Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

30 aprile 2010

Dove vuole andare a parare Fini ?

Ammesso e non concesso che Fini sia sincero quando giura e spergiura di voler essere leale, di voler restare nel Pdl e di voler una “destra moderna”, non sarebbe male ci spiegasse con chi e su quali fondamenta ideali penserebbe di costruire il suo progetto.
Non si può infatti teorizzare una “destra moderna”, senza radici verso la classica “Destra” che conosciamo e che continua a riscuotere adesioni come dimostra la crescita della Lega che, come giustamente ha affermato Berlusconi nel dibattito alla direzione del Pdl, ha raccolto il testimone perso dalla nuova An sui Valori Tradizionali: dalla Identità Nazionale (che non può essere difesa dal meticciato) ai “temi etici”, dal contrasto dell’immigrazione alla rinnovata “legge e ordine” (che non può essere il tentativo perpetuo di azzannare il Premier), dalla giustizia giusta al primato della politica sui poteri forti dell'economia e sulla magistratura.
La “destra moderna” di Fini assomiglia troppo alla vecchia sinistra di sempre per poter ottenere credito nel Centro Destra e, allora, mi chiedo con quali voti, assieme a chi, Fini vorrebbe realizzare il suo progetto.
Sicuramente, avendo abbandonato su quei temi specifici e caratterizzanti, anche da soli, una coerente e completa azione politica, Fini ha rinunciato a quasi (se non più) del 50% dell’elettorato italiano e considerando che nel restante 50% ci sono comunisti, democristiani, grillini, dipietristi, verdi, rutelliani e chi più ne ha, più ne metta, trovo molto difficile che Fini possa pensare di raccogliere una sufficiente messe di voti.
Ammesso e non concesso che Fini sia sincero, quindi, dovrei pensare che il suo obiettivo sarebbe quello di sostituirsi a Berlusconi per poi usare i voti degli elettori del Centro Destra per sostenere provvedimenti che ripugnano agli elettori del Centro Destra.
E’ questa la “destra moderna” ?
A me sembrerebbe tanto vecchia Dc (che pescava i voti degli elettori nel nome dell’anticomunismo salvo poi trescare con il pci) e della sinistra di sempre (raccontare com’è il Paradiso e trasformare lo stato in un Inferno per i suoi cittadini ridotti a sudditi e piegati dalle tasse).
Non sarebbe allora più chiara e onesta la decisione di aprire un suo proprio partito come ha fatto Rutelli quando è uscito dal pci/pds/ds/pd ?
Poi, con i suoi propri voti, raccolti nel nome di quello specifico progetto di “destra moderna” che confligge in modo evidente con la Destra di sempre, potrà fare quello che crede.
Del resto per aprire gli occhi davanti alla posizione di Fini non sarebbe sufficiente leggere gli elogi e i battimani che a sinistra accolgono ogni uscita sua e dei suoi devoti ?

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29 aprile 2010

Non si pretende il rispetto, lo si merita

Gianfranco Fini insiste.
In meno di una settimana ha partecipato a ben tre trasmissioni televisive, parlando da capo fazione, con tanti saluti alla sua “alta” carica istituzionale.
Questo solo fatto dovrebbe indurlo alle dimissioni.
D’alema lo ha eletto “interlocutore”, a sinistra ottiene gli elogi della stampa e dei capi partito, da Bersani a Di Pietro.
Anche questo solo fatto dovrebbe indurlo a dimettersi e a convincere quanti ancora, nel Centro Destra, credono in lui ad abbandonare ogni illusione.
Fini da un lato dichiara lealtà al Governo e poi, da presidente della camera, dichiara inammissibili ben 43 emendamenti governativi: singolare concetto di "lealtà".
Il Giornale scrive una cosa vera circa l’appalto concesso ad una società di produzione partecipata (o a maggioranza non ricordo bene) della madre della convivente di Fini.
Fini non solo reagisce stizzito, ma non gli va bene neppure la solidarietà di Berlusconi (che avrebbe fatto meglio a stare zitto: ma non lo conosce ormai Fini ?).
Naturalmente delle vicende economiche e familiari di Berlusconi si può parlare, scrivere e fare trasmissioni, delle sue no ...
Però Fini chiede “rispetto”.
Io rispetto chi lo merita, chi è coerente con le sue idee e con le battaglie ideali che tanti, che hanno creduto in Valori e in Persone, hanno combattuto e per le quali continuano a combattere con gli strumenti e con le possibilità a disposizione.
Non credo che ci possa essere stima e fiducia nei confronti di chi, in una dozzina di anni, è passato da “Mussolini il più grande statista” a “Fascismo il male assoluto”.
Non credo che ci possa essere stima e fiducia nei confronti di chi, in una dozzina di anni, è passato da una coerente difesa dei Valori Tradizionali della Famiglia, tanto da negare il gradimento per un maestro omosessuale, a prendere oggi in favorevole considerazione le pretese delle lobbies omosessuali.
Non credo che ci possa essere stima e fiducia nei confronti di chi, in una dozzina di anni, è passato dal sostegno ad altri Valori Tradizionali sulla Vita e contro le manipolazioni genetiche, arrivando a sostenere provvedimenti come il “testamento biologico” che è l’anticamera dell’eutanasia.
Non credo che ci possa essere stima e fiducia nei confronti di chi, in meno di dieci anni e senza avvisare il suo stesso partito, è passato dalla difesa della Identità Nazionale anche nei confronti della invasione degli illegali, alla richiesta di “cittadinanza breve”, di concessione del voto, di “accoglienza”.
Non credo che ci possa essere stima e fiducia nei confronti di chi, in una dozzina di giorni, è passato dal Popolo della Libertà come “comica finale” alla fusione con Forza Italia.
E potrei continuare.
Nonostante tutto ciò, nonostante la mancanza di stima e fiducia, potrei comunque rispettare queste persone se fossero coerenti con le loro nuove idee e la smettessero di occupare posti in nome di un elettorato, quello di Centro Destra, che non è più il loro.
Ma il rispetto deve essere guadagnato, come ha fatto Rutelli che ha avuto il coraggio di uscire dal pci/pds/ds/pd per dare vita ad un partito dello zero virgola.
Sono certo che Berlusconi starà maledicendo il giorno in cui decise di dare fiducia a Fini, scaricando Storace e Santanchè ...

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28 aprile 2010

La vecchia politica di un politico del passato

Le iniziative assunte da Gianfranco Fini contro il Governo e Berlusconi, ricalcano, in modo quasi ossessivo, le politiche che, nella prima repubblica, la sinistra democristiana attuava contro il governo formato da altri democristiani, fornendo, quotidianamente, aiuti al pci.
Non guardo mai Ballarò, come non guardo mai la rete tre della Rai (per me, potrebbe anche essere soppressa, oltre a considerare uno spreco di denaro dei cittadini la Rai pubblica nel suo complesso).
Però della presenza di Fini a Ballarò hanno parlato i giornali radio, scritto i giornali online e trasmesso parti i telegiornali.
Fini ha espresso la tipica posizione del vecchio politicante della sinistra democristiana: certo che siamo leali al governo, ma possiamo avere un'area di opinione interna al partito naturalmente per l’immancabile bene del partito e del governo (sembra di riascoltare i basisti democristiani ...) .
Ma Fini non sembra si sia limitato a tale (penosa) esibizione, ma l’abbia corroborata con un altro “classico” della prima repubblica e, cioè, la “ridefinizione” dei rapporti con un alleato.
Allora erano i socialisti, sistematicamente insoddisfatti del loro ruolo subordinato al governo verso i democristiani e nell’ambito della sinistra verso i comunisti, a pretendere continue e defatiganti discussioni per “ridefinire” i rapporti con gli alleati che, una volta predisposto un programma di governo, non avrebbero avuto alcun bisogno di “verifiche”.
Oggi è un altro insoddisfatto, Fini, che pretende di ricominciare a discutere ciò che era già stato deciso prima delle elezioni, sottoposto al voto dei cittadini e da questi accettato e “sottoscritto” in un patto cui gli eletti devono scrupolosamente attenersi.
Tra questi impegni c’era il federalismo, la riforma della giustizia, della costituzione e la lotta ala criminalità e all’immigrazione.
Non vedo per quale motivo si dovrebbe ridefinire il rapporto con la Lega e per quale motivo si debbano sollevare questioni che hanno come unico risultato quello di distogliere l’impegno e l’attenzione del Governo dalle riforme per concentrarle sulle beghe interne di partito, tra l’altro per colpa di una minoranza residuale che, ormai, appartiene idealmente e concettualmente all’opposizione.
Credo che Berlusconi e i suoi abbiano analizzato il problema e attendano solo il primo passo falso di Fini per estrometterlo dal partito e se dovesse essere seguito da un numero di transfughi sufficiente a incrinare la maggioranza di governo anche in una sola delle camere, portare il tutto al giudizio degli elettori.
E’ la strada maestra, purchè sia percorsa in tempi rapidi.
E per fare ciò è necessario forzare i tempi per la presentazione in parlamento delle proposte di riforma, da attuare, per tutte è possibile tranne quelle di riforma costituzionale, attraverso ripetuti voti di fiducia.
Al primo sgarro dei finioti si proceda verso elezioni.
E se non sgarrano ?
Beh, se non sgarrano, avremo finalmente – e in tempi brevi – le necessarie riforme ...



