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No alla deriva

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05 aprile 2010

Tutto iniziò con il divorzio

Le non casuali esternazioni (che condivido ed alle quali plaudo) dei neo Governatori della Lega, Roberto Cota (Piemonte) e Luca Zaia (Veneto) contro l’uso della cosiddetta “pillola del giorno dopo” forniscono lo spunto, finita la attualità del momento elettorale, per una riflessione su quello che per me sono le fondamenta di un vivere sociale e civile: la moralità dei costumi.
Come è possibile che siamo scesi così in basso ?
Tutti coloro che, per professione o per diletto, conoscono i classici e la storia dell’Umanità, sanno che quando una civiltà perde l’integrità dei comportamenti morali (il vecchio “buon costume”) è ormai sul viale del tramonto.
Questo è accaduto alle civiltà indigene del Centro America, travolte sì da pochi avventurieri europei, ma crollate perché incapaci di trovare in se stesse la forza per resistere ad un invasore numericamente inferiore, ma fortemente motivato e convinto.
E’ accaduto all’Impero Romano, finito per mano di quei barbari ripetutamente sconfitti, ma che hanno trovato il burro quando le antiche virtù hanno lasciato il posto a comportamenti amorali, alla lascivia e il governo ad amministratori debosciati.
E’ accaduto all’Impero Bizantino, dove la perversione della classe dirigente (forse l’unica che ha – meritatamente – pagato con la completa eliminazione la sua colpa) ha aperto le porte all’invasione musulmana.
Sembra profilarsi analoga catastrofe anche per la nostra civiltà, come possiamo constatare dal progressivo sgretolarsi di quei capisaldi che hanno fornito la base da cui l’Occidente si è lanciato non solo alla conquista materiale del Mondo, ma anche a quella supremazia economica, civile e politica che ha caratterizzato almeno gli ultimi due secoli.
Purtroppo l’Italia, pur avendo una giovane storia unitaria, ha compiuto rapidi passi per allinearsi alle più consolidate nazioni “sorelle”.
Ho una età che mi consente di avere un sia pur vago ricordo degli anni sessanta, gli anni del boom economico e della ricchezza crescente.
Lo spartiacque fu il cosiddetto “autunno caldo” del 1969 coniugato con il provinciale scimmiottamento delle rivolte studentesche americane, tedesche e francesi.
L’economia andò in crisi e la scuola cessò, progressivamente, di trasmettere cultura e valori per trasformarsi in un diplomificio e in un parcheggio per figli di genitori impegnati più per se stessi che per la Famiglia.
Ma quello che oggi ritengo il vero grimaldello che ha scardinato la nostra società, fu l’introduzione del divorzio con la legge 898 del 1° dicembre 1970, purtroppo confermata nel referendum popolare del 1974.
Dopo quell’evento sono saltati tutti i freni: aborto, omosessualità, eutanasia, droga, tutto è diventato lecito, ammissibile, ha trovato sostenitori per la sua legalizzazione e, addirittura, chi vi si oppone rischia l'introduzione di una legge che sanzioni il suo pensiero come "reato" ... di opinione.
Prima del divorzio la Famiglia aveva la maiuscola.
Non credo che per i nostri genitori fossero tutte rose e viole, ma l’interesse di quel nucleo di base della nostra società che avevano costituito con il matrimonio di un Uomo con una Donna, era anteposto alle pulsioni del singolo.
Forse litigavano, forse si amareggiavano, ma quando si trattava di prendersi cura dei figli, di educarli crescendo i cittadini del futuro, erano uniti.
Facevano uno sforzo e continuavano a vivere assieme … magari in camere separate, ma non divorziavano.
In questo momento non ricordo genitori di miei amici di infanzia che si fossero separati e poi divorziati, neanche anni dopo l'introduzione della legge sul dovorzio.
L’introduzione di una legge che ha consentito di sciogliere il matrimonio ha reciso quel vincolo che consentiva di superare tante difficoltà, davanti alla prima delle quali oggi si preferisce terminare l’esperienza matrimoniale.
Una volta c’era il senso di responsabilità nelle scelte che ciascuno faceva nella vita, scelte dalle quali spesso non si poteva tornare indietro senza perdite.
Dopo il divorzio è stata proiettata l’idea che tutto fosse “resettabile” e, quindi, si è spinto ad assumere le decisioni senza adeguata riflessione o preparazione, più per il piacere del momento che pensando al futuro.
A rimetterci non sono solo i figli, sballottati nelle famiglie cosiddette “allargate” con doppie triple madri, nonne, padri e nonni, ma anche la capacità di crescere nella consapevolezza di dover prendere decisioni riflessive e di assumersi le proprie responsabilità.
In linea teorica, il divorzio è fondato su una logica risposta alla impossibilità alla convivenza tra due persone.
Ma questo può essere utile se bilanciato da una rigida e limitata applicazione delle norme, che abbiano come primo obiettivo il bene della Famiglia e non la comodità dei singoli, quindi una legge che consenta il divorzio in modo responsabile e non come se si trattasse di cambiare un soprammobile.
Quindi tempi necessariamente lunghi, magari limiti quando ci sono figli minorenni, rivisitazione delle norme sugli “alimenti” che spesso sono un modo per una parte (il più delle volte la donna) di vivere di rendita, impoverendo al limite (e anche oltre) dell’indigenza l’altra.
Purtroppo l’evoluzione delle norme è andata in senso opposto.
Dai cinque anni originari di separazione prima di accedere al divorzio, si è passati a tre e c’è chi – i soliti radicali ! – vorrebbe ridurre persino questo limite, rendendo veramente il divorzio un qualcosa di più semplice e meno impegnativo del cambio della televisione o dell’automobile.
Potremo recuperare la perduta saggezza del “buon costume” ?
Cota e Zaia ci confortano in questa speranza che rappresenta anche la speranza di non vedere il crollo della nostra Civiltà.

