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No alla deriva

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02 novembre 2009

La pietà non stravolga la giustizia

In questi giorni i primi titoli dei giornali riportano la notizie della morte di un certo Stefano Cucchi e di Diana Blefari Melazzi.
Ogni giorno muoiono migliaia di persone, perché questi due hanno l’ “onore” della prima pagina e, a leggere le dichiarazioni dei loro avvocati, rappresenterebbero una pesante accusa nei confronti di Carabinieri e Giudice di sorveglianza ?
Perché sarebbero morti, a sentire loro, per presunte percosse o, comunque, per non essere stati curati.
I due casi vanno tenuti distinti … ma non troppo.
Vanno tenuti distinti perché le loro imputazioni sono di ben diversa gravità, ma non si può negare che ambedue sono morti nell’ambiente che loro stessi si sono scelti: il carcere.
Il caso più eclatante è sicuramente quello di Diana Blefari Melazzi, complice nell’omicidio del prof. Marco Biagi e, per tale motivo, condannata all’ergastolo (che non avrebbe mai scontato fino alla fine, comunque …).
I suoi avvocati lagnano su inequivocabili segni di depressione che avrebbero giustificato, a loro dire, gli arresti domiciliari.
Ma stiamo scherzando ?
Una complice di un assassinio così efferato perché, dopo appena sei anni di galera, avrebbe dovuto godere del privilegio dei domiciliari ?
Tra l’altro, anche se adesso ipotizzano una sua volontà di “collaborare”, costei era sempre stata brigatista convinta.
Ovvio che mi dispiace che sia morta in quel modo, ma anche ad averlo saputo prima, fossi stato nelle condizioni di decidere, non le avrei mai concesso i domiciliari.
Una che compie un simile delitto sa che rischia la galera e in galera doveva restare, dove poteva avere tutte le cure necessarie, ma senza godere di quella libertà e di quei confort che ha volutamente negato, per sempre, ad una persona innocente come Marco Biagi.
Il secondo caso è più complesso e ancora avvolto dal mistero.
Stefano Cucchi era comunque stato arrestato per spaccio e possesso di droga.
Era quindi uno spacciatore e probabilmente un consumatore a sua volta.
Vendeva morte al prossimo e, se si drogava, aspirava con ogni evidenza alla morte.
Se qualcuno ha ecceduto nell’usare metodi correttivi andrà sicuramente ripreso, ma senza crocefiggerlo e non ne farei un caso da prima pagina con il risultato di screditare i Carabinieri che hanno proceduto all’arresto e, quindi, facendo di uno che spacciava droga una sorta di eroe caduto sotto i colpi della perfida reazione.
Umana pietà per genitori di Stefano Cucchi che soffrono doppiamente per la morte del figlio e per la vita che questi ha condotto e capisco la loro reazione: ma sono gli unici ad essere giustificati.
Ma non possiamo rimanere inchiodati da questi pruriti di eccesso garantista quando nelle nostre città si spaccia, si stupra, si ammazza.
E mi domando.
Perché dobbiamo avere più preoccupazione per chi delinque che per chi si comporta onestamente ?
Perché dobbiamo sempre aver paura di toccare Caino e ci dimentichiamo così in fretta di Abele ?
E’ tanto difficile capire che chi delinque si mette, automaticamente, dalla parte del torto e la società civile (quella vera, non quella cui fanno abitualmente riferimento a sinistra) ha il diritto a metterlo comunque, anche con metodi energici, in sicurezza ?


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1 commento:

Jetset - Libere Risonanze ha detto...

Bravo Massimo. Poche storie e pena di morte immediata! Quella delinquente l'abbiamo mantenuta per troppo tempo...