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26 aprile 2010

Su Fini incombe lo spettro dei demonazionali

Giovedì scorso, come si addice ad una democrazia dove si combatte davanti ai propri elettori e non nell’ombra di riunioni negli anfratti dei palazzi, Berlusconi e Fini si sono affrontati, manifestando tutta la loro reciproca insofferenza.
Non sto a ripetere che io sono con Berlusconi (anche se non lo approvo e non lo gradisco quando manda messaggi e partecipa alle cerimonie per il 25 aprile) e che ritengo che Fini debba essere messo fuori dal Centro Destra, perché è nota la mia posizione.
Ma se tra Berlusconi e Fini lo scontro è anche personale, tra un elettore di Destra e Fini la differenza è tutta ideale e politica.
Basterebbe in questo leggere gli elogi a Fini che provengono dalla sinistra.
Se uno del Centro Destra riceve apprezzamento dal nemico, vuol dire che la sua politica è funzionale a quella del nemico, quindi totalmente sbagliata per la sua parte politica e per l’Italia.
Ancora peggio.
Fini vorrebbe presentarsi come paladino di una “destra normale”.
E’ normale per uno di Destra favorire l’immigrazione e la cittadinanza breve ?
No, è normale per uno di sinistra.
E’ normale per uno di Destra essere favorevole al “testamento biologico” che altro non è che l’anticamera (e anche qualcosa in più) dell’eutanasia ?
No, è normale per un radicaloide di sinistra.
E’ normale per uno di Destra sostenere il referendum sulla fecondazione assistita nel più piatto nichilismo materialista ?
No, è normale per uno laicista e di sinistra.
E’ normale per uno di Destra considerare favorevolmente le unioni tra persone dello stesso sesso ?
No, è normale per uno di sinistra che, sin dai tempi del pci, ha puntato a sgretolare i Valori tradizionali e morali dell’Occidente per trasformarlo in una più facile preda.
E’ normale per uno di Destra pretendere di dissanguare il Nord per finanziare le oligarchie del Sud ?
No, è normale per un seguace dell’assistenzialismo fine a se stesso.
E’ normale per uno di Destra sostenere la cittadinanza breve per gli immigrati, realizzando un meticciato a tutto danno dalla Identità Nazionale ?
No, è la politica di un internazionalista che non rispetta Patriottismo e Identità Nazionale.
E si potrebbe continuare chiedendosi se uno di Destra, legge e ordine, debba considerare una magistratura impegnata ad azzannare ai garretti il Premier come “legalità”, mentre rilascia delinquenti e mette sotto inchiesta chi da pratica attuazione al respingimento degli illegali oppure se è normale per uno di Destra lanciare ciambelle di salvataggio ai comunisti strapazzati da Berlusconi nelle ultime tre occasioni elettorali.
Ha quindi avuto buon gioco Berlusconi, uscito nettamente vincitore dal confronto, a rinfacciargli che la Lega ha successo perché ha raccolto tutte le battaglie identitarie che una volta appartenevano alla Destra.
Ivi incluso il rifiuto di appiattirsi sulla favola comunista della "resistenza".
E questo è ciò che, nel mio piccolo, sostengo da tempo, che i Valori della Destra, una volta appartenenti all'Msi di Almirante, sono stati “scippati” dalla Lega ed oggi più che mai mi appare conforme alla realtà la definizione del mio partito ideale: con le radici di An, le idee della Lega e Berlusconi come Leader.
E’ probabilmente questa la chiave con la quale si può interpretare la sonora sconfitta di Fini: le sue proposte sono dei deja vù , non vi è nella sua linea nulla che non si è già sentito o visto, ma nulla di tutto ciò appartiene alla Destra e neppure al Centro Destra: son tutti scarti di sinistra.
Si può quindi ben comprendere perché la sinistra applauda Fini che ne riesuma le proposte, oltre alla ragione principale quella di cercare di indebolire Berlusconi e il Centro Destra facendolo logorare dall’interno, visto che con gli attacchi frontali nulla hanno potuto.
Poiché non credo che Berlusconi e Bossi siano degli sciocchi, penso che abbiano in mente la contromossa per evitare che il gioco di Fini ottenga il risultato che sperano a sinistra.
Ma anche Fini non è l’ultimo arrivato e credo che un incubo tormenti le sue notti e lo abbia trattenuto dall’uscire dal Pdl come, con più coraggio ed onestà intellettuale, ha fatto Rutelli abbandonando il pci/pds/ds/pd, preferendo tentare la guerriglia : lo spettro di Democrazia Nazionale.

Per i più giovani.
Nel 1976 si svolsero elezioni politiche anticipate tra le più incerte della prima repubblica.
La Dc veniva da una serie di sconfitte iniziate con il referendum del 1974 e proseguite con le amministrative del 1975.
I socialisti erano nuovamente in combutta con il pci che sembrava ad un passo dal sorpasso.
Fu l’anno dell’appello montanelliano (quando Montanelli era quello vero ...) a votare Dc “anche turandosi il naso”.
Nonostante tutto, anche per il travaso di voti, concessi con “il naso turato”, dai partiti alleati e dall’Msi, la Dc riuscì a mantenere il primato.
L’Msi di Almirante si consolidò come quarto partito italiano, anche se in leggero calo rispetto alle esaltanti elezioni del 1972, ad un soffio da un Psi in crisi che, infatti, sostituì il vecchio massimalista De Martino con il rampante autonomista Craxi.
Non esisteva maggioranza stabile.
Iniziarono le manovre che puntavano ad acquisire voti parlamentari per puntellare una qualsivoglia maggioranza con la Dc.
L’anello debole fu trovato in numerosi parlamentari dell’Msi.
Oltre la metà dei parlamentari eletti nell’Msi si costituirono in un nuovo partito, Democrazia Nazionale,seguendo vecchi leaders, anche storici, del partito come Nencioni, De Marzio, Tedeschi, Roberti, Delfino, che voltarono tutti le spalle a Berlusconi … scusate, Almirante.
Alle successive elezioni del 1979 Democrazia Nazionale non ottenne alcun seggio e l’Msi si riprese anche nel Palazzo tutti i numeri che gli elettori gli avevano dato.
Dei vari Nencioni, Tedeschi, Roberti, De Marzio, non si sentì più parlare.
Solo alcuni anni dopo Delfino fu ripescato, come consigliere Rai, in quota Andreotti, forse l’artefice occulto della scissione.
Democrazia Nazionale non poteva sopravvivere perché non aveva spazio elettorale.
Chi era contrario ai comunisti al governo o votava Msi, o si turava il naso e votava Dc (e, in via residuale, i partitini alleati )
.

Oggi è uguale.
Chi non vuole riportare al governo i comunisti nelle loro varie versioni (ex, neo, post, vetero),
chi non vuole il decadimento morale della Nazione,
chi non vuole con l’introduzione del meticciato, la perdita della Identità Nazionale e delle nostre Radici
,
chi non vuole continuare ad essere spremuto da uno stato padrone che poi distribuisce i soldi ottenuti con esose gabelle non per creare attività produttive, ma per finanziare clientele e parassitismo,
quello ha un solo voto disponibile: Centro Destra, con le sue due forme principali del Pdl e della Lega.
Le altre posizioni sono già ampiamente presidiate con la abbondante offerta dei vari partiti e partitini che vanno dai grillini ai casiniani dell’Udc, dall’estrema di Vendola, Diliberto, dei verdi e dei radicali alla formazione da prefisso telefonico di Rutelli, da Di Pietro al pci/pds/ds/pd.
Non c’è spazio per un partito di Fini.
Neppure sul versante della Destra Radicale, già ben occupato da Storace, da Romagnoli e da Fiore che dovrebbero, soprattutto oggi, abbandonare le personali diatribe per unificarsi all’interno del Centro Destra e riconoscendo Berlusconi come leader.
E per Fini non ci sarebbe neppure spazio all’interno o coalizzato in una di quelle formazioni dell’opposizione, nella vagheggiata “coalizione repubblicana” l'ultima trovata di un Bersani in apnea, che non sarebbe costruita su un programma ma contro un Uomo, Silvio Berlusconi .
Emblematico quel che mi ha detto un caro amico, tale sin dai tempi del liceo, che si reputa “di Destra” (ma non lo è: uno di Destra non voterebbe mai per i comunisti, piuttosto si astiene !): se Fini fondasse un suo partito, lo voterei.
Questo mio amico nel 2008 votò per Veltroni e nel 2009 e 2010 per Casini, ma sempre contro Berlusconi.
Il Centro Destra non ne sarebbe minimamente intaccato nella sua forza elettorale.
Ecco, Fini potrebbe raccogliere qualche voto, giusto pescando tra i suoi nuovi compagni (nomen est omen ...) di strada ma senza intaccare l’elettorato che, scegliendo ripetutamente Berlusconi dopo tutte le campagne d’odio promosse contro di lui ai vari livelli (politico, economico, mediatico, processuale) ha dimostrato stabilità nel volere una coalizione che possa rappresentare i Valori tradizionali e identitari e non gli onanismi laicisti e devianti.
Per tutto ciò non vi è alcuna spaccatura nel Centro Destra, ma solo una posizione personale, quella di Fini, che può fare male solo perché è, per volontà di Berlusconi, presidente della camera (carica che, se fosse stato corretto, avrebbe già dovuto abbandonare).
Per questo a sinistra, Fini incluso, hanno paura di eventuali elezioni anticipate.
Berlusconi e Bossi tutto questo lo sanno, spero che si stiano muovendo per porvi rimedio.
Per me il rimedio è uno solo: fuori Fini dal Centro Destra ed elezioni anticipate, subito, prima dell'estate.

