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No alla deriva

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09 giugno 2010

Con quali soldi ?

Epifani, segretario generale della cgil, ha contestato la scelta di elevare l’età per la pensione di vecchiaia delle donne nel settore pubblico fino a 65 anni.
La sua tesi è che l’europa non ci ha chiesto di portare l’età a 65 anni, bensì di parificarla a quella in cui vanno in pensione gli uomini.
Quindi, dimostrando una acutezza degna del miglior Bertoldo, propone di abbassare l’età pensionabile degli uomini a 61-62, unificando tutti a tale livello.
Epifani, però, non ci dice con quali soldi penserebbe di pagare tale astuzia volpina.
Se, infatti, elevare a 65 anni l’età pensionabile di qualche migliaio di donne del pubblico impiego comporta un “risparmio” di 2,4 miliardi di euro in due anni, pari al 10% dell’intera manovra governativa, quanto ci costerebbe abbassare l’età di un numero sicuramente superiore di uomini ?
Sicuramente ben più di quel 10% che, quindi, dovrebbe essere reperito in qualche modo.
E temo che la risposta di quel signore sarebbe: tasse !
Una bella patrimoniale sui risparmi.
E per meglio rendere l'idea, tanto per confermare che la fantasia dei sinistri non riposa mai, proclama uno sciopero generale per il 25 giugno contro la manovra finanziaria del Governo.
Uno sciopero generale praticamente contro tutti i lavoratori privati, autonomi, professionisti, imprese, ai quali vorrebbe far pagare il persistere di uno stato elefantiaco, inefficiente e costosissimo.
Non credo che tale posizione mostri poi una grande astuzia e neppure una capacità economica e del resto a Bologna abbiamo imparato sulla nostra pelle cosa vuol dire mettere l’amministrazione pubblica nelle mani di un sindacalista ...
A proposito di Bologna.
Il Teatro Duse è a rischio chiusura.
E’ un pezzo della storia culturale della mia città.
Anche io ho qualche bel ricordo legato a commedie (per lo più) che ho visto in tale struttura, a cominciare da un lontanissimo Cardinal Lambertini interpretato dal grande Gino Cervi.
Purtroppo per mantenerlo aperto, occorrono, a quanto pare, 1,2 milioni di euro all’anno.
Chi deve “cacciare” i soldi ?
Credo che debbano essere i fruitori degli spettacoli, non altri cittadini-contribuenti che non vanno a teatro, a mantenere la struttura.
Quindi non il pubblico, inteso come finanziamento della mano pubblica e neppure le sole donazioni private (che pure sono libere, ma sulle quali non si può far conto perchè essendo libere variano negli importi anno dopo anno), ma il pubblico inteso come spettatori paganti attratti dalla qualità del prodotto.
Un prodotto, quindi anche un’opera teatrale, vale in quanto riesce a coinvolgere, interessare e, quindi, attirare pubblico pagante.
Se un’opera non vale, sia rappresentata con costi a carico di chi la produce, non della collettività.
E, poi, si paghino di meno nani e ballerine, si spenda meno in scenografie faraoniche messe in piedi solo per la personale ambizione del regista.
Sempre a Bologna alcuni giorni fa, i Cobas della scuola hanno esposto uno striscione sulla Torre degli Asinelli contro i “tagli” alla scuola e in questi giorni girano alle fermate degli autobus per proclamare la loro versione sulla riforma e la manovra finanziaria.
Chiedono, tra l’altro, 250 euro di aumento, la conferma dei precari, l’allineamento automatico delle pensioni agli aumenti contrattuali.
Tutti oneri che qualcuno deve pagare e, trattandosi di scuola pubblica, dovremmo tutti noi “grattarci” in tasca.
Si utilizzino o meno i servizi, funzionino o meno i servizi offerti.
Anche i Cobas sarebbero più credibili se ci dicessero (e non lo nascondessero, perchè sappiamo benissimo che per accontentarli dovrebbero appiopparci una nuova tassa o aumentare le attuali) come coprire le spese cui porterebbero le loro richieste.
E se si cominciasse a pensare a scuole che si reggano sulle loro qualità ?
Le scuole che forniscono una formazione di qualità avrebbero molti studenti e sarebbero in grado di pagare ottimi insegnanti che, a loro volta, sarebbero contesi e potrebbero stare sul mercato.
Conclusione ?
Tutto ha un costo ed è profondamente ingiusto che gli interessi di alcuni siano pagati da tutti.
Ognuno deve pagarsi ciò che utilizza e i prodotti dell’ingegno, se sono veramente tali, non avranno bisogno della mano pubblica per finanziarsi.


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3 commenti:

Nessie ha detto...

Le femministe alla Bonino saranno certamente felici di questa trovata eurocratica. Giubila anche la Marcegaglia. Io no, perché è un altro passo europeo verso la dissoluzione della famiglia. La donna starà peggio e non potrà più assistere gli anziani in famiglia. Ma la verità è ben più tragica: non ci sono più soldi per pagare le pensioni e si cerca di far cassa. Questo non lo dicono né la Bonino né la Marcegaglia.
Questa è un diktat europeo e ciò che impone l'Ue molto spesso (quasi sempre) non va bene per l'Italia. Il problema non è di Epifani ma di Barroso e della Eurokommissar superfemminista Viviane Reding.

Massimo ha detto...

Anch'io auspico il ritorno alla famiglia patriarcale di 70 anni fa, quando le donne erano "l'angelo del focolare" e si occupavano di tutto ciò che riguardava la famiglia e la casa.
Purtroppo, al momento, non è alla vista. E i costi della disparità di trattamento nell'età pensionabile sono ormai insopportabili. Anch'io sono contro la sudditanza all'europa, ma in questo caso l'interesse nazionale (delle nostre finanze pubbliche) si sposa con gli ukase di Bruxelles. La spesa pubblica deve essere fortemente ridotta. Non si devono cercare nuove entrate per ingrossarla ancora di più.

Nessie ha detto...

In ogni caso Bruxelles si è rimangiata la parola, perché la riforma avrebbe dovuto essere messa a regime gradualmente entro il 2018 e invece la Reding ha starnazzato a Sacconi che s'ha da fare entro il 2012, data emblematica del calendario maya. Tutte le porcherie vanno messe a regime entro il 2012. Leggi l'articolo "Cara Europa, così non è parità" di Maurizio Ferrera (fonte Corriere).

http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=47231497
Come minimo si creeranno palesi ingiustizie tra chi mantiene questo privilegio (come la moglie di Bertinotti) e chi no. Ma, CE LO CHIEDE L'EUROPA.