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16 novembre 2010

Patria, Nazione e ... paese

In questi tempi, più che mai, ascoltiamo i tromboni della politica politicante che parlano aulicamente di “interesse del paese”, nel nome del quale invitano, rigorosamente qualcun altro, “a fare un passo indietro”.
Su questo “passo indietro” ho già scritto un post che vedrà la luce nei prossimi giorni.
Qui mi va di stigmatizzare l’uso del bruttissimo termine “paese”, al posto dei più nobili e significativi “Patria” e “Nazione.
I tre vocaboli non sono sinonimi, ma se “Patria” e “Nazione” esprimono una Identità, una Radice, “paese”, utilizzabile ugualmente per una sperduta località della provincia, come per l’intera Italia, manifesta tutta la perdita di Identità e di Radici di chi lo utilizza.
Alcuni credono che sia una traduzione del termine “Country” che viene usato negli Stati Uniti, dove “right or wrong is my Country” rappresenta una frase fortemente identitaria.
Ma, come tutti sanno o dovrebbero sapere, la lingua inglese, rispetto alla nostra, è una lingua più tecnica che umanistica e dove una parola assume una pluralità di significati e sfumature, a seconda del contesto, quando noi, con la nostra bella “lingua del sì” abbiamo coniato vocaboli appositi per esprimere differenti concetti.
Così “country” è sia paese, ma anche Patria.
La verità è che il termine “paese” al posto di “Patria” o di “Nazione”, è stato usato al termine della seconda guerra mondiale per evitare l’ “accusa” di nazionalismo.
L’uso divenne generalizzato alla fine degli anni sessanta e negli anni settanta, quando la crescita comunista, cioè di un movimento internazionalista, l’esatto contrario del nazionalismo, fomentava il calpestare i simboli e il linguaggio che esprimessero Identità e richiamo alle proprie Radici.
Fu in quell’epoca che, per maggior disprezzo, cominciarono a bruciare le bandiere nazionali.
I deboli politici dell’epoca chinarono la testa e adottarono l’anodino vocabolo “paese”.
La questione lessicale si ripropone, oggi, con maggior forza.
“Paese” è il termine prediletto da chi rinnega e nasconde le proprie origini, le proprie Radici, la propria Identità nel nome di una società (che spero di non vedere mai realizzata) multiculti, multietnica, multirazziale.
Patria e Nazione rappresentano infatti un richiamo fortemente identitario, un richiamo a quelle radici ben delineate dal Manzoni dell’Italia “una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor.
Una Italia, cioè, nella quale gli immigrati sono e restano stranieri.
Quegli immigrati che pur di restarvi, alle loro condizioni, si asserragliano su una gru e gettano sulla Polizia bottiglie ed escrementi.
E vengono accontentati invece di essere presi e rispediti a casa loro, anche a nuoto se necessario.
Oggi, quindi, l’uso delle parole diventa ancor più pesante e significativo.
Gli esponenti del Centro Destra dovrebbero acquisire e fare proprio anche un linguaggio identitario e che esprima il richiamo alle nostre Radici, se non altro per distinguersi ancor più in positivo rispetto ai dirimpettai di sinistra “politicamente corretti”.
Lasciamo che siano i sinistrati a parlare, riduttivamente, di “paese” e torniamo a parlare di ciò che più conta e ci caratterizza rispetto agli stranieri: Patria e Nazione.

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3 commenti:

LIBERIUS ha detto...

E finalmente! Qualcuno che dice le cose senza peli sulla lingua. Sono d'accordo con te ma mi chiedo quanti altri ci sono in questa Nazione che credono ancora ad una Patria che non sia un paese?

Massimo ha detto...

Mi piace pensare che siamo in tanti, anche se abbiamo, a differenza dei politici "paesani", una nostra professione che non ci consente di far sentire in modo appropriato la nostra voce. Ma, come si dice, guardatevi, o funzionari di partito, dall'ira dei calmi che esplode quando meno lo si aspetta.

Bisquì ha detto...

Ecco i concetti di nazione da applicare (si spera!)nel pieno rispetto della costituzione.

http://www.diavolineri.net/ospitalieri/immigrati-e-cittadini/