Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

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Diciamo NO alla deriva

30 marzo 2011

Immigrazione: esistono solo tre opzioni


La questione dell’immigrazione che era stata affrontata bene dal Governo con un accordo che prevedeva il filtro preventivo delle autorità degli stati da cui partono i barconi, è deflagrata con la caduta dei governi di Tunisi e Il Cairo e con la guerra civile in Libia.

Migliaia di poveracci approdano in Italia cercando il benessere.

Ma l’Italia e gli Italiani, pur nella generosità che ci contraddistingue, non possono accoglierli.

Gli altri popoli europei che starnazzano di umanitarismo quando devono bombardare, si guardano bene dall’offrirsi per ospitare gli immigrati che noi non possiamo tenere.

Perchè tenerceli significherebbe peggiorare, e di molto, le nostre condizioni di vita, la nostra sicurezza, il nostro benessere e noi Italiani siamo generosi e solidali, ma non coglioni.

Così le opzioni per affrontare l’emergenza creata da “rivoluzioni” sulla cui origine “spontanea” avrei molti dubbi e da una guerra fondata sull’interesse, però non nostro, si riducono a tre.

1) Impedire ai barconi di arrivare sulla nostra terra, anche a costo di usare le cannoniere e fare retate di illegali per rispedirli a casa.

E’ l’opzione sicuramente più gradita agli Italiani o, almeno, ad una ampia maggioranza che supererebbe i limiti di quella del Centro Destra.

Tutti sappiamo che questa opzione scatenerebbe il linciaggio mediatico da parte dei talebani del politicamente corretto, quelli che sventolano il Tricolore una volta nella vita ma quando si tratta del concreto interesse nazionale operano contro e plaudono alle bombe umanitarie di Sarkozy e Obama.

2) L’opzione, opposta, è quella dei D’alema, dei Vendola e dei preti.

Todos caballeros.

Concedere permessi di soggiorno a tutti, lasciarli sciamare per l’Italia, dare loro cittadinanza e diritto di voto, compromettere definitivamente l’Identità Nazionale e lasciare che, come cavallette, distruggano tutto quello che i nostri Padri hanno costruito.

E’ l’alternativa di chi odia l’Italia anche quando sventola una tantum il Tricolore.

3) Dare un colpo cerchio e un colpo alla botte.

Ospitare finchè possibile, ma espellere i clandestini, cioè coloro che o perchè hanno “vinto” la rivoluzione o perchè hanno “liberato” una parte del territorio non hanno alcun titolo per essere definiti profughi.

Contemporaneamente “battere cassa” in europa proprio perchè noi non siamo coglioni e non vogliamo tirare fuori una lira per i pruriti buonisti dei politicamente corretti.

In pratica questa è la politica del contenimento adottata dal Governo ma che deve ancora vedere la parte positiva e, cioè, rimpatri dei clandestini e incasso dei quattrini europei.

Risibili sono le lagnanze dei comunisti, Napolitano e Bersani in testa, e dei preti uniti nella ipocrisia dell’accoglienza e nella volontà distruttiva contro la Nazione Italiana.

Bersani deve dire se lui terrebbe gli immigrati o se li respingerebbe, posto che gli altri stati europei, a cominciare dalla Francia, ce li rimandano chiudendo le frontiere.

Altrettanto devono fare in Vaticano.

Non accetto la liturgia dell’accoglienza in tutte le regioni e in tutta europa, perchè sappiamo benissimo che è una ipocrisia e che quei disgraziati ce li ritroveremmo tutti noi, e solo noi, sul groppone.

Se l' alternativa di preti e comunisti è quella delle chiacchiere vuote che lasciano gli immigrati a carico degli Italiani, allora io sono per la opzione numero uno e “vaffa...” a tutti i buonisti.


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28 marzo 2011

L'inconsistente reazione all'immigrazione


Se leggiamo non dico i blog del Castello , ma i commenti nei forum dei quotidiani e guardiamo i relativi sondaggi, constatiamo che una stragrande maggioranza di Italiani non ne vuole sapere degli immigrati.

Non vuole le loro tendopoli, non vuole che si spendano soldi per loro, non vuole la cittadinanza, non vuole che abbiano il diritto di voto.

Insomma: non li vuole proprio sulla nostra terra.

Eppure arrivano a centinaia per volta, nonostante un Governo che della lotta all'immigrazione ha fatto una bandiera, fino ad un paio di mesi fa con ottimi risultati, grazie all'accordo con la Libia, finchè non sono venuti a rompere le uova nel paniere Francia e Inghilterra.

Che però non vogliono farsi carico degli immigrati che la loro politica “umanitaria” ha messo sui barconi più di prima e senza i controlli di prima.

Quello che stupisce è l'atteggiamento di un Governo che si sperava “razzista” e “xenofobo” (ovviamente secondo l'isteria dei talebani del politicamente corretto) e, invece, si sta spendendo per accogliere gli immigrati.

Addirittura con il ministro dell'Interno, espressione del partito più “razzista” e “xenofobo” della coalizione di Centro Destra, che ne impone il collocamento in tutte le regioni.

Con un ministro degli Esteri che propone persino di dare del denaro, nostro denaro perchè comunque la si rivolti noi i contributi all'unione sovietica europea li paghiamo, agli immigrati per farli tornare a casa loro.

E un ministro della Difesa con sane radici missine che parla come un D'alema qualsiasi, esercitandosi nella distinzione tra immigrati e profughi.

Il Governo in pratica fa esattamente il contrario di quelle che sarebbero le aspettative non solo dei cittadini, ma soprattutto dei suoi elettori che, non avendo l'anello al naso, si faranno un nodo al fazzoletto perchè questa (e l'aumento di due centesimi della benzina) proprio non la manderemo giù e ce ne ricorderemo.

Berlusconi, Frattini, Maroni, La Russa lo sanno benissimo: allora perchè agiscono in quel modo ?

Perchè si offrono al massacro elettorale violando gli impegni sulle due questioni che più stanno a cuore ai loro elettori: tasse e immigrazione ?

Non c'è che una spiegazione.

Hanno conoscenza di fatti che li costringono ad agire così.

Infatti sarebbe semplicissimo ordinare alla Flotta di respingere i barconi e alle Forze dell'Ordine di fare retate di immigrati sull'intero territorio nazionale per poi imbarcarli si aerei e navi per riportarli a casa loro.

Ma non lo fanno.

Evidentemente le pressioni dei “poteri forti” non sono constrastabili, come non lo è stata la disgraziata guerra contro la Libia.

Posso capirlo.

E' facile pontificare da un blog, meno governare con tutti gli interessi che girano.

Sono anche convinto che gli altri avrebbero fatto ben di peggio, calando le braghe completamente sugli immigrati cui avrebbero persino già concesso il voto e massacrandoci di tasse, come hanno sempre fatto (veggasi la sanatoria di Ferrero con il governo Prodi subito dopo le elezioni del 2006 o la revisione delle aliquote del 1996 e del 2006 con le varie una tantum o anche solo l'ultima proposta della cgil).

Berlusconi, Frattini, Maroni, La Russa potrebbero ancora essere il meno peggio, ma almeno ci dicano chiaramente che dobbiamo difenderci non solo dall'arrivo degli immigrati, ma anche dalle organizzazioni internazionali che ci impongono un comportamento a tutto danno dell'interesse nazionale e dei singoli cittadini.

Non sarebbe una soluzione e neppure una giustificazione, ma una spiegazione che ci è dovuta.


