Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

27 febbraio 2009

Ronde: una Lega poco resistente

Uno dei provvedimenti più significativi del recente decreto sicurezza è relativo alla istituzionalizzazione delle ronde.
E’ vero che la Lega ha da subito fatto un passo indietro, con la previsione che tali ronde non debbano essere armate se non di un (inutile e inoffensivo) telefono cellulare, ma è importante il riconoscimento giuridico di questo istituto, basato sulla volontà e volontarismo dei cittadini che assumono, in tal modo, una diretta responsabilità nel ripulire il proprio quartiere, la propria città dalla criminalità.
Quindi: riconoscimento e, in seguito, si poteva sperare in un ulteriore passo che rendesse le ronde effettivi corpi di pattuglie cittadine finalizzati a coadiuvare le Forze dell’Ordine per portare ordine e sicurezza nelle nostre strade.
Il fatto stesso che le ronde abbiano avuto, da subito e “ a prescindere” da ogni valutazione sul – per ora – scarso impatto che possono avere essendo disarmate, l’ostilità preconcetta di tutta la sinistra e di quegli ambienti cattolici più inquinati dalle tesi del “politicamente corretto”, è la dimostrazione della bontà dell’idea di costituire gruppi di cittadini che riportino ordine e sicurezza nelle nostre città.
Oggi però leggo che il ministro leghista Maroni fa un ulteriore e non richiesto passo indietro proprio quando, apparentemente, sembra difendere la decisione di istituire le ronde.
Maroni, infatti, “giustifica” l’istituzione delle ronde e sembra quasi dire: ma come, mi contestate ?
Eppure con questo provvedimento finisce la possibilità di “ronde fa da te” e tutte devono avere una loro canalizzazione, evitando eccessi.
Ma quali eccessi, signor ministro ?
Io di eccessi vedo solo la ostilità nei confronti dei cittadini che si difendono, che vengono incriminati per “omicidio volontario” e, come è accaduto all’orefice di Milano, si suicidano per la disperazione di dover, a 6 anni di distanza dal fatto, doversi ancora difendere, dalla quella che dovrebbe essere la giustizia, dopo essere stati costretti a difendersi dai rapinatori.
Signor ministro, queste continue retromarce della Lega mi preoccupano, perché avrei apprezzato molto di più che lei, nel difendere la scelta di istituzionalizzare le pattuglie cittadine, lanciasse il cuore oltre l’ostacolo e promettesse ancora più tutela ai cittadini.
Perché le ronde, per funzionare, devono essere armate.
Perché per stroncare la criminalità anche i cittadini onesti, che abbiano adempiuto al servizio militare o abbiano un certificato che attesti la loro capacità di usare le armi e non abbiano condanne o pendenze per reati contro la persona o la proprietà, possano liberamente armarsi e siano tutelati se difendono la proprietà e la vita loro e dei propri cari.

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25 febbraio 2009

Sicurezza:stuprano di più gli italiani o gli stranieri?

Sorprendentemente il Viminale, cioè la sede del ministero degli Interni guidato dal leghista Maroni, ha fornito dei dati relativi agli stupri, sottolineando con enfasi, ripresa da stampa e televisione, che “ben” il 60% di quei reati è commesso da italiani.
“Ben” ?!?!?
Leggiamo meglio il dato.
Dire che il 60% degli stupri è commesso da italiani, significa dire che il restante 40% è commesso da stranieri.
Ora, la popolazione residente in Italia è composta per il 97% da italiani e per il 3% da stranieri.
Questo significa che la percentuale di stupratori italiani è, questa volta sì, “ben” inferiore alla percentuale di italiani residenti: 60 contro 97.
Mentre, al contrario, la percentuale di stupratori stranieri è “ben” superiore a quella degli stranieri residenti: 40 contro 3.
Ma a parte la lettura del dato, cos’è questa mania di sottolineare che simili disgustosi reati vengono commessi anche da italiani, cercando di proiettare l’idea che, tutto sommato, sono per lo più italiani gli stupratori ?
Stupisce che il “là” a questo coro sia venuto proprio da Viminale, da un ministro leghista e viene da pensare (male ... si farà peccato, ma a volte ci si azzecca) che anche la Lega si stia ritirando dalla battaglia contro la criminalità che importiamo con l’immigrazione e si stia allineando alla massa buonista che, nel tentativo di mettere in un unico calderone chi delinque, cerca di affossare la spinta per una più rigorosa politica della sicurezza che è tutt’uno con una ben più rigorosa politica dell’immigrazione.
E allora deve essere ben chiaro che, nel rapporto cittadini residenti/criminalità, gli italiani delinquono molto, ma molto meno.
Deve essere chiaro che se le nostre carceri scoppiano è perché c’è una popolazione carceraria al 40% di immigrati.
Quindi per risolvere in nuce il problema della sicurezza in Italia, deve essere affrontata con determinazione la questione immigratoria.
E per affrontarla in modo coerente con le aspettative degli italiani, è necessario ridurre drasticamente gli arrivi e, senza perdere tempo e denaro in indagini sui motivi per i quali sono arrivati in Italia, rispedire al luogo di partenza chi arriva illegalmente sul nostro territorio.
E se qualche abatino europeo si lamenta, che si prenda a casa sua i clandestini che sbarcano in Italia.

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23 febbraio 2009

La parodia di un leader

Non ci potevo credere !
Quando ieri sera i telegiornali hanno trasmesso le immagini di Dario Franceschini che, con atteggiamento serioso e tutto compreso nel ruolo, giurava a Ferrara, mi sono detto: è stato incastrato da Scherzi a parte.
Per la prima volta il segretario di un partito ha sentito il bisogno di “giurare” fedeltà alla costituzione.
No, dico, non alla Patria, che è un concetto alquanto sconosciuto e non ancora ben definito nei suoi confini, ma comunque meritevole di apprezzamento e che non mostrerà mai i segni del tempo, ma ad un pezzo di carta che sta mostrando tutti i suoi limiti dopo 60 anni di servizio.
Non ci potevo credere, eppure i giornali non hanno colto l’aspetto parodistico di Franceschini che, convinto di essere un novello Sandokan, giurava il suo impegno per liberare l’Italia dal perfido Raja bianco James Silvio Brooke Berlusconi.
Gli elettori e i residui quattrocentomila iscritti del pci/pds/ds/pd, hanno tutta la mia umana solidarietà e non intendo usare sfottò nei loro confronti.
Credo si rendano conto da soli in che mani si sono messi.
I resti di quello che fu uno dei più potenti partiti del mondo, si rintanano senza speranza nelle loro cellule e feste dell’Unità dalle quali erano usciti con orgogliosa sicurezza.


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22 febbraio 2009

Il nono nano

Così il pci/pds/ds/pd si mette nelle mani di Franceschini: non sottovalutare uno cresciuto nei corridoi della vecchia dc.
L’occasione poteva comunque essere quella di rendere l’onore delle armi a Veltroni che, tristemente, da perdente, torna nell’ombra, cercando di ripristinare un confronto politico che non si basasse sulla demonizzazione e demolizione della persona che rappresenta la parte politica avversa.
Purtroppo Veltroni è uscito malamente, con le solite banalità su Berlusconi e del “male”di cui sarebbe portatore nella vita politica, sociale e culturale italiana.
Bene ha fatto quindi Berlusconi a liquidarlo dicendo “pensavo di telefonargli, ma dopo quello che ha detto me ne è passata la voglia”.
Comunque Veltroni è un funzionario della politica: tornerà.
Purtroppo il medesimo filo conduttore dell’antiberlusconismo è stato ripreso da Franceschini che vede in Berlusconi un moderno autoritarismo: magari così fosse, forse qualcuno che comandasse veramente avrebbe qualche possibilità di rimettere in sesto l’Italia !
Il Duce disse che governare gli italiani non è difficile, è inutile.
Forse anche i nostri Avi la pensavano allo stesso modo, visto che, in periodi difficili, nominavano un “dictator con pieni poteri e sospensione delle funzioni delle altre magistrature.
Fu noto, per ricoprire tale magistratura straordinaria, Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore, che riuscì a ridare fiato a Roma durante l’invasione di Annibale.
Guarda caso, Cartagine era collocata nell’odierna Tunisia, quindi da quella fascia africana da cui, di nuovo oggi, torniamo a subire una prepotente invasione.
Allora quel che per Franceschini sembra essere un “male”, diviene necessariamente un bene.
E’ opportuna, oggi, una guida certa, sicura, decisionista, che possa assumere i provvedimenti di volta in volta in volta necessari.
Una guida che unisca al pragmatismo, che è concretezza, anche Valori ideali di fondo che impediscano una deriva anarchica e moralmente discutibile della nazione.
Berlusconi, per la sua storia, per la sua formazione, per la sua mentalità, è colui che meglio può rappresentare questo moderno “dictator, visto che la democrazia non è, non può essere, una forma di governo statica e immutabile nel tempo e nel mutare dei tempi.
Oggi, più che mai, c’è bisogno di decisioni rapide e adeguate all’evoluzione delle situazioni.
Se dobbiamo aspettare che sia discussa e votata una legge, che vi sia il ponzamento prima della firma di un presidente della repubblica (spesso antico nell’età e nei ragionamenti), che magari il provvedimento, già così in enorme ritardo, debba essere annacquato dai compromessi parlamentari e dalle varie lobbies, allora dobbiamo aspettarci leggi vecchie, farraginose (sono 29000 quelle che ci si appresta a cancellare perché inutili !!!) e, fondamentalmente, dannose, perché non affrontano l’emergenza quando questa si manifesta, ma solo, come si suol dire “a babbo morto”.
Franceschini, nel brandire l’unico argomento che può unire l’armata Brancaleone (con tutto il rispetto per Brancaleone) del pci/pds/ds/pd ha quindi manifestato una idea contraria agli interessi della nazione.
Del resto, non si è lui stesso autoinvestito della funzione di “dictator” del suo partito, quando ha proclamato che le nomine le farà lui senza padri o padrini ?
E il suo alleato Di Pietro, non gestisce il “suo” partito in modo autocratico come un “dictator” ?
Dicano la verità.
Berlusconi ha ragione nel reclamare il diritto a governare e ad emanare provvedimenti rapidi che possano fronteggiare l’emergenza.
Ai Franceschini di turno (il nono che ha la presunzione di confrontarsi con Berlusconi) disturba solo non essere loro nelle condizioni di poter esercitare una simile magistratura.

