentante di una tradizione che non è quella che ha fatto grandi gli Stati Uniti.
Tutti coloro che hanno a cuore le sorti di quella Civiltà che si è snodata da Roma a Washington, passando per il glorioso periodo imperiale Britannico e la stagione del Colonialismo europeo (quando l’europa era l’Europa) devono ora guardare oltre questa sconfitta, facendo quadrato attorno all’ultimo baluardo di una Civiltà affine, quella Russa, che, anche se solo di recente, ha riscoperto il valore della Tradizione.
Gli Americani hanno preferito scegliere il candidato amato dai loro nemici e rifiutare quello che avrebbe rinnovato la fiducia dei loro amici e meritano di non avere più amici, perché quelli di sempre guarderanno altrove e, come sempre avviene, i vecchi nemici resteranno tali, pronti a bruciare la loro bandiera.
Putin non è la scelta migliore e non sarebbe la prima scelta.
Per ora è l’unica scelta che ci è rimasta.

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04 novembre 2008

4 novembre 1918-2008:la Vittoria ha 90 anni

Il 4 novembre 1918 i comandanti “di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo” furono costretti a firmare l’armistizio, la resa al Regio Esercito Italiano che, dopo oltre tre anni di guerra (dal 24 maggio 1915) vinse, meritando all’Italia il ricongiungimento con Trento, Trieste e poi anche Fiume e l’Istria.
Fu la prima, più grande Vittoria della nostra Patria, la cui storia unitaria è relativamente recente che non ci consente di registrare molte vittorie militari ( a memoria, oltre alla Grande Guerra, direi la Conquista dell’Impero nel 1936, considerando che le altre nostre Colonie furono conquistate, a fatica, ma senza guerre particolarmente importanti, mentre la Seconda e la Terza Guerra di Indipendenza furono vinte soprattutto grazie alle alleanze con Francia e Prussia).
Il 4 novembre dovrebbe quindi essere una data ricordata e celebrata più di ogni altra, perché definisce una nazione che sa anche vincere, da sola, una guerra, reagendo a rovesci che avrebbero potuto metterci in ginocchio.
Purtroppo i nipotini di chi, nel 1915, si oppose all’entrata in guerra (la solita sinistra antinazionale) sono riusciti nel loro intento di relegare il 4 novembre ad una Festa di serie “b”, addirittura dirottando il giorno festivo tra le “ex” festività, preferendo celebrare una sconfitta come quella patita al termine della seconda guerra mondiale.
Eppure il 4 novembre, quando ero bambino soprattutto, ma anche per tutti gli anni del liceo, era celebrato nel modo giusto: giornata festiva a tutti gli effetti, film e sceneggiati in tema, nelle scuole i bambini imparavano a cantare i Canti della Patria (la Bandiera Tricolore, il Piave, l’Inno di Mameli …), le caserme si aprivano per le visite dei civili.
Mi ricordo che in televisione, nello sfuocato bianco e nero dell’epoca, per anni veniva riproposto un film che raccontava la vita di una famiglia residente vicino al fronte, da Caporetto a Vittorio Veneto.
E il 4 novembre era un appuntamento fisso andare con mio padre alla vicina caserma, rimanere entusiasta di tutte quelle armi vere, ma, soprattutto, pazientare in fila per poter salire sul carro armato, ignaro del fatto che il servizio militare lo avrei poi realmente svolto in Cavalleria, con un Leopard sempre sotto il sedere (nella foto sono sul carro in dotazione e con il mio equipaggio).
Era bello e anche educativo per noi bambini, ricordare quanti sconosciuti, hanno rischiato e perso la vita per la nostra Patria.
Essere istruiti ad amare questa terra che è nostra e che non dobbiamo svendere nel nome di una malintesa multiculturalità.
Allora c’erano pochi “obiettori” e credo che anche adesso, terminato l’obbligo di leva, il servizio civile muoia con il servizio di leva obbligatoria.
La sinistra, sotto questo profilo, ha vinto la sua battaglia distruttiva, lacerando un tessuto unitario faticosamente costruito, demolendo gli antichi studi e sostituendo mitologie inventate a tavolino, alle reali imprese eroiche che andrebbero ricordate per sempre.
E’ un altro motivo per essere ostili ad una sinistra che, oggi, si propone di aprire la nostra terra agli stranieri, dopo che centinaia di migliaia di Italiani sono morti perché “non passa lo straniero”.
Ed auspicando il pieno ripristino del 4 novembre come Festa Nazionale effettiva (e potrebbe anche essere “LA” Festa Nazionale) , la Memoria e il significato di quella Vittoria possono essere onorati solo continuandone l’ideale che può essere sintetizzato in un “l’Italia agli Italiani.