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27 marzo 2011

La sinistra ha una sola ricetta:tasse


Berlusconi ha sbagliato ad accettare di finanziare il Fus (fondo unico per lo spettacolo) per di più gravando con due centesimi di aumento la benzina. Ha commesso un grave errore perchè è in contraddizione con le reiterate affermazioni di non volerci mettere le mani in tasca. Spero che il Governo torni sui suoi passi anche perchè il mondo dello spettacolo e della cosiddetta cultura, cioè i nani e le ballerine, non merita il finanziamento pubblico. Chi produce opere degne, sopravvive, chi produce porcherie deve chiudere. Senza “l'aiutino” dei soldi sottratti a tutti noi perchè un regista o uno scrittore possa continuare a vivere nelle sue fantasie che non raccolgono consenso. Ma se Berlusconi sbaglia a metterci le mani in tasca, sia pur per due centesimi, la sinistra ha una costante tradizione da gabelliere. Il pci/pds/ds/pd, capito di aver fatto un autogol con la patrimoniale, ha presentato un piano fiscale che nessuno crede che metterà in pratica, probabilmente neppure Bersani. Ha invece lasciato alla cgil il compito di ricordarci che è nella natura della sinistra metterci le mani in tasca sempre e volentieri. L'ultima uscita del sindacato rosso è una sovrattassa dell'1% sui patrimoni superiori a 800mila euro. Secondo il sindacato comunista si tratta di un 5% dei contribuenti che “darebbero” ben 18 miliardi di euro. La solita demagogia classista della sinistra qui si sposa con previsioni contabili tutte da verificare. I conteggi sul numero dei coinvolti, sul gettito che potrebbero fornire e sull'effettivo incasso, è opinabile. Come in tutte le statistiche se voglio arrivare ad un risultato prendo i dati che mi consentono di arrivarci e tanti saluti alla precisione che, tra l'altro, in materia di reddito non potrà mai esserci. E non vorrei che, saltando il gettito previsto come probabilmente nella realtà salterebbe, il limite sul quale far pesare la gabella potrebbe essere abbassato e non di poco, visto che quei soldi previsti, nel frattempo, saranno stati spesi per attività probabilmente non utili alla collettività (magari per finanziare i giornali, o le intercettazioni, o per aumentare gli stipendi nel settore pubblico o dare più soldi a nani e ballerine …). Senza contare poi che per far risultare un determinato patrimonio, si possono sempre aumentare rendite e parametri come fece Prodi nel 1996 (il famigerato 5% in più sulle rednite catastali che tutti noi possiamo rilevare nelle istruzioni del 730 e Unico). Ma se anche il conteggio della cgil fosse corretto al centesimo, vi è una domanda che si deve porre: perchè pensare sempre a tassare o a mettere le mani in tasca ai singoli e non a ridurre le spese in modo che ognuno paghi quello che utilizza e non quello che interessa ad altri ? Il punto è proprio questo. Il Centro Destra di Berlusconi può incappare in un errore/orrore come l'aumento di due centesimi della benzina, ma la sinistra persegue stolidamente l'errore/orrore di basare tutti i suoi progetti sulla vessazione degli individui con il sottrarre loro quello che guadagnano per disperderlo in mille rivoli che, magari, a quei cittadini non interessano. Se ci si limitasse a servizi essenziali come i trasporti e la sanità, potrebbe anche essere giustificata una spesa generale, tanto, prima o poi, tutte ne usufruiremmo, ma per finanziare giornali, film, intercettazioni e libri, perchè mai ? Entra ne

25 marzo 2011

Il nostro futuro è solo atomico


Questi sono giorni tristi per Berlusconi che mi sembra manifesti una enorme debolezza che presumo sia la sommatoria tra l’età e le aggressioni che subisce. Mi ricordo che c’era una favola in cui si parlava di un mastino.
Comandava su tutti gli animali del quartiere che ben si guardavano dall’attaccarlo. Fino a quando non lessero negli occhi del mastino la stanchezza per la lunga vita vissuta a combattere ed a vincere. Come tutti i vigliacchi quegli animali attaccarono in branco quando il mastino era in condizione di debolezza. Analogamente si stanno moltiplicando gli attacchi contro Berlusconi e, qui, mi limito a ricordare il comportamento di Fini che rivaluta quello tenuto da Bossi non solo oggi, ma persino a fine 1994. Non bastasse il cedimento alle smanie bombarole dei francesi e l’accoglienza concessa agli illegali, dobbiamo così anche ascoltare i Ministri Romani e Prestigiacomo che annunciano la ritirata dal programma nucleare, mascherata da “moratoria”. Ribadisco che arrendersi prima di combattere è peggio che perdere la guerra e quella di Romani e Prestigiacomo ha tutta l’aria della resa agli antinuclearisti. Resta in ogni caso la correità per i danni che un simile comportamento provocherà all’Italia e agli Italiani. L’energia nucleare, sulla quale siamo già in ritardo rispetto alle altre nazioni concorrenti, è l’unica che ci consenta, in tempi relativamente brevi (fine decennio) di : - avere una percentuale significativa di energia nazionale; - costi in gran parte già coperti dagli investimenti privati per la costruzione delle centrali; - utili immediati ; - molta energia rispetto alle poche centrali necessarie per produrla. A sinistra (purtroppo non solo) sbandierano presunte fonti alternative e rinnovabili. Ma li avete visti gli orrendi mulini che deturpano il paesaggio per catturare il vento e produrre minime quantità di energia eolica ? E che dire dei pannelli solari che, pur coprendo interi tetti, riescono a mala pena a coprire le esigenze di una singola abitazione ? Ma quali sono le fonti alternative e rinnovabili che darebbero gli stessi utili, la stessa energia, con gli stessi costi e numero di impianti ? Di più e di peggio. I sostenitori delle alternative e delle rinnovabili chiedono sgravi fiscali e contributi statali. Cosa significa ? Significa che non solo quella energia ci costa più di quella atomica, ma che dobbiamo anche utilizzare parte delle tasse che ci vengono estorte per finanziare chi quella energia vuole produrre. Una perdita secca e doppia. Ancora di più bisogna evidenziare che se vogliamo un futuro, quello non potrà che essere fondato sulla energia nucleare. Poi, certo, con gli anni gli strumenti, le scoperte e le invenzioni saranno sempre più perfezionate, ma se dovessimo sempre aspettare il “nuovo” prodotto, migliore, non partiremmo mai e saremmo ancora fermi alla prima ruota ... quadrata e forse neppure a quella. Entra ne

23 marzo 2011

Ministro Maroni:l’accoglienza non è una soluzione


Sembra quasi che gli esponenti del Governo di Centro Destra facciano di tutto per dissolvere la maggioranza elettorale di cui dispongono. Berlusconi si fa imporre l’intervento militare le cui bombe cadono principalmente sul Trattato di amicizia italolibico che tanti succulenti contratti aveva creato per le nostre aziende e aveva bloccato il flusso di immigrati. Maroni, pur leghista, gioisce perchè quasi tutte le regioni (meno il Veneto del leghista Zaia che ormai diventa l’ultimo baluardo della Identità Nazionale) hanno accettato di accogliere gli immigrati che, in tal modo, saranno fatti sciamare per la penisola con la complicità e l’aiuto delle autorità di governo. Il tutto senza aver preventivamente, perchè a posteriori, a cose fatte, nessuno alzerà un dito per offrirsi volontario, concordato con gli altri stati europei sulla destinazione finale delle migliaia (e speriamo non divengano milioni) di illegali. Con simili comportamenti il voto a favore del Centro Destra non si tramuterà certo in voto per la sinistra (che farebbe - perchè ha già fatto quando ne aveva la opportunità - ben di peggio) e probabilmente saranno anche pochi (in proporzione) quelli che voteranno Forza Nuova o preferiranno l’astensione, ma considerata la legge elettorale, anche pochi che non diano il loro voto al Centro Destra, anche senza concederlo alla sinistra, possono essere sufficienti a provocare un danno pressochè irreparabile riportando al governo i gabellieri della sinistra per i quali la scusa dei principi umanitari, oltre ad accogliere e concedere cittadinanza e soprattutto voto agli immigrati devastando l’Italia sotto il profilo sociale, economico, politico, culturale ed etnico, sarà anche il pretesto per metterci le mani in tasca. Signor Ministro Maroni, la Lega predica molto bene, ma quando concretizza sforna più ciambelle senza che con il buco. L’accoglienza diffusa in tutto il territorio lungi dall’essere una soluzione, aggrava il problema. La soluzione è una sola: impedire che gli immigrati raggiungano il territorio nazionale, intercettando e agganciando i barconi in mare e riportandoli ai porti di partenza, con le buone o con le cattive. L’unica alternativa è smistarli immediatamente su altri stati europei, ma ormai credo che nessun governo li accetterà, neppure sbandierando i principi umanitari, buoni solo per i polli. Entra ne