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20 febbraio 2009

I tedofori della decadenza

Ero fortemente restio a scrivere sul cosiddetto “testamento biologico”.
Non ritengo una legge in materia una priorità, vi sono tante altre precedenze.
La sortita, ad appena dieci giorni dalla morte della figlia, di Giuseppe Englaro mi induce però a prendere posizione.
In occasione del generoso tentativo del Governo Berlusconi di impedire che una giovane donna disabile fosse lasciata morire sottraendole nutrimento ed idratazione, la canea sinistra gridò alla strumentalizzazione.
Probabilmente perché è costume della sinistra di sfruttare biecamente le vicende più tristi della storia patria (le liste del pci/pds/ds/pd sono state riempite più e più volte di vedove e di “parenti delle vittime”) allora hanno pensato di attribuire agli altri gli stessi criteri di ragionamento e comportamento.
Napolitano, come tutti sappiamo, ha impedito che il decreto legge del Governo fosse promulgato e, nelle more del voto parlamentare, la giovane donna è morta per le complicazioni derivate dalla mancata idratazione, cosa che, dalla verifica della magistratura, è apparso compatibile con il famigerato protocollo che doveva accompagnare alla morte quella persona.
Detto in modo brutale: era previsto che sottraendo alimentazione e idratazione sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe soppresso una vita.
Un pensiero che farebbe inorridire qualsiasi persona civile.
Proprio per tale ragione il punto qualificante di una legge che non dovrebbe aver bisogno di essere né discussa, né necessaria, dice chiaramente che non si può lasciare morire una persona di fame e di sete.
I radicali, da sempre portatori di una cultura che è totalmente estranea a chi ama la vita, cercano ora di convincerci, con l’esagerazione tipica del loro modo di essere, che sarebbe una “tortura” nutrire ed idratare una persona ancora in vita.
Per questo hanno organizzato una manifestazione, alla quale prenderà telefonicamente parte il signor Englaro che, in questo modo, si affianca alle vedove Welby e Concione e rende manifesto chi ha agito senza secondi fini e chi, invece, cerca di sfruttare la naturale commozione per una triste vicenda come comunque è – da qualunque parte la si guardi – quella di Eluana Englaro, per sostenere una battaglia che ritengo appartenente ad una cultura che è solo decadenza.

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19 febbraio 2009

Lampedusa:così vince l'illegalità

Giornata di fuoco a Lampedusa.
Una rivolta nel campo clandestini ha ridotto in cenere le costruzioni destinate ad ospitare gli illegali che sbarcano sull’isola.
Ben più grave il fatto che, per domare la rivolta, siano rimasti feriti una ventina tra Agenti di Polizia e Carabinieri.
Ancora più grave la decisione di accontentare gli illegali, qualche centinaio dei quali trasferiti nottetempo a Gorizia e Cagliari, liberi così di sciamare per l’Italia invece di essere tenuti sotto controllo e rispediti a casa loro.
Negli anni settanta, per contenere le fughe dalle carceri dei criminali più pericolosi e dei terroristi, furono istituite le carceri di massima sicurezza, tra le quali stabilimenti isolati anche da elementi naturali.
Le fughecessarono ... “miracolosamente” .
Adesso ci troviamo davanti ad una emergenza di uguale portata: impedire che i clandestini, che pure vengono raccolti e individuati, possano scorrazzare liberamente sul territorio nazionale.
Per ottenere ciò è necessario tenerli sotto controllo in una località che non consenta loro di trasferirsi in altre zone dell’Italia e, quindi, fare perdere le tracce fino al primo stupro o alla prima azione violenta.
Giusto, quindi, trattenerli a Lampedusa per poi rispedirli al punto di partenza, senza ulteriori passaggi.
Aver ceduto alla violenza e alla devastazione operata tra martedì e mercoledì contraddice ogni politica di sicurezza che cui la Lega ha ottenuto il voto un anno fa e grazie alla quale ha un buon successo nelle intenzioni di voto alle europee e amministrative di questo anno.
Se gli illegali si sono resi colpevoli di violenze, invece di premiarli accontentandoli e trasferendoli in altre zone d’Italia da cui, più facilmente, possono far perdere le loro tracce invece di tornarsene a casa, bisognava e bisogna trattenerli sul luogo, facendo loro ricostruire quel che avevano distrutto, in modo anche da pagarsi il biglietto di ritorno.
E’ ora di finirla di far pagare a tutti noi le violenze di pochi: questi che delinquono devono pagare.
Ed è ora di smetterla di mandare allo sbaraglio i nostri Poliziotti e Carabinieri che, poi, obbligati a non usare tutta la potenza repressiva di cui dispongono, sono costretti a fronteggiare, in condizioni id inferiorità, gli illegali e rischiano di finire all’ospedale.
La Lega ricordi che un voto non è per sempre e lo è ancor meno una intenzione di voto.
Se continuerà a cedere sui punti qualificanti del programma (moratoria sulle moschee, reato di ingresso clandestino, ronde, legittima difesa, espulsione degli illegali, no al trattato di Lisbona, obbligo di denuncia da parte dei medici nei confronti dei clandestini) troverà una bruttissima sorpresa nelle urne di giugno.