4 novembre 2005
4 novembre 2006
4 novembre 2007


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03 novembre 2008

L’assist di Berlusconi alla triplice confederale

Alitalia non è una partita chiusa.
I sindacati autonomi di categoria e le Associazioni Professionali, trovatisi davanti ad una proposta di contratto inaccettabile, soprattutto per le interpretazioni di parte dell’accordo in precedenza sottoscritto (come spesso fanno i datori di lavoro), hanno negato il loro consenso.
Abbiamo quindi assistito ad un continuo succedersi di “bastone e carota” nei loro confronti, minacce e lusinghe, appelli e ultimatum.
Al momento in cui scrivo non so cosa porterà l’assemblea di oggi a Fiumicino, ma si possono già trarre alcune lezioni dalla vicenda.
Berlusconi, pur di legare il suo nome al “salvataggio” di Alitalia non ha esitato ad accollare allo stato italiano, cioè a noi contribuenti, gli oneri della “bad company”, violando quello che è uno dei principi fondamentali di una sana amministrazione statale.
Berlusconi, pur di mandare avanti il progetto Cai, ha riconosciuto alla trimurti confederale (cui si è aggiunta ormai da tempo una irriconoscibile e indifendibile Ugl) di una rappresentatività che in molte categorie non ha, che però ha sempre preteso, con un assist straordinario a Epifani & Co.
Poteva essere l’occasione per riportare i confederali a più miti consigli e invece …
La resistenza dei sindacati autonomi di categoria ha svelato il bluff di Cai che aveva messo come clausola sine qua non, la firma del contratto da parte dei sindacati.
Invece i sindacati più rappresentativi non hanno (finora) firmato e Cai ha presentato ugualmente l’offerta.
Segno inequivocabile che l’affare c’è, eccome.
Solo che è indirizzato a pochi, mentre tutti noi pagheremo il loro guadagno.
Non si tratta di “capitani coraggiosi” perché il loro rischio è limitato all’investimento iniziale che sarà presto ben ricompensato dalla parte succosa e produttiva di Alitalia, visto che i debiti ce li siamo accollati noi cittadini e contribuenti.
Non mi dispiacerebbe se i sindacati di categoria e le Associazioni Professionali andassero a “vedere” le carte di Colaninno & Co., proclamando uno sciopero per il 1° dicembre, primo giorno di attività di Cai.
Come volerebbero gli aerei ?
Sospinti dall’aria mossa dalle chiacchiere dei confederali ?