22 marzo 2011

Il cuore del Centro Destra è contro la guerra in Libia


E Berlusconi lo sa benissimo. Gli articoli, in sequenza, di Sgarbi, Veneziani e, oggi, Marcello Foa, registrano un diffuso stato d’animo tra gli elettori di Centro Destra: la guerra contro la Libia non la vogliamo. Ho anche il piacere di leggere nel nuovo Castello (che sta ottenendo una discreta affermazione nonostante la scarsa pubblicità fatta) che gli interventi dei bloggers di area, pur non concordati, sono sostanzialmente univoci su tale linea. Nonostante sia passata una settimana in cui a sinistra sembravano invasati tanto sventolavano, forse per la prima volta in vita loro, il Tricolore e stonavano l’Inno di Mameli, ancora una volta emerge la concretezza dell’Uomo di Destra, che non si lascia infinocchiare dalle parole circa non ben individuati “interventi umanitari” che vengono millantati dai guerrafondai e che rappresentano invece solo la foglia di fico per coprire una guerra scatenata per soddisfare gli appetiti affaristici di francesi e inglesi rimasti fuori dalla porta di Tripoli e la dabbenaggine di un certo provincialismo anche italiano, suddito e succube di manie esterofile e incapace di concepire una politica autonoma e sganciata dai “poteri forti” internazionali. Abbiamo già ampiamente scritto come l’interesse nazionale debba essere la stella polare delle scelte anche in politica estera e il nostro interesse avrebbe voluto che fosse garantito l’equilibrio rappresentato da Gheddafi e dai contratti con lui conclusi. Pecunia non olet. E neppure la protezione della nostra terra dall’invasione degli illegali. Berlusconi sa benissimo anche questo. Berlusconi si rende conto che il sentimento prevalente all’interno del Popolo di Centro Destra è rappresentato dalla posizione assunta dalla Lega che, così, assume la testa della parte migliore della Nazione. Sono personalmente convinto che Berlusconi sia anche lui della medesima idea espressa da Bossi, ma sia anche condizionato dalla sua intrinseca debolezza a seguito delle aggressioni mediatiche e giudiziarie cui è sottoposto da diciassette anni e dalle lobbies rappresentate da quei “poteri forti” economici e politici che trovarono negli anni novanta la massima espressione esterna nelle crociere del Britannia e in gruppi di pressione come il Bilderberg ed oggi si sono costituite, come carpito alcuni mesi fa in una intercettazione dell’ex segretario di Marcegaglia, in una “sovrastruttura” di controllo. La guerra contro la Libia, comunque vada, segnerà una perdita secca per l’Italia, ma qualcosa di buono può venir fuori. Intanto la manifesta irritazione che molti stati europei hanno verso l’arroganza francese e, pur con il passo felpato delle diplomazie, la richiesta, che vede l’Italia capofila, di portare tutte le operazioni nell’ambito del comando Nato è sintomatica, come lo sganciamento della Norvegia, che sospende la partecipazione alla missione e la minaccia italiana di riprendere il controllo delle basi situate nel territorio nazionale. Sarkozy, oltre a questioni di affari, ha anche motivazioni interne per rinfrescare la grandeur transalpina, ma l’ostilità, neanche tanto velata, praticamente unanime degli stati europei e il prudente (e molto intelligente: si vede che il passato imperiale ha lasciato il segno e i dovuti insegnamenti) atteggiamento della Gran Bretagna (che è favorevole al comando Nato) potrebbero rappresentare un autentico boomerang per le ambizioni dei galletti. Il che potrebbe aiutarci a conservare i contratti in Libia dopo la guerra. Sì, perchè alla fine a noi interessa che gas, petrolio e commesse per le infrastrutture con Gheddafi o con chiunque altro possano tornare a pompare energia e lavoro in Italia. E ci interessa che sia fermato, in un modo o in un altro, con le buone o con le cattive, il flusso immigratorio e che di quelli già arrivati se ne facciano carico anche gli altri stati europei, a cominciare dai francesi. E’ una questione di sopravvivenza per l’Italia. Ma anche per il Berlusconi politico. E Berlusconi lo sa benissimo ... Entra ne

21 marzo 2011

L'interesse nazionale come stella polare


Sono contrario alla guerra in Libia. Così come lo ero per il Libano e il Kossovo, diversamente dalla mia posizione su Iraq e Afghanistan. Certamente non per Gheddafi, che nel 1969 detronizzò un re saggio come Idris e cacciò gli Italiani confiscandone i beni (nel silenzio dei governi di allora) e neppure per quella parte del Trattato di amicizia italo-libica che ci porta a fare una ingiustificata e immotivata ammenda per gli anni (1912-1945) in cui la Libia era una nostra colonia, ma per i cospicui benefici che derivano dal medesimo Trattato in materia di sfruttamento delle risorse energetiche (gas e petrolio), di commesse per realizzare opere infrastrutturali in Libia e, soprattutto, per la collaborazione offerta e realizzata dalla Libia al fine di bloccare il flusso immigratorio verso l’Italia. Con la guerra tutto questo viene meno o, comunque, viene rimesso in gioco. Anche se sono completamente dalla parte di Berlusconi sul tema della giustizia, credo che lo scatenarsi della guerra contro la Libia possa essere motivo sufficiente per una crisi di governo. Io credo che un governo debba guardare unicamente all’interesse nazionale e non vedo come tale interesse possa essere perseguito da chi (Pdl pur con molti mal di pancia, pci/pds/ds/pd, Udc e altri) è favorevole all’azione bellica che manda a carte quarantotto i nostri contratti e la protezione assicurata al nostro territorio contro gli illegali. Ben venga, dunque, il dibattito parlamentare, anche se sono convinto che la Lega non romperà con il Pdl e non sfiducerà il Governo, nel nome della realpolitik. Mi auguro quindi che si possa costruire una nuova strategia che ci consenta di salvare il salvabile e il primo punto, che sarebbe stato meglio porre come condizione per l’uso delle nostre basi e il sorvolo del nostro spazio aereo, è il blocco navale per il respingimento degli immigrati, seguito a ruota dalla dispersione degli illegali su tutti gli stati europei e non, come pretenderebbe Napolitano (per il quale, tra l’altro, “non siamo in guerra” ...) solo sulle regioni italiane (che farebbero bene e rifiutarli per costringere il Governo a respingerli a casa loro, visto che a Lampedusa non possono restare). Dobbiamo poi pensare ai contratti, chiedendo la continuità, per successione, di quelli firmati dall’attuale governo di Tripoli, anche se non possiamo ignorare che la causa scatenante della frenesia francese e inglese è stata proprio quella di accaparrarsi i contratti che il nuovo governo libico sarà costretto a sottoscrivere con i vincitori, se non altro per debito di riconoscenza (e di subordinazione alle baionette grazie alle quali raggiungeranno il potere ...). Ma se l’obiettivo francese è scoperto, mi fanno più paura gli inglesi, meno invasati dei primi nel sostenere la guerra, più composti, più organizzati, sicuramente determinati a non farsi soffiare “l’affare”, quindi più pericolosi per i nostri interessi. Alla faccia della unione sovietica europea, perchè quando si tratta di affari non esiste Bruxelles che tenga. In completo stato confusionale la politica di Washington, ma questa è ormai una costante dell’attuale amministrazione americana. Non sarà facile, quindi, salvare parte dei vantaggi ottenuti dalla politica con la Libia sino ad ora conseguiti e purtroppo dobbiamo registrare come Berlusconi, che ha vigorosamente e con successo resistito alle aggressioni mediatiche e giudiziarie, rischi di compromettere tutto con questa improvvisata adesione alla guerra contro la Libia. L’impressione che ho, anche per gli articoli che ho letto di Veneziani e di Sgarbi, è che siano in tanti, nel Centro Destra, ad essere contrari a questa guerra e non vorrei che le bombe sulla Libia, oltre a cadere sugli interessi nazionali dell’Italia, colpissero il Premier, causando l’ inizio del dopo Berlusconi. Entra ne