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17 febbraio 2009

Sicurezza bene primario

Stiamo vivendo un deja vu.
Nel 1994 Berlusconi, dopo aver sconfitto la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto si trovò ad affrontare gli ostacoli frapposti da Scalfaro e, quindi, il voltafaccia dei due presidenti delle camere e della Lega.
Nel 2001 il percorso del Premier fu rallentato da Ciampi, dal suo puntare i piedi e da un presidente della camera che giocava soprattutto per se.
Nel 2008 e 2009 si ripete la storia.
La maggioranza popolare che ha riportato Berlusconi al potere viene svilita dalle resistenze della casta che, in questa occasione, ha le sembianze di un Fini che sembra essere stato eletto nel pci/pds/ds/pd ma, soprattutto, di un Napolitano che, anche fisicamente, somiglia più ai vecchi dirigenti del Pcus quando partecipavano alle manifestazioni per la “rivoluzione d’ottobre” e per il 1° maggio, che ad un moderno presidente di una repubblica occidentale.
Napolitano, come i suoi non compianti predecessori Scalfaro e Ciampi, supplisce alla inconsistenza intellettuale, progettuale e politica dell’opposizione (teniamoci caro Veltroni come capo della sinistra, perché non avremo un avversario così perdente come lui !).
Naturalmente non supplisce con un programma, ma solo con il continuo cavillare sui provvedimenti del governo.
Così si rifiuta, aprendo oggettivamente una crisi istituzionale, di firmare il decreto che avrebbe salvato una giovane donna disabile da una atroce morte per fame e per sete e, adesso, nonostante la grave situazione della sicurezza, impedisce il dispiegarsi di un decreto con innovazioni qualificanti come le ronde dei cittadini (che avrebbero però senso solo se armate) e la facoltà (che dovrebbe trasformarsi in obbligo) per i medici di denunciare i clandestini.
A questo proposito è necessario smascherare le bugie propagandistiche di quanti sono contrari a contrastare efficacemente l’immigrazione illegale, a cominciare da alcuni settori della Chiesa Cattolica – per non parlare delle chiese protestanti – insorti contro un provvedimento che, invece, è solo una pallida idea di ciò che dovrebbe essere fatto.
Se uno qualsiasi di noi si reca al pronto soccorso con un occhio nero e il naso rotto, che succede ?
Il medico di turno ci cura, prende le nostre generalità e poi comunica il fatto al posto di Polizia, con tanto di nome, cognome, dati anagrafici e indirizzo di residenza.
E’ obbligato a tale incombente perché la mia situazione fisica fa presupporre la notizia di un reato.
Perché allora dobbiamo limitarci ad aprire alla sola “facoltà” e non ad obbligare il medico di turno quando cura un clandestino ?
A maggior ragione con l’istituzione del reato di ingresso clandestino in Italia, sia pur punito solo con una ammenda e non con il carcere.
Il medico cura l’illegale, ne prende le generalità e l’indirizzo di residenza in Italia e, poi, presenta denuncia alla Polizia: dov’è lo scandalo ?
L’unico scandalo
è nei confronti di chi chiude gli occhi e guarda da un’altra parte, mentre la nostra Patria viene invasa da elementi poco raccomandabili e senza che abbiano un lavoro, un alloggio che consenta loro di vivere dignitosamente senza delinquere.
Lo scandalo sta nell’ostacolare ogni politica di rigore e di sicurezza, nel nome di una ideologia e per dare ossigeno ad una opposizione allo sbando, che ridurrebbe i fenomeni di violenza recentemente aumentati e che creano allarmismo sociale e provocano, non essendo contrastati adeguatamente, la ovvia reazione – a volte sopra le righe – della popolazione civile.
Lo scandalo è condannare o perseguire chi si difende sparando ai rapinatori ed ai ladri.
Lo scandalo è non capire che è necessario ripristinare ordine e sicurezza in Italia e che tanto più a lungo si indulge nel lassismo, tanto più violenta e dura sarà la reazione e il ripristino di quell’ordine e di quella sicurezza che, prima o poi, riconquisteremo, in un modo o in un altro.
Dispiace che la Lega, ancora una volta, abbia accettato di rimuovere da un decreto legge, solo per compiacere Napolitano, un punto qualificante come le ronde dei cittadini.
Auspico che questo sia solo un arretramento tattico per arrivare a ronde armate e all’obbligo per i medici di denunciare gli illegali.

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16 febbraio 2009

Il nanismo intellettuale della sinistra

Se qualcuno avesse ancora bisogno di prove sul nanismo intellettuale degli esponenti di sinistra, ecco pronti e serviti tre episodi illuminanti.
L’Italia ospiterà, alla Maddalena, il G8 che, per l’occasione sarà allargato con inviti anche ad altre nazioni (tra le quali – immeritatamente – il Brasile che continua a dare protezione all’assassino e terrorista rosso Cesare Battisti).
L’occasione della ribalta internazionale dovrebbe essere colta, in uno spirito di marketing internazionale utile a vendere il prodotto e i prodotti “Italia”, come occasione per illustrare le glorie e le bellezze della nostra Patria.
Abbiamo opere d’arte naturali e dell’ingegno umano che sono un biglietto da visita importantissimo per incentivare turismo e conoscenza dell’Italia.
Silvio Berlusconi, che in questi aspetti non è secondo a nessuno, ha avuto l’ottima idea di affidare ad un simbolo l’immagine dell’Italia e del G8: i bronzi di Riace.
Mi ricordo che quando furono rinvenuti e ripescati colpirono l’immaginario collettivo e cosa potrebbe esserci di meglio che non affidare ai due antichi guerrieri di bronzo la “protezione” del G8 ?
Invece di plaudire alla geniale intuizione del premier, la cgil di Reggio Calabria è insorta: i bronzi non si muovano da qui !
La stessa miopia, lo stesso nanismo intellettuale, la stessa gretta rivalsa che, sempre la cgil, mostra nel chiedere una tassazione aggiuntiva, chiaramente classista, per i redditi superiori ai 150.000,00 euro
.
Una tassazione che non solo non darebbe alcun reale beneficio alle casse dello stato, ma neppure a chi percepisce redditi inferiori, visto che quel poco che si potrebbe spremere vessando ancor più tali redditi, si disperderebbe rapidamente con le voraci idrovore di cui è dotato il bilancio di spesa dello stato.
Ma, soprattutto, indurrebbe chi guadagna, producendo, a limitare la sua attività produttiva, con danno per tutti.
Perché questo accade quando non si premia il merito, ma lo si punisce nel nome di una egualitarismo ideologico che significa solo appiattimento verso il basso.
E’ lo stesso criterio in base al quale alcune maestre di una scuola di Bologna per protestare contro la riforma Gelmini (che dovrebbero solo e soltanto applicare, lasciando al momento elettorale la loro protesta) hanno violato uno dei principi fondamentali dell’educazione elargendo un “dieci politico” a tutti i bambini che da loro vanno per imparare e non per essere considerati tutti uguali, chi studia e chi non lo fa, chi è intelligente e chi non lo è.
Tre esempi illuminanti di come non si agisce nell’interesse della nazione, ma solo in base a meschine rivalse ed a miopi calcoli di un pregiudizio ideologico che ha già fatto sin troppi danni all’Italia.

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15 febbraio 2009

Costituzione da rifare

La sgradevole impressione che una giovane donna disabile sia stata lasciata morire di fame e di sete per la mancanza di una firma in un decreto disposto dal governo resta, ma è un problema di coscienza di chi quella firma non ha apposto.
Lo scontro tra un governo espressione di una maggioranza parlamentare e un presidente della repubblica espressione di parte e privo di consenso elettorale, pone dunque il problema di come evitare, per il futuro, simili discrasie.
Il governo, proprio perché è maggioranza, ha il diritto assoluto di governare e di realizzare le leggi che ritiene opportune per lo sviluppo della nostra società.
E’ soggetto solo alla Sovranità Popolare e non può trovare limiti nella sua funzione legislativa né da un presidente della repubblica che deve limitarsi a prendere atto delle decisioni, né da un potere giudiziario che deve limitarsi ad applicare le leggi approvate dal parlamento di cui il governo è espressione.
Troppo spesso in Italia (guarda caso proprio quando al governo ci sono le forze del rinnovamento che sono quelle del Centro Destra, visto che la sinistra si è arroccata nella difesa del passato) le disposizioni di leggi sono state annacquate o vanificate dall’ostruzionismo del presidente della repubblica del tempo (si chiami Napolitiano o si chiamasse Scalfaro o Ciampi) o da “interpretazioni” della magistratura architettate solo per far prevalere un principio ideologico.
Ciò è stato reso possibile da una costituzione studiata nell'immediato dopoguerra, oltre 60 anni fa e in vigore, senza modifiche o con ritocchi assolutamente marginali, ancora oggi, in una Italia profondamente cambiata che opera in un mondo profondamente cambiato.
La costituzione italiana vigente è il frutto di un compromesso tra le forze marxiste e quelle cattoliche e risente, essendone pesantemente influenzata, della sconfitta militare della seconda guerra mondiale.
Sono stati sostanzialmente esclusi dalla formazione della carta costituzionale i liberali e la Destra.
E si vede !
Inoltre, avendo nel 1946-48 ben in mente la figura carismatica e autorevole del Duce, si è voluto impedire, con tale documento, che potesse ripresentarsi un personaggio con altrettanto carisma e autorevolezza, da guidare l’Italia senza i compromessi che i costituenti hanno imposto nelle nostre procedure politiche, rendendole inefficaci in un mondo dove le decisioni devono avere pronta esecuzione per poter incidere.
Non possiamo inoltre tralasciare che la stessa forma istituzionale (repubblica) che conosciamo è profondamente inficiata dai dubbi che, dopo sessant’anni, continuano a permanere sul reale esito del referendum del 1946.
Allora, per dare efficacia all’azione di governo, nell'interesse della Nazione, deve essere cambiata la costituzione.
Radicalmente.
Deve essere cambiata l’impostazione, mettendo al centro la libertà dell’individuo e non lo stato.
Quindi la sicurezza e il benessere dell’individuo, una tassazione che non sia vessazione, la rigorosa tutela della proprietà privata, la libertà completa delle persone di esprimere e diffondere le loro idee (anche se divergenti dalle opinioni consolidate) devono trovare posto tra i principi fondamentali della nuova costituzione.
Ma deve anche essere indicata una forma di governo che consenta rapida attuazione ai programmi votati dal Popolo cui spetta la Sovranità e che può essere meglio esercitata con una partecipazione diretta all’elezione dei propri rappresentanti.
In questo ambito anche la giustizia deve trovare una riforma sostanziale, trasformando la nostra magistratura con giudici nominati non per asettico concorso, ma in base all’esperienza, alla competenza, alla fama conquistata nei tribunali, negli studi, nel campo del diritto e con pubblici ministeri eletti dai cittadini, perché ai cittadini rispondano delle indagini e delle priorità cui danno riscontro.
E dovrà essere uno stato federale, in cui le caratteristiche locali siano valorizzate e con amministratori quanto più vicini possibili ai propri amministrati, con riconosciuto il diritto alle comunità locali di secedere tanto dallo stato centrale, quanto, per le comunità locali minori, dalla comunità locale maggiore di cui fa parte.
Uno stato federale, in cui i contributi economici dei cittadini siano raccolti in sede locale e solo una minima parte sia inviata al governo centrale per le attività di politica estera, difesa, giustizia e il funzionamento dell’amministrazione centrale.
Ma il Popolo italiano dovrà anche essere chiamato a scegliere, in piena libertà, la forma istituzionale della nazione: monarchia o repubblica ?
E se fosse repubblica: presidenziale più che parlamentare.
E se fosse monarchia, con ampi poteri al premier.
E’, insomma, necessaria una totale revisione della carta costituzionale per affrontare con efficienza le sfide del futuro, garantendo le libertà individuali e liberandosi delle scorie di un passato sempre più lontano e inutilmente settario.

