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03 gennaio 2011

Unità senza Indipendenza e Sovranità

Oggi ne La Stampa, è apparso un editoriale di tal Federico Geremicca.
Costretto come è dalla linea politica del quotidiano in cui scrive a rappresentare le “sconfitte” di Berlusconi per dipingerlo come ormai fuori gioco, ha svolto il suo compitino diligentemente, forzando la logica ed estraendo dal cilindro la sconfitta dei cosiddetti duri, in prima fila mettendoci La Russa, Cicchitto, Gasparri, Maroni e Calderoli che mi sembrano tutt'altro che sconfitti.
Ha poi allargato il discorso anche ai protetti del suo giornale, senza peraltro dimenticarsi di dipingere Berlusconi come un condottiero più che azzoppato.
Ma la parte finale del suo editoriale è quella più esilarante, un piagnisteo sulla ricorrenza dei 150 anni di quella che lui definisce “unità d’Italia” , in occasione dei quali spererebbe di veder riscritte in modo condiviso le regole del gioco.
Insomma il solito pistolotto buonista, privo di sostanza e anche con un errore di fondo.
Sì, perchè parlare e scrivere di 150° anniversario dell’unità d’Italia è errato.
Il 17 marzo 1861, infatti, fu solo proclamato il Regno d’Italia, con la semplice estensione del Regno di Sardegna ai territori appena acquisiti con il plebiscito (sul quale ci sarebbe molto da ridire) e consegnati al re da Garibaldi dopo la spedizione dei Mille.
Significativamente il re volle proseguire con la numerazione dinastica, restando Vittorio Emanuele secondo e non primo, segno che lui stesso considerava il nuovo regno una mera prosecuzione di quello piemontese.
Infatti il 17 marzo 1861 mancavano all’unità effettiva ancora il Veneto, il Friuli, Trento, Trieste, Roma e, come mancano ancora oggi, l’Istria, la Dalmazia e Fiume.
Scusate se vi sembra poco.
Solo nel 1918-1920, con il ritorno all’Italia di Trento, Trieste, Istria e l’impresa d’annunziana su Fiume, una unità, seppur non completa mancando ancora la Dalmazia, poteva essere compiuta.
Il Veneto, infatti, era arrivato nel 1866 e Roma nel 1870.
Ecco quindi svelata la nuova frontiera delle veline di regime, battere la grancassa retorica su una ennesima ricorrenza storica manipolata: l’unità che non c’era.
Come fu per la resistenza, la cui apologia e agiografia era e resta unicamente funzionale ad accreditare il partito comunista, creando un discrimine che favorisse questo a scapito di altri, così l’orgia retorica sul presunto 150° anniversario dell’unità d’Italia ha come bersaglio il Federalismo.
Nella più classica e sfacciata politica gattopardesca, i supporters dei poteri forti pretendono di cambiare tutto per non cambiare nulla e, affossando il Federalismo, otterrebbero solo il risultato di mantenere intatti privilegi, assistenzialismo e sprechi clientelari, ovviamente da far pagare a tutti noi con qualche tassa patrimoniale sui risparmi, sulla casa e, per non farci mancare nulla, anche con una pioggia di “tasse di scopo”.
Una situazione in continuo stato preagonico che favorirebbe unicamente i poteri forti stranieri, quelli del Britannia, del Bilderberg, tanto per capirci, quelli che criticano Berlusconi perchè, come Mattei, cerca di rendere indipendente l'Italia dal circuito energetico soggetto ai poteri economici di cui sopra.
Al signor Geremicca e a chi la pensa come lui, vorrei solo ricordare due Valori del nostro Risorgimento che, stranamente, in questa orgia di celebrazioni vengono sistematicamente dimenticati: Indipendenza e Sovranità.
Sostenere l'unione sovietica europea e gli interessi dei potentati economici stranieri, contrasta con i Valori di Indipendenza e Sovranità Nazionale fondanti del Risorgimento e della stessa ragion d'essere dell' Unità d'Italia.


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3 commenti:

Nessie ha detto...

Ohhh! parole sante! Un post davvero eccellente, Massimo e diverso dal solito. E per "diverso" non intendo di certo parlare di Vendola ;-).

Non ho mai visto tanto sfoggio di tricolori e tante fanfare dell'inno di Mameli, tanta retorica patriottarda come adesso che stiamo perdendo, grazie all'euro e agli eurocrati, la nostra sovranità. E tu hai spiegato bene il barbatrucco: fingono di celebrare quanto in realtà stanno per strapparci. E Napolitano fa parte dell'osceno giuoco.

Massimo ha detto...

Io appartengo a quella generazione che alle elementari, in "Disegno, Recitazione e Canto" veniva portato a cantare nell'aula con la maestra di musica (a parte il fatto che mi disse quasi subito: tu fai solo finta di cantare perchè fai stonare anche gli altri:-). E si cantavano gli inni patriottici. Ogni 4 novembre mio padre mi portava a visitare la caserma e salivamo su un carro o un mezzo militare tutto bello lucido. E in televisione trasmettevano telefilm sulle vicende della Grande Guerra. I comunisti allora facevano di tutto per opprimere la nostra libertà e prendevano disciplinatamente ordini da Mosca. Poi si misero anche a bruciare il tricolore, a sostenere la "obiezione" dal servizio di leva, a blaterare di "pace" che per loro era quella degli schiavi. Non posso credere a Napolitano e non gli credo. Come non credo a chi sbandiera il Tricolore per lasciare le cose come stanno, in spregio effettivo della nostra Storia Risorgimentale.

sarcastycon ha detto...

Massimo
bellissimo post che condivido in pieno!!
Come condivido sia il commneto di Nessie che il tuo di risposta!
ciao
Sarc