20 marzo 2011

Libia:una guerra contro l'interesse nazionale dell'Italia


Il fragile e ipocrita patriottismo dei neofiti del Tricolore e dell'Inno di Mameli viene subito sgamato. Non è neppure terminata la strumentale settimana dell'Unità d'Italia, che su due temi di importanza vitale per la Nazione Italia i comunisti ed i loro caudatari vecchi e nuovi gettano la maschera e agiscono contro i nostri interessi. Pur di mettere in difficoltà il Governo approfittano della disgrazia del Giappone per cercare di affossare il programma nucleare, unica speranza per rendere l'Italia parzialmente autonoma dall'asservimento energetico a nazioni straniere. Non lasciano ma raddoppiano e cavalcano lo spirito guerrafondaio di Sarkozy contro Gheddafi, senza capire che la guerra contro la Libia, a differenza di quella in Iraq e Afghanistan, ha come vittima principale l'interesse nazionale dell'Italia. La Francia e l'Inghilterra non mandano a caso i loro aerei a bombardare la Libia, quando sono stati zitti e fermi con la Tunisia e l'Egitto e lo sono ancora in Sudan, Yemen, Baharein e in tanti altri luoghi del mondo in cui le popolazioni civili vengono sterminate dai loro governi di avversa tribù. Il colmo della cecità lo raggiunge Di Pietro che chiede di denunciare il Trattato di amicizia italo-libico, che è poi esattamente quello che vogliono gli anglofrancesi. La realtà è che con quel Trattato, a parte la infamia del riconoscimento dei presunti “crimini di guerra” italiani con la conquista delle Colonie e dell'Impero che probabilmente è l'unica parte che i neopatrioti confermerebbero, inglesi e francesi sono stati estromessi dalla gestione delle commesse e delle ricchezze petrolifere e di gas della Libia a favore di Italia e Germania. Infatti la Germania, beneficiando della sua posizione geografica non strategica in questo conflitto, si è astenuta all'onu e non partecipa all'aggressione contro la Libia. In aggiunta il Trattato ha permesso di filtrare con efficacia l'invasione degli illegali, mentre sappiamo che i “poteri forti” della finanza europea e mondiale non vedono l'ora che l'Italia divenga un ricettacolo di meticciato, un barnum sociale, politico, etnico, oltre che in piena decadenza economica, pronta ad essere asservita (veggasi le acquisizioni riuscite o tentate di aziende italiane da parte dei francesi). E che dire delle commesse per costruire infrastrutture affidate a ditte italiane (e tedesche, ma non francesi o inglesi) ? Alla faccia della retorica di soli tre giorni fa sull'Unità d'Italia che fu, principalmente, affermazione di Indipendenza e Sovranità, i sacerdoti e cantori del 17 marzo si sono trasformati in accaniti sostenitori della guerra contro la Libia. Fregandosene altamente degli interessi nazionali dell'Italia. Naturalmente il tutto ammantato dai più nobili sentimenti di altruismo verso la popolazione civile (come se i libici fossero i soli o i più oppressi !) , un altruismo che, come abbiamo visto, per il danno che ci provoca va ben oltre il semplice masochismo. E quando si eccede così tanto nell'autolesionismo, io credo poco alla buona fede, soprattutto se proviene da quei soliti comunisti (con l'aggiunta dei loro caudatari vecchi e nuovi) che da sempre perseguono interessi che nulla hanno a che spartire con quelli della Nazione e del Popolo Italiano. Purtroppo Berlusconi si è trovato tra due fuochi. Indebolito dalla persecuzione giudiziaria, con una posizione strategica essenziale per il buon esito degli attacchi contro la Libia, senza il salvagente che potevano fornire Russia e Cina se avessero imposto il loro veto al consiglio di sicurezza dell'onu, sta cercando di salvare capra e cavoli, con una posizione di mediazione che non mi piace neanche un po'. Una posizione neneista con una partecipazione minimalista alla guerra. Comunque vada l'Italia ci rimette. Ha ragione la Lega quando si schiera contro l'intervento militare perchè danneggia i nostri affari in Libia, ci farà perdere le convenienti forniture di gas e petrolio e scaricherà sulle nostre coste un'orda di illegali che sciameranno per tutte le regioni come già pretenderebbe Napolitano per “alleviare” Lampedusa, invece di sollecitare il respingimento in mare, approfittando della situazione di guerra che giustificherebbe lo spiegamento della nostra Marina Militare. A questo punto, perso per perso, tanto varrebbe schierarsi totalmente per l'intervento, mandare i nostri Tornado a bombardare per sedersi poi a pieno titolo al tavolo dei vincitori annunciati e trattare per salvare il salvabile dei nostri contratti. E mentre in Libia si è scatenata una guerra contro l'interesse nazionale dell'Italia i pacifinti, che tanta caciara hanno sollevato quando in Iraq e Afghanistan si combatteva ma a difesa del nostro interesse nazionale, sembrano scomparsi: chi li ha visti ? Entra ne

18 marzo 2011

Arrendersi senza combattere è peggio che perdere una guerra


Il Governo, per bocca del Ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani, ha praticamente annunciato la fine del sogno nucleare italiano. Dire che, dopo la crisi in Giappone, è necessaria una pausa di riflessione e raddoppiare proclamando che le centrali nucleari italiane sarebbero state costruite solo con il consenso della regione e della popolazione, equivale ad intonare il de profundis per il piano energetico nazionale e, quindi, per il futuro benessere di tutti noi. La paura del Governo non è certo per i rischi delle centrali. In Italia è molto improbabile una scossa di terremoto pari a quella giapponese ed è impossibile una onda anomala come quella subita dai nipponici e che ha provocato l’emergenza nucleare. Il Governo, pavidamente, ha paura di perdere le elezioni amministrative, ha paura della paura su cui fa leva, con evidente spirito antinazionale, l’opposizione. In pratica il Governo si arrende prima di combattere, rinuncia a difendere le sue posizioni e, così facendo, perde la guerra a costo zero per il nemico che vince senza rischiare nulla. Purtroppo non è solo il Governo a perdere, ma l’Italia intera e tutti gli Italiani, che vedranno lievitare la loro bolletta energetica e aumentare i prezzi per trasporti, riscaldamento, climatizzazione, illuminazione, cottura dei cibi. Sì, perchè se le altre nazioni europee possono permettersi una “pausa di riflessione” e magari anche di chiudere gli impianti più vecchi, hanno comunque altre centrali nucleari che, passata la paura, riprenderanno a produrre energia. In Italia, invece, la paura ci è costata il fermo alle attività nucleari nel 1987 e, oggi, l’addio ai sogni di restare tra le nazioni più sviluppate e ricche. Adesso nessuno, tranne quelli come me favorevoli al nucleare, potrà più lamentarsi del caro benzina o delle bollette troppo salate, del troppo caldo d’estate o del troppo freddo d’inverno. Vadano a battere cassa dai partiti di opposizione che hanno, strumentalmente, cavalcato la paura nucleare. Resta un esile, residuale filo di speranza. Che gli Italiani si dimostrino più intelligenti dei loro rappresentanti e facciano mancare il quorum al referendum di giugno. Allora, forse, anche il Governo si sentirà rincuorato e farà terminare la sua pausa di riflessione. Diversamente l’Italia meriterà la decadenza e la sudditanza non solo energetica, da stati stranieri, maggiormente capaci di perseguire l’interesse nazionale ogni giorno e ogni anno e non solo in occasione delle celebrazioni retoriche, subito contraddette nell’azione quotidiana. Entra ne