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13 febbraio 2009

In ricordo di Giacomo Bulgarelli, un Campione

Il 12 febbraio 2009, a poco più di 68 anni, è deceduto Giacomo Bulgarelli, campione (in tutti i sensi), sportivo, bandiera e capitano del Bologna che vinse lo scudetto con lo spareggio all’Olimpico del 7 giugno 1964.
Del Bulgarelli calciatore e uomo, ne hanno scritto i giornali ed ho visto bei servizi in televisione, ma qui io vorrei ricordarlo attraverso gli occhi di chi, bambino, lo vide giocare “dal vivo” sul verde prato dello Stadio di Bologna il Littoriale, poi chiamato Comunale ed ora Dall’ara in onore e memoria del Presidentissimo Renato Dall'Ara.
Per i bolognesi della mia generazione, Bulgarelli ha rappresentato l’esempio della sana gioventù sportiva di un tempo.
Mi ricordo che i nostri genitori erano lieti di potercelo indicare come esempio anche di vita quando si seppe che, nonostante i suoi successi sportivi, non aveva abbandonato gli studi e conseguì un diploma, credo da geometra e poi si iscrisse anche all’Università.
Altro che capricci e veline !
E mi ricordo che il suo comportamento esemplare in campo era il modello cui tendere, per correttezza e sportività, prima ancora che per i risultati.
Bulgarelli appartiene a quel calcio che ho amato e che faceva di alcuni giocatori delle bandiere e non delle banderuole.
Bulgarelli nel Bologna ha aperto e chiuso la sua carriera e ne è divenuto, negli anni, il simbolo, come forse sono Mazzola per l’Inter, Boniperti per la Juventus, Riva per il Cagliari e Rivera per il Milan.
Bulgarelli era un campione (non solo un bravissimo giocatore di calcio) come un Maradona non è mai stato e mai sarà, perché per essere dei campioni è necessario esserlo anche nella vita.
E Bulgarelli, nonostante gli infortuni sul campo e qualche avversità fuori dal campo ha saputo sempre interpretare, con semplicità e naturalezza, la parte, evidentemente non stonata, di campione in campo e nella vita.
Non mi ricordo sue dichiarazioni sopra le righe, neppure quando una coppia di dirigenti trascinò il “suo” Bologna in serie “C”.
Spesso Bulgarelli fu invocato come salvatore della società, ma non ebbe mai la fortuna di essere per Bologna quel che Boniperti è stato per la Juventus, forse perché i presidenti del Bologna, dopo l’indimenticabile Presidentissimo Renato Dall’ara, anche se nati da queste parti, avevano ed hanno inequivocabili ascendenze per metà genovesi e per metà scozzesi.
Potrei ricordare a lungo episodi dell’infanzia quando, bambini, prima di una partita tra di noi “interpretavamo” i giocatori e tutti volevamo “essere” Bulgarelli (si litigava anche per quello, salvo poi “farlo” a rotazione) o quando la “figurina Panini” del capitano rossoblu era la più contesa o quando ci si arrabattava per averne l’autografo.
Preferisco chiudere con un ricordo recentissimo.
Fino ad pochi mesi fa, in via Farini, al mattino presto, lo incrociavo mentre mi recavo in ufficio.
La prima volta, più come una affermazione che come una domanda dissi “Lei è Bulgarelli”.
Si fermò ed ebbi modo di dirgli quel che aveva rappresentato per me, per noi ragazzi negli anni sessanta, e che ho riassunto in questo ricordo.
Sorrise e mi ringraziò, spero (e credo) gli abbia fatto piacere, oltre 30 anni dopo che aveva smesso di giocare, essere ancora ricordato in quei termini.
Nei giorni successivi ci salutammo ogni volta, senza scambiare alcuna parola, ma solo con un gesto della mano e un sorriso, come due persone che si conoscono da sempre.
Onorevole Giacomino, salute !”.




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Sbarramenti elettorali e rappresentanza

I partiti minori si sono scagliati contro la nuova legge elettorale per le europee, ormai in via di approvazione, che prevede uno sbarramento del 4% per poter entrare in parlamento.
La legge vigente consente l’ingresso a partiti che ottenessero poco meno dell’1%.
Lo spirito fino ad oggi adottato era quello di garantire, in un parlamento peraltro privo di consistenza (ma che paga profumatamente i suoi componenti che, inoltre, ottengono anche cospicui rimborsi elettorali per il loro partito !) una rappresentanza proporzionale delle istanze presenti nella nostra società.
La motivazione per il cambio della legge risiede nella dichiarata esigenza di dare più forza alle istanze globali della realtà italiana con gruppi parlamentari più forti ed omogenei.
In realtà i partiti che sanno di poter superare quel quorum, intendono conquistare anche quel pugno di seggi che è sempre sfuggito loro.
Io credo che la realtà italiana sia, oggi, troppo variegata per poterla rinchiudere in due partiti; meglio due contenitori, come quelli realizzatisi nelle elezioni del 2006, in cui all’interno potevano partecipare e contarsi anche i piccoli partiti identitari.
In sostanza io non vedrei mele l’estensione della nostra legge elettorale nazionale al parlamento europeo, con tanto di “premio di maggioranza” alla coalizione che prende più voti.
Non vedrei neppure male la divisione del territorio nazionale in tanti collegi uninominali, dove sia eletto il più votato e dove possano candidarsi i cittadini italiani ivi residenti da almeno un tot di anni.
Così da impedire di “paracadutare” forestieri e per aprire la strada anche alle “sorprese” di candidati estranei alle logiche di partito.
Ma, per ora, questi sono sogni.
La realtà è altra e vede la legge in procinto di essere approvata (semprechè non lo sia già stata, visto che questo post è scritto da tempo e riletto solo il 7 febbraio) prevede lo sbarramento al 4%.
Mi sembra fuori luogo la contestazione dei piccoli: a voti invertiti avrebbero fatto altrettanto.
Mi sembra negativo che si sia trovato un accordo tra pd e pdl.
Io auspico che i piccoli colgano l’occasione per accorpamenti tra simili, creando nuclei identitari più forti e si presentino ugualmente, anche senza la certezza di ottenere il quorum richiesto, per mostrare ai “grandi” quanto effettivamente possono rappresentare, anche a futura memoria per le alleanze nelle prossime scadenze elettorali.
Mi auguro che a nessuno venga più in mente di scatenare una campagna elettorale fondata sul “voto utile”, perché in tal caso il mio voto, per quanto possa contare, andrà sicuramente ad un partito identitario, mentre in questo momento sto riflettendo se concedere fiducia alla Lega che parla bene, ma razzola ancora male (veggasi voto a favore del trattato di Lisbona e troppa acquiescenza con i veti buonisti del “partito di centro, moderato e liberale”).

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12 febbraio 2009

Pensioni e part time

Nei giorni scorsi, prendendo atto della crisi finanziaria, è tornato di attualità anche l’enorme debito pubblico italiano.
Un debito statale si riduce in due soli modi: aumentando le entrate o riducendo le uscite.
Aumentare le entrate significherebbe appioppare nuove tasse o aumentare quelle esistenti.
E’ una strada che Berlusconi ha sempre respinto e mi auguro che mantenga la parola, senza esitazioni, anzi promuova un ritorno alle sue aliquote irpef, visto che quelle taglieggiatici che subiamo adesso sono invenzione di Prodi e Visco.
Quindi è necessario tagliare le spese.
In parte si è agito su questo versante anche se molti rivoli tolgono sangue al contribuente (che è quello che finanzia lo stato) e sarebbe opportuno usare la spada di Alessandro Magno per tagliare il nodo gordiano della spesa decidendo di sospendere ogni uscita, per ricominciare ad autorizzarle tutte, una per una.
Forse si riuscirebbe a risparmiare (e non poco).
Ma la strada più pratica è quella di affrontare le grandi spese statali.
Una di queste è quella relativa alle pensioni.
Ho già avuto modo di sostenere che un governo dovrebbe affrontare il problema con decisione:
- pareggiando l’età pensionabile di uomini e donne;
- abolendo le pensioni di anzianità e mantenendo solo quelle “di vecchiaia” a 65 anni di età;
- parametrando le pensioni tutte al sistema contributivo.

