Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

29 giugno 2010

Tasse e statistiche

Già Trilussa, con la saggezza popolare e l’ironia che gli era propria, aveva denunciato le storture delle statistiche con il suo famoso pollo.
Oggi sulla stampa leggiamo titoli cubitali che raccontano una falsa verità: aumenta l’imposizione fiscale.
Tutti noi sappiamo che nel 2009 rispetto al 2008 non vi è stato alcun aumento delle tasse, mentre nel 2008 rispetto al 2007 vi è stata l’abolizione parziale dell’ICI sulla prima casa (tale odiosa tassa è rimaste sulle case per le vacanze e sulle cosiddette prime case di lusso).
Sappiamo anche che mentre Berlusconi ha promesso e mantenuto di non mettere le mani nelle tasche degli italiani, la sinistra e i sindacati non perdono occasione per propagandare come “cosa buona e giusta” il ripristino dell’ici sulla prima casa e l’aumento delle tasse sui risparmi, il tutto mascherato con la formuletta ingannatrice “tassazione delle rendite immobiliari e finanziarie”.
Ma l’Istat dovrebbe essere al di sopra delle parti e, infatti, come per il pollo di Trilussa, fornisce un dato statistico: la percentuale del carico fiscale in rapporto al pil.
Così è uscito quel dato che ha fatto strillare i giornali e alimentato la subdola propaganda della sinistra.
Ma quel dato è solo statistico e non reale.
Infatti è una percentuale sul pil delle tasse pagate.
Nel 2009 il pil ha avuto un calo di oltre il 5%, mentre le nostre tasse hanno mantenuto lo stesso livello percentuale provocando un gettito che ha dato luogo al dato statistico, gettito, tra l'altro, aumentato dai ravvedimenti derivanti da condono e scudo fiscale (tanto criticati dalla sinistra, ma tanto opportuni perchè hanno portato al fisco soldi che mai il fisco avrebbe recuperato).
In sostanza se considerato 100 il pil del 2008 le tasse erano 42, rimanendo quel 42 inalterato ma proporzionato ad un pil calato a 95 è evidente che il dato statistico apparentemente indichi un aumento della imposizione fiscale.
Ma i soldoni che ci sono stati sottratti dalle nostre tasche per opera del fisco sono gli stessi dell’anno prima, tranne nel caso in cui – come credo sia accaduto a quasi tutti visto che non ci sono contratti significativi scaduti – gli effetti dell’aumento dei contratti triennali, tuttora in corso e non sospesi, non abbiano incrementato, come hanno incrementato, gli stipendi.
Il fatto che non sia vero che c’è stato un incremento della pressione fiscale, non giustifica l’inerzia nel campo delle tasse.
Una azione che deve vedere impegnato il Governo a realizzare esattamente il contrario di quel che auspicano sinistra e sindacati: niente tasse “sulle rendite immobiliari e finanziarie” ma, anzi, riduzione delle aliquote e spostamento tendenziale verso una flat tax al più basso livello possibile.
Viceversa aumento obbligato del costo dei servizi che devono, almeno, essere pagati, solo da chi ne usufruisce, al costo di prestazione.
Il tutto nell’ambito di una ulteriore, progressiva, incisiva diminuzione della spesa pubblica, ancora traboccante e spesso inutile, come possiamo constatare dalle kermesse estive organizzate, a spese di tutti, dai vari enti locali.



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27 giugno 2010

Il pollaio contro Brancher è figlio dell’inferiorità della sinistra

La nuova frontiera dell’aggressione della sinistra contro il Governo e Berlusconi (perché l’obiettivo ultimo è il Premier) ha il nome del neoministro per il Decentramento Aldo Brancher.
La credibilità della magistratura è da tempo compromessa e pari alla temperatura esistente sulla superficie di Plutone, ma se anche fosse tutto vero ciò che viene imputato al Ministro in ordine al tentativo di scalata all’Antonveneta, non ha nulla a che spartire con il suo impegno politico e ministeriale.
Brancher, infatti, rappresenta con Tremonti l’anello di congiunzione fra i due filoni portanti del Centro Destra: l’autonomismo (non scelgo a caso questo termine invece degli abusati federalismo o indipendenza) della Lega e il liberismo economico del Pdl.
Su tali due gambe il Centro Destra ha costruito il suo consenso, unendovi temi tradizionali della Destra (nazionalismo, perché tale è anche quello Padano, lotta contro le tasse, legge e ordine) e chiare risposte a nuovi problemi (immigrazione, identità, deriva morale della società).
Brancher ha visto riconosciuto il suo impegno con il Ministero Senza Portafoglio per il Decentramento, cioè per quel primo passo verso l’autonomia delle regioni padane.
Per questo viene aggredito dalla sinistra su un tema, quello della scalata Antonveneta, che dovrebbe solo far tacere l’opposizione (priva evidentemente di senso del proprio ridicolo) dal momento che, quando si parla di scalate alle banche, non si può dimenticare un suo precedente leader che era stato colto in flagranza di orgasmo al pensiero “abbiamo una banca” , eppure di questo non si sente più parlare …
Allora sia lasciato lavorare il Ministro Brancher per perfezionare quel decentramento sempre più necessario all’Italia per impedire che anche prossime problematiche (non credo sia risolta la questione dello stabilimento Fiat di Pomigliano) siano utilizzate per spremere altro “sangue” ai cittadini del Nord con improbabili trasferimenti al Sud.
Ma, soprattutto, guardiamo e giudichiamo l’azione del Governo sui temi importanti e significativi che sono quello dell’ordine pubblico, del benessere, dell’invadenza dello stato, delle tasse, dell’immigrazione, delle riforme, del progetto di società che non può prescindere da rigore morale, dalle nostre radici e identità.
Sono già temi sui quali le divisioni sono profonde, al punto da rendere improbabile qualsivoglia mediazione o punto di incontro.
Eppure la sinistra preferisce sollevare un pollaio mediatico sulle sciocchezze, perché ?
Il mio perché è fondato sulla mia convinzione che la sinistra sia politicamente, culturalmente e moralmente "inferiore".
Politicamente perché è priva di un progetto per l’Italia che sia alternativo a quello, pure appena abbozzato (e che personalmente desidererei vedere più deciso e perseguito con assoluta determinazione), che muove Berlusconi e Bossi e che si fonda sulla libertà dell’Individuo e l’allontanamento dello stato dalla nostra vita e dalle nostre tasche, tanto che la sinistra, pur cambiando a ripetizione “leaders”, non riesce a librarsi sopra un becero giustizialismo (che si trasforma in meschina piccineria) e si nasconde sistematicamente dietro le toghe.
Culturalmente perché è rimasta ingessata su vecchi dogmatismi (come la resistenza) senza essere riuscita a cambiare marcia ma solo, ripetutamente, il nome; peggio ancora non è entrata nel terzo millennio ed è rimasta ferma agli anni settanta del secolo scorso (il suo sindacato è addirittura rimasto inchiodato al secolo ancora precedente …).
Moralmente perché da sedici anni (ma ricordiamoci anche prima le “aggressioni” pur di livello più elevato affidate alla penna di “Fortebraccio”) non sa far altro che attaccare le persone, Berlusconi, Scaloia, Bertolaso, Brancher, salvando solo quelli che fanno il loro gioco come Fini (e Bossi … ma solo in occasione del ribaltone del 1994, poi è ritornato tra i “cattivi” , destino riservato anche a Fini qualora eseguisse un altro dei suoi valzer ideologici) e sostenere tutte le baggianate, mascherate da “diritti civili”, che i suoi nani e ballerine, cui hanno appaltato quel che loro chiamano, autoreferenzialmente, “cultura”, estrapolano in un continuo rincorrere la provocazione fine a se stessa ma comunque esiziale per la nostra società civile.
Così vediamo la sinistra sollevare polveroni sul nulla, non essendo in grado di affrontare i temi realmente significativi della Nazione.
La domanda che da anni mi pongo è: come ci può essere stato unitario quando noi, suoi cittadini, siamo così radicalmente distinti e distanti ?
Fino a quando l'acqua calda che tutti troviamo al ritorno del lavoro e il calcio riusciranno ad evitare il peggio tra persone che non hanno più, se mai li abbiamo avuti, Valori in comune ?


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25 giugno 2010

Maturità: belle tracce !