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25 aprile 2010

La classe non è acqua

Chi mi conosce sa che sono un assiduo ascoltatore della radio.
Posseggo numerosi apparecchi che mi consentono, a Bologna o in montagna, di ascoltarla in qualsiasi stanza.
Comincio ad ascoltare la radio appena sveglio e devo dire che non condividendo praticamente nulla di quel che ascolto nella trasmissione della Falcetti, riesco, con tale scarica di adrenalina, ad essere reattivo da subito ... meglio di un caffè.
Poi ci sono altre trasmissioni che riesco ad ascoltare solo ogni tanto, come lo "Zapping" di Aldo Forbice, ma la migliore è senza dubbio “Con parole mie” di Virgilio Broccoli, sobria e colta al tempo stesso.
Al sabato, ore 12,30, c'era una bella trasmissione intitolata “Fantastica-mente” e condotta con classe e signorilità da Cinzia Tani e dal professor Luigi de Maio.
Per un paio di anni quella trasmissione, anche se non sempre ero in casa o in macchina per ascoltarla, mi ha accompagnato ed apprezzavo la eleganza con la quale i conduttori affrontavano gli argomenti, a volte anche delicati, sempre con un sottile filo di ironia.
Il garbo e l'educazione se uno non li ha non se li può dare, tanto per parafrasare Don Abbondio/Manzoni.
E ce ne possiamo accorgere ogni sabato, da alcuni mesi, quando al posto di “Fantastica-mente” e dei suoi signorili conduttori, hanno deciso di sfruttare il traino televisivo e il calcio con uno sguaiato “Ventura Football Club”.
Non sono un appassionato dei “reality”, quindi non vedo le trasmissioni presentate da Simona Ventura e alla domenica mi basta la partita del Bologna, per cui di tale soubrette ho solo un vago ricordo di TeleMike e delle sue interviste ai telegiornali.
Mi domando, anche, se nella vita è come in radio: voce alta, storpiatura (voluta) di parole, continue interruzioni di chi sta parlando, risatona forzata ogni due parole, battute “politicamente corrette” e sempre a senso unico.
Quale differenza con Cinzia Tani e Luigi De Maio !
Eppure Simona Ventura ha successo.
E credo che sia un sintomo di quanto sia messa male la nostra società.

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23 aprile 2010

La Destra si organizzi

Le elezioni amministrative di questo inizio primavera hanno sancito – se ve ne fosse stato bisogno – che non esiste nulla, nel Centro Destra, al di fuori di Berlusconi.
Tutte le iniziative promosse per dare visibilità ad una Destra extra berlusconiana sono elettoralmente fallite e , come sempre accade, le sconfitte portano a recriminazioni, dispetti, divisioni.
Così è ormai finita la storia de La Destra di Storace (ma è finita quando ha costretto la Santanchè ad uscire, trasformandosi in un partito romanocentrico e meridionalista) e non riesce Forza Nuova a fare quel salto di quantità necessario a proporsi credibilmente come fanno altri partiti europei (il Jobbik in Ungheria, il Partito della Libertà in Olanda, il Fronte Nazionale in Francia o il Bnp in Gran Bretagna).
Anche perchè si sconta, al Nord ma con sempre maggiori ramificazioni al Centro, la presenza di una Lega che, tolta la questione settentrionale, rappresenta le istanze identitarie che potevano essere il cavallo di battaglio della Destra Radicale.
E’ poi da valutare l’impatto reattivo che provocano le persecuzioni giudiziarie e mediatiche contro Berlusconi da parte di una sinistra che rappresenta l’essenza di ciò che a Destra maggiormente si disistima.
Dalla questione delle tasse a quella della immigrazione, dalle questioni etiche sulla Vita e la Famiglia al relativismo materialista e nichilista che permea la sua politica, le aggressioni alla persona di Berlusconi, diventano motivo di affermazione, da parte della sinistra, di una linea politica, economica, morale, che è agli antipodi della visione dell’ Uomo di Destra , fondata su Principi e Valori certi, chiari, forti.
E’, quindi, anche un voto di reazione che porta ad abbandonare la scelta ideale (quando la lista è presente) per sostenere la persona di Berlusconi che rappresenta sempre di più l’unica alternativa alla sinistra.
Magari cercando, ove possibile, di votare Lega per rafforzare quei comuni sentimenti identitari (immigrazione, Vita, Famiglia, Religione).
Ma Berlusconi, per quanto longevo, nonostante e forse in funzione delle “gufate” dei suoi nemici che ormai non possono aggrapparsi ad altro, prima o poi lascerà e Bossi ha problemi di salute sicuramente maggiori dei suoi pur essendo più giovane.
Il dopo Berlusconi, ancorchè lontano almeno tutta questa legislatura e anche la prossima è comunque da considerare.
La Destra dovrebbe fare tesoro di questi 3-8 anni per ritrovarsi, ritrovare una propria organizzazione, una nuova leadership, senza dare vita a movimenti in contrapposizione a Berlusconi, ma proiettando la sua prospettiva al 2018, quando il pdl, orfano di Berlusconi, si dividerà inevitabilmente, mancando un leader carismatico e unificante e la stessa Lega potrebbe, senza Bossi, frazionarsi nelle varie anime che la compongono (Cota, Castelli e Zaia, mi sembrano un po’ differenti da Maroni, ad esempio).
Il dopo Berlusconi, dunque, aprirà una prateria per chi sarà riuscito, nel frattempo, ad organizzarsi.
Ma questo periodo non dovrà essere utilizzato per una sterile polemica verso Berlusconi (che potrà essere tranquillamente criticato: ad esempio se anche questo anno si metterà a celebrare il 25 aprile) bensì per darsi quella struttura e creare quell’amalgama, all’interno della grande coalizione che Berlusconi ha messo in campo e che tanto dolore provoca ai sinistri, italici compagni.
Pieno sostegno, dunque, alle riforme che Berlusconi dovrà mettere in campo, ma anche consapevolezza che il primo che riesce ad organizzarsi, ma senza entrare in contrapposizione con Berlusconi e soprattutto nel solco dei Valori tradizionali della Destra, potrà proporsi come “erede” della maggior parte del consenso elettorale che oggi arride al Premier.

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22 aprile 2010

Federalismo scolastico

Il Ministro Gelmini, che si sta dimostrando uno dei migliori di questo governo che è uno dei migliori degli ultimi settanta anni, sta elaborando un progetto che potrebbe trovare la sua applicazione già nel 2011: graduatorie scolastiche su base ragionale.
E’ la vittoria del federalismo anche in campo scolastico.
Quante volte abbiamo visto insegnanti, dalla inequivocabile parlata meridionale abbandonare la cattedra per averne conseguita una più vicina a casa ?
E’ la stessa, identica storia di altre amministrazioni pubbliche, dove il concorso, aperto a tutti, senza limitazioni geografiche di residenza, concedendo vantaggi (punteggi) per motivi vari, spesso clientelari, a chi aveva o proveniva da famiglie “numerose”, oppure da zone disagiate o soggette a benefit di vario genere per la loro “crescita”, trovava una collocazione là dove c’era necessità, superando in graduatoria personale del luogo, salvo poi muovere i maggiorenti del “paese” di origine per esservi trasferito.
La scuola è un servizio, almeno finchè sarà pubblica ... dubito di vedere una scuola privata che assume personale non residente, delicato per la formazione dei giovani italiani.
La scuola è già stata massacrata da 40 anni di mancate riforme, provvisorietà, scarse retribuzioni, vorticose sostituzioni di insegnanti, progressiva debolezza, troppa sociologia e massificazione, scarsa competenza e polso degli insegnanti, progressiva estinzione degli insegnanti maschi per diventare un gineceo e da tante altre questioni che l’hanno ridotta all’attuale stato.
Il progetto del Ministro potrebbe restituire una stabilità, almeno per un ciclo di insegnamento, avvicinando l’insegnante alla sua residenza già nel momento della chiamata.
E questo senza contare la maggior comprensione che si può avere tra insegnanti e alunni che vivono nella stessa terra.
Naturalmente non può essere un provvedimento risolutivo, ma si deve necessariamente iniziare, sennò rimarremo a discutere all’infinito.
E non possiamo neppure lasciarci fermare dai talebani della costituzione.
Una costituzione può essere cambiata, ma non può fermare l’evoluzione di una società che oggi, paradossalmente proprio grazie alla loro europa unita, riscopre le proprie radici locali con la necessità di un accentuato federalismo in ogni settore, quindi anche in quello scolastico.
Il Ministro Gelmini ha ben compreso tutto ciò e mi auguro che possa portare a compimento la sua riforma della scuola, per riproporci una istruzione degna delle tradizioni della nostra Nazione.


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21 aprile 2010

La caccia espressione di libertà

In questi giorni si è riaperto un fronte, quello dell’attività venatoria, che da anni è stato un cavallo di battaglia (di Troia ?) della propaganda ecoambientalista che vuole stravolgere le abitudini e i costumi di un popolo.
Il pretesto è dato da un provvedimento che, tra l’altro, consentirebbe di allungare il periodo di caccia dall’attuale ottobre/gennaio fino anche a marzo/aprile.
Sono insorte le solite associazioni ecoambientaliste che non riconoscono ai cacciatori il loro reale essere veri ambientalisti, ma maggior rilievo assume la lettera che una trentina di parlamentari del Pdl ha scritto a Berlusconi, contro il provvedimento.
Mi sembra che quei trenta non comprendano come la caccia sia una espressione di libertà, quindi profondamente connaturata nei principi di un partito che si chiama “Popolo della Libertà”.
Mi sembra che si siano fatti portavoce delle istanze del peggior ecoambientalismo fine a se stesso.
Mi sembra che più che deputati “della Libertà” stiano interpretando la parte di coloro che puntano a vietare, non a dare spazio allo spirito individualista delle persone.
Mi sembra che la loro volontà proibizionista sia perfettamente in linea con una cultura (?) del divieto che trova nella unione europea, con le sue direttive, la interpretazione più grigia e massificante di un socialismo chiamato con altro nome, ma pur sempre socialismo, quindi nemico della libertà.
Mi sembra anche che i divieti di cui, negli anni, sono costellati i percorsi dei cacciatori, rispecchino una interpretazione padronale del ruolo dei legislatori, che considerano il Popolo una massa di sudditi non da governare, ma da controllare.
E’ stato evidenziato come il diverso l’approccio verso le libertà dei singoli nel mondo angloamericano e nel sud europa e in particolare sulla possibilità di detenere armi, simbolo di libertà individuale, deriva dalla paura che i governi “assolutisti” hanno nel consentire ai propri cittadini, trattati da sudditi, di avere strumenti che possano essere usati contro chi mal governa.
E per cacciare occorre possedere armi ...