Sono provvedimenti che, indubbiamente, vanno ad incidere su aspettative significative, ma credo sia meglio fare qualche sacrificio oggi per avere la certezza di una pensione decorosa domani.
Per noi, per chi è già oggi in pensione e per chi ha davanti ancora tutta la propria vita lavorativa.
Nella totale dissonanza con le proposte che Prodi faceva, una, una sola, mi sembrava intelligente: infatti fu citata una volta e mai più.
Meritevole di studio e approfondimento è introdurre un sistema che consenta una sorta di “part time” a quanti si trovassero ad un tot di anni di distanza dalla pensione.
Ad esempio a dieci anni dalla pensione.
Il part time avrebbe lo scopo di ridurre i costi dell’azienda che, in tal modo, potrebbe rivolgersi sul mercato del lavoro per reclutare forze giovani e nello stesso tempo di consentire a chi magari lavora già da 30, 35 anni, di ritagliarsi più tempo a disposizione delle proprie esigenze, dei propri interessi della propria famiglia.
Inoltre i “vecchi” resterebbero nel patrimonio aziendale, con la possibilità di trasmettere la loro esperienza e le loro conoscenze ai più giovani (e spesso nelle aziende che ricorrono a massicci “esodi” è sensibile la perdita di professionalità e conoscenze che si verifica !).
Un “assaggio” parziale di pensione, insomma.
Lo stipendio, ovviamente, sarebbe proporzionale al part time, mentre i contributi pensionistici dovrebbero essere versati per intero, così da non intaccare il quantum della pensione cui si accederà a 65 anni.
Personalmente l’idea di avere più tempo libero, adesso, senza abbandonare l’attività lavorativa mi attirerebbe, anche in “cambio” di uno stipendio più magro, ma con la prospettiva di avere la pensione “piena”.

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11 febbraio 2009

Abbiamo proprio bisogno di un nuovo reato di “stalking” ?

Si è fatto un gran parlare di un nuovo reato che, dalla giurisprudenza anglosassone, è chiamato “stalking”.
Alla sua prima approvazione, è stato accolto con un coro di battimani, come si suol dire con compiacimento fuori luogo, “bipartisan”.
Il reato sarebbe imputabile a chi “perseguita” qualcun altro con insistenti attenzioni sonore, visive e fisiche.
Ma c’era bisogno di introdurre un nuovo reato ?
A me sembra proprio di no.
Abbiamo già nel nostro ordinamento delle previsioni specifiche per minaccia (612 c.p.), violazione di domicilio (614), furto (624), interferenze illecite nella vita privata (615 bis), accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (615 ter).
E non sono gli unici articoli che riguardano i delitti contro la persona, tutti sufficientemente in grado di colpire chi esercitasse azioni di disturbo nei confronti del prossimo.
Allora perché un nuovo reato ?
Non vorrei che, in un periodo in cui le violenze sulle donne hanno conquistato le prime pagine dei giornali a causa della loro frequenza, invece di cercare di affrontare il problema alla base (il ritorno a Valori etici in via di progressivo abbandono e la riduzione drastica dell’immigrazione con l’introduzione di persone estranee alla nostra cultura e ai nostri costumi) si preferisse la comoda strada della repressione giudiziaria.
Concedendo così ulteriori poteri, ai già troppi che ha, alla magistratura e creando nuove, inquietanti problematiche su dove, ad esempio, finisce un corteggiamento ed inizia lo “stalking”, rendendo così la nostra una società sempre più arida e sempre più in mano alle “interpretazioni” dei magistrati.

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10 febbraio 2009

No aiuti settoriali, sì alla riforma del welfare

Il presidente di Confindustria continua a chiedere “di più”, perfettamente in sintonia con la trimurti sindacale e il pci/pds/ds/pd.
Intanto sono stati impegnati ben due miliardi di euro (quattromila miliardi delle vecchie lire: una minimanovra !) per gli aiuti settoriali all’auto, elettrodomestici e affini.
E se questi soldi fossero spesi per riformare il welfare, non sarabbe meglio ?
Se, invece di “drogare” i consumi, tenendo artificialmente in vita aziende che non sono in grado di mantenersi, si lasciasse fare alla legge del libero mercato e lo stato si preoccupasse di investire i fondi disponibili in un sistema di assistenza a chi dovesse perdere il lavoro, legata anche al tempo di permanenza nelle liste di disoccupazione e alle attività che vengono svolte, dalle iniziative individuali assunte per uscirne ?
Certo, ci sarebbero dei rivolgimenti nel panorama globale della finanza e negli assetti di potere, ma sarebbe una iniezione di carburante, di adrenalina per nuove società, nuove iniziative che porterebbero, come diceva la Thatcher, a nuovi ricchi, con nuove idee e nuove spinte a beneficio di tutta la società.
Del resto, perché aiutare la Fiat e non la ditta di idraulica in via di fallimento in un comune montano ?
E soldi per tutti non ce ne sono.
Perché elargirli ai soliti noti ?
Perché continuare a fare acquiescenza al motto primigenio della Fiat: privatizzare gli utili e socializzare le perdite ?


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09 febbraio 2009

10 febbraio: io ricordo

Quest’anno scrivo per la ricorrenza del 10 febbraio con molto anticipo, senza sapere se, con il ritorno di Berlusconi – che l’aveva istituita - al governo questa data sarà celebrata degnamente o se passerà ancora una volta, ignobilmente, sotto silenzio.
Allora ne approfitto per una breve considerazione sulle celebrazioni, le ricorrenze i “giorni della memoria”.
Un autentico “giorno della memoria”, una ricorrenza che rappresenti un Valore comune per una nazione, per un popolo, dovrebbe essere una data simbolica che ricordi la storia comune, il fatto che la nostra gente è “una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor”.
E’ invece evidente che ognuno festeggia la sua parte, la “sua” memoria che è principalmente ideologica.
L’ultima volta hanno vinto gli antifascisti e, quindi, si festeggia il 25 aprile.
Dal 1922 al 1943 si festeggiava il 28 ottobre.
Il 4 novembre, ricorrenza della Vittoria, non è più festivo (si spera nel ritorno al governo di Berlusconi …) mentre il 2 giugno, festa della repubblica, ha un coro di strombazzamenti (stendendo un velo pietoso sul referendum istituzionale del 1946 …) retorici.
Non ci si ricorda più del 21 aprile (Natali di Roma) e del 17 marzo (proclamazione del Regno d’Italia, la nostra Patria ritrovava una prima unità).
Il 10 febbraio dovrebbe essere il Giorno della Memoria per noi Italiani, una data simbolo per ricordare i nostri Fratelli assassinati dai comunisti che in Istria realizzarono una feroce pulizia etnica per impossessarsi di terre italiane, annientando la popolazione locale per sostituirla con immigrati slavi.
Io, comunque, ricordo.

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08 febbraio 2009

Mogli e buoi dei paesi tuoi

Ha fatto rumore lo sciopero degli operai inglesi “contro” la decisione di una ditta italiana, cui la Total aveva assegnato un appalto, di utilizzare lavoratori italiani e di altre nazioni, invece di ricorrere al mercato britannico.
La vicenda si è conclusa con l’introduzione di una norma che prevede un 50% di posti riservati agli inglesi.
Si è gridato al delitto di leso globalismo.
A me, invece, sembra un evento di buon auspicio.
La crisi mondiale ha questo di buono: ognuno riscopre le necessità del proprio popolo, della propria nazione.
L’economia di carta, crollata sotto i colpi delle bancarotte finanziarie, può lasciare il posto all’economia reale, quella che produce beni e servizi, quella che è e resta il volano di ogni progresso della nostra società.
Il globalismo va bene quando consente la libera circolazione delle merci, in un libero mercato.
Poi, facciamo anche in questo caso un distinguo.
Va bene quando le merci sono prodotte in condizioni e con tutele (per la salute dei consumatori e per la sicurezza dei lavoratori) equivalenti, perché il costo del lavoro e della sicurezza è pari.
Il libero mercato richiede un correttivo (cioè dei dazi e se necessario dei blocchi) quando arriva merce che non è trattata nella stessa maniera, che viene prodotta senza osservanza dei principi di sicurezza del lavoro, della salute dei consumatori o, anche, dei diritti di autore.
Ma, sul presupposto che la situazione di partenza sia equivalente, il principio della libera circolazione delle merci è sacrosanto.
Ma i lavoratori non sono merci, sono persone e, in quanto tali, hanno esigenze ulteriori rispetto ad un “magazzino” in cui essere collocati.
Le persone hanno bisogno di socializzare, di scaricare anche le tensioni del lavoro giocando, distraendosi, dando sfogo alle proprie passioni ed ai propri interessi.
Questo porta, inevitabilmente, ad interagire con la società circostante, creando tensioni, modificando la struttura sociale in cui ci si inserisce “a forza”.
Di più.
Ogni posto di lavoro che in una nazione viene assegnato ad una persona di altra nazione, oltre ad importare un elemento estraneo al tessuto sociale autoctono, impedisce ad un locale di ricoprire quel ruolo, quel posto.
Innescando, in questo modo, altre tensioni, aumentando la disoccupazione, sottraendo ricchezza alla nazione ospitante per esportarla altrove.
Mi sembra, quindi, perfettamente naturale che, anche nel lavoro, si possa applicare un principio di prevalenza, un diritto di prelazione per i posti di lavoro, riservato ai lavoratori del luogo e solo se si rivelano in numero insufficiente alle esigenze, invitare con ogni cautela personale straniero.