Parlare di maturità evoca un certo nostalgismo per i nostri “migliori anni” e ogni anno questo periodo continua a suscitare interesse, con commenti sugli argomenti di italiano e le versioni di latino o greco.
Questo anno, però, è doveroso sottolineare le ottime scelte operate dal Ministero, con tracce innovative, scevre da ogni concezione “politicamente corretta” e tenute rigorosamente riservate.
Certo c’è la traccia dedicata a Primo Levi che è un contentino ai resistenzialisti, certo c’è il richiamo (forzato) all’art. 3 della costituzione nel tema sulla felicità, ma troviamo anche D’Annunzio che surclassa Brecht, Mussolini la cui forza espositiva tritura sia Togliatti che Moro e, soprattutto, troviamo un coraggioso tema sulle Foibe.
Comprensibilmente questa traccia è stata scelta da una esigua minoranza di coraggiosi e di colti, perchè il tema delle Foibe è stato accuratamente nascosto per lunghi decenni in cui si pompavano le azioni dei partigiani rossi e si ignorava che senza l’intervento degli Anglo Americani non ci sarebbe stato nessun 25 aprile ma, soprattutto, si coprivano i crimini comunisti in quell'angolo d'Italia.
Senza mio padre, veneto, e la narrazione delle sue esperienze e conoscenze di quei giorni non sarei certo venuto a conoscenza di quel massacro, perchè nessun libro di storia per le scuole lo riporta(va).
Ci volle, nel 2004, il coraggio di Berlusconi per istituire il Giorno del Ricordo e ci vuole, oggi, il coraggio della Gelmini per autorizzare un simile tema che riproponendo la tragedia dei nostri connazionali Fiumani, Istriani e Dalmati, vittime della pulizia etnica operata nelle attuali Croazia e Slovenia, alimenta il ricordo e permette di non dimenticare che Fiume, l’Istria e la Dalmazia sono terre italiane, momentaneamente sotto una amministrazione straniera.
Ce lo dice la Storia, ce lo dice la Memoria, ce lo dice il Sangue che quelle Terre appartengono alla Nazione Italiana perchè “una d’arme, di lingua, di memorie, di sangue e di cor”.
Verrà un giorno ...


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24 giugno 2010

Fine di un ciclo "mundial"

L'ennesimo ciclo calcistico della nostra Nazionale si è concluso oggi con la sconfitta contro la Slovacchia.
Immagino che si scateneranno i 60 milioni di commissari tecnici e critici di calcio che abbiamo in Italia, per gettare la croce addosso a Lippi su chi “ha lasciato a casa” (personalmente credo che siano stati convocati i migliori calciatori Italiani che, anche e soprattutto sotto il profilo comportamentale, meritavano la Nazionale) , sul modulo, sulle scelte dei singoli.
Rimando ad un successivo momento una valutazione più ampia sul calcio italian, già programmata per il periodo in cui sarò in montagna e mi affiderò a blogspot per mettere in rete ogni tanto un post.
Credo che il tono funereo dei telecronisti di Rai 1 fosse totalmente fuori luogo: in fondo si tratta di un gioco e dobbiamo prenderlo come tale, gioendo per le vittorie e, come diceva una antica pubblicità, consolandoci quando si perde.
Per me si trattava del 12° mondiale cui ho, emotivamente, partecipato.
Non ricordo nulla di Svezia 1958 e di Cile 1962, ma ricordo molto bene Inghilterra 1966 con la sconfitta contro la Corea del Nord e un C.T., come “Mondino” Edmondo Fabbri che puntava sul blocco del Bologna e rimase “fregato”, allora che non c'erano sostituzione, dalle condizioni di Bulgarelli che si “ruppe” e rimase in campo senza poter essere di aiuto.
Ma dopo il fondo della Corea nel 1966 ci fu l'esaltante Messico 1970, con quell'Italia-Germania 4 a 3 che rimane negli annali del calcio e nella nostra memoria di, allora, quattrodicenni alle prese con l'esame di terza media (anno di scioperi dei professori, esami rinviati e ridotti alle sole prove scritte di Italiano e Latino, più l'orale e Educazione Fisica … per la mia gioia che “sfangai” matematica, inglese e, soprattutto, disegno, la mia "bestia nera" …).
Nel 1970, però, finì il ciclo dei “messicani” con Germania 1974, eliminati, come oggi, al primo turno.
E poi il nuovo ciclo che portò al quarto posto del 1978 in Argentina e al mondiale spagnolo, 1982 e, di nuovo, il fondo del 1986, di nuovo in Messico.
Italia 1990 su (anche se ci aspettavamo moooolto di più ...) e su pure Stati Uniti 1994, giù, invece, Francia 1998 e giù pure il 2002 dove abbiamo trovato l'altra Corea, del Sud, organizzatrice del torneo.
Quindi il mondiale 2006 in Germania, vinto.
Il ciclo dei Cannavaro, degli Zambrotta, dei Gattuso, finisce qui.
Forse Pirlo sarà ancora della partita, ma Prandelli, il nuovo C.T., dovrà aprire un altro ciclo che porti l'Italia a nuovi successi, come accadrà.
Mi sembra doveroso, in chiusura, ringraziare i nostri calciatori che tante soddisfazioni ci hanno concesso negli anni.
Grazie, ragazzi !



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23 giugno 2010

Pomigliano:il sì vince ma non convince

Il più coinvolgente tra gli strumenti della democrazia, il referendum, è stato adottato a Pomigliano per sottoporre al parere dei lavoratori l’accordo raggiunto tra la Fiat e quattro organizzazioni sindacali (tutte quelle riconosciute in Fiat con l’eccezione della Fiom/Cgil).
Ha partecipato alla consultazione il 95% degli aventi diritto (considerata la partecipazione che si registra abitualmente nel Sud ...) che, quindi, rendono il referendum pienamente attendibile.
I commentatori si aspettavano una valanga di “sì” all’accordo, considerato che l’alternativa è la chiusura dello stabilimento e la perdita di oltre cinquemila posti di lavoro.
La cgil ha osteggiato l’accordo agitando lo spettro – ormai abituale – della incostituzionalità e, se tale impostazione dovesse essere accolta, sarebbe l’ennesima riprova che la nostra carta costituzionale debba essere rapidamente archiviata, rappresentando un ostacolo, sia pur solo formale, ad ogni progetto di sviluppo e di progresso della Nazione.
A sorpresa i giornali online, dopo che nelle edizioni cartacee avevano scritto di oltre il 70% di favorevoli, ci informano che solo il 62% dei lavoratori ha votato a favore degli accordi, ben il 37% ha seguito il no della cgil.
Sono lavoratori che preferiscono la disoccupazione al lavoro ?
Non credo.
Certamente ci sono, come ovunque, dei “furbi” che pensano di trarre da queste situazioni il massimo del profitto personale a scapito altrui, ci saranno anche dei “duri e puri” che “non capiscono ma si adeguano” e si prestano a scelte ideologiche suicide, ma per lo più credo che siano lavoratori che non credono che la Fiat chiuderà lo stabilimento e che, come sempre, finirà a tarallucci e vino e potranno continuare a fare quel che hanno sempre fatto.
Credo che anche tra i votanti “sì” vi siano numerosi lavoratori che, pur votando favorevolmente per prudenza, siano convinti di poter, ove applicate le nuove norme, continuare a fare quel che hanno sempre fatto.
Per questo la Fiat chiedeva, opportunamente, un “plebiscito” che legittimasse e desse forza a scelte così innovative a favore di una maggiore produttività.
Plebiscito che non ha avuto e, quindi, è legittima la pausa di riflessione prima di dar corso ad un investimento monumentale con una scelta che rappresenterebbe la prima inversione di tendenza rispetto alla esternalizzazione delle produzioni.
Come noto io non sono affatto simpatizzante per la Fiat, azienda che ritengo appartenga agli Italiani che l’hanno ripetutamente salvata con i propri soldi, salvo poi vedere che gli utili finivano solo nelle tasche degli Agnelli fedeli al principio per cui si devono “privatizzare i profitti e socializzare le perdite”.
Ritengo però che l’idea di Marchionne sia coraggiosa, rischiosa, ma di grande rilevanza per l’Italia e per l’inversione di tendenza che rappresenta.
Se spero comunque che dia corso a tale progetto, sono però convinto che i risultati non sarebbero in linea con le aspettative e non vorrei che dovessimo nuovamente metterci le mani in tasca per ripianare errori (o peggio) altrui.
Non ho fiducia che sarebbero rispettati i termini dell’accordo stante anche l’alta percentuale di contrari manifesti e il rischio che basterebbe un ricorso per trovare un magistrato che annulli gli effetti dell’accordo.
La cgil si è assunta una grave responsabilità, unicamente per una scelta ideologica e contro il Governo, che potrebbe portare a fortissime tensioni sociali se la Fiat deciderà che le garanzie di applicazione dell’accordo sono troppo deboli rispetto al rischio economico che si assume.
Sia però chiaro che, qualunque cosa accada, non è più il tempo per interventi pubblici che “socializzino le perdite”, magari imponendoci qualche balzello o aumentandone altri.