17 marzo 2011

Di tasca nostra


Ho letto oggi che l'attore americano Robert Redford ha accusato il Premier Inglese David Cameron per i tagli apportati ai finanziamenti per il cinema. Mi sono detto: tutto il mondo è paese. Sì, perchè in questa epoca globalizzata, i problemi comuni che fanno perno sui dissestati bilanci degli stati, trovano una logica e doverosa soluzione nel taglio di quelle spese inutili o superflue, accollate impropriamente al pubblico (cioè gravanti sulle tasche e i bilanci di ognuno di noi) ma per l'utilità solo di pochi, spesso ingrati, nani e ballerine. La questione delle spese per la cosiddetta “cultura” caratterizza anche la parte minore del dibattito politico in Italia. I tagli al FUS (fondo unico per lo spettacolo) hanno suscitato le ire dei beneficiati e il disinteresse di molti che a quel fondo dovevano solo contribuire per nulla avere in cambio. Perchè le produzioni finanziate dallo stato risultavano spesso non gradite e non viste dal pubblico. In sostanza risultavano superflue e inutili. Ma anche i finanziamenti a musei, orchestre, siti archeologici hanno provocato polemiche, tanto da indurre il Ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, a mettere a disposizione il suo mandato e, recentemente, un presidente o direttore di uno di quegli enti a dimettersi. Ancora una volta dobbiamo registrare la pretesa che con i soldi sfilati dalle nostre tasche si finanzino iniziative di interesse limitato o circoscritto ai soli beneficiati. E cosa dobbiamo dire della scuola pubblica, ormai un coacervo di burocrazia finalizzata ad evitare ogni problema con le famiglie degli alunni ? Troppi insegnanti, certo pagati male ma anche non paragonabili alla qualità che esprimevano i vecchi docenti che abbiamo conosciuto noi ultracinquantenni. Naturalmente con le dovute eccezioni allora come ora. Insegnanti che rappresentano al meglio (cioè in peggio) la perdita di cultura figlia legittima degli anni successivi al sessantotto, quando più che studiare si occupavano le aule, si berciava in assemblea, si pretendevano sei e diciotto “politici”. Ciononostante c'è chi pretenderebbe che dalle nostre tasche uscissero altri soldi per la scuola pubblica. E la giustizia ? Un fiume di denaro per pagare magistrati che, a loro volta, spendono e spandono per spiare il prossimo, con una ostinata predilezione per il Premier. E c'è qualcuno che, invece di applaudire all'impianto della riforma proposta dal Governo (che non incide sui processi di Berlusconi ed è comunque minimalista) blatera sulla mancanza di uomini e mezzi, con ciò pretendendo che dalle nostre tasche escano altri soldi per finanziare queste indagini ideologiche che non portano a nulla. E quanto ci costa accogliere, in appena due mesi, 11825 illegali che sbarcano sulla nostra terra ? Per lo più, tra l'altro, provenienti dalla Tunisia e, quindi, non coperti dall'ombrello del “rifugiato politico”, perchè in Tunisia hanno pure cacciato Ben Alì, adesso hanno quello che volevano e, quindi, se mai rifugiati sono, sono solo i seguaci del deposto presidente. Eppure c'è chi continua a chiedere soldi, sfilati dalle nostre tasche, per costruire campi di accoglienza che presuppongono vitto e alloggio, il tutto con denaro che esce dalle nostre tasche. In questo assalto alle nostre tasche, si rischia di trascurare le attività che, invece, devono essere svolte dallo stato nell'interesse dei cittadini, tutti i cittadini. La difesa dalla criminalità che imporrebbe congrui e sostanziosi riconoscimenti alle Forze dell'Ordine, come la difesa dei nostri confini (anche dagli illegali) che richiede altrettanta generosità verso le Forze Armate. Le attività di manutenzione e i servizi svolti nelle città, come provvedere con ogni immediatezza a coprire le buche nelle strade o dare piena assistenza negli ospedali dando priorità ai cittadini locali. Meno spettacoli pagati dai comuni e più manutenzione delle strade, più interventi per rendere pienamente fruibile la città. Io non sono contrario al cinema, al teatro, alla cultura (quella vera, però), ma non sono disponibile a pagare per tutto quello che passa dalla testa di chi trova facile pretendere il finanziamento pubblico. Cinema, teatro, cultura e tutto il resto possono e devono crescere, ma con le leggi del mercato. Una leale competizione dove i cittadini non siano costretti a pagare sempre e sempre di più per tutto, ma paghino quello che scelgono, liberamente, di vedere o i servizi di cui scelgono, liberamente, di fruire. I migliori vinceranno, i peggiori non dovranno continuare a gravare sulle nostre tasche. Entra ne

16 marzo 2011

17 marzo: non festeggerò mai assieme ai comunisti

Domani, 17 marzo 2011, verranno officiate le liturgie per una festa improvvisata e non sentita dal Popolo se non come occasione di vacanza, astutamente sistemata in posizione strategica per un “ponte”, l’unico della prima metà dell'anno.
Ho già avuto modo di scrivere come sia una riscrittura interessata della realtà storica.
Il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d’Italia e questo dovrebbe portare ad una celebrazione della Casa Reale che conseguì, 57 anni dopo, il 4 novembre 1918, una sostanziale Unità d’Italia partendo dal Regno di Sardegna e poi d’Italia, regno abbattuto il 2 giugno 1946 da un referendum sul cui regolare scrutinio si addensano sempre più i dubbi.
E’ ridicolo che la ricorrenza sia celebrata in pompa magna dalle istituzioni di quella repubblica che, con tale referendum, ha liquidato il Regno proclamato il 17 marzo 1861.
Il 17 marzo 1861 non poteva, poi, essere proclamata l’Unità d’Italia perchè mancavano all’appello importanti parti del territorio nazionale:
Venezia, tutto il Veneto e alcuni lembi della Lombardia
Roma e il Lazio
Trento e Trieste
Fiume, l’Istria e la Dalmazia
.
L’improvvisazione di una festa “dell’Unità Nazionale” odora di strumentalizzazione politica in chiave antileghista e antifederalista, dettata dalla situazione contingente e delle necessità di fermare la crescita del movimento di Bossi, tanto vero è che per una ricorrenza più significativa, il centenario del 1961, fu scelta una data diversa, non ricordo se il 23 marzo quando fu eletto il primo governo del Regno con il primo Presidente del Consiglio, Camillo Cavour o il 27 quando il parlamento dichiarò Roma capitale del Regno, consapevoli che il 17 marzo sottolineava il Regno d'Italia, con una Famiglia Reale in esilio coatto.
Tutto, insomma, induce a ritenere questa celebrazione una strumentalizzazione, finalizzata a scopi politici immediati e non a ricordare con la commozione e la sincerità necessaria il nostro glorioso Risorgimento e le sue quattro Guerre di Indipendenza (1848-1849; 1859; 1866; 1915-1918).
Tanto è vero che ripugna vedere in prima fila gli eredi diretti e legittimi di quel comunismo che nel corso dei decenni ha perseguito, con ferocia, una politica antinazionale, internazionalista, funzionale ad una potenza straniera come l’Unione Sovietica, della cui conversione patriottica, oggi, è non solo lecito, ma doveroso dubitare.
Martin Luther King, ne “La forza di amare”, cita Lenin: “noi dobbiamo essere pronti a impiegare inganno, frode, infrazione della legge, rifiuto e occultamento della verità”.
King non può essere certo annoverato tra gli anticomunisti viscerali e, quindi, il suo virgolettato assume ancora maggiore importanza.
La Storia è continua revisione, non manipolazione.
Anche in questo i comunisti dimostrano di voler piegare ai loro interessi contingenti, le vicende passate, nella miglior tradizione leninista.
Ma, dicono, i tempi cambiano e dobbiamo concedere la buona fede persino ai comunisti.
Bene, chiedo, però, una dimostrazione di reale pentimento e discontinuità (termine che a loro piace molto) sul passato.
Per credere al loro patriottismo, agli onori che, oggi, tributano al Tricolore e all’Inno di Mameli, chiedo le loro scuse e la loro ammissione di aver sbagliato su:

1) l’opposizione, quando ancora erano assieme ai loro compagni socialisti, all’entrata in guerra il 24 maggio 1915 che completò l’Unità d’Italia che oggi vorrebbero farci credere di celebrare;
2) il trattamento, quando ancora erano assieme ai loro compagni socialisti, riservato ai nostri Arditi di ritorno dal fronte dopo la Vittoria del 4 novembre 1918 e le successive violenze nel periodo 1919-1922 che ha creato i presupposti per la nascita e l'avvento al potere del Fascismo;;
3) l’obbedienza a Stalin di cui furono i fedeli interpreti in Italia;
4) l’opposizione all’ingresso dell’Italia nella Nato nel 1948;
5) l’opposizione alla legge maggioritaria di De Gasperi nel 1953 che avrebbe risolto, con quaranta anni di anticipo, il problema della governabilità;
6) il sostegno e appoggio all’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956;
7) la campagna accusatoria, per questioni poi rivelatasi infondate, contro il Presidente Giovanni Leone fino a provocarne le dimissioni nel 1978;
8) l’opposizione in chiave filosovietica alla installazione degli euromissili nel 1984;
9) il giustizialismo pro domo propria del 1991-1993;

E questi sono solo i primi fatti che mi sono venuti in mente, certo che, riflettendoci, ne potrei citare tanti altri ancora, non avendo esaurito l’elenco degli errori del pci/pds/ds/pd, ma credo siano sufficienti a dimostrare come i comunisti siano sempre stati dalla parte sbagliata, perseverando nell’errore finchè non hanno valutato la convenienza di cambiare bandiera.
Così hanno cambiato lo straccio rosso con il Tricolore che fino a pochi anni fa irridevano, l’internazionale e bella ciao con l’Inno di Mameli alle cui note si rifiutavano di alzarsi in piedi, i compagni con i Fratelli d’Italia, l’internazionalismo con il patriottismo fino a pochi anni fa considerato un retaggio dell'Era Fascista e atteggiamento proprio dei neo Fascisti.
Possiamo credere a costoro se non fanno una piena e completa abiura del loro passato se, in sostanza, non rinnegano totalmente le loro radici ?
E possiamo fidarci, memori dell'insegnamento di Lenin, di una tale conversione ?
Io non posso farlo.
Non mi fido dei comunisti e non sono disponibile, in tale compagnia, a festeggiare una evento politico, sventolare lo stesso vessillo, cantare lo stesso inno.

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15 marzo 2011

Avanti con decisione sul nucleare

Il disastro naturale in Giappone ha ridato fiato alla politica pauperista degli antinuclearisti.
Facendo ancora una volta leva sulla paura irrazionale e non sulla logica, ecoambientalisti e politici distruttivi stanno lanciando una nuova offensiva per impedire, ancora una volta, che l’Italia possa dotarsi di un sistema energetico autonomo che passa esclusivamente attraverso la costruzione di centrali nucleari.
A giugno è previsto un referendum sul nucleare che, ove raggiungesse il quorum e, come nel 1987, prevalesse la paura irrazionale dell’atomo, segnerebbe la definitiva e probabilmente irreversibile decadenza dell’Italia.
E’ consolidata la valutazione che, nel mondo moderno, l’energia è fondamentale per lo sviluppo e per il benessere dei cittadini.
Serve alle industrie per produrre, ma anche per i trasporti pubblici e privati, per cuocere il cibo, per illuminare, scaldare e refrigerare case e uffici.
L’energia, insomma, rappresenta la differenza tra il benessere e la misera sopravvivenza.
Il blocco del nucleare in Italia derivante dal referendum del 1987, inficiato dalla vicenda di Chernobil, ha prodotto un costo enorme per la nostra bilancia dei pagamenti e per i singoli cittadini.
La luce, il riscaldamento, il refrigeramento che usiamo ci costano il doppio che in Francia o Svizzera e senza metterci al sicuro da eventuali incidenti nucleari, visto che abbiamo le centrali altrui attaccate ai confini.
Pensare di continuare ad essere soggetti alle importazioni di petrolio e gas, significa compromettere l’indipendenza nazionale (alla faccia della retorica patriottarda del periodo) e comunque frenare il nostro benessere e il nostro sviluppo economico.
Il Governo ha, finalmente, messo in piedi un programma nucleare serio che entro nove anni consentirà di sviluppare una potenza tale da rendere autosufficienti le fonti energetiche per un 25-30%, senza dover dipendere dal gas del nord Africa o quello russo, oppure dal petrolio arabo o dai ricatti politici delle sette sorelle.
Rinunciare o anche solo ritardare il nucleare comprometterebbe la nostra indipendenza, il nostro futuro, il nostro benessere.
Gli ambientalisti ci vorrebbero al freddo di inverno e al caldo torrido d’estate, senza peraltro ragione alcuna.
Il Giappone ha diciassette centrali nucleari e solo una, tra le più vecchie, ha manifestato qualche criticità dopo un terremoto di trentamila volte superiore a quello dell’Abruzzo nel 2008 e dopo una onda anomala terrificante, alta anche dieci metri, impossibile da fronteggiare per essersi sprigionata a sole 120 miglia dalla costa.
L’Italia, pur soggetta a terremoti, non può neppure raggiungere tale intensità che, di suo, indipendentemente dalle centrali nucleari, raderebbe al suolo qualsiasi posto in europa.
E l’Italia non è soggetta alle onde anomali proprio per la conformazione di mare interno che ha il Mediterraneo, mare nostrum.
Le centrali nucleari devono, sì, essere costruite con criteri aggiornati di sicurezza, prevedendo anche eventi di gran lunga superiori a quelli mai verificatisi sul nostro territorio, ma DEVONO ESSERE COSTRUITE.
Subito.
Senza ritardi.
Chiunque vi si opponga non avrebbe alcun diritto di intonare liturgie sulla Unità d’Italia, l’Inno di Mameli o il Tricolore quando, alla prima occasione concreta, sulla costruzione delle centrali nucleari necessarie allo sviluppo ed alla indipendenza della Nazione, manifesta una chiara volontà antinazionale, contraria agli interessi della Patria e dei singoli cittadini di nazionalità Italiana.