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4 commenti:

kaminito ha detto...

Ciao. Sono entrata per la prima volta nel tuo sito, complice la brutta giornata per la Pasquetta. Devo dire che sono d'accordissimo con te. E oggi si ripresenta la triste occasione, con l'eutanasia, di rifare quell'errore. Voglio dire che se permettiamo oggi la morte di un malato che non può più nutrirsi, domani potremo permettere la morte di uno che non può per esempio, camminare, portando così il limite sempre più in là. #continua#

kaminito ha detto...

Dunque, a volte a dare la mano, ti prendono tutto il braccio, e i radicali, coi loro pignucolii sono maestri in questo.

Viciuos 83 ha detto...

Una domanda, davvero senza polemiche:

nel passaggio "Lo spartiacque fu il cosiddetto “autunno caldo” del 1969 coniugato con il provinciale scimmiottamento delle rivolte studentesche americane, tedesche e francesi.
L’economia andò in crisi..."
intendi dirci che l'economia andò in crisi in virtù di quelle lotte?

Massimo ha detto...

Kaminito. Io mi ricordo la campagna del referndum 1974. Gli antidivorsisti sostenevano che approvare il divorzio significava poi aprire all'aborto. I divorzisti tranquillizzavano parlando solo del divorzio ...

Vicious. ... e la scuola cessò di trasmettere cultura e valori. L' "autunno caldo" fu una iattura per l'economia. Lo "statuto dei lavoratori", un totem che ancora oggi frena il nostro mercato del lavoro, ne fu la traduzione legislativa. Non fraintendere, era necessario che le relazioni sindacali evolvessero rispetto al vecchio rapporto "padrone/operaio", ma fu scelta la strada sbagliata, tanto che, ancora oggi, stiamo pagando quelle scelte errate. Come dicevano i nostri Antichi: est modus in rebus.