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22 giugno 2010

Fini aspirante Metternich

Dopo la sconfitta di Napoleone si aprì il Congresso di Vienna che avrebbe dovuto restaurare l’europa delle monarchie tradizionali dopo la sbornia rivoluzionaria.
In tale occasione il Principe di Metternich, austriaco, a chi sosteneva la necessità di concedere autonomia o un riconoscimento agli italiani, scrisse che “l’Italia è solo una espressione geografica”.
Metternich fu un grande statista che ottenne grandi risultati per la sua nazione, Fini è solo una alta carica istituzionale, tale per grazia e concessione di Berlusconi.
Ma la nuova esternazione di Fini sulla Padania come efficace invenzione propagandistica richiama il Metternich dell’Italia espressione geografica ... e sappiamo tutti come andò a finire.
Fini, ovviamente, non è paragonabile a Metternich, ma il concetto che ha espresso ha la medesima portata e manifesta lo stesso disprezzo verso le istanze della Lega e dei cittadini del Nord che il principe austriaco aveva per l’Italia e gli Italiani.
Se dopo 150 anni di unità, siamo ancora al punto di dover richiamare il “dovere” alla solidarietà che si traduce in esazioni fiscali nei confronti dei cittadini del Nord per far affluire denaro al Sud, probabilmente c’è qualcosa di profondamente sbagliato nel modo in cui si è formata l’unità d’Italia.
Lo stato centralista, che sostiene Fini, è sbagliato, è costoso, è inefficiente.
La Lega ha saputo interpretare questo stato d’animo e, coniugandolo con i cavalli di battaglia storici della Destra (lotta all’immigrazione illegale, identità, legge e ordine) ha ottenuto quei successi che Fini evidentemente invidia perchè non è stato in grado, con tutta la sua prosopopea, di raggiungere ed ha dovuto sempre appoggiarsi ad un mentore che lo imponesse nei vari incarichi ricevuti: da Almirante a Berlusconi, passando per Tatarella.
La Lega, grazie a Berlusconi, è stata coinvolta nel processo riformatore e con la prospettiva di conseguire un autentico federalismo che fermasse l’emorragia di risorse dal Nord, responsabilizzando i cittadini del Sud che devono imparare a gestire le loro grandi risorse senza aspettare l’aiuto pubblico, ma con le loro sole forze.
E’ evidente che se questo processo dovesse fermarsi o ridursi nella sua portata, per un qualche motivo, ma essenzialmente per l’interesse a continuare a ricevere assistenzialismo dal Nord, la secessione tornerebbe ad essere l’unica strada idonea a conseguire lo scopo, come è stato per la divisione della Repubblica Ceca da quella Slovacca e come potrebbe essere per il Belgio tra Valloni e Fiamminghi.
Sia chiaro: io vorrei l'Italia unita dalle Alpi a Lampedusa, ma a passare da pirla che si deve sempre grattare in tasca per gli altri, no !
E credo che come me la pensi la maggioranza dei cittadini del Nord.
E’quindi evidente che anche chi è cresciuto, come me, nel culto del Risorgimento e del Nazionalismo, non potrà accettare che continui l’inutile assistenzialismo verso una regione della nazione che, invece di mettere a frutto tali cospicui aiuti, alimenta le oligarchie di potere grazie anche ad una mentalità che, dopo 150 anni, resta sempre quella di privilegiare il proprio interesse particolare e momentaneo, pensando, con ciò, di essere “furbi” e di “fregare” lo stato.
Ma lo stato siamo noi che paghiamo ed è il momento di dire basta.
Fini, inconsapevolmente, replicando verso la Padania il disprezzo di Metternich verso l’Italia, rischia di accelerare lo stesso identico risultato, trasformando una “invenzione” in realtà.


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20 giugno 2010

Le "idee" di Bersani:tassare la casa e i risparmi

Sabato il pci/pds/ds/pd guidato da Bersani ha cercato di rispolverare la sua vecchia anima barricadera ed ha inaugurato “la campagna d'estate” fondata sulle feste dell'unità (che forse adesso si chiamano in altro modo, ma restano sempre uguali a quelle degli anni cinquanta e sessanta).
Ha così lucidato le parole d'ordine sulla “democrazia” e la “costituzione” e si è lanciato nella abituale demonizzazione di Berlusconi.
Insomma un po' di Togliatti e di Berlinguer, un po' di Di Pietro e un patetico tentativo di fare ironia cercando di essere un po' Grillo e un po' Berlusconi (al quale, almeno, le battute riescono …),
Bersani, poveraccio, stretto tra “alleati” scomodi come i già citati Grillo e Di Pietro, un passato tutto da dimenticare cercando di far sbiadire il ricordo delle bandiere rosse al servizio del comunismo, compagni di partito provenienti dall'antico nemico democristiano e, infine, un sindacato collaterale che, pur di fare opposizione “ a prescindere” assume posizioni indifendibili, fa quello che può e sa: nessuno credo si aspetti che possa essere "quel securo" cui "il fulmine tenea dietro il baleno", anche perchè del "baleno" non v'è neppure l'ombra.
Se Berlusconi piange (a causa di Fini, dei magistrati, dei nani e ballerine della rai di stato, di una stampa pregiudizialmente ostile, dei “poteri forti”, dei lacci e lacciuoli costituzionali che gli impediscono di governare) Bersani di certo non ride.
E, infatti, la nomenklatura comunista, anche dei giorni d'oggi, è la fotografia di quella del passato: accigliata, sguardi torvi, un sorriso neanche a pagarglielo in voti sonanti.
Con una dirigenza così, per forza che la base di sinistra sia perennemente depressa e incazzata come emerge dagli articoli di stampa, dai blog e dai commenti del “popolo della rete sinistra”.
E lo sarebbe molto di più se, invece di bearsi nelle vuote parole d'ordine contro Berlusconi, facesse lo sforzo di comprendere quali sono le “idee” di Bersani.
Bersani cita il primo articolo della costituzione per dire che le decisioni di un modesto sinedrio di legislatori è superiore alla volontà popolare.
In pratica riconosce che il Popolo (nel cui nome si legifera e si amministra la giustizia) è con Berlusconi, ma poiché la Sovranità Popolare si esercita nell'ambito delle leggi, non importa quello che vuole il Popolo, ma quello che impone il legislatore, con tutte le lobbies e le pressioni da cui è condizionato.
E questa Bersani la chiama “democrazia”.
Emerge chiaramente quanto sia diversa la democrazia di un comunista da quella di un conservatore o di un liberale.
Del resto l'Urss e le nazioni soggette al tallone comunista si riempivano la bocca della parola “democrazia” che piazzavano in ogni salsa, salvo poi impedire al Popolo ogni libera espressione.
Ma Bersani, nella sua foga oratoria (?) è inciampato in una gaffe manifesta.
Per chi sa capire, quando Bersani, nello rispolverare il vecchio classismo, chiede che siano “i ricchi” a pagare la crisi, ha chiesto una tassa sulle rendite immobiliari e finanziarie.
Cosa sono le rendite immobiliari e finanziarie ?
Sono le case e i risparmi.
Ecco il passato che ritorna.
E' inutile, uno cresciuto nelle scuole di partito comunista tale resterà sempre e per lui “ricchi” sono tutti coloro (in Italia il 90% delle famiglie) i quali abbiano la proprietà della casa e quanti (e l'Italia è la nazione più virtuosa) riescono a risparmiare qualcosa, per elevare la qualità della propria vita, dopo le spese necessarie e i balzelli del fisco.
Ecco le brillanti “idee” di Bersani e del pci/pds/ds/pd: più tasse sulle case e sui risparmi.
Se quello è, come purtroppo è, il leader, quindi il meglio, della sinistra, allora preghiamo ogni giorno gli Dei che concedano lunga vita (anche politica) a Berlusconi.



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18 giugno 2010

Tassa sulle banche: una boiata pazzesca !