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07 febbraio 2009

Sulla decretazione d’urgenza Berlusconi ha tutte le ragioni

No, non parlo di quella triste vicenda che vede una parte degli italiani “tifare” perché una giovane donna sia lasciata morire di fame e di sete.
Parlo invece della querelle di principio sul rifiuto di Napolitano di controfirmare il decreto che Berlusconi aveva preparato per impedire che la giovane donna sia lasciata morire di fame e di sete.
Naturalmente i “costituzionalisti” si sono divisi e la politica si è schierata, tutti in base alla propria convenienza che discende dalla propria appartenenza ideologica.
A me non interessa qui interpretare la costituzione che, come ha ben detto Berlusconi, se non è chiara si può sempre cambiare.
A me interessa rispondere alla domanda se un governo eletto dai cittadini, un Premier che ha ottenuto la fiducia di milioni di italiani, debba essere costretto a sottostare al veto di un personaggio che, per come è stato eletto (elezione di secondo grado); che è, a volte in base alla storia personale di chi ricopre quell’incarico, esponente della più grigia burocrazia e nomenklatura politica e, nel caso di Napolitano, ha avuto anche il voto solo a maggioranza di parte di un parlamento, quello eletto nel 2006, sulla cui formazione sarebbe opportuno fare luce una volta per tutte chiarendo il reale risultato elettorale.
La mia risposta è, con ogni evidenza: NO !
Il governo voluto dai cittadini deve poter spiegare in toto la sua politica, senza “dialogo” e senza limiti che si traducono immancabilmente in rallentamenti delle decisioni politiche, nel loro inquinamento con quanto propugnato da portatori di interessi e di opinioni contrarie e, quindi, con la perdita immediata di gran parte dell’efficacia dei provvedimenti stessi che, per poter realizzare il loro scopo, hanno bisogno di essere incardinati in una strategia globale e coerente.
Cosa che non potrà mai essere possibile se saranno soggetti al compromesso con spinte contrastanti.
Lo vediamo con la sicurezza e con la politica dell’immigrazione ed ugual sorte ha ogni decisione relativa alle questioni etiche.
E’ evidente che non sempre e non tutte le decisioni di un governo possono essere condivise, ma ritengo doveroso concedere e un diritto ad ottenere che quel governo espressione di una maggioranza di cittadini possa realizzare il suo disegno, senza continue modifiche in corsa per le pressioni di questo o di quello.
Tanto più in un’epoca dove la velocità di decisione deve essere rapportata alla velocità delle comunicazioni e dei cambiamenti nel corpo sociale ed economico di una nazione, quindi ogni rallentamento è un ostacolo per il progresso dell’intera società.
Berlusconi bene ha fatto ad aprire il contenzioso con Napolitano, non accettando il suo veto e bene hanno fatto i ministri a votare, all’unanimità, sia il decreto che il disegno di legge.
Perché non ci possa essere, in futuro, un precedente che metta sotto tutela un governo espressione del voto popolare.
La costituzione, poi, è sicuramente da cambiare – per quanto mi riguarda in toto – ripensando anche ad un presidenzialismo che dia ampi poteri esecutivi ad un capo dello stato eletto dal Popolo.

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06 febbraio 2009

L’unico aiuto di stato sia la riduzione delle tasse

Ci risiamo.
L’orgia di socialisti che il nuovo Berlusconi con il suo “partito di centro, moderato e liberale” ha inserito nel governo, ha partorito quel che il vero Berlusconi non avrebbe mai fatto: un programma di interventismo statale, mascherato da decisionismo contro la crisi, dimentico dei danni provocati negli anni sessanta dal primo centrosinistra con i socialisti al governo e le sue nazionalizzazioni.
Va da se che non è tutta colpa di Berlusconi (e che gli altri sarebbero ancora peggio !), visto che in europa e negli Stati Uniti di quello “giovane, bello (?) e abbronzato” si sta percorrendo la stessa pericolosa e già fallimentare strada dello statalismo, ma anche Berlusconi ci sta mettendo del suo, soprattutto se si considera che a fronte di migliaia di piccole ditte in crisi che hanno aumentato il numero delle procedure concorsuali aperte nel 2008, ci si è occupati di salvaguardare i grossi interessi che orbitano attorno a Fiat (e prima ancora ad Alitalia).
Questo tipo di intervento statale “mirato”, quindi influenzato dalle lobbies economiche e manageriali, aumentando la dipendenza dell’economica dai finanziamenti pubblici, riduce la libertà individuale, alterando la logica del mercato.
I contributi statali (cioè con i soldi che ci sono sottratti tramite tasse e imposte) per le varie “rottamazioni” sono anche soldi sottratti alla istruzione, alla sanità, alla riforma della pubblica amministrazione.
Ma non per spese clientelari, bensì per l’acquisto di beni strumentali e per la realizzazione di strutture in cui lavorare e studiare e curare in modo adeguato.
Sono anche un incentivo all’indebitamento privato, causa di tanti mali nell’economia contemporanea, da cui, in Italia, finora, ci si era tenuti se non lontani, almeno a livelli più bassi che altrove.
E’ assurdo pensare che se io ho una automobile, ancorché vecchia ed “euro 0, 1 o 2”, debba pensare di spendere svariate migliaia di euro per comprarne una “euro 4 o 5”, solo in funzione del “risparmio” di 1.500 euro del contributo statale.
Io cambio l’automobile solo se quella che posseggo non va più.
Oppure, come succede in Italia, se sono sotto “ricatto” dei divieti di circolazione perché, indipendentemente dal controllo degli scarichi e della tenuta del mezzo, per il solo fatto che è un “euro 0, 1 o 2” mi si inibisce la circolazione.
E i soldi che “lo stato” elargisce con queste rottamazioni da dove vengono ?
Dalle nostre tasche.
Più vengono elargiti miliardi, più cresce il buco nel bilancio statale, più ognuno di noi è indebitato a causa delle scelte del tesoro italiano, più aumenta il rischio che arrivino un giorno a dirci: “bambole, non c’è una lira” !
E con la scusa di “risanare il debito pubblico", invece di spendere di meno, taglieggiare i cittadini con nuove tasse e con l’aumento di quelle esistenti.
Ancora una volta, ancora in questa circostanza, si vede come l’unico “aiuto di stato” ai privati ed alla nostra economia sarebbe la riduzione delle tasse.
Se noi cittadini vedessimo ridotto il prelievo fiscale, ben sapremmo come spendere al meglio quei soldi in più che adesso volano verso le casse statali (per essere sperperati in rivoli inutili) per le nostre specifiche esigenze, dando anche il nostro contributo alla ripresa dei consumi e, quindi, della produzione.

