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18 aprile 2010

Le convergenze parallele di Fini e Rutelli

Nel 1993, nel pieno del giacobinismo di “tangentopoli”, con la Dc sulla strada di una veloce scomparsa sotto la gestione di Mino Martinazzoli (soprannominato “Mortimer” da Vittorio Feltri allora direttore de “L’Indipendente” ) a Roma si doveva eleggere il sindaco.
Per la verità non solo a Roma, ma qui ci interessa la Capitale, la Città Eterna, caduta in mano alla sinistra nel 1975 (sindaco Argan) sull’onda del successo del pci che aveva capitalizzato il credito stoltamente concessogli dai partiti laici l’anno prima nel referendum sul divorzio.
La Dc, ormai incapace di proporsi sul palcoscenico della politica, rifiutò di candidare un giovane professore di filosofia (Buttiglione) che sembrava poter restituire smalto al partito, mentre a sinistra si affermava la candidatura di Francesco “il bello” Rutelli, che era riuscito a riaccreditarsi dopo la sbornia pannelliana e, allora, mi sembra facesse parte dei “Verdi” (ma i suoi passaggi sono stati così tanti che a memoria potrei anche sbagliarmi).
L’MSI, non ancora Alleanza Nazionale, usciva da un brutto periodo di sconfitte elettorale sotto la gestione del vecchio Pino Rauti e si era riaffidato alle giovani mani di un Gianfranco Fini che portava al seguito l’imprimatur lui attribuito da Giorgio Almirante al congresso del 1987.
La Destra era alla ricerca di una affermazione che le consentisse di capitalizzare la pulizia indubbia dei suoi esponenti.
Così decise due candidature “forti” per quella tornata elettorale: Alessandra Mussolini a Napoli e lo stesso Gianfranco Fini a Roma.
Fu un successo.
Entrambi arrivarono al ballottaggio e ad un soffio dalla elezione che arrise a Bassolino a Napoli e a Francesco Rutelli a Roma.
Nei primi “talk show” dell’epoca, gli scontri furono appassionanti e per la prima volta un esponente del’MSI raccolse quella che sarebbe poi stato l’elettorato del Centro Destra.
Fini contro Rutelli, un duello che non si sarebbe poi riproposto ma che, forse, segnò negativamente i due protagonisti vincenti, anche Fini che pur non arrivò al Campidoglio, esponenti di una politica giovane e pulita.
Probabilmente entrambi si convinsero di una loro “predestinazione” a grandi cariche e tale ambizione li indusse a cercare di “allargare” la base del consenso, rinunciando a quella che era la loro storia politica.
Vediamo così che Rutelli, abbandona i Verdi, entra in contatto, presumibilmente, con gli ovattati ambienti Vaticani, si avvicina ai democristiani di sinistra che, nel frattempo, si erano aggregati, pur con un partito autonomo, ai comunisti, diventa capo della “Margherita” assumendo sempre più, lui con le sue origini radicali, posizioni rispettose della gerarchia cattolica, fino ad entrare nel pci/pds/ds/pd per poi uscirne considerandolo “troppo sbilanciato” a sinistra e formare, pressoché in solitudine, un partito che raccoglie consensi a livello di percentuale da prefisso telefonico.
Il suo avversario ha compiuto il cammino inverso.
Ha cominciato col non parlare più di “Fascismo”, si è fatto sdoganare da Berlusconi che lo ha messo ripetutamente a sedere su poltrone cui, da delfino di Almirante, mai avrebbe potuto aspirare.
Ha cominciato quindi a cambiare le sue idee.
Da cattolico a laico.
Da sostenitore della Vita a sostenitore di fecondazioni artificiali e testamenti biologici.
Da fiero oppositore delle pretese omosessuali a sostenitore di provvedimenti che recepiscano i loro capricci.
E adesso, come Rutelli, pianta grane all’interno del suo partito con la prospettiva di costituirne uno tutto suo.
E, con la prospettiva, di raccogliere anche lui percentuali a livello di prefisso telefonico.
In questo momento i due duellanti del 1993 sono sostanzialmente nello stesso punto della geometria politica e, in caso di elezioni anticipate, non sarebbe da meravigliarsi di vederli tentare un’avventura assieme.
Così come non sarebbe da meravigliarsi se, nel prosieguo della loro avventura, si ritrovassero di nuovo uno contro l’altro, a seguiti invertiti.
Fini a capo di uno schieramento di sinistra e Rutelli quale delfino designato di un Berlusconi che, fortunatamente, è ancora il Leader del Centro Destra.
Nel Pdl non mi sembra vi sia alcuna spaccatura, come cerca farsescamente di consolarsi Bersani, ma solo un problema personale di Fini, esattamente come lo era Rutelli nel pci/pds/ds/pd, la cui uscita non cambiò nulla.
Con la differenza che Ruteli ha rotto gli indugi e tolto il disturbo, mostrando maggior carattere e coraggio di un amletico Fini che ancora non vuole decidersi di togliere il disturbo e, come Gatto Silvestro, resta aggrappato alla poltrona che gli ha regalato Berlusconi.

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3 commenti:

Le_Barricate ha detto...

Bello, mi è piaciuto. Si vede che sei un lettore di LE BARRICATE :)) Ma purtroppo penso che Fini possa ancora contare su una parte dell'ex An che non è stata molto attenta nel cogliere le trasformazioni del ex delfino di Almirante tanto da averlo fatto divebtare, appunto, la controfigura di Ruttelli.. E probabilmente non capirà neppure che non potrà guidare un suo gruppo parlamentare continuando a fare anche il presidente della camera, dal cui scranno potrà continuare a dare addosso a Berlusconi come fa da parecchi anni, salvo poi tacere e mettersi a fare il bravo per qualche mese quando il Silvio gli fa vedere lo zuccherino.

Nessie ha detto...

Si susseguono contatti tra FINi, CASINI e RUTELLI e pare pure che sia nato un nuovo singolare acronimo: il FI-CA-RU.
L'ho reperito sul sito di gossip Dagospia, na c'è comunque da scompisciarsi dalle risate :-):

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-14838.htm

Massimo ha detto...

Barricate. Io continuo a dubitare che Fini abbia la dignità e il coreggio di Rutelli (e anche di Casini) di prendere e andarsene per una strada ignota. Purtroppo farebbe più danni restando con una sua corrente che andandosene.
Nessie. In quella triade i voti li porterebbe Casini e non è il tipo che lascia il potere vero a chi non gli porta altro che degli zero virgola ... :-)