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20 aprile 2010

Fini:se ne vada,volontariamente o coattivamente

Parole arroganti e supponenti, questo recepisco dalle prime notizie di agenzia in ordine alla riunione dei parlamentari finioti o presunti (spero per loro) tali.
Come fa uno a dire che “non toglie il disturbo” ?
Non c’è un detto: stare in Paradiso a dispetto dei Santi ?
E i “santi” in questo caso sono i milioni di elettori del pdl ai quali Fini ha ormai rotto le scatole con le sue continue esternazioni che danneggiano il Governo e ne intralciano l’azione.
E come si permette di dire “niente elezioni” ?
Se lui fa mancare il sostegno ai provvedimenti del governo (e con uno squallido atteggiamento sembra voler far sapere che la fronda potrebbe materializzarsi proprio sulla giustizia) cosa vuol fare ?
Un governo da “comitato di liberazione nazionale” assieme ai Di Pietro, ai De Magistris, ai Bersani, ai Franceschini, alle Bindi, ai Grillo, ai Casini ?
E, infine, tocca il fondo quando critica Berlusconi sulle opinioni espresse in ordine a Saviano.
Come si fa ad ergere un Saviano a simbolo della lotta anticamorra, quando si è limitato a romanzare dei fatti (incassandone i diritti di autore) e criticare un Premier preoccupato che si proietti una immagine negativa dell’Italia, descrivendo la mafia, invece di informare sui successi della lotta alal criminalità organizzata ?
Domenica ne “Il Riformista” Giampaolo Pansa – che sicuramente non è uno stipendiato o un sostenitore del Premier – ha tratteggiato un ritratto di Fini che, unito a quanto ha spiegato con la consueta arguzia Veneziani ne “Il Giornale”, dovrebbe indurre il presidente pro tempore della camera a rassegnare le dimissioni e non chiedere più alcun consenso popolare.
Bene ha detto uno dei parlamentari a lui più vicini, Roberto Menia quando ha descritto come non condivisibili le esternazioni laiciste e sulla cittadinanza agli immigrati di Fini.
Berlusconi accetta il dissenso e lo ha dimostrato anche con la pazienza, di Giobbe, che ha avuto con lui.
Ma ad un certo punto è ora di dire basta e di tagliare il nodo gordiano della presenza di un Fini all’interno di un Centro Destra di cui non rappresenta e condivide più i Valori fondanti.
Non sono un elettore del Pdl e non lo sarò finchè Fini resterà nel partito, ma se per liberare il Centro Destra dalla sua presenza dovessi iscrivermi al Pdl per votare al futuro congresso, allora lo farei volentieri.


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19 aprile 2010

Berlusconi meglio di Saviano e di Strada

Nel corso della settimana passata, a parte le bizze finiote, sono da rimarcare i comportamenti di uno scrittore e di un chirurgo a dimostrazione della supplenza che continua rispetto ad una opposizione evanescente e farsesca capace solo di ululare contro Berlusconi.
Lo scrittore è tal Saviano, famoso per un romanzo sulla mafia sul quale ha costruito tutto il suo successo.
Il Premier ha stigmatizzato l’eccessiva copertura mediatica sui fatti (negativi) di mafia, tramite libri, film e sceneggiati televisivi che creano la percezione di un fenomeno in crescita e quasi dominante in Italia, mentre vengono lasciati a notizie di pagine interne i successi delle Forze dell’Ordine che in due anni hanno arrestato ben 23 dei primi 30 latitanti mafiosi, oltre al fatto che la mafia italiana risulta solo al sesto posto tra le organizzazioni criminali mondiali.
Insomma un filone generosamente produttivo, ma solo per chi vi si butta a capofitto, con una produzione monotematica (e anche monotona).
Personalmente non ho mai apprezzato i film sulla mafia e non ho mai guardato un solo episodio delle varie stagioni de “La piovra”.
La criminalità organizzata c’è sempre stata e solo una buona amministrazione della cosa pubblica e la diffusione del Benessere per tutti i cittadini può ridurne la portata, non certo libri o spettacoli televisivi e cinematografici.
Degno alter ego di Saviano è l’ormai pluricitato Gino Strada, fondatore di Emergency, tornato alla ribalta per via dei tre “operatori” arrestati in Afghanistan e rilasciati dopo 8 giorni.
Strada si è agitato, è andato in televisione ed ha litigato con La Russa , quindi ha organizzato una manifestazione di piazza.
I tre sono stati liberati, dopo essere stati trattati con ogni garanzia, visitati dai rappresentanti diplomatici italiani.
Se è vero che la condizione per il rilascio è stata la chiusura dell’ospedale di Emergency, qualche dubbio rimane.
Ma rimane anche una evidente strumentalizzazione della vicenda ed è da evidenziare, ancora una volta, la serietà dell’impegno del Governo Italiano che ha operato con diplomazia ed efficacia.
Sono due casi, diversi tra loro, ma emblematici della differenza tra un Premier che agisce e una opposizione (e i loro supplenti della cosiddetta e autoreferenziale “società civile” ) che non sa fare altro che criticare e strepitare.



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18 aprile 2010

Le convergenze parallele di Fini e Rutelli

Nel 1993, nel pieno del giacobinismo di “tangentopoli”, con la Dc sulla strada di una veloce scomparsa sotto la gestione di Mino Martinazzoli (soprannominato “Mortimer” da Vittorio Feltri allora direttore de “L’Indipendente” ) a Roma si doveva eleggere il sindaco.
Per la verità non solo a Roma, ma qui ci interessa la Capitale, la Città Eterna, caduta in mano alla sinistra nel 1975 (sindaco Argan) sull’onda del successo del pci che aveva capitalizzato il credito stoltamente concessogli dai partiti laici l’anno prima nel referendum sul divorzio.
La Dc, ormai incapace di proporsi sul palcoscenico della politica, rifiutò di candidare un giovane professore di filosofia (Buttiglione) che sembrava poter restituire smalto al partito, mentre a sinistra si affermava la candidatura di Francesco “il bello” Rutelli, che era riuscito a riaccreditarsi dopo la sbornia pannelliana e, allora, mi sembra facesse parte dei “Verdi” (ma i suoi passaggi sono stati così tanti che a memoria potrei anche sbagliarmi).
L’MSI, non ancora Alleanza Nazionale, usciva da un brutto periodo di sconfitte elettorale sotto la gestione del vecchio Pino Rauti e si era riaffidato alle giovani mani di un Gianfranco Fini che portava al seguito l’imprimatur lui attribuito da Giorgio Almirante al congresso del 1987.
La Destra era alla ricerca di una affermazione che le consentisse di capitalizzare la pulizia indubbia dei suoi esponenti.
Così decise due candidature “forti” per quella tornata elettorale: Alessandra Mussolini a Napoli e lo stesso Gianfranco Fini a Roma.
Fu un successo.
Entrambi arrivarono al ballottaggio e ad un soffio dalla elezione che arrise a Bassolino a Napoli e a Francesco Rutelli a Roma.
Nei primi “talk show” dell’epoca, gli scontri furono appassionanti e per la prima volta un esponente del’MSI raccolse quella che sarebbe poi stato l’elettorato del Centro Destra.
Fini contro Rutelli, un duello che non si sarebbe poi riproposto ma che, forse, segnò negativamente i due protagonisti vincenti, anche Fini che pur non arrivò al Campidoglio, esponenti di una politica giovane e pulita.
Probabilmente entrambi si convinsero di una loro “predestinazione” a grandi cariche e tale ambizione li indusse a cercare di “allargare” la base del consenso, rinunciando a quella che era la loro storia politica.
Vediamo così che Rutelli, abbandona i Verdi, entra in contatto, presumibilmente, con gli ovattati ambienti Vaticani, si avvicina ai democristiani di sinistra che, nel frattempo, si erano aggregati, pur con un partito autonomo, ai comunisti, diventa capo della “Margherita” assumendo sempre più, lui con le sue origini radicali, posizioni rispettose della gerarchia cattolica, fino ad entrare nel pci/pds/ds/pd per poi uscirne considerandolo “troppo sbilanciato” a sinistra e formare, pressoché in solitudine, un partito che raccoglie consensi a livello di percentuale da prefisso telefonico.
Il suo avversario ha compiuto il cammino inverso.
Ha cominciato col non parlare più di “Fascismo”, si è fatto sdoganare da Berlusconi che lo ha messo ripetutamente a sedere su poltrone cui, da delfino di Almirante, mai avrebbe potuto aspirare.
Ha cominciato quindi a cambiare le sue idee.
Da cattolico a laico.
Da sostenitore della Vita a sostenitore di fecondazioni artificiali e testamenti biologici.
Da fiero oppositore delle pretese omosessuali a sostenitore di provvedimenti che recepiscano i loro capricci.
E adesso, come Rutelli, pianta grane all’interno del suo partito con la prospettiva di costituirne uno tutto suo.
E, con la prospettiva, di raccogliere anche lui percentuali a livello di prefisso telefonico.
In questo momento i due duellanti del 1993 sono sostanzialmente nello stesso punto della geometria politica e, in caso di elezioni anticipate, non sarebbe da meravigliarsi di vederli tentare un’avventura assieme.
Così come non sarebbe da meravigliarsi se, nel prosieguo della loro avventura, si ritrovassero di nuovo uno contro l’altro, a seguiti invertiti.
Fini a capo di uno schieramento di sinistra e Rutelli quale delfino designato di un Berlusconi che, fortunatamente, è ancora il Leader del Centro Destra.
Nel Pdl non mi sembra vi sia alcuna spaccatura, come cerca farsescamente di consolarsi Bersani, ma solo un problema personale di Fini, esattamente come lo era Rutelli nel pci/pds/ds/pd, la cui uscita non cambiò nulla.
Con la differenza che Ruteli ha rotto gli indugi e tolto il disturbo, mostrando maggior carattere e coraggio di un amletico Fini che ancora non vuole decidersi di togliere il disturbo e, come Gatto Silvestro, resta aggrappato alla poltrona che gli ha regalato Berlusconi.