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14 marzo 2011

Giustizia:la riforma è necessaria, la rivoluzione consigliata

Il capo tribù del pci/pds/ds/pd , dice un no pregiudiziale alla riforma della giustizia proposta dal Governo.
Questa mattina l’ho sentito berciare in radio, parlando di fumosità e di sigari, per dire che non condividono (loro) l’impianto della riforma.
Se c’è qualcosa da approvare, invece, è proprio l’impianto.
1) Separazione delle carriere
I giudici e i pubblici ministeri hanno percorsi differenti.
Non è ammissibile che ci si ritrovi un giudice che, fino a poco tempo prima, sosteneva una accusa e che adesso debba giudicare su un argomento al quale, magari, aveva da p.m. già dato una interpretazione.
E non sto parlando di una medesima causa, ma di un tema anche di carattere generale (ad esempio il tipo di omicidio da attribuire a chi uccide qualcuno con una guida spericolata o in preda alla droga).
La commistione tra giudici e pubblici ministeri è una pesante alterazione alla parità tra le parti.
Il pci/pds/ds/pd e i suoi caudatari sono contrari: evidentemente, perpetuando lo stato attuale, ritengono che la giustizia in Italia funzioni bene.
2) Due consigli superiori della magistratura
Il csm è l’organo di controllo e di giudizio dei magistrati.
La conseguenza logica alla separazione delle carriere è la istituzione di due organismi, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri.
E’ naturale che essendo due funzioni ben distinte, anche l’organo preposto ai provvedimenti disciplinari e alla carriera, debba essere separato.
Il pci/pds/ds/pd e i suoi caudatari sono contrari: evidentemente, perpetuando lo stato attuale, ritengono che la giustizia in Italia funzioni bene.
3) Composizione dei consigli superiori della magistratura
La riforma prevede parità tra i membri togati (cioè di elezione all’interno della magistratura) e laici, cioè eletti dal parlamento in rappresentanza delle esigenze e dei sentimenti del Popolo.
Non è una norma risolutiva, ma finalmente si ferma l’anomalia per cui a giudicare dei magistrati siano, in maggioranza, altri magistrati.
Il pci/pds/ds/pd e i suoi caudatari sono contrari: evidentemente, perpetuando lo stato attuale, ritengono che la giustizia in Italia funzioni bene.
4) Azione penale esercitata nell’ambito delle priorità indicate dal parlamento
Finalmente un organismo terzo decide di indirizzare l’attenzione dei magistrati verso quei reati che maggiormente scuotono il sentimento popolare e che non sono necessariamente quelli che consentono loro di ottenere la luce dei riflettori.
L’azione penale resta obbligatoria, ma la responsabilità di un organismo, come il parlamento, eletto dal Popolo, diventa un freno al solipsismo autocratico dei magistrati.
Il pci/pds/ds/pd e i suoi caudatari sono contrari: evidentemente, perpetuando lo stato attuale, ritengono che la giustizia in Italia funzioni bene.
5) Responsabilità civile dei magistrati
E’ il punto più importante e qualificante della riforma.
I magistrati, finora, non pagano per i loro errori.
Nel 1987 un referendum accolse, con oltre venti milioni di voti popolari rappresentanti di oltre l’80% dei voti validamente espressi, la richiesta di rendere i magistrati responsabili dei loro atti.
Tale volontà popolare fu aggirata da una norma che accolla allo stato (cioè a tutti noi) le eventuali condanne risarcitorie per gli errori dei magistrati che, così, restano, unici tra tutti i lavoratori (pensate solo ai danni sistematicamente richiesti ai medici) a non pagare per i loro errori.
La riforma pone rimedio a tutto ciò, recuperando la volontà popolare e obbligando i magistrati e ben ponderare le loro azioni.
Il pci/pds/ds/pd e i suoi caudatari sono contrari: evidentemente, perpetuando lo stato attuale, ritengono che la giustizia in Italia funzioni bene.
E’ necessaria una profonda riforma della giustizia.
La proposta del Governo è anche troppo morbida.
Ma di cambiamenti c’è una necessità vitale.
Bersani sa solo dire “no”.
Ma non è in grado di proporre alcunchè di alternativo.


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13 marzo 2011

Sono riusciti a rendermi simpatico Gheddafi

Sono molteplici gli argomenti che meriterebbero lo spazio di un post e se in Svulazen mi occupo delle vicende a me più vicine (le elezioni per il sindaco di Bologna) qui propongo un rapido excursus sulle vicende nazionali e internazionali.

Il Giappone e il nucleare civile
L’Apocalisse solo sfiorata dal Giappone, grazie alla cura con la quale una terra soggetta a eventi sismici cerca di prevenire gli effetti di un qualcosa di imprevedibile, non mancherà di scatenare la canea degli antinuclearisti.
Nonostante sia dimostrato come le centrali nucleari siano sicure: in Giappone ve ne sono 17 e solo una ha manifestato qualche problema con conseguenze limitate localmente.
Da sottolineare che il numero maggiore di vittime (morti e feriti) le ha provocate l'onda anomala, poi il terremoto, quindi, buon ultimo, l'incidente alla centrale nucleare (pare solo contaminati e nessun morto).
Ricordando che in Italia i terremoti sono, fortunatamente, ben lontani dall'avere quella potenza e non siamo soggetti al pericolo di onde anomale.
E' quindi del tutto fuori luogo preferire morire lentamente per la miseria, il freddo d'inverno e il caldo d'estate nel timore irrazionale di un incidente apocalittico, anzichè vivere nel benessere grazie ad una indipendenza e abbondanza energetica che può derivare solo da un ampio programma nucleare.

La sapete l’ultima ? I comunisti sono “patrioti” !!!
Ho ascoltato in radio la viva voce del segretario del pci/pds/ds/pd Bersani che ha affermato, senza alcun senso del pudore: siamo dei patrioti.
Essendo di moda il Tricolore che disprezzavano negli anni settanta quando erano usi ad obbedir tacendo a Mosca preferendogli il loro straccio rosso, i comunisti ne hanno oggi sposato la retorica e cercano di sfruttare questa manipolata ricorrenza del 150° anniversario della proclamazione del Regno d’Italia, per conquistare un pugno di voti.
Ma chi credono di abbindolare ?
La parte sana dell’Italia è pienamente consapevole che un comunista non può essere patriota e le affermazioni opportunistiche di Bersani possono solo trovare spazio nelle varie trasmissioni comiche della televisione di stato, aprendogli una strada alternativa, forse a lui più congeniale della politica.

Riforma della giustizia
Sarebbe ora, sarebbe necessario affrettarsi.
Sarebbe anche opportuno renderla più incisiva, perché così come è mi sembra alquanto deboluccia.
In Italia, infatti, più che di una riforma ci sarebbe bisogno di una rivoluzione copernicana nella giustizia, nelle leggi, nella struttura che amministra la giustizia, nel reclutamento di giudici e pubblici ministeri che, come noto, io vedrei i primi scelti tra gli esperti del diritto (avvocati, professori di diritto) e i secondi eletti dal Popolo.
Ma accontentiamoci anche di questa mini riforma, purchè si ripristini il primato del Popolo attraverso la politica e i suoi eletti.

I risparmi del Federalismo
La cgil afferma che il Federalismo fiscale aumenterà l’imposizione fiscale su 16 milioni di Italiani.
Vuol dire che sarà in pareggio o in guadagno per i restanti 44 milioni.
Guarda caso 16 milioni sono gli abitanti di quelle regioni del sud che hanno i peggiori bilanci amministrativi.
E a me sembra giusto che chi non sa scegliersi gli amministratori paghi per i loro errori e non li scarichi su chi, invece, sceglie amministratori oculati e capaci.

L’assalto al denaro di tutti
Ci risiamo.
E’ stato sufficiente un mini ulteriore taglio nei fondi per lo spettacolo (il famigerato FUS) per scatenare una nuova offensiva da parte di nani e ballerine.
Citano la costituzione, si autocelebrano come “intellettuali” e come unici portatori di cultura e stendono la mano pretendendo, a differenza dei dignitosi mendicanti che si limitano a chiedere, cospicue somme da togliere alle tasche di noi cittadini per riempire le loro.
Io il FUS lo azzererei.
Se un prodotto culturale “vale”, non mancheranno quelli che spenderanno, per loro libera scelta, soldi per goderselo, mantenendolo e facendo la fortuna di chi lo ha realizzato.
Se un prodotto non vale, allora nessuno si preoccuperà vedendolo scomparire e vedendo i suoi artefici in miniera o nei campi anziché in televisone o al cinema.