I governi europei sembra abbiano trovato un accordo per appioppare una tassa sulle banche.
Come in una vignetta di Forattini di tanti anni fa (credo sia del 1992) in cui si vedeva Craxi che guardava Amato (disegnato come un topo) uscire da una cassaforte con bracciate di banconote e che gli diceva: io i soldi vado a prenderli dove ci sono, così la vecchia e stanca europa, invece di procedere con decisione sulla strada indicata anche dalla manovra del Governo Italiano dei tagli al pubblico, cerca di rimpinguare le casse cui attingere con una nuova tassa.
E’ una scelta sbagliata e solo demagogica.
Infatti suscita gli entusiasmi di chi, dimostrando una accentuata miopia, pensa che con quella tassa siano puniti tutti coloro che, in qualche modo, lui crede abbiano provocato la crisi finanziaria o, più meschinamente, pensa lo abbiano personalmente danneggiato magari rifiutandogli un fido o applicando un tasso superiore a quello del vicino.
Se qualcuno crede che “le banche”, questo Moloch senza volto e senza identità, pagheranno qualcosa, si tolga ogni illusione.
Che la tassa sia applicata sul risultato netto, su quello lordo, sul patrimonio, sulla raccolta, gli impieghi o quant’altro, le contromisure saranno rapide ed efficaci e andranno sostanzialmente in tre direzioni.
La prima relativa ad una attenta imputazione delle voci di bilancio, magari aumentando gli accantonamenti se sarà utile allo scopo o svalutando/rivalutando (a seconda della opportunità) il patrimonio, per neutralizzare in tutto o in parte gli effetti della tassa, riducendo quello che, comunque, dovranno pagare agli stati.
In secondo luogo applicando nuove commissioni (o simili) e aumentando quelle in essere in modo da scaricare sui clienti parte del costo della tassa europea che, così, sarà pagata dai semplici cittadini che, magari, alla notizia della decisione europea hanno entusiasticamente applaudito.
In terzo luogo riducendo i costi del personale, cioè bloccando o limitando gli aumenti contrattuali attesi in Italia con la scadenza del contratto il prossimo 31 dicembre provocando, quindi, un maggior interesse dei dipendenti a quella parte variabile di salario che è rappresentata dai sistemi incentivanti e che deriva sostanzialmente dai risultati della vendita ai prodotti.
Così, anche in questo caso, il costo finale della tassa europea sarà pagata dai clienti delle banche.
Ma a parte questo arido e noioso conteggio da ragionieri su chi in realtà pagherà la tassa europea sulle banche, c’è un motivo di gran lunga più rilevante per essere contrari alla decisione di ieri ed è proprio il principio malsano della introduzione di una nuova tassa, invece di ridurre ed eliminare quelle esistenti.
Aumentare o introdurre nuove tasse è una aberrazione perchè abbiamo abbondantemente visto l’uso che il pubblico fa dei soldi che sottrae ai contribuenti e non ha alcuna importanza se questi sono semplici privati, lavoratori dipendenti, autonomi, professionisti, pensionati oppure industrie, commercianti, artigiani o banche.
Consentire che il pubblico continui a disporre di troppo denaro, significa perpetuare una situazione in cui il contribuente è sottoposto ad una condizione servile, dovendo acconsentire che, con il denaro che lui guadagna, altri decidano come e dove spenderlo.
La strada maestra è la riduzione della spesa pubblica che vada a braccetto con la riduzione delle tasse e la fornitura di servizi a prezzi di costo che siano pagati da chi ne usufruisce e non dalla totalità dei cittadini.
La strada maestra è la manovra Tremonti, con un budget fisso (e progressivamente ridotto) per tutti gli enti pubblici (dalla magistratura alle regioni, dai comuni alle scuole, al catasto, ai ministeri, alla sanità) all’interno del quale decidere le spese e rapportarvi i costi.
Il buon amministratore riuscirà a fornire i servizi essenziali senza sforare.
Il cattivo amministratore non sarà capace di farlo e, meritatamente, sarà cacciato a calci nel fondo schiena e senza alcuna buonuscita anzi venendo chiamato a rispondere personalmente dei “buchi” provocati dalla sua imperizia.
Nel contempo ognuno di noi vedrà progressivamente aumentata la sua capacità economica grazie ad una progressiva riduzione delle tasse.
Aumentando la capacità economica, aumenterà anche la capacità di spesa diventando un volano per l’economica, giacchè ognuno di noi preferisce, di gran lunga, spendere in base ad una propria decisione per quel che interessa, piuttosto che vedersi sottratti denari dalle tasse per vederli volar via verso indistinti lidi e sconosciute tasche.
Ecco perchè la tassa sulle banche decisa, unanimemente, dai governi europei è una autentica bestialità o, come Villaggio fece dire a Fantozzi (in un rigurgito di dignità all’ennesima proiezione del noiosissimo “La corazzata Potemkim”): una boiata pazzesca !


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17 giugno 2010

Pro memoria per Bossi e Berlusconi

Bossi dice che se Napolitano non firma “siamo fregati”.
Articolo 74 della costituzione:
Il presidente della repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle camere chiedere una nuova deliberazione.
Se le camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata
”.
Con la maggioranza che il Popolo ha dato a Berlusconi tutte le leggi che non fossero firmate da Napolitano possono essere rivotate, obbligandolo a promulgarle e il risultato vale qualsiasi "scontro istituzionale".
Se il Centro Destra non fa valere la maggioranza dei numeri allora è inutile votarlo ed è meglio dare il proprio voto a Forza Nuova nella attesa di uno tsunami nella politica e nella società italiana che rimetta le cose al loro posto naturale.
Se il Centro Destra ci prova e non riesce perchè qualche traditore non rispetta il mandato elettorale, allora è l’occasione di tornare al voto, liberandosi dei parlamentari inaffidabili.
E ad essere “fregati” saranno – con pieno merito – quelli di sinistra.
Centro Destra: sveglia !
Basta compromessi !
Basta consultazioni !
Basta mediazioni !



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16 giugno 2010

Scialacquatori sciamannati dei soldi nostri

Dopo i nani e le ballerine del culturame di regime che pretendono di continuare a godere dei privilegi derivanti dai finanziamenti pubblici fatti con i nostri soldi, dopo i dipendenti pubblici (il più grande esercito di burocrati che abbia messo in piedi uno stato), dopo la cgil i cui leaders non perdono occasione per proporre nuove tasse sui nostri risparmi e continuare la politica dell’assistenzialismo improduttivo, ecco arrivare, rigorosamente bipartisan, i presidenti delle regioni che non ci stanno a ridurre le spese.
E’ certamente facile poter attingere senza limiti ad un fondo costituito da soldi che non si è faticato a guadagnare perchè sono stati sottratti, con balzelli degni dello sceriffo di Nottingham, alla disponibilità dei singoli cittadini e poi elargire,munifici, facendo bella figura.
Ma quello non significa “amministrare”, bensì “dilapidare.
E’ ridicolo leggere la minaccia dei presidenti che sperperano denaro in rappresentanze all’estero (neanche fossero la Farnesina) o in contributi (i nostri ) a fondo perduto per improbabili attività culturali o umanitarie, sempre rigorosamente all’estero (mai che servissero a chi paga) minacciare i cittadini che contribuiscono alla loro arrogante grandeur di ridurre o togliere “i servizi” (sanità, trasporti etc.).
Pessimi amministratori sono quelli che non riescono a far di conto e capire che se un servizio, per effetto delle riduzioni dei trasferimenti dallo stato, deve essere ridotto o eliminato, vuol dire che quello stesso servizio è erogato fuori mercato, cioè ad un prezzo inferiore a quello che costa.
Allora i buoni amministratori devono scegliere: o aumento del prezzo di erogazione del servizio per farlo pagare non a tutti ma a chi ne usufruisce, oppure riducono i costi revisionando tutta la organizzazione che realizza il servizio, oppure lo finanziano tagliando o eliminando gli sprechi quali i contributi ai consiglieri, le auto blu, le erogazioni all’estero, le “ambasciate” autoreferenziali in capitali straniere, gli spettacoli modello “giochi” dell’antica Roma (che, però, allora erano “offerti” e pagati in proprio da senatori, generali, magistrati, candidati, imperatori).
L’unica cosa che non devono fare è ridurre o eliminare quei servizi di base per i quali i cittadini hanno già abbondantemente pagato con tasse stabilmente oltre ogni limite di tollerabilità.
La manovra di Tremonti, per la prima volta, riduce strutturalmente il fabbisogno dello stato, senza metterci le mani in tasca, ma solo assumendo quei provvedimenti che, se fossero stati presi 20 anni fa, avrebbero fatto dell’Italia una nazione ricca e stabile.
Riduzione della spesa pubblica, aumento dell’età pensionabile con l’aumento della aspettativa di vita, eliminazione dei finanziamenti improduttivi come quelli per la realizzazione di film per il solo piacere di registi e attori (profumatamente retribuiti con i soldi nostri), ipertrofia dell’apparato burocratico dello stato, organizzazione di spettacoli a spese nostre ma con “artisti” pagati, sempre con i soldi nostri, in base alle tariffe di mercato, munifiche elargizioni a stati esteri, tutto ciò si può e si deve fare per eliminare il debito pubblico e procedere con la riduzione delle tasse.
Può sembrare paradossale ma le esternazioni di Formigoni ed Epifani, su due temi tra loro differenti come la manovra economica e l’accordo sulla fabbrica di Pomigliano, danno ragione al Premier Silvio Berlusconi quando afferma che la costituzione è superata per i tempi in quanto è un ostacolo alle realizzazioni concrete e danneggia così i cittadini.
Formigoni giudica “incostituzionale” il taglio ai trasferimenti alle regioni mantenendo loro le competenze (ma non mi risulta ci sia quella di avere ambasciate o di finanziare i film o corsi scolastici nei paesi esteri), mentre Epifani ha rilevato profili di incostituzionalità nei limiti che l’accordo per salvare Pomigliano impone allo sciopero.
In sostanza i sacerdoti del bigottismo costituzionale preferirebbero che l’Italia fallisse come l’Argentina o la Grecia o che 5000 operai perdessero il lavoro perchè la Fiat chiude Pomigliano, purchè sia rispettata la costituzione formale (ed è tutto da dimostrare che la loro interpretazione sia corretta).
Sicuramente troveranno un magistrato ideologizzato che darà loro ragione.
E poi agli Italiani cosa daranno da mangiare ?
Le pagine della costituzione ?