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16 aprile 2010

Dopo il voto

Il ballottaggio amministrativo ha confermato l’esito delle elezioni regionali.
Il pci/pds/ds/pd ha “vinto” , secondo l’accezione bersaniana del termine, ed io gli auguro mille di queste “vittorie”.
Mantova, da 65 anni in mano alla sinistra, nonostante il “soccorso bianco” dell’Udc di Casini è stata liberata ed avrà una maggioranza di Centro Destra Pdl-Lega.
Il Centro Destra aumenta regioni, province e comuni e contestualmente calano quelli amministrati dalla sinistra.
All’interno del Centro Destra la Lega ottiene una affermazione significativa, aumentando il suo peso specifico.
I finioti, che forse speravano in una defaillance del Cavaliere, sono costretti ad abbozzare e reagiscono con bile ed allontanandosi sempre di più dal sentimento degli elettori del Centro Destra, come dimostrano le dichiarazioni di Fare Futuro (a favore di Emergency), di Bocchino (che sembra preferire un premier omosessuale ad uno leghista: de gustibus ...) e di Ronchi che cerca disperatamente di rilanciare la candidatura a ... "delfino" di un Fini che, però, sembra avere ben altre mire (comunque aspettiamo prima di "cantare vittoria" la sua uscita dal Pdl: ci crederò solo quando sarà fatta).
Il pci/pds/ds/pd discute ... ma non sono problemi miei.
Non resta che mettere in pratica quel che si è affermato in campagna elettorale.
Si moltiplicano le dichiarazioni dei ministri e dirigenti del Pdl e Lega che, univocamente, non chiudono al dialogo con la sinistra, ma affermano che, comunque, metteranno mano alle riforme.
E’ giusto che sia così.
Il Popolo italiano ha votato e chi è stato votato deve dar seguito a quello per cui ha ottenuto il consenso popolare.
Giustizia, costituzione, tasse, immigrazione, sicurezza, questi sono i nodi da affrontare, non necessariamente in questo ordine, ma comunque entro la fine della legislatura.
Al termine della legislatura, se saranno fatte quelle riforme, Berlusconi sarà, di diritto, il Padre della Patria e auspicabilmente potrà governare per altri cinque anni durante i quali il Centro Destra dovrà interrogarsi sulla scelta del suo successore.
Per intanto anche il voto amministrativo del 2010 ha confermato che esiste un solo statista in Italia che è anche l’unico leader del Centro Destra: Silvio Berlusconi.

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15 aprile 2010

Omaggio a Raimondo Vianello

Un altro dei “Padri” della televisione italiana ha concluso la sua vita terrena, all’età di 87 anni compiuti.
Il nome di Raimondo Vianello dirà forse poco ai più giovani, ma rappresenta per quelli della mia generazione una figura positiva del nostro spettacolo.
Una delle tante figure positive, come fu Corrado Mantoni, come fu Alberto Lupo, come furono Virgilio Savona, Felice Chiusano, Tata Giacobetti e Mike Buongiorno e chiedo scusa ai tanti di cui non ho citato il nome ma che meriterebbero uguale spazio.
Una figura positiva, tra le tante del nostro spettacolo, perchè quelli erano artisti.
Sapevano interpretare.
Si esprimevano in italiano.
Sapevano farci ridere senza dover ricorrere agli insulti e alle volgarità.
Raimondo Vianello rappresentava nel mio personale immaginario tutto questo e anche qualcosa in più, ricordando la sua mai rinnegata partecipazione alla R.S.I.
I giornali radio e i telegiornali di oggi e i quotidiani di domani saranno pieni di quei “coccodrilli” e di tante scene tratte dagli spettacoli di Vianello.
A me piace, qui, ricordarlo in tre episodi.
Un, due, tre ... appunto il titolo di un programma condotto con Ugo Tognazzi, con il quale fece coppia artistica (certo non di altro genere !) per un lungo e felice periodo.
Fu esiliato dalla televisione per aver simulato una caduta dell’allora presidente Gronchi ... pensate alla differenza con il periodo odierno quando offendono impunemente e pur tuttavia gridano alla censura, ma continuando ad utilizzare il microfono e restando davanti alla telecamera pagati da tutti noi !
Gran Varietà, un programma radiofonico che ha accompagnato per anni il nostro risveglio domenicale e se anche ho sempre preferito Johnny Dorelli, pur tuttavia Raimondo Vianello è, a pieno titolo, il conduttore che, assieme a Dorelli, ha fatto la fortuna del programma.
Infine la sua “Casa Vianello” con la moglie Sandra Mondaini, con una rappresentazione televisiva di quelle schermaglie tra moglie e marito celebrate in radio da altri due grandi del nostro spettacolo: Rina Morelli e Paolo Stoppa con gli indimenticabili “Eleuterio e Sempretua”.
E poi tanti altri programmi, fino al riconoscimento della sua passione calcistica con la conduzione di trasmissioni sportive sulle reti Mediaset.
Trasmissioni, superfluo rammentarlo, educate, ironiche, gradevoli e sempre piacevoli.
Non si può poi non ricordare il coraggio di Vianello (e di Corrado, di Buongiorno e di pochi altri) agli albori delle televisioni libere, scegliendo di andarvi a lavorare, abbandonando il comodo porto della Rai.
E ancor più coraggio ci volle a sostenere le ragioni delle televisioni libere quando, nel 1996, fu tentato un referendum che avrebbe favorito la Rai e penalizzato la libera impresa e tutto , solo, in antipatia a Berlusconi.
Non posso quindi che ricordare con piacere e gratitudine e rendere omaggio con queste poche righe ad un grande professionista dello spettacolo e avere, come caro ricordo, quella video cassetta che mi fu regalata pochi anni fa, con alcune delle migliori scene di “Un, due, tre”.

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14 aprile 2010

Schifani ha contratto la doroteite ?

Delle tre le maggiori cariche istituzionali, il presidente del senato, fino ad ora, era apparso il più moderno e meno incline ai doroteismi parrucconi del linguaggio di Palazzo.
Non vorrei che la vacanza con Casini alle Maldive avesse immesso in Renato Schifani un virus negativo, vista la sua prima dichiarazione – non condivisibile – al ritorno dalle vacanze pasquali.
Perchè mai “non c’è fretta” per le riforme ?
Perchè mai dovrebbero avere una “larga maggioranza” ?
Perchè mai un senato federale sarebbe una camera di serie “b” ?

No, presidente Schifani, così non va.
E’ da 16 anni che si parla di riformare lo stato ed è ora che in tre anni si faccia tutto: giustizia, costituzione, immigrazione, tasse: il tempo delle discussioni è finito.
La maggioranza sia maggioranza e, in base al principio democratico, anche un solo voto è sufficiente per realizzare gli impegni di governo.
Non si sogni di spingere per compromessi o annacquamenti solo per avere il voto di Udc o, peggio ancora, del pci/pds/ds/pd.
Un fatto del genere equivarrebbe ad un tradimento degli elettori che hanno votato Berlusconi in netta e totale contrapposizione alla sinistra.
Il senato federale avrebbe delle competenze esclusive su materie che sarebbero, quindi sottratte alla camera bassa: dov’è la “serie b” ?
Non vorrei che possa solo essere una scusa per rinviare ogni decisione.
Perchè una decisione dovrà essere presa e se comprendo la preoccupazione dei politici meridionali, è anche da porre un freno ai continui trasferimenti (improduttivi) di ricchezze, unicamente per mantenere clientele, inefficienze e sovrastrutture, dalle regioni virtuose e produttive a quelle scialacquatrici.
Mi auguro che l’aria di casa possa "guarire" il presidente del senato da un inaspettato virus, con ogni evidenza contratto in una infausta vacanza all’estero.