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02 novembre 2008

Troppa informazione, troppo contraddittoria, troppo ansiogena

In attesa di conoscere se gli Stati Uniti saranno ancora d’America o diventeranno d’Africa, fermiamoci un attimo a riflettere sul bombardamento di notizie, dati, cronache, commenti, discussioni che da qualche anno stanno piovendo in modo convulso sulla nostra testa.
Per ogni refolo di vento si aprono discussioni interminabili, in cui ognuno dice la sua e non si sposta di un millimetro dalle posizioni iniziali.
Si discute, si sfornano dati e quando la parola passa all’interlocutore, ecco che piovono altri dati totalmente contraddittori con quelli precedentemente forniti.
Quanti sono i telegiornali ?
Dieci ? Venti ? Cento ?
Se contiamo le televisioni nazionali ne abbiamo almeno 8.
Ma ogni emittente, anche locale, ha il suo.
E quanti i quotidiani ?
Cento ? Mille ?
Se leggete le prime pagine dei giornali, le notizie sono sempre quelle, i commenti pure.
Non riscontro grande differenza tra Repubblica, il Corsera, la Stampa da una parte, il Giornale e Libero dall’altra.
Se Berlusconi e Veltroni hanno fatto la campagna elettorale sulla base del “due (partiti) è meglio” perché altrettanto non potrebbe essere per quotidiani e telegiornali ?
Uno di Destra ed uno di sinistra.
E le associazioni dei consumatori ?
Io ne ho contate 21, ma potrei sbagliarmi … per difetto.
Ed ognuna che sgomita per avere spazi al grido “i meglio der bigonzo siamo noi”.
Dei sindacati inutile dire, le loro azioni si commentano da sole (e non in modo positivo, soprattutto quando, come la cgil, calzano l’elmetto e scendono in trincea appena al governo arriva Berlusconi).
Ma tutti questi (stampa, televisione, associazioni) ci stanno bombardando con notizie, dati e fanno notizia quelle più rivoltanti (vermi nei formaggi, topi nelle bevande) o quelle più catastrofiche (nessuno, sul catastrofismo, però riesce a superare gli ecoambientalisti ormai specialisti nel profetizzare sciagure immani).
Se esce una proposta intelligente, non dicono “bene”, ma subito fanno a gara a chi rilancia di più, come a poker, solo che giocano con i nostri soldi.
Come il prestito che Berlusconi ha proposto a chi ha figli.
A me sembra una proposta sensata ed educativa (purchè, ovviamente, sia indirizzata solo agli italiani !).
Sensata perché consente alle famiglie giovani di affrontare le spese derivanti dall’aumento dei componenti e da tutto quel che ne consegue, avendo alle spalle lo stato che le sostiene.
Educativa perché evita di proiettare l’idea che tutto sia dovuto, senza doverlo restituire e, così, il concetto del prestito da restituire rende più responsabile l’uso di quei denari (che sono di tutti noi).
E’ un concetto che potrebbe essere ripreso per favorire gli studenti “capaci e meritevoli, esattamente come accade negli Stati Uniti (ancora d’America) dove vengono erogati prestiti finalizzati allo studio che saranno poi restituiti con i primi guadagni.
Si incentiva lo studio, si consente a chi ne ha le capacità e la voglia di proseguire negli studi e lo stato non perde nulla.
Eppure la proposta di Berlusconi è stata criticata e i soliti statalisti assistenzialisti hanno rilanciato perché l’erogazione deve essere a fondo perduto, e tanti saluti all’utilizzo oculato e parsimonioso dei denari di tutti.
C’è una interessante trasmissione su Sky alle 18,35 che tratta di economia.
Ma, porca miseria, possibile che gli “esperti” che ci propinano la loro scienza non siano mai tra loro d’accordo ?
Per forza che qualcuno – ora Tizio, ora Caio - ci prende in ogni circostanza, diventando il “guru” del momento !
E possibile che non riescano ad individuare dati oggettivi, ma, a seconda di quel che vogliono dimostrare, citano questa statistica, piuttosto che quella ?
Mi sembra di vedere, in ogni settore, tanti piccoli veltroncini con i loro “ma anche.
Anche nella sanità.
Possibile che il medico di base ci faccia fare un esame, poi un altro ancora, poi ancora e non dica mai : è così !, come faceva il medico condotto di una volta, che ricordo da bambino, quasi con una semplice occhiata ?
Ed è possibile che le nostre città siano sempre più inquinate quando ormai lo “smog” è un lontano ricordo di tempi in cui molti ecoambientalisti, che si stracciano le vesti per il loro presunto inquinamento, neanche erano nati ?
O non è piuttosto che con le moderne tecnologie, sempre più perfezionate e potenti, si trova sempre qualcosa ?
Come nell’esempio che porta Lomborg nel suo saggio “L’ambientalista scettico”, quando scrive che se ci guardiamo le mani dopo essercele lavate ci sembrano pulite.
Ma se le guardiamo con il microscopio vediamo dei germi, allora le laviamo meglio.
Usando però un microscopio più potente vediamo altri germi e così all’infinito.
Allora non sarebbe il caso di ridurre il bombardamento mediatico, che provoca, con le notizie “gridate” per “fare ascolti”, un crescente stato d’ansia ?
Non è difficile.
Basta con i contributi alla stampa: scommettiamo che molti quotidiani chiuderebbero ?
Basta con le trasmissioni di “approfondimento” tanto inutili quanto ansiogene e seminatrici di odio tra le parti.
L’informazione solo nei telegiornali, magari, come quando c’è uno sciopero dei giornalisti, la sola notizia, senza commenti.
Se uno vuole i commenti li legga sui giornali, con la possibilità di rileggere e meditarci sopra, senza subire una sorta stress informativo con tutte le comunicazioni che, a mitraglia, vengono canalizzate dalla televisione.
Scommettiamo che vivremmo tutti meglio, più felici ?
In fondo a cosa servono le elezioni se non ad eleggere quelli che devono occuparsi degli affari pubblici ?
Se dobbiamo continuare a preoccuparcene ancora noi, dopo aver votato, a cosa serve eleggere un parlamento che esprime un governo ?
Non credo che quella che stiamo vivendo sia proprio “democrazia”.
Polibio la chiamerebbe “oclocrazia”, più prosaicamente io la chiamo “anarchia”.
Alla quale è da porsi fine se vogliamo avere un futuro come nazione.

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