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15 giugno 2010

Gli eterni insoddisfatti

Me l’aspettavo.
La partita dell’Italia di ieri non ha fermato le critiche dei milioni di commissari tecnici mancati che prosperano in Italia e degli insoddisfatti in servizio permanente effettivo.
Eppure gli Azzurri ci hanno messo impegno e tecnica.
Passaggi rapidi di prima, possesso di palla, salto dell’uomo, nonostante un campo difficile per la pioggia battente che penalizza i giocatori più tecnici (e tali non erano certo i nostri avversari, visti i falli, anche da espulsione, che hanno commesso, come quello su Montolivo che meriterebbe una bella sanzione per “prova televisiva”) e l’infortunio a Buffon che ha impedito la possibilità di effettuare tre cambi tecnici.
Sono mancate le conclusioni a rete, anche se alcuni tiri di Montolivo sono da evidenziare e coltivare per il prosieguo, ma forse si sono dimenticati che il grande Paolo Rossi, nel 1982, rimase a secco nel girone eliminatorio e si sbloccò solo contro il Brasile alla quinta partita (con una tripletta ...).
Sono rimasto soddisfatto della partita che ho visto (ma non del risultato ...) e credo che se manterranno il ritmo e la testa per giocare allo stesso livello, allora anche la Nazionale 2010 potrà avanzare in questo mondiale e regalarci altre “notti magiche” (peccato che le prossime due partite si giochino alle 16 ...).
I giornalisti, profeti di sventura e, tutto sommato, “gufi” di professione anche per poter riempire di piombo le colonne dei loro giornali altrimenti desolatamente prive di stimoli, devono accontentarsi di fare le punte agli aghi e invocare questo o quel calciatore che è stato lasciato a casa (ma che forse non meritava la Nazionale dove non si deve guardare solo se uno sa calciare un pallone, ma soprattutto se ha una condotta adatta a rappresentare la Nazione di cui deve far parte e non solo per “diritto” di passaporto perchè sia “una d'arme, di lingua, d'altare, di memorie, di sangue e di cor”) senza peraltro poter dimostrare che con i loro sponsorizzati sarebbe andata meglio.
Quelli che oggi commentavano criticamente e acidamente le scelte del nostro Commissario Tecnico, forse sono gli stessi che nel 2006, dopo la cosiddetta “calciopoli”, sostenevano certi ambienti di sinistra (con i quali in comune hanno la stessa perenne insoddisfazione ed espressione comicamente e costantemente imbronciata come se grandi pensieri attraversassero le loro teste … ma mai che venissero portati alla conoscenza di tutti, tanto che abbiamo ben capito che dietro quel cipiglio si nasconde solo il vuoto) che avrebbero voluto ritirare la Nazionale dai campionati poi vinti.
Ma tutti, poi, saltarono sul carro del vincitore.
Un po’ come accadde il 25 aprile del 1945 ...


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13 giugno 2010

Il retrogusto comunista di Zeffirelli

Zeffirelli sarà anche un “grande regista”, ma a me i suoi film non sono mai piaciuti.
Sicuramente sarò io ad avere gusti talmente nazionalpopolari (confesso con orgoglio: al di fuori di gialli, western e fantascienza, il resto mi fa addormentare !) da non comprendere la sua arte.
So che Zeffirelli è una mosca bianca nel panorama dei cinematografari, essendo (stato ?) dichiaratamente di Centro Destra e, credo, essendo anche stato eletto con Berlusconi.
Devo anche dire che Zeffirelli sembra un toscano verace, con delle inalberate che non so quanto possano essere utili alla causa sostenuta.
Mi ricordo, infatti, anni fa, alle fase finali di un campionato in cui lo scudetto era una questione tra Juventus e Fiorentina, che Zeffirelli si espresse in modo talmente intollerante nei confronti della Juventus da spingere il sottoscritto – notoriamente antijuventino – a sperare, forse unico caso nella storia, nella vittoria della Juventus a scapito della Fiorentina sostenuta (forse anche come consigliere di amministrazione) da un cotal incontinente verbale.
La Juventus vinse il campionato e Zeffirelli rincarò la dose: fu forse l’unico scudetto bianconero del quale fui soddisfatto.
Nei quotidiani di sabato ho letto che Zeffirelli ha unito la sua voce al coro dei cinematografari che reclamano di non veder “tagliato” il contributo pubblico.
Sempre sabato ho ascoltato le intemerate della collega di Zeffirelli, Wertmuller, che, sia pur provocatoriamente come ha ammesso, ha dovuto commentare, sostanzialmente confermando, le dichiarazioni in precedenza rese contro Tremonti, anche in termini che non si addicono ad una signora.
Sempre sabato è notizia che Costanzo avrebbe dato dell’ignorante a Tremonti, accusato di non andare a teatro, per i tagli disposti “alla cultura”.
Ma se Wertmuller e Costanzo hanno aizzato il pubblico con toni forti contro la politica finanziaria di Tremonti, Zeffirelli avrebbe detto che il Ministro dell’Economia non deve azzardarsi a tagliare i “soldi nostri.
Nostri di chi, signor Zeffirelli ?
Nostri dei cittadini, dei contribuenti Italiani, non vostri dei cinematografari !

Mi sembra che Zeffirelli abbia riecheggiato il Santoro che da Celentano reclamò con arroganza il “suo” microfono, che però, lavorando in rai, non è affatto “suo”, ma nostro di contribuenti e cittadini Italiani.
Il concetto per cui i soldi espropriati ai singoli con le tasse e poi riversati nei vari finanziamenti pubblici, diventano di proprietà dei beneficiati e quasi un vitalizio (ovviamente incrementato con l’inflazione) dovuto, non mi sembra affatto appartenere ad un filone liberale, bensì al più grigio e oppressivo comunismo, in base al quale viene tolto all’individuo, perché non stia troppo bene e non possa pensare ad altro che a mettere assieme il pranzo con la cena, per beneficiare i corifei del regime.
Una uscita del genere non è degna di un “grande regista” che si era distinto evitando di cantare nel coro dei cinematografari “impegnati”.
Ma la reazione di Zeffirelli (e di Costanzo e Wertmuller) la dice lunga sulla difficoltà di riuscire a far dimagrire lo stato, per evitare che sia sempre più oppressivo nei confronti dei singoli cittadini.
Quando in una famiglia le spese sono troppe, si taglia e da dove si comincia ?
Ad esempio si destina meno denaro (o nulla) al cinema.
Si spende in base a delle priorità.
E’ comprensibile che Zeffirelli, Wertmuller e Costanzo ritengano il proprio lavoro prioritario.
Non è accettabile che considerino dovute le somme che negli anni sono state erogate a pioggia per le loro attività.
Prioritario è liberare i cittadini dal debito pubblico, per consentire la riduzione delle tasse e dare al singolo cittadino, che avrà così più soldi a disposizione, la possibilità di scegliere dove spenderli.
Se Zeffirelli, Wertmuller e Costanzo hanno fiducia nella loro “arte”, non devono temere i tagli, perché sarà il mercato, cioè i cittadini che accorreranno per guardare i loro film, a decretare il loro successo.
Ma lo stato deve smetterla di finanziare i cinematografari con i soldi succhiati a tutti noi tramite esose gabelle e i cinematografari non possono pretendere come dovuto quel che fino ad ora era solo un finanziamento non indispensabile al funzionamento della macchina statale e totalmente inadatto a trasformarlo in servizi per i cittadini paganti.