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05 febbraio 2009

Immigrazione:tanto per la sinistra si è comunque razzisti

Luci ed ombre nel provvedimento sulla sicurezza approvato dal senato.
Iniziamo dalle ombre la principale delle quali è la triplice votazione negativa propiziata dai “franchi tiratori”, presumibilmente del “partito di centro, moderato e liberale”, che ieri hanno costretto alla resa il governo su tre emendamenti buonisti che andavano ad intaccare l’assetto voluto dal leghista Maroni.
Ombre anche sulla norma, che andrà letta bene, sulla c.d. “apologia” che porterebbe all’oscuramento dei siti internet: detta così parrebbe lasciare sin troppa discrezionalità ai magistrati.
Ombre per la norma ad hoc – che potrebbe essere vanificata per una manifesta incostituzionalità – sul divieto di arresti domiciliari solo per gli stupratori.
Ombre perché non è passato il carcere per chi deturpa (con asserite “opere d’arte”, cioè graffiti) i muri della città (questo pare un grave errore di valutazione della Lega).
Ombre perché se da un lato vengono “istituzionalizzate” le “ronde padane”, dall’altro queste devono essere disarmate (e con che cosa possono contrastare i criminali ? Facendo “pum” con la voce ?).
Ma ci sono anche luci.
Bene la tassa sul permesso di soggiorno che dovrebbe diventare una addizionale sull’immigrazione per rimborsarci il rimpatrio degli illegali.
Bene il registro dei “senza dimora”.
Bene alle “ronde”, purtroppo disarmate.
Bene la denuncia degli irregolari da parte dei medici, purtroppo la norma non obbliga, ma rende la denuncia facoltativa.
Bene allo spray al peperoncino.
Da verificare la c.d. norma “antimoschee”, perché non mi sembra che sia una disposizione che attui la promessa elettorale leghista di una moratoria sulle costruzioni di moschee, ma sia solo legata ad eventuali indagini e risultanze su attività criminali.
Naturalmente il pci/pds/ds/pd ha subito gridato al “razzismo”, dimostrandosi ancora una volta estraneo alle esigenze del Popolo.
E poiché, comunque, la sinistra latrerebbe contro ogni provvedimento che cercasse di ripristinare ordine e sicurezza, tanto vale abbandonare ogni remora e mostrare, finalmente, quel pugno di ferro, fino ad ora sin troppo nascosto dietro il guanto di velluto.
Così verificheremo chi, nel “partito di centro, moderato e liberale”, ostacola la realizzazione di una normativa che, pur non essendo – neanche lontanamente – adeguata alle promesse elettorali leghiste, rappresenta comunque un buon passo in avanti rispetto all’imbelle buonismo del passato, aspettando che, adesso, la “cattiveria” preannunciata dal Ministro Maroni si manifesti anche con il veloce rimpatrio di tutti gli illegali che dovessero ancora sbarcare in Italia.
La sinistra accuserebbe comunque di “razzismo” e di “xenofobia”, quindi tanto vale non porsi alcun problema di “immagine”.

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04 febbraio 2009

Libertà di Negazionismo

Come era prevedibile il tema del c.d. “negazionismo” torna sempre a galla e, questa volta, è stata il Cancelliere tedesco, cioè l’ “erede” di chi, da ultimo, ha innescato la miccia, che si è permessa di chiedere le credenziali al Papa.
Da sempre sono appassionato di ricerche storiche e non a caso oltre ad essermi laureato in Storia del Diritto Romano, ho anche sostenuto tutti gli esami di quel settore, ivi inclusi Esegesi delle Fonti del Diritto Romano e Papirologia Giuridica.
Ogni studioso di storia ha i suoi periodi preferiti che approfondisce con piacere e nei quali, da dilettante o da professionista si specializza e, per quanto mi riguarda, le vicende legate alla seconda guerra mondiale non rientrano tra i miei interessi, per cui ho letto poco o nulla e quel poco con poco interesse.
Ogni ricercatore, dilettante o professionista, sa che la Storia non è una fotografia immobile, ma si presta ai ritocchi, anche consistenti, man mano che gli studi approfondiscono le fonti e affiorano aspetti spesso trascurati perché i contemporanei degli accadimenti non avevano interesse a farli emergere.
Così se conoscere la Storia, significa conoscere le nostre Radici e sapere da dove veniamo, quale è il percorso che abbiamo fatto e, quindi, cercare con più coerenza di sapere dove stiamo andando, conoscerla in modo distorto significa partire da presupposti errati e giungere a conclusioni fondate sull’errore.
La messa in discussione continua delle certezze storiche è quindi utile per evitare gli errori di valutazione derivanti da una impostazione sbagliata.
E’ legittimo, è un diritto di libertà mettere in discussione le “verità” proposte da altri, confutandole con teorie e con riferimenti alle fonti.
E’ un abuso, è una violazione della libertà della ricerca storica impedire la diffusione delle nuove risultanze, delle nuove teorie.
Ancor più è liberticida emanare leggi che puniscano, con il carcere, chi esprime tesi contrarie ad una “verità” decisa da una maggioranza.
Credo che, su questo, nessuno possa obiettare: la libertà della ricerca storica e della esposizione e diffusione delle proprie conclusioni deve essere garantita.
Poi, chi è interessato a quel periodo storico, ha uguale e contraria libertà di esporre e diffondere le sue confutazioni e le sue conclusioni.
I principi della ricerca storica non vogliono eccezioni, neppure per quel fenomeno che va sotto il nome comune di “negazionismo”.
E questo lo possiamo rilevare dallo stesso andamento della ricerca storica e della sua comunicazione che, come ben ricordano i miei coetanei, solo in tempi recenti è assurta al rilievo che conosciamo.
Quando noi eravamo a scuola (elementari, medie, superiori) non si parlava di olocausto nei termini così diffusi come se ne parla oggi.
Paradossalmente più ci allontaniamo dal periodo in cui tali fatti sono avvenuti, più cresce la loro eco e, infatti, solo dal 2000 – se non sbaglio, vado a memoria – è stato riconosciuto un “giorno della memoria” per tale evento.
La prima domanda che mi porrei se fossi interessato ad approfondire nel merito l’argomento è: perché dopo così tanto tempo ?
La seconda domanda è il più classico dei “cui prodest” rinverdire e rivangare ogni anno, con sempre maggiore sfarzo mediatico, un evento raccapricciante, ma che il tempo dovrebbe, come è naturale, collocare sempre più distante da noi ?
Noi non siamo responsabili di ciò che accadde, qualunque cosa accadde, in quegli anni quando la maggior parte di noi neppure era nata e le situazioni di persecuzione nei confronti degli ebrei risalgono praticamente nella notte dei tempi, con periodici accanimenti, in particolari momenti storici e sociali e se la Bibbia parla della vicenda di Mosè è perché il popolo ebraico fu deportato in Egitto, ed una autentica “diaspora” avvenne dopo la repressione delle rivolte del 70 d.C. da parte delle Legioni Romane dell’Imperatore Tito (con tanto di “epopea” cantata in romanzo e film: Masada).
Ecco quindi che sorge spontanea la terza domanda: perché questo accanimento contro gli ebrei ?
Ma quella per me più importante ai fini di questo post è la quarta ed ultima domanda: perché tanto accanimento nel cercare di impedire la diffusione e la conoscenza delle tesi c.d. “negazioniste” ?
Cosa c’è dietro questo coro che tende a soffocare quella che altro non è che una ricerca storica con conclusioni differenti da quelle cui sono giunti in maggioranza gli storici ?
Perché ci sono nazioni (Germania, Austria, Polonia e altre) che addirittura puniscono penalmente e con la prigione chi espone o pubblica o cita tesi contrastanti con la “verità” comunicata dalla vulgata generale ?
Di cosa hanno paura ?
Ecco, queste sono domande che ogni ricercatore, dilettante o professionista, di storia porrebbe alla base di un suo studio sul fenomeno.
E’ probabile che dati dieci ricercatori, avremmo dieci risposte differenti, anche se con la possibilità di ricondurle a due/tre filoni di base.
Come ho scritto in premessa io non ho le risposte a quelle domande non avendo mai avuto modo né interesse ad approfondire il periodo storico in questione.
Ma so che tanto più uno stato, una democrazia, una idea sono forti, tanto meno devono imporre il bavaglio a chi la pensa diversamente dalla maggioranza.
La Libertà si compone di tanti aspetti, di tanti momenti, piccoli o grandi, in cui, senza provocare danno ad altri, ognuno esprime se stesso, ciò che sente, ciò che pensa.
Questa è la Libertà che è, anche, Libertà di Negazionismo.

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03 febbraio 2009

Ministro Maroni:meno proclami e più fatti !