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13 aprile 2010

Il modello italiano per una riforma costituzionale

Ogni tanto, persino Fini riesce ad azzeccarne una.
E’ probabile che, per il 2010, abbia già esaurito il bonus e che la sua esternazione abbia un secondo fine, ma intanto registro con piacere un soprassalto di buon senso.
Cosa ha detto Fini di così straordinario ?
Beh, in assoluto di “straordinario” non ha detto nulla, ma usando il buon senso la “straordinarietà” è che, per una volta, non ha portato acqua al mulino della sinistra.
Fini ha detto: ma perchè, invece di ragionare in termini di “modello francese” o “modello tedesco” non introduciamo un “modello italiano” adatto alle nostre esigenze ?
Puro e semplice buon senso.
Dobbiamo poi intenderci su quali sono le nostre esigenze sulle quali costruire il “modello italiano”.
Prima di tutto, esigenza peraltro non solo italiana, è la governabilità, cioè la possibilità di dar corso al proprio programma da parte del partito o della coalizione vincente, superando e senza dover sottostare ai veti dell’opposizione, della magistratura, di altri organi dello stato.
La governabilità è quindi la possibilità, in forza di una maggioranza consegnata alle urne dal Popolo Sovrano, di applicare il programma, assumendosene la responsabilità politica, e superando sofismi e ostruzionismi.
Al termine della legislatura sarà il Popolo Sovrano a decidere se il governo ha funzionato bene meritando la riconferma, o male meritando di essere sostituito.
Come conseguire la governabilità in Italia ?
Anche qui si potrebbe aggiungere: non solo in Italia.
Una guida singola, un presidente eletto dal Popolo, con il potere di decidere e di agire senza dovr sottostare a compromessi e mediazioni.
Quindi presidenzialismo, nella sua forma primaria che vede unirsi nella figura del Presidente, come si dice negli Stati Uniti, quattro “cappelli”:
- Capo dello stato
- Capo dell’esecutivo
- Capo delle Forze Armate
- Capo del suo partito
.
L’alternativa può essere una scissione tra il capo dello stato e dell’esecutivo, utile se il primo sia veramente una figura super partes e non un prodotto della burocrazia o delle conventicole di partito, fermo restando il potere esecutivo nel soggetto che ottiene l’investitura direttamente dal Popolo.
Perchè questo dualismo possa funzionare vedrei comunque meglio un capo dello stato che sia un monarca ereditario, quindi sottratto ai compromessi, ai condizionamenti di una elezione parlamentare, un capo dello stato che, cioè, possa decisamente rappresentare l’unità della Nazione da una posizione super partes.
Ma l’Italia è anche una nazione in cui quando ci si trova in tre si formano subito due fazioni, per cui è necessario canalizzare e dare rappresentanza a numerose istanze particolari.
Pur essendo personalmente sempre stato a favore del bipartitismo, mi sono convinto che un tale sistema non è adatto all’Italia, dove invece il sistema elettorale dovrebbe essere tale da imporre ai movimenti rappresentativi delle idee più vicine di unirsi in coalizioni omogenee, all’interno delle quali misurare le proprie forze, con un patto di legislatura che impedisca i ribaltoni.
In questo quadro la attuale legge elettorale mi sembra la migliore possibile, con alcuni correttivi.
1) Il collegio unico nazionale anche per il senato;
2) la trasformazione del premio di maggioranza in seggi attribuiti ad un listino “del Presidente”;
3) la decadenza dei parlamentari che cambino coalizione
.
Ed ecco un “modello italiano” ben definito.
Un presidente capo dello stato e dell’esecutivo con pieni poteri per tutta la durata del mandato e un parlamento, con pluralità di partiti in rappresentanza – anche simbolica – di tutte le istanze della nazione, eletto su base maggioritaria ma con premio al listino del presidente vincente.
Alternativa un capo dello stato – meglio un monarca con una dinastia ereditaria – meramente rappresentativo della unità nazionale e un Premier eletto dal Popolo con gli stessi criteri e poteri di cui sopra.
Si unisce così la necessaria capacità e rapidità decisionale con l’assecondare le italiche peculiarità che fanno leva su un forte individualismo.

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12 aprile 2010

Buoni e cattivi

Emergenza

E’ del tutto evidente che non posso sapere quanto e se ci sia qualcosa di vero nelle gravi accuse che sono state mosse contro gli “operatori” di Emergency in Afghanistan.
E’ altresì evidente che ognuno di noi ha una sua idea fondata sul (pre)giudizio che ha maturato nei confronti dei protagonisti o dell’associazione di cui fanno parte.
Di Gino Strada, fondatore di Emergency, ricordo di aver letto un articolo che ne metteva in risalto l’estremismo come filo conduttore della sua attività politica prima e “umanitaria” poi.
Considerando le idee che ha espresso circa la liberazione dell’Afghanistan e dell’Iraq da parte delle truppe Occidentali, credo sarebbe meglio se l’azione di queste organizzazioni in teatri come l’Afghanistan fosse assoggettata al rigido controllo del Governo.
Se non altro per evitare che l’Italia rischi figuracce vergognose come quella che si realizzerebbe qualora le accuse fossero confermate e provate.

Polonia in lutto

Un incidente ha ucciso il presidente polacco che si era distinto per posizioni politiche conservatrici e per l’opposizione alla rinuncia della sovranità nazionale a favore dell’europa.
Credo non ci sia persona che si domandi: fu vero incidente ?
In Italia abbiamo, ancora aperto, il “caso Mattei” che ci porta inevitabilmente a sospettare, quando si parla di “incidenti” aerei.
L’augurio è che la Polonia sappia reagire, conservare e, anzi, sviluppare quello spirito nazionale di cui il defunto presidente era il testimone più autorevole.
Intanto la tragedia polacca ci ha confermato di che spessore è la sinistra che ride di una vignetta aberrante e neppure capisce che in Polonia è morto il presidente della repubblica e non quello del consiglio ...

Ungheria in festa

Le elezioni ungheresi hanno dato una ampia (oltre il 52%) maggioranza assoluta al partito moderato di Centro Destra che con il secondo turno potrebbe anche riuscire ad ottenere il due terzi dei seggi, quota necessaria per modificare la costituzione.
I socialisti sono stati più che dimezzati arrivando appena al 19%, mentre un grande successo (quasi il 17%) ha arriso al partito Jobbik, di Destra, qualificato, tanto per cambiare, “razzista e xenofobo”.
Credo che il successo di questi partiti in Olanda, Francia, Gran Bretagna, Ungheria, ma anche della Lega in Italia, rappresenti un fatto positivo, perchè ci dice che il tema della Identità Nazionale è ben presente nei cittadini che rispondono al richiamo di chi sostiene quei Valori, fondati su radici antiche, oggi tanto neglette nei rarefatti (e la mancanza di ossigeno si avverte tutta !) ambienti inttelletual-chic.
Il problema non è il sostegno di posizioni asserite (a torto) “razziste e xenofobe”, quanto l’immissione nelle nostre società civili di una immigrazione massiccia che stravolge il nostro tessuto sociale, economico, etnico, politico e identitario.
La risposta non può che essere il voto a favore di chi, tali Valori Identitari e Nazionali, mostra di sostenere.



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11 aprile 2010

Il tempo per discutere è finito

Negli anni di lavoro in campo legale, in politica e nel sindacato, ho imparato che quando una parte non ha idee, argomenti o forza per sostenerli, tenta disperatamente di guadagnare tempo, proponendo, con sorriso accattivante e toni concilianti: “discutiamone”.
L'obiettivo, però, non è arrivare ad una definizione condivisa dell'insorgenza, bensì di bloccare o, quanto meno, rallentare, le decisioni che l'altra parte ha assunto in base alle sue idee, a solidi argomenti e la forza per sostenerli.
Le reiterate querimonie di Bersani che si concludono immancabilmente con un “confrontiamoci” o un “discutiamone”, rinviando peraltro a quell'autentico porto delle nebbie di ogni riforma che sono le commissioni parlamentari, non sono diverse dagli atteggiamenti di debitori, oppositori o controparti lavorative colte in flagranza di torto.
E' purtroppo da registrare che, in soccorso di un Bersani suonato dalle elezioni come il suo partito, accorre prontamente Fini che tenta di smentire persino Berlusconi, reclamando una nuova legge elettorale con la scusa che il semipresidenzialismo alla francese può reggersi solo con il sistema a doppio turno.
Sistema che, guarda caso, è il più favorevole alla sinistra, ma anche il più pernicioso per la Nazione Italiana, che ha bisogno di guide sicure e di ridurre al minimo le turbolenze delle campagne elettorali.
Senza considerare che il doppio turno è foriero di intrallazzi e inciuci sulla testa (e sulle tasche) dei cittadini, come si può ben comprendere quando al ballottaggio si presentano solo i due candidati più votati al primo turno e cercano di accaparrarsi – con promesse, compromessi, accordi sopra e sottobanco – i voti dei candidati sconfitti al primo turno.
Un autentico suk arabo, dove ogni offerta ha un prezzo, alla faccia dei Valori che dovrebbero essere protagonisti dell'agone politico.
Il tempo delle discussioni, dunque, è finito.
Colpa della sinistra che, invece di preoccuparsi di definire un progetto di società, per 16 anni ha puntato ai ribaltoni contro Berlusconi in groppa alla tigre giustizialista e al seguito delle truppe togate.
Berlusconi ha parlato: semipresidenzialismo con turno unico.
La Lega è d'accordo.
Berlusconi e Bossi sono i vincitori delle elezioni regionali proprio su quei temi e Fini non ha portato alcun valore aggiunto al Centro Destra, anzi ne è stato una autentica palla al piede, mentre Bersani & compagni hanno fatto la figura dei pifferi di montagna: vennero per suonare e furono suonati.
A questo punto non vedo perchè si debba perdere ancora tempo per discussioni, commissioni, bozze , controbozze, proposte e minuetti vari.
Si voti una legge che porti al semipresidenzialismo alla francese, con elezione diretta e contemporanea, in un turno unico, del Presidente e del parlamento.
Si agisca per la riforma istituzionale così come, giustamente, ha agito il Governo per il ritorno dell'Italia al nucleare: poche chiacchiere e tanti accordi, nero su bianco.
Bersani e Fini non vogliono che il Popolo Sovrano possa concedere a Berlusconi una investitura presidenziale ?
Problemi loro, perchè non sono capaci di essere in sintonia con il sentimento della Nazione.