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11 giugno 2010

Intercettazioni: meglio piuttosto che niente

Cosa pensereste (e fareste ...) se, tornando a casa, trovaste un vicino piegato in due che origlia alla porta di casa vostra e cerca di guardare dal buco della serratura, per poi magari spettegolare su quel che ha sentito e visto ?
Certo, potrebbe farlo per assicurarsi che tutto sia in regola e non ci siano ladri all’interno ...
Potrebbe ...
Ma credo che la prima reazione (umana, legittima e giustificata) sarebbe quella di assestargli un paio di calcioni nel fondo schiena.
Perchè, allora, dobbiamo consentire che sconosciuti origlino le conversazioni telefoniche (di chicchessia: santo, fante o cavaliere che sia) e poi le lascino, come minimo, incustodite tanto da farle trapelare ad altri che spettegolano pubblicamente tramite carta stampata e trasmissioni televisive ?
Ecco, quelle sono, per me, le intercettazioni.
Meschinità a livello del vicino che origlia alla porta di casa e cerca di sbirciare dal buco della serratura.
Ancora peggiori sono quelli che pubblicano le intercettazioni per vendere qualche copia in più del loro giornale o per attirare con i pettegolezzi uno spettatore in più.
Origliare le telefonate altrui, di chiunque, è lo specchio di una società malata e di una giustizia che non funziona e deve ricorrere a “mezzi giustificati dai fini”.
Se fosse nelle mie possibilità la legge sulle intercettazioni sarebbe molto semplice, due articoli:
1) Le intercettazioni, di qualunque genere, sono vietate.
2) Chi le commissiona, chi le esegue, chi le diffonde, è punito con la reclusione in carcere per 5 anni ed esclusione da ogni beneficio.
”.
E’quindi evidente che il disegno di legge approvato in senato dopo due anni di ping pong (e che adesso deve tornare alla camera) non mi rappresenta, per motivi esattamente opposti a quelli strombazzati dalla sinistra, dai suoi megafoni e dai suoi caudatari infiltrati anche nella maggioranza.
Ma non sono così masochista da pretendere la perfezione e rinunciare ad un (piccolo) passo verso la giusta direzione che è rappresentato dal provvedimento approvato in senato e che mi auguro non sia ulteriormente peggiorato dalla camera.
La sinistra, quando Berlusconi (giustamente) afferma di essere nella impossibilità di governare per tutti i lacci e lacciuoli imposti da norme obsolete di una costituzione nata da un compromesso cattocomunista o per lo strapotere della magistratura (anche oggi abbiamo letto che la corte costituzionale si è intromessa per limitare la portata dei provvedimenti di sicurezza, dichiarando “illegittima” l’aggravante della clandestinità) gli rinfaccia la maggioranza parlamentare con la quale “può fare quello che vuole”.
Se, però, il Premier cerca di far passare una legge senza perdere troppo tempo e subire troppi stravolgimenti, chiedendo il voto di fiducia, ecco che scoppia la cagnara.
Beh, spero che alla camera non perdano troppo tempo e il Governo ponga subito la fiducia sul provvedimento sulle intercettazioni per il quale vale il detto popolare: meglio piuttosto che niente.
E continuo a domandare a chi adesso si straccia le vesti come prefiche di altri tempi blatera di “massacro della libertà”: perchè resta zitto davanti a leggi illiberali, come la “Mancino” ?


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09 giugno 2010

Con quali soldi ?

Epifani, segretario generale della cgil, ha contestato la scelta di elevare l’età per la pensione di vecchiaia delle donne nel settore pubblico fino a 65 anni.
La sua tesi è che l’europa non ci ha chiesto di portare l’età a 65 anni, bensì di parificarla a quella in cui vanno in pensione gli uomini.
Quindi, dimostrando una acutezza degna del miglior Bertoldo, propone di abbassare l’età pensionabile degli uomini a 61-62, unificando tutti a tale livello.
Epifani, però, non ci dice con quali soldi penserebbe di pagare tale astuzia volpina.
Se, infatti, elevare a 65 anni l’età pensionabile di qualche migliaio di donne del pubblico impiego comporta un “risparmio” di 2,4 miliardi di euro in due anni, pari al 10% dell’intera manovra governativa, quanto ci costerebbe abbassare l’età di un numero sicuramente superiore di uomini ?
Sicuramente ben più di quel 10% che, quindi, dovrebbe essere reperito in qualche modo.
E temo che la risposta di quel signore sarebbe: tasse !
Una bella patrimoniale sui risparmi.
E per meglio rendere l'idea, tanto per confermare che la fantasia dei sinistri non riposa mai, proclama uno sciopero generale per il 25 giugno contro la manovra finanziaria del Governo.
Uno sciopero generale praticamente contro tutti i lavoratori privati, autonomi, professionisti, imprese, ai quali vorrebbe far pagare il persistere di uno stato elefantiaco, inefficiente e costosissimo.
Non credo che tale posizione mostri poi una grande astuzia e neppure una capacità economica e del resto a Bologna abbiamo imparato sulla nostra pelle cosa vuol dire mettere l’amministrazione pubblica nelle mani di un sindacalista ...
A proposito di Bologna.
Il Teatro Duse è a rischio chiusura.
E’ un pezzo della storia culturale della mia città.
Anche io ho qualche bel ricordo legato a commedie (per lo più) che ho visto in tale struttura, a cominciare da un lontanissimo Cardinal Lambertini interpretato dal grande Gino Cervi.
Purtroppo per mantenerlo aperto, occorrono, a quanto pare, 1,2 milioni di euro all’anno.
Chi deve “cacciare” i soldi ?
Credo che debbano essere i fruitori degli spettacoli, non altri cittadini-contribuenti che non vanno a teatro, a mantenere la struttura.
Quindi non il pubblico, inteso come finanziamento della mano pubblica e neppure le sole donazioni private (che pure sono libere, ma sulle quali non si può far conto perchè essendo libere variano negli importi anno dopo anno), ma il pubblico inteso come spettatori paganti attratti dalla qualità del prodotto.
Un prodotto, quindi anche un’opera teatrale, vale in quanto riesce a coinvolgere, interessare e, quindi, attirare pubblico pagante.
Se un’opera non vale, sia rappresentata con costi a carico di chi la produce, non della collettività.
E, poi, si paghino di meno nani e ballerine, si spenda meno in scenografie faraoniche messe in piedi solo per la personale ambizione del regista.
Sempre a Bologna alcuni giorni fa, i Cobas della scuola hanno esposto uno striscione sulla Torre degli Asinelli contro i “tagli” alla scuola e in questi giorni girano alle fermate degli autobus per proclamare la loro versione sulla riforma e la manovra finanziaria.
Chiedono, tra l’altro, 250 euro di aumento, la conferma dei precari, l’allineamento automatico delle pensioni agli aumenti contrattuali.
Tutti oneri che qualcuno deve pagare e, trattandosi di scuola pubblica, dovremmo tutti noi “grattarci” in tasca.
Si utilizzino o meno i servizi, funzionino o meno i servizi offerti.
Anche i Cobas sarebbero più credibili se ci dicessero (e non lo nascondessero, perchè sappiamo benissimo che per accontentarli dovrebbero appiopparci una nuova tassa o aumentare le attuali) come coprire le spese cui porterebbero le loro richieste.
E se si cominciasse a pensare a scuole che si reggano sulle loro qualità ?
Le scuole che forniscono una formazione di qualità avrebbero molti studenti e sarebbero in grado di pagare ottimi insegnanti che, a loro volta, sarebbero contesi e potrebbero stare sul mercato.
Conclusione ?
Tutto ha un costo ed è profondamente ingiusto che gli interessi di alcuni siano pagati da tutti.
Ognuno deve pagarsi ciò che utilizza e i prodotti dell’ingegno, se sono veramente tali, non avranno bisogno della mano pubblica per finanziarsi.