Il Ministro leghista degli Interni, Roberto Maroni ha dichiarato che il fatto di Nettuno non è ascrivibile a “razzismo” ma ad un degrado e disagio sociale.
Ha anche aggiunto che contro la immigrazione illegale che tanto allarme genera nei cittadini e disordine porta nelle nostre città, non bisogna essere “buonisti”, ma agire con “cattiveria”.
Naturalmente queste parole hanno fatto schizzare i “politicamente corretti”, tutti o quasi di sinistra, che hanno ricominciato a recitare il rosario del “buonista”, gridando, per l’ennesima volta, al razzismo, alla xenofobia, all’allarmismo, dimostrandosi, ancora una volta, estranei al sentimento popolare.
I Veltroni, le Bindi, le Finocchiaro e anche i Fini che non perdono occasione per propinarci il raffermo minestrone liturgico dell’antirazzismo in una nazione dove il razzismo non c’è, farebbero meglio a frequentare di più i bar che tanto spregiano, ascoltando il Popolo che vorrebbero rappresentare ed evitando gli elitari e snob salotti della borghesia rossa.
E’ ovvio che i sondaggi diano la Lega in crescita a scapito del “partito di centro, moderato e liberale”, interpretando infatti il partito di Bossi e Maroni la “pancia” dell’elettorato del Centro Destra, tanto più in una situazione in cui nel Centro Destra è scomparsa la Destra – affondata dalle esternazioni di Fini e dalle divisioni tra i troppi movimenti identitari nati dalla diaspora dall’MSI ed An – i cui valori sono stati fatti in gran parte propri dalla Lega.
Ma comprendere, interpretare e rappresentare a parole il sentimento popolare non basta, non basta più, almeno, per garantirsi una stabile, ampia base elettorale.
E’ necessario che ai proclami seguano i fatti ed è qui che la Lega ha, finora, mancato.
Dall’improvvido voto favorevole al trattato di Lisbona, alla rinuncia al reato penale di ingresso clandestino in Italia (punito solo con una ammenda), alla capitolazione su Alitalia e Malpensa, alla scomparsa di ogni riferimento alla legge che dovrebbe impedire la costruzione di nuove moschee, la Lega ci ha abituato a non prendere esempio da Napoleone che, nella descrizione del Manzoni, “di quel securo il fulmine, tenea dietro al baleno”, bensì ad essere come il cane che abbaia ma non morde.
Siamo indulgenti.
Era prioritario il federalismo fiscale.
Ma ormai il federalismo è passato in un ramo del parlamento con l’astensione persino del pci/pds/ds/pd.
Adesso la Lega faccia quello per cui è stata principalmente votata: legge e ordine.
I manifesti leghisti sono esemplari per chiarezza e immediatezza, esattamente come le parole dei suoi esponenti e il Ministro Maroni ieri non ha fatto eccezione.
Non si preoccupi degli abatini del politicamente corretto, non si curi dei loro urletti scandalizzati e delle raccolte di firme che vorranno promuovere tra gli “intellettuali”.
Sia “cattivo”, come il Popolo vuole che sia il suo ministro degli interni, per garantire ordine, sicurezza, benessere agli Italiani.

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02 febbraio 2009

La solita fola su razzismo e xenofobia

Nella mia “agenda” per post da pubblicare ci sono i temi del c.d. “negazionismo”, delle pensioni, del lavoro, ma l’attualità mi porta sempre a posporli … tanto sono argomenti “sempreverdi”.
Oggi ho cambiato idea sull’argomento da proporre nel blog dopo aver letto le dichiarazioni di Veltroni, Fini e Napolitano sul fatto accaduto ieri a Nettuno.
Ancor prima di conoscere i fatti e le risultanze delle indagini, i primi due – seguiti a ruota dai rispettivi cortigiani – hanno sparato frasi retoriche e indignate contro la xenofobia e il razzismo che, a loro dire, sono in crescita nella nostra società.
Veltroni non ha perso l’occasione per il suo pistolotto antigovernativo, trovando nella (debole, debolissima) politica governativa contro l’immigrazione il seme di quello che lui chiama odio xenofobo.
Sorprendente Napolitano che, pur a conoscenza delle risultanze delle indagini, oggi ha aperto le danze contro il diffondersi (?) in Italia del razzismo e della xenofobia.
Invece di tacere e analizzare la situazione i nostri politici hanno preferito giocare a chi esprimeva il concetto più aulicamente retorico.
Naturalmente scegliendo anche la via più facile, cioè la solita menata sul razzismo e la xenofobia, non capendo che proprio con le loro parole favoriscono il crescere di una mentalità da scontro che porterà l’Italia a seguire la Francia sulla via delle banlieu.
Abbiamo visto come il fatto di ieri non abbia nulla a che vedere con il razzismo e la xenofobia (troppo spesso invocati a sproposito) mentre abbia molto a che fare con una società priva di valori, in cui la vita ha perso ogni sacralità, come risulta da recenti campagne favorevoli all’eutanasia.
Come possiamo allora pensare che un gruppo di bamboccioni sbronzi e strafatti possa avere delle inibizioni a dar fuoco ad un barbone alla loro mercè, indipendentemente dal colore della sua pelle ?
Fini, Veltroni, Napolitano, invece di gareggiare nella retorica tribunizia, dovrebbero fare un esame di coscienza e chiedersi perché siamo giunti a questo punto e dove erano loro quando si approvavano leggi che devastavano il nostro tradizionale ordine e buon costume.
Quando si propugnano leggi che stravolgono la morale consolidata, quando si sostiene un anomalo “diritto” a pratiche tradizionalmente considerate malate, quando si consente che prenda piede la tesi per cui ognuno possa decidere di togliersi la vita, allora non ci si può rifugiare nella comoda trincea della “xenofobia” e del “razzismo”, ma si dovrebbe fare autocritica e ascoltare la voce di una Autorità Morale come quella del Papa che dall’inizio del Suo pontificato riafferma la sacralità della vita, sin dal suo concepimento.
Quando si consente agli stranieri di sbarcare in massa in Italia, senza alcun controllo, senza alcuna limitazione, allora non si può poi puntare l’indice su un presunto “razzismo” o “xenofobia” se si reagisce ad efferati crimini compiuti da questi stranieri.
La colpa non è di chi è giunto al limite della sopportazione ed è ormai pronto a reagire, ma di chi ha consentito che la nostra pacifica e tranquilla società venisse violentata con l’immissione selvaggia di elementi estranei e che sotto alcuni aspetti non hanno alcuna voglia di integrarsi ma pretenderebbero che si cambino le nostre abitudini, per i loro comodi.
E quando quattro balordi, uno dei quali persino minorenne, sbronzi compiono una azione criminale, è inutile dar fiato alle trombe della retorica, perché non è “razzismo” o “xenofobia”, ma si tratta “solo” di quattro balordi ubriachi.

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01 febbraio 2009

Cesare Battisti: non si molli la presa

Bene fa il governo italiano a non lasciare nulla di intentato tramite le procedure giudiziarie, per ottenere le consegne del terrorista rosso Cesare Battisti che, ora, si rivela anche uno che, per salvare se stesso, accusa, con trenta anni di ritardo, i suoi compagni di lotta, testimoniando con ciò il suo spessore morale non mutato rispetto agli anni in cui andava in giro pistola in pugno.
Ma anche se la corte suprema brasiliana dovesse rigettare la richiesta di restituzione del criminale, non devono essere spenti i riflettori sul caso e non deve essere considerata chiusa la vicenda.
Bene fanno alcuni ministri a chiedere di non giocare la partita “amichevole” con il Brasile il prossimo 10 febbraio.
Un fatto del genere colpirebbe sicuramente i brasiliani che se ne domanderebbero le ragioni e se anche dovessero, per spirito nazionalista, fare quadrato intorno alle scelte improvvide del loro governo, sarebbe reso noto a tutti che un classico del calcio non si giocherebbe perché il Brasile ha dato rifugio ad un criminale assassino.
Bene fa, come ha scritto un quotidiano brasiliano, il Presidente del Consiglio a rinunciare al viaggio in Brasile.
Male farebbe Berlusconi e male farebbe il governo se, “passata la festa, gabbato il santo”, dovesse invitare il Brasile al prossimo G8 o rinunciasse ad agire con tutti i mezzi disponibili nei confronti del Brasile.
Noi cittadini non possiamo fare altro che boicottare i prodotti brasiliani, rifiutarci di guardare la partita “amichevole” e continuare a protestare contro la scelta da “stato canaglia” assunta dal Brasile con la concessione della protezione ad un criminale assassino, ma il governo può andare oltre.
Sicuramente vi è personale addestrato per svolgere blitz all’estero.
Blitz che devono essere accuratamente preparati e non annunciati, ma che riaffermerebbero il diritto dell’Italia ad assicurare alla giustizia i criminali sfuggiti alla giusta (e forse sin troppo lieve) pena comminata dai nostri tribunali.
Blitz che, avendo già un precedente storico ammesso (la cattura dei fuggitivi nazionalsocialisti da parte di Simon Wiesenthal) non potrebbe trovare obiezioni in campo internazionale.
Ma vi è anche la strada della trattativa o, anche, del baratto.
Ad esempio, concordando con la Francia e il Brasile la restituzione alla giustizia di altri terroristi rossi che al momento vivono al sicuro all’interno dei loro confini.
Mi viene in mente, pensando al Brasile, ad Achille Lollo, responsabile del rogo di Primavalle, da anni rifugiato nel paese sudamericano, ma sicuramente gli schedari della Polizia saranno pieni di terroristi rossi che hanno trovato rifugio in paesi ospitali come il Brasile e la Francia.
Se vogliamo avere una politica estera credibile, dobbiamo anche saperci mostrare grintosi, decisi e disposti a rischiare la rottura delle relazioni diplomatiche, pur di far valere i nostri diritti, che sono anche quelli di assicurare ai criminali almeno la punizione cui sono stati condannati dai nostri tribunali.

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