* L'immagine che illustra questo post è "rubata" dal blog dell'amico Sarcastycon , da cui potrete vederne molte altre e tutte centrate sugli argomenti all'ordine del giorno.

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09 aprile 2010

La strada per l'Inferno è lastricata di buone intenzioni

Voglio essere generoso e in questa sede diciamo pure che riconosco la buona fede dei vari signori della Caritas, dell’ufficio immigrazione del Vaticano e di tutto quell'esercito che ruota attorno a tale problema, sia in casa laica che in quella cattolica (quindi onlus, associazioni, trasmissioni radiotelevisive, partiti, sindacati, associazioni consumatori, singoli parlamentari, sindaci, assessori, etc. ...).
Fatta una premessa doverosa, devo però rilevare come, ancora una volta, la saggezza popolare dovrebbe far suonare dei campanelli di allarme nei confronti di tutta la “bontà” che costoro diffondono nel mondo.
I figli degli illegali devono essere ammessi negli asili nido finanziati con i soldi dei contribuenti italiani ) ?
I figli degli immigrati che non pagano le rette mensa devono essere mantenuti nelle mense con i soldi dei genitori che le pagano e, ancora una volta, con i soldi degli Italiani ?
Gli illegali che arrivano sui barconi devono essere accolti, rifocillati, ospitati, protetti ?

I “buoni” rispondono: certo.
Io, che non appartengo a quella categoria, dico: vediamo.
Allora, se vediamo, scopriamo che l’Italia non ha risorse sufficienti per i suoi abitanti ed è costretta ad importare beni di prima necessità, mantenendosi con l’ingegno e la trasformazione dei prodotti.
Perchè un simile delicato equilibrio possa consentirci di conservare il nostro Benessere, è necessario evitare di impegnarsi in ciò che non possiamo sostenere, come fanno tutte le famiglie.
Ma abbiamo anche una Storia, nobile e gloriosa, che affonda le sue radici nella Romanità e nel Cristianesimo: è la nostra Identità.
Una Identità che ci ha consentito di creare una Nazione progredita e con legittime aspirazioni di ulteriori progressi.
E siamo una nazione ad alta densità di popolazione, dove gli spazi “liberi” non esistono e dove ogni nuovo arrivo aumenta una sovrappopolazione che ormai insiste sul nostro territorio.
Abbiamo bisogno della immissione di milioni di persone che non hanno la nostra storia, le nostre radici, la nostra identità, la nostra cultura, le nostre capacità e conoscenze ?
Accettare queste persone in quantità massiccia, significa creare degli spostati, fomentare odi, instillare in costoro desideri di rivalsa.
Non è un caso che in Inghilterra e in Francia i responsabili degli attentati del luglio 2005 e della c.d. rivolta delle banlieu fossero immigrati (regolari, regolarizzati e con la cittadinanza) di seconda e terza generazione.
Allora non è meglio che gli irregolari (e loro prole) siano identificati e rispediti a casa loro ?
Non è meglio che anche chi è regolare sappia che in Italia i servizi si pagano (o non se ne usufruisce) ?
Non è meglio che i clandestini che cercano di sbarcare sulla nostra terra siano immediatamente fermati ?

Perchè illudere delle persone, quando la realtà è ben diversa e il Bengodi che si aspettano diventerebbe un inferno per loro e per noi, togliendo a noi la sicurezza e il benessere di cui godiamo, senza migliorare affatto le loro condizioni ?
Le strade per l’inferno sono lastricate di buone intenzioni e sicuramente le intenzioni dei “buonisti” sono buone (come nell’orazione shakespeariana di Antonio in morte di Cesare, Bruto era un uomo d’onore ...) , ma i risultati sono pessimi per il loro protetti e per la nazione italiana.
Così, approfondendo, non sono poi così convinto che i “buoni” siano proprio quelli che si credono tali e che i “cattivi” siamo noi con i piedi ben saldamente piantati per terra (la nostra).




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08 aprile 2010

Unicuique suum


Questa mattina, come al solito, ascoltavo in radio la trasmissione “Istruzioni per l’uso” (tanto per svegliarmi con una scarica di adrenalina ...) della Falcetti (di cui ho già scritto in passato) ed ho rilevato l’ennesimo intervento, senza contradditori, di un certo Trefiletti, che sarebbe il segretario di una associazione consumatori di derivazione cgil, a me ben noto per i suoi monologhi contro Berlusconi e il Centro Destra.
Questa mattina tuonava contro la decisione del Governo di abolire le agevolazioni postali per l’invio della stampa delle onlus (e anche delle associazioni dei consumatori).
A me sembra una decisione più che giusta ed opportuna.
I servizi vanno pagati per i loro costi, sennò li dobbiamo pagare tutti noi, quindi che siano quelli che contribuiscono a quelle organizzazioni a pagarsi la propaganda.
Senza considerare che, forse, adesso avremo la buca della posta meno intasata da tutte le richieste di denaro e contributi e, auspicabilmente, i soldi che doniamo in beneficenza verranno meglio utilizzati per gli scopi sociali e non per stampare e spedire opuscoli che finiscono immancabilmente tra i rifiuti.

Proseguendo nella giornata leggo i quotidiani del mattino e viene dato risalto, dopo il fatto accaduto in provincia di Vicenza, ad analogo episodio nel bresciano: genitori morosi (per lo più – 80% - extracomunitari) ai quali viene intimato di pagare le rette mensa dei figli, sennò non vi si provvederà più.
I buonisti in s.p.e., gli stessi che sfruttano ignobilmente i sentimenti di pietà e tenerezza che ispirano i bambini per imporre la presenza dei figli degli illegali negli asili nido, vengono presi dal ballo di S. Vito e strillano e strepitano al razzismo.
Ma quale razzismo peggiore è quello di caricare sulle spalle degli Italiani che pagano le rette, anche le quote degli extracomunitari che non le pagano ?
Perchè mai dovremmo provvedere, dopo che si pagano altissime tasse, anche a ulteriori esborsi per mantenere chi non paga ?
E chi ci dice che chi non paga è indigente e non semplicemente un “furbo” ?
Anche qui: i servizi vanno pagati.
Da tutti.
E chi non paga non può usufruirne.
Se uno è indigente chieda al comune che dovrà però fare i necessari accertamenti e, come accade negli Stati Uniti per chi viene mantenuto dal pubblico agli studi, dovrà provvedere a recuperare in futuro le somme spese oggi per l’educazione e il mantenimento degli indigenti.

Il trittico termina con la famigerata “pillola del giorno dopo” che, neanche dirlo, viene entusiasticamente diffusa nelle regioni rosse.
La prima pillola al di fuori della sperimentazione viene quindi concessa in Puglia.
La signora che ne ha fatto (legittimamente) uso, leggo che intima, in una dichiarazione ripresa da Il Resto del Carlino online, alla Chiesa e agli Uomini di tacere.
Io non taccio.
A parte la considerazione che la partecipazione dell’Uomo al concepimento rappresenta un apporto del 50% all’evento, che mi attribuisce analogo e proporzionale diritto a partecipare alle scelte (anche se la famigerata 194 concederebbe l’ultima parola alla donna: non sono d’accordo !), a parte il fatto che esistono i mezzi per “prevenire” una maternità indesiderata, è bene riaffermare che l’aborto non può essere considerato un “diritto” , nè, tantomeno, una “conquista”.
Può essere, in casi limitati, una dolorosa necessità.
Ed è inalienabile il diritto dell’Uomo a partecipare alle decisioni con pari dignità e “peso” della Donna, così come è inalienabile diritto di ogni Maschio esprimere la sua opinione in materia, diritto che appartiene anche alle associazioni politiche e religiose, ivi inclusa la Chiesa Cattolica.
Non riusciranno ad imporci il bavaglio !


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07 aprile 2010

Un colpo al cerchio e uno alla botte

In assenza di una opposizione seria, tale “vacatio” vede la supplenza di Napolitano che, però, per non “scoprirsi” troppo, consapevole di come a sinistra usino le persone e poi le “gettino”, è costretto a dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, nel tentativo di rallentare il cammino riformista del Governo Berlusconi-Bossi.
Ha firmato il decreto “salvaliste”, peraltro totalmente disapplicato là dove era necessario, poi ha rispedito alle camere i nuovi interventi sul mercato del lavoro, ivi inclusa l'introduzione dell'arbitrato nelle controversie di lavoro.
Oggi eccolo firmare il provvedimento che introduce il “legittimo impedimento” per il Premier e i suoi Ministri, ma nel contempo vanifica l'afflato riformatore chiedendo “larghe condivisioni” il che significa concessione del diritto di veto alla minoranza.
Un colpo al cerchio e uno alla botte.
Così si prende tempo, si rimandano le scelte, si rallenta qualsiasi attività di governo.
Se a questo aggiungiamo i magistrati militanti e le regioni rosse che ostacolano, i primi “interpretando” anche ciò che – come i provvedimenti sull'immigrazione – non ha bisogno di essere interpretato, le seconde con continui ricorsi per conflitti di competenza, le decisioni pur votate dal parlamento, vediamo come nonostante il rinnovato consenso ottenuto dal Popolo Sovrano, l'azione riformatrice del Governo sia parzialmente vanificata.
Noi cittadini elettori, ci aspettiamo che Berlusconi e Bossi realizzino le riforme concordate.
Anche se ciò dovesse significare uno scontro istituzionale da risolvere con la chiamata finale alle urne, in una Armageddon politica che potrà, sola, restituire il potere a chi deve realmente detenerlo: il Popolo Sovrano.