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07 giugno 2010

Il dolce stil novo del terzo millennio

Con un ribaltamento totale della nostra cultura giuridica (ormai da tempo andata a ramengo ...) che dovrebbe fondarsi sulla presunzione di innocenza, Paolo Massari, assessore all’ambiente del comune di Milano, è stato costretto alle dimissioni dal Sindaco Letizia Moratti che ha manifestato un inopinato spirito veterofemminista.
Il signor Massari, infatti, in base agli articoli apparsi sulla stampa,
NON HA SUBITO CONDANNE
NON E’ INDAGATO
NON HA NEPPURE SUBITO DENUNCIA PENALE DALLE “VITTIME
”.
A “suo carico” sembra esservi solamente una protesta di una donna, membro di una delegazione norvegese e di una dipendente del comune di Milano, che avrebbero lamentato di essere state “importunate” dall’ormai ex assessore.
Mi sembra che il confine tra le “molestie” e insistenti apprezzamenti, che rientrano in pieno nel concetto – forse superato dai tempi ma non dalla galanteria - di “corteggiamento”, non sia stato affatto superato.
Se non esistono neppure delle specifiche denunce che avrebbero innescato una indagine è presumibile che non ci troviamo davanti a donne “molestate” bensì solo ad un “rimpallo” nel corteggiamento che l’interessato ha cercato di superare con una maggiore insistenza.
Del resto, per come vanno le cose su questo tema oggi in Italia, se ci fosse stato uno sia pur minimo fumus di reato, le gentili donzelle non si sarebbero limitate a “protestare”, ma avrebbero denunciato con carte bollate il malcapitato corteggiatore che, presumibilmente, sarebbe finito in carcere “per non inquinare le prove”.
Invece nessuna denuncia, nessun reato, nessuna imputazione.
Solo uno scenario millenario, visto e rivisto, nei rapporti tra i sessi.
Capita che qualche donna non gradisca essere corteggiata, ma non per questo si deve crocifiggere il corteggiatore, addirittura chiedendone (e ottenendo) le dimissioni da un incarico politico.
In pratica qualunque donna potrebbe “denunciare” (in senso lato) qualunque uomo abbia manifestato interesse verso la sua persona.
Magari anche per “vendetta” personale (quante donne l’hanno giurata ai rispetti “ex” ...) o anche in mancanza di una qualsivoglia effettiva non solo “molestia”, ma anche azione.
Difficile dimostrare l’innocenza, a versioni contrapposte, quando dovrebbe invece essere dimostrata la colpevolezza.
Mi sembra che adesso si stia esagerando con queste pruderie “politicamente corrette” che riportano alla mente il protofemminismo di quaranta anni fa ed è ancor più deprimente vedere che provengono da amministratori di Centro Destra.
Dopo l’introduzione del reato di “stalking”, mutuato da altre tradizioni giuridiche pur in presenza di specifici reati già previsti nel nostro codice penale, ecco un altro episodio certamente non edificante.
Poi, magari, escludono dalle elezioni regionali del Lazio la lista di Forza Nuova perchè nel”listino” di Roberto Fiore c’erano troppe donne ...
Tornando all’episodio milanese, non si può neppure dire: vedremo cosa determinerà l’inchiesta.
Perchè, a quanto pare, non c’è (ancora ?) alcuna denuncia penale.
Allora, perchè il signor Massari è stato obbligato a dimettersi ?



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06 giugno 2010

Il Commissario Wallander

Sabato sera Rete4 ha trasmesso quello che penso sia il primo episodio di una nuova (per l'Italia) serie televisiva, il cui protagonista è il Commissario Wallander di una piccola città della Svezia.
Wallander è stato creato dallo scrittore di gialli Henning Mankell, forse il capostipite di quella lunga schiera di giallisti scandinavi di cui oggi, dopo il successo di “Millennium” del defunto Stieg Larsson, sono pieni gli scaffali delle librerie.
Ho letto tutti i romanzi aventi a protagonista Wallander e almeno una decina di altri gialli svedesi di almeno quattro autori differenti, oltre ad un paio di norvegesi.
Non ho ancora visto il primo telefilm, che ho però registrato e che è solo il pretesto per un commento su quello che mi sembra ci dicano i gialli scandinavi.
La trama c'è.
Appassiona anche.
E' ben costruita ed incalzante.
Non ci si annoia
.
Sono i contorni che deludono e, anche, spaventano.
Intanto c'è sempre un che di morboso attinente al sesso.
I protagonisti sono personaggi tormentati, al limite (e anche oltre) della nevrosi e, perchè no, del suicidio.
Si respira povertà.
Povertà economica.
Povertà ideale.
Povertà morale
.
I personaggi “buoni” sono tutti rigorosamente “politicamente corretti”.
Gli immigrati sono immancabilmente “sfruttati”.
E' necessario “farli sentire a casa” e per fare ciò si rinuncia alle proprie Tradizioni.
La morbosità di scene di contorno (e inutili ai fini della trama del giallo) sono spesso relative a rapporti sadomaso od omosessuali.
Il protagonista – che sia Wallander o un altro investigatore – sono sostenitori della “integrazione”.
Spesso il “cattivo” è chi cerca di contrastare, con metodi sistematicamente ed esclusivamente discutibili come se esistessero solo quelli, l'arrivo degli immigrati e, immancabilmente, ha una cantina piena di cimeli nazisti, ha il culto della razza pura e manca poco che organizzi "squadre della morte” contro negri, drogati, omosessuali, immigrati.
Lo stereotipo più vuoto e insulso che ci possa essere.
Wallander – e i suoi omologhi – sono infine incredibilmente tristi, si pongono una marea di problemi e di scrupoli, divorziati.
Ma dov'è finita quella Svezia che, quando ero un adolescente, ci veniva raccontata come il Paradiso terrestre ?
Ma sarà mai esistita o, piuttosto, lo spirito avventuroso e coraggioso dell'essere umano non stato abbruttito fino ad essere spento da decenni di socialismo, di tutele “dalla culla alla tomba” ?
Se le opere degli scrittori – anche di quelli gialli – sono lo specchio di una società, la tanto decantata società scandinava è una autentica delusione, anzi un incubo che mi auguro mai possa avverarsi in Italia.
Se accadesse ci meriteremmo davvero di essere invasi da popoli più giovani e più forti.
Come, del resto, è accaduto da sempre nel corso della storia, quando una Civiltà si è troppo indebolita, dalle perversioni della sua classe dirigente, dalla negazione delle proprie Radici e dalla mancanza di Ideali forti, le terre in cui si è sviluppata hanno sempre trovato altri popoli che le potessero meglio sfruttare.

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04 giugno 2010

Berlusconi marcia a tre cilindri (e anche meno)

Governare l’Italia non è difficile, è inutile.
La frase non è mia, ma del politico che ha retto per il maggior numero di anni la presidenza del consiglio: Benito Mussolini.
Se ne sta accorgendo anche Silvio Berlusconi, partito nel 1994 per la sua avventura politica con il passo del bersagliere e il coraggio dell’imprenditore, vede che le sue buone intenzioni e ottime idee si infrangono sul muro della burocrazia, del clientelismo, delle lobbies di spesa e delle meschine invidie anche di singoli esponenti che hanno raggiunto i ruoli importanti che ricoprono esclusivamente grazie a lui.
La contingenza economica internazionale avrebbe potuto consentire una manovra epocale, che significasse il ribaltamento di tutto quel che era stato condotto fino ad oggi con il pubblico che ingrassava senza produrre e il privato che arrancava per pagare anche quello che non avrebbe dovuto (e se una simile situazione non è un incentivo all'evasione ...).
Invece è una manovra costruita con fatica, non epocale, anche se rispettosa dell’indirizzo politico per il quale Berlusconi fu votato.
Naturalmente insorgono i privilegiati, a cominciare dai magistrati che non vogliono rinunciare a nulla.
I sacrifici ?
Li facciano gli altri.