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06 aprile 2010

Sulle barricate con Benedetto XVI

In questi ultimi mesi, prendendo a pretesto la triste vicenda della pedofilia, è un crescendo di attacchi contro la Chiesa Cattolica, il Vaticano e il Papa.
La prima reazione è criticare la Chiesa: primo per lo sbaglio non sufficientemente sanzionato di alcuni (una netta minoranza) suoi sacerdoti, poi perché non si difende con adeguata energia.
La Chiesa dovrebbe ricordare che la percentuale di sacerdoti coinvolti in vicende moralmente disgustose è inferiore a quelle che si ritrovano al di fuori di essa.
Pensiamo solo, giusto per fare due casi, alla vicenda di Marrazzo e a quella della “papessa” luterana.
Appare quindi evidente che la questione dei preti pedofili è solo un pretesto per portare un attacco alla Chiesa, nel tentativo di rimuovere quello che sta diventando uno dei pochi baluardi contro la degenerazione completa dei costumi, contro l’abbandono di ogni etica e morale della Vita e della Famiglia.
In sostanza contro una delle gambe della nostra Civiltà, per sostituirla con non si sa bene cosa, un laicismo dominato dalle pulsioni, dall’interesse, dal piacere più perverso che sopraffa una visione etica della società e del futuro.
In sostanza è una lotta dei Valori e della Tradizione civile del Popolo Occidentale, contro disvalori elevati a materialistico traguardo, senza alcuna trascendenza e senza alcuna speranza per il futuro dell’Umanità.
Non è un caso, infatti, che gli attacchi alla Chiesa siano portati da una alleanza che rappresenta le più retrive consorterie laiciste che, paradossalmente, se nel nome dello “stato laico” pretendono di piegare la Chiesa al loro volere, mettendole il bavaglio e criminalizzandola, dall’altro difendono il “diritto” dei musulmani, anche di quelli più intolleranti e fondamentalisti, ad infiltrarsi nella nostra società, forse sperando che possano aiutare ad indebolire la Chiesa.
Tali consorterie, infatti, tacciono sulle ben più gravi violazioni di ogni diritto che vengono perpetrate nelle nazioni dominate dall’islam, con l’unica eccezione per quello che è l’unico insegnamento positivo che viene dai seguaci di Maometto, l'unico che dovremmo recepire: la condanna dell’omosessualità.
Non sfugge come l’attacco a Benedetto XVI provenga dagli stessi ambienti, dalle medesime consorterie che si opposero al Presidente Bush e aggrediscono il Presidente Berlusconi, a riprova che l’obiettivo è l’abbattimento della Civiltà come la conosciamo, per sostituirla con un regime decadente, fondato sulle pulsioni e sulla dominazione delle consorterie il cui obiettivo è trasformare uomini liberi in una massa schiavizzata, obbediente e obbligata agli stessi comportamenti, all’uso delle parole d’ordine, tutte uguali, del “politicamente corretto”.
Spiace vedere che la Chiesa, pur sotto attacco, non riesca a reagire con sufficiente energia e là dove coglie il pericolo di una nuova forma di razzismo, si premuri di smentire chi, come Padre Cantalamessa, ha il coraggio, sia pur come citazione altrui, di svelare il disegno ostile.
Spiace anche vedere come nel mondo della Rete ben pochi siano i laici che prendono le difese della Chiesa.
Eppure sono gli stessi che ogni due per tre blaterano di “diritti” e si definiscono persino “liberali”.
Sono tutti motivi che inducono un agnostico a salire sulle barricate, dalla parte di Benedetto XVI.

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05 aprile 2010

Tutto iniziò con il divorzio

Le non casuali esternazioni (che condivido ed alle quali plaudo) dei neo Governatori della Lega, Roberto Cota (Piemonte) e Luca Zaia (Veneto) contro l’uso della cosiddetta “pillola del giorno dopo” forniscono lo spunto, finita la attualità del momento elettorale, per una riflessione su quello che per me sono le fondamenta di un vivere sociale e civile: la moralità dei costumi.
Come è possibile che siamo scesi così in basso ?
Tutti coloro che, per professione o per diletto, conoscono i classici e la storia dell’Umanità, sanno che quando una civiltà perde l’integrità dei comportamenti morali (il vecchio “buon costume”) è ormai sul viale del tramonto.
Questo è accaduto alle civiltà indigene del Centro America, travolte sì da pochi avventurieri europei, ma crollate perché incapaci di trovare in se stesse la forza per resistere ad un invasore numericamente inferiore, ma fortemente motivato e convinto.
E’ accaduto all’Impero Romano, finito per mano di quei barbari ripetutamente sconfitti, ma che hanno trovato il burro quando le antiche virtù hanno lasciato il posto a comportamenti amorali, alla lascivia e il governo ad amministratori debosciati.
E’ accaduto all’Impero Bizantino, dove la perversione della classe dirigente (forse l’unica che ha – meritatamente – pagato con la completa eliminazione la sua colpa) ha aperto le porte all’invasione musulmana.
Sembra profilarsi analoga catastrofe anche per la nostra civiltà, come possiamo constatare dal progressivo sgretolarsi di quei capisaldi che hanno fornito la base da cui l’Occidente si è lanciato non solo alla conquista materiale del Mondo, ma anche a quella supremazia economica, civile e politica che ha caratterizzato almeno gli ultimi due secoli.
Purtroppo l’Italia, pur avendo una giovane storia unitaria, ha compiuto rapidi passi per allinearsi alle più consolidate nazioni “sorelle”.
Ho una età che mi consente di avere un sia pur vago ricordo degli anni sessanta, gli anni del boom economico e della ricchezza crescente.
Lo spartiacque fu il cosiddetto “autunno caldo” del 1969 coniugato con il provinciale scimmiottamento delle rivolte studentesche americane, tedesche e francesi.
L’economia andò in crisi e la scuola cessò, progressivamente, di trasmettere cultura e valori per trasformarsi in un diplomificio e in un parcheggio per figli di genitori impegnati più per se stessi che per la Famiglia.
Ma quello che oggi ritengo il vero grimaldello che ha scardinato la nostra società, fu l’introduzione del divorzio con la legge 898 del 1° dicembre 1970, purtroppo confermata nel referendum popolare del 1974.
Dopo quell’evento sono saltati tutti i freni: aborto, omosessualità, eutanasia, droga, tutto è diventato lecito, ammissibile, ha trovato sostenitori per la sua legalizzazione e, addirittura, chi vi si oppone rischia l'introduzione di una legge che sanzioni il suo pensiero come "reato" ... di opinione.
Prima del divorzio la Famiglia aveva la maiuscola.
Non credo che per i nostri genitori fossero tutte rose e viole, ma l’interesse di quel nucleo di base della nostra società che avevano costituito con il matrimonio di un Uomo con una Donna, era anteposto alle pulsioni del singolo.
Forse litigavano, forse si amareggiavano, ma quando si trattava di prendersi cura dei figli, di educarli crescendo i cittadini del futuro, erano uniti.
Facevano uno sforzo e continuavano a vivere assieme … magari in camere separate, ma non divorziavano.
In questo momento non ricordo genitori di miei amici di infanzia che si fossero separati e poi divorziati, neanche anni dopo l'introduzione della legge sul dovorzio.
L’introduzione di una legge che ha consentito di sciogliere il matrimonio ha reciso quel vincolo che consentiva di superare tante difficoltà, davanti alla prima delle quali oggi si preferisce terminare l’esperienza matrimoniale.
Una volta c’era il senso di responsabilità nelle scelte che ciascuno faceva nella vita, scelte dalle quali spesso non si poteva tornare indietro senza perdite.
Dopo il divorzio è stata proiettata l’idea che tutto fosse “resettabile” e, quindi, si è spinto ad assumere le decisioni senza adeguata riflessione o preparazione, più per il piacere del momento che pensando al futuro.
A rimetterci non sono solo i figli, sballottati nelle famiglie cosiddette “allargate” con doppie triple madri, nonne, padri e nonni, ma anche la capacità di crescere nella consapevolezza di dover prendere decisioni riflessive e di assumersi le proprie responsabilità.
In linea teorica, il divorzio è fondato su una logica risposta alla impossibilità alla convivenza tra due persone.
Ma questo può essere utile se bilanciato da una rigida e limitata applicazione delle norme, che abbiano come primo obiettivo il bene della Famiglia e non la comodità dei singoli, quindi una legge che consenta il divorzio in modo responsabile e non come se si trattasse di cambiare un soprammobile.
Quindi tempi necessariamente lunghi, magari limiti quando ci sono figli minorenni, rivisitazione delle norme sugli “alimenti” che spesso sono un modo per una parte (il più delle volte la donna) di vivere di rendita, impoverendo al limite (e anche oltre) dell’indigenza l’altra.
Purtroppo l’evoluzione delle norme è andata in senso opposto.
Dai cinque anni originari di separazione prima di accedere al divorzio, si è passati a tre e c’è chi – i soliti radicali ! – vorrebbe ridurre persino questo limite, rendendo veramente il divorzio un qualcosa di più semplice e meno impegnativo del cambio della televisione o dell’automobile.
Potremo recuperare la perduta saggezza del “buon costume” ?
Cota e Zaia ci confortano in questa speranza che rappresenta anche la speranza di non vedere il crollo della nostra Civiltà.

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