Come i magistrati i “nani e ballerini” della “cultura” di regime cercano di salvaguardare il loro orticello.
Anche per loro, uniti contro tutti i tagli, ma in guerra tra loro visto che tagli devono pur esserci, i sacrifici li deve fare qualcun altro.
I dipendenti pubblici in genere, un autentico esercito, non accettano di partecipare alla riduzione della spesa pubblica.
Le femministe che hanno messo in campo ogni sorta di manifestazione per rivendicare la parità con gli uomini, adesso si stracciano le vesti (fortunatamente, forse per un residuo senso del pudore, solo metaforicamente) contro l’imposizione dell’europa di mandarle in pensione alla stessa età degli uomini.
Non parliamo poi di tutte le richieste perchè siano riconosciute anche le più piccole rivendicazioni personalistiche e di minoranze prive di alcuna rilevanza.
Naturalmente a spese di tutti noi.
Sì, perchè ogni richiesta, che sia quella delle ong di contributi pubblici, o le sentenze che impongono riconoscimenti agli immigrati o differiscono alle calende greche la loro espulsione, ha un costo che deve trovare a bilancio una sua copertura.
E qual’è la copertura più gettonata ?
La “tassa di scopo”, anche se la sinistra oggi non azzarda tanto, ma vorrebbe tassare “i patrimoni e le rendite”, senza spiegare che sono i risparmi di tutti noi, cioè quello che riusciamo a mettere da parte dopo che il reddito prodotto con il nostro lavoro è già stato ampiamente amputato dalle tasse.
Nonostante tutto ciò Berlusconi cerca, nuotando contro corrente, di difendere l’interesse dei cittadini contro un pubblico sempre più famelico.
Per questo bisogna rendergli merito, nonostante i ritardi e le imperfezioni dell’azione: gli altri farebbero sicuramente peggio danneggiandoci pesantemente e riducendo, con il diminuire la nostra capacità economica, anche la nostra libertà individuale.
Ma nonostante le resistenze dei privilegiati, l'Italia cresce.
Pensiamo a quanto saremmo tutti più ricchi se le ottime idee di Berlusconi non incontrassero così tanti ostacoli, costringendolo a ricostruire ogni giorno quel che altri, in notti da cospiratori, hanno nell'ombra disfatto.



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02 giugno 2010

Feste nazionali: la quantità a scapito della qualità

Approfittando della giornata infrasettimanale di vacanza, ho continuato a mettere mano nel riordinare carte, librerie e cantina.
Come al solito ho acceso la radio, come sempre su radio uno (solo in montagna, quando guido, ascolto radio 24 perchè non riesco a captare radio uno) .
Un fiume di parole, un'orgia di retorica celebrante il 2 giugno, in memoria del referendum che portò l'Italia alla repubblica e, arbitrariamente, come “Festa delle Forze Armate” che io mi ricordo molto più appropriatamente fissata, una volta, al 4 novembre.
L'europarlamentare leghista Matteo Salvini ha proposto l'abolizione del 2 giugno e, se la memoria non mi inganna, in effetti il 2 giugno, alla fine degli anni settanta, fu ricompreso tra le “ex” festività.
La proposta di Salvini non mi lascia indifferente per una serie di motivi.
Innanzitutto perchè trova sempre più credito la denuncia che il famigerato referendum istituzionale del 2 giugno 1946 sia stato soggetto a brogli a favore della repubblica ai danni della monarchia destinata alla sconfitta comunque avessero votato gli Italiani.
Se così fosse, oggi al Quirinale dovrebbe risiedere un Savoia e avremmo un re, Vittorio Emanuele IV: nulla di esaltante (anzi ...) ma sempre meglio di un comunista (anche se il mio candidato come Re d'Italia resta Silvio Berlusconi …).
Non che la questione istituzionale sia essenziale, ma mi sembra un po' ipocrita festeggiare un qualcosa sorto da un probabile imbroglio.
Del resto anche sui plebisciti che annessero l'Emilia e il Veneto al Regno di Sardegna creando quindi il Regno d'Italia, cioè quella Unità di cui, con la solita roboante retorica, si è già iniziato a festeggiare il 150° anniversario, crescono le interpretazioni che ne denunciano i possibili brogli ed è singolare che sulle celebrazioni che maggiormente impegnano l'inutile oratoria dei politici cali il dubbio dell'imbroglio o della manipolazione storica.
Forse è quel che si merita una Nazione, altrimenti gloriosa, che meriterebbe non una pletora di festività nazionali, per ognuna delle quali si ripetono i soliti pistolotti retorici, ma una e una sola giornata che sia autentica Festa Nazionale, unificante e sentita come accade negli Stati Uniti il 4 luglio o in Francia il 14 dello stesso mese.
Poi liberi tutti di celebrare le ricorrenze che maggiormente rappresentano i loro sentimenti di parte.
Nella recente storia d'Italia la data che maggiormente potrebbe rappresentare tale Unità è il 4 novembre, in memoria dell'unica Vittoria delle nostre Forze Armate in una grande guerra e del ricongiungimento alla Madre Patria di Trento, Trieste e Istria.
Ma, forse, sarebbe meglio che, anche per chiarire quali sono le nostre radici, la Festa Nazionale unica e legittima, sia il 21 aprile, Natali di Roma.
4 novembre o 21 aprile, purchè si decida di fissare una e una sola Festa Nazionale, perchè la quantità debordante danneggia il significato e l'impatto del richiamo.

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01 giugno 2010

L'interesse nazionale ovvero l'esempio israeliano

Ieri Israele, le sue Forze Armate, il suo Governo, ci hanno dato una bella lezione di quello che vuol dire difendere il suolo della Patria e, soprattutto, tutelare la sicurezza dei propri cittadini facendo rispettare un blocco totale che impedisca i rifornimenti ai terroristi.
Purtroppo, come sempre, i terroristi si nascondono dietro i civili che sono pesantemente danneggiati e penalizzati, ma come si è visto, con l’attuazione del blocco e la costruzione di un muro di contenimento, oggi le città israeliane sono sicure.
Sarebbe troppo chiedere agli israeliani di prestarsi come agnelli sacrificali, lasciando che entrino a Gaza, territorio militarmente controllato dai terroristi palestinesi, non solo merci ma, soprattutto strumenti utilizzabili contro i cittadini israeliani.
Inutile ripetere per l’ennesima volta la storia di quei territori, passati negli anni dagli antichi abitanti, ebrei e filistei, ai Romani, agli arabi, ai turchi, agli Inglesi e, finalmente, restituiti agli ebrei con la fondazione dello Stato di Israele nel 1948.
Uno stato, unico democratico, avamposto dell’Occidente, circondato da nemici e che ha conquistato sul campo, in quattro guerre, il diritto ad esistere ed insistere su quei territori.
E’ pienamente legittimato a difendere i suoi confini ancestrali e la sicurezza dei propri cittadini, con ogni mezzo.
I pacifinti che, organizzati da una “ong” turca, hanno cercato di forzare il blocco, come i no global che devastano una città cercando di forzare le “zone rosse”, non possono adesso frignare per le conseguenze della loro azione ideologica e non umanitaria.
Tanto più che quei pacifinti non li ho mai sentiti alzare la voce quando i terroristi palestinesi, imbottiti di esplosivo, mietevano decine di vittime ogni fine settimane nelle città israeliane che, inoltre, dovevano ripararsi dal lancio dei missili provenienti dal Libano controllato dagli Hetzbollah (ricordo che D’alema da ministro degli esteri passeggiò tra le rovine di Beirut a braccetto con uno dei leaders di quel movimento).
E’ una lezione per noi o, meglio, per quelli di noi che vorrebbero aprire indiscriminatamente le porte agli immigrati, rinunciando alla politica del respingimento che ci ha garantito il quasi azzeramento degli sbarchi, concedere cittadinanza e voto come caramelle alterando il tessuto sociale della Nazione Italia.
Gli Israeliani ci insegnano che o si agisce facendo rispettare il bene primario degli interessi della Patria e della sicurezza dei cittadini, oppure si fa parte di una Nazione destinata a scomparire.

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Mi permetto di evidenziare, tra tanti, quattro post che, smentendo la gran parte dei media che latrano sulla “condanna unanime” contro Israele, sostengono le buone ragioni dello stato ebraico:

Israele e diritto di navigazione dell'amico di tante battaglie Bisquì ,

L'altra faccia della medaglia del più recente amico Michele,

Pacifessi dell'inossidabile Jetset

e, naturalmente, il fraterno amico di tante battaglie Starsandbars con
Chi fiancheggia è un terrorista ed Israele lo sa


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