Sono riusciti a rendermi simpatico Gheddafi
La guerra civile il Libia è ancora in prima pagina, superata, per ora, solo dalle notizie dal Giappone.
Gheddafi è isolato.
La Lega Araba ha persino chiesto all'onu di autorizzare la "no fly zone" che altro non sarebbe che una violazione dello spazio aereo sovrano della Libia, gestito sicuramente dagli Americani, per impedire che l'aviazione legittimista possa bombardare i ribelli.
Tutto il mondo chiede a Gheddafi di andarsene.
Però le truppe governative, contro tutto e tutti, stanno riconquistando il territorio, respingendo i ribelli che, come al solito, pretenderebbero che altri, gli Occidentali, combattano la loro guerra (mi ricorda qualcosa …).
Abboccano all’appello Francia e Gran Bretagna, mentre Germania e Italia tengono posizioni più defilate e, almeno, l’Italia dichiara che non parteciperebbe ad un bombardamento sulla Libia, mirato o meno che sia e il Ministro Maroni ha dato una bacchettata sulle mani dell’amministrazione di Washington invitandola a darsi una calmata.
Facile vincere una ribellione, se i più forti eserciti del mondo sono dalla tua parte.
Dopo 42 anni, dal colpo di stato che detronizzò Re Idris, Gheddafi, un personaggio che non ho mai stimato né apprezzato, mi sta diventando simpatico grazie al coro mondiale che, adesso che è in difficoltà, cerca di calpestarlo dopo averlo ossequiato e riverito.
Ma io mi ricordo il Cinque maggio di Alessandro Manzoni:
“… di mille voci al sonito, mista la sua non ha: vergin di servo encomio e di codardo oltraggio …” .


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12 marzo 2011

Vola, colomba bianca, vola

Nilla Pizzi è deceduta a 92 anni.
Nonostante abbia superato i cinquanta, non sono così avanti con gli anni da ricordarmi la cantante bolognese nel periodo di suo massimo splendore.
Ho immagini sfuocate, in bianco e nero, di trasmissioni televisive anni sessanta, in cui cantava (e veniva sistematicamente eliminata dalle competizioni) questa Signora più simile a mia madre (e alle madri dei miei amici) che alle cantanti che, allora, ottenevano maggiore visibilità (Mina, Patty Pravo, Rita Pavone, Caterina Caselli …).
Però Nilla Pizzi resta, per me, l’interprete ineguagliabile di una canzone che nel febbraio 1952 commosse l’Italia: Vola colomba.
Una canzone dedicata a Trieste, ancora sotto l’occupazione Anglo Americana e che i comunisti, sì quegli stessi che oggi pretendono senza pudore di sventolare il Tricolore, si dicono persino patrioti e hanno la sfrontatezza di rivendicare la ricorrenza del 17 marzo (proclamazione del Regno d’Italia che, come è loro abitudine, hanno manipolato e trasformato in Festa dell’Unità Nazionale), avrebbero voluto lasciare sotto il tallone del criminale Tito, assassino e infoibatore di migliaia di Italiani.
Ecco, mi piace pensare che Nilla Pizzi se ne sia andata schifando quello che si sente oggi dalle bocche degli eredi legittimi di chi accolse a fischi e insulti i nostri connazionali Giuliani e Dalmati cacciati dal compagno Tito dalle loro terre I T A L I A N E : Fiume, Istria e Dalmazia.
Vola, colomba bianca, vola/ Diglielo tu, Che tornerò / Dille che non sarà più sola, / E che mai più la lascerò” .



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11 marzo 2011

Teoria della politica - 2/fine

Come possiamo, dunque, perseguire il fine ultimo (il Benessere) attraverso i suoi quattro Cavalieri (Giustizia, Libertà, Sicurezza, Difesa) ?
Con l’impegno politico, che si può tradurre in un intervento diretto e in prima persona nel momento di formazione delle leggi e delle scelte di carattere generale, oppure solo nella espressione del proprio voto (o non voto, perchè anche l’astensione è una scelta) a favore di chi maggiormente interpreta il proprio sentimento e le proprie idee.
Poichè gli stati rappresentano moltitudini di persone, con le loro particolari idee, con le loro esperienze e passioni, con le loro esigenze, è necessario che i cittadini si ritrovino sui grandi temi condivisi, così nascono i partiti politici, così un candidato aderisce, per meglio delineare la sua figura, ad un partito politico.
Noi cittadini siamo chiamati a scegliere il partito in base al complesso delle idee che propugna.
Non deve essere obbligatorio condividere tutto, ma è sicuramente necessario condividere l’impostazione generale e le questioni principali che sono all’ordine del giorno dell’interesse generale.
Di base, quindi, a fondamento di un partito politico devono esserci le grandi scelte di carattere etico:
la Vita, da tutelare sin dal concepimento;
la Famiglia, nucleo essenziale di ogni struttura sociale e che non può essere formata altro che dalla unione di un Uomo con una Donna;
il rispetto della Biologia Naturale, senza esperimenti di carattere genetico.
Gradualmente si arriva sulle questioni più concrete e immediate.
Così i partiti rendono forte e marcata la propria identità precisando i limiti di come concepiscono l’intervento pubblico nella vita di tutti i giorni.
Divieti e obblighi, norme che delimitino minuziosamente l’attività dei cittadini, le loro possibilità di agire, oppure regole di carattere generale che formino un quadro all’interno del quale tutto il resto viene lasciato alla libera determinazione delle parti ?
E cosa fare in economia ?
Chiedere anticipatamente ai cittadini un forte sacrificio economico per poi gestire centralmente, con organismi dello stato, le varie attività (o gran parte di esse) oppure prelevare quanto necessario alle attività essenziali per lasciare il resto alla libera determinazione e scelta dei cittadini ?
E i rapporti tra privati vanno dettagliatamente e minuziosamente regolati, oppure è meglio lasciare la libertà e l’autodeterminazione per regole che volontariamente le parti si possono dare ?
E quale concetto di “Solidarietà” recepire ?
Il concetto che si fonda sull’assistenzialismo a tutto tondo, pur poco ma sempre e comunque, o quello che si basa sull’aiuto importante e significativo in circostanze speciali e per necessità specifiche, impreviste e imprevedibili ?
Il concetto di applicazione della Libertà diventa fondamentale, quando si superano i bisogni essenziali, per determinare il grado di civiltà di una comunità.
Tanto più una società impone divieti, quanto meno è sviluppata la libertà dei singoli, ai quali lo stato, tramite i suoi organi, pensa di dover imporre obblighi per meglio controllare (perchè non è altro che un controllo) la privata espressione di volontà.
Non è un caso che la differenza tra gli stati in cui il valore dell’Individuo viene posto davanti a quello del Moloch stato e quelli in cui lo stato è, invece, spesso padrone e despota anche sotto una patina di tolleranza, è anche la differenza tra gli stati in cui la fiducia verso i singoli cittadini si manifesta con la conferma di libertà ancestrali e primarie come quella di portare armi o il loro divieto, fondato sulla paura dei “regnanti”, magari sottoponendole a regole, permessi, esami con l’unico obiettivo di dissuadere i cittadini dal far valere il loro diritto e la loro libertà individuale.
Un terzo blocco di identificazioni per macro gruppi lo troviamo sulle questioni specifiche che possono essere relative alla sanità, all’istruzione, alla gestione del patrimonio artistico, all’utilizzo dei mezzi di comunicazione. ma anche in tutti questi settori primaria è la contrapposizione tra l’intervento del pubblico e la libertà del privato che, in ultima analisi, diventa il discrimine essenziale tra le parti politiche.
L’attività legislativa, poi, comprende singoli provvedimenti sui quali è possibile l’esistenza di differenti vedute, nell’esame caso per caso, anche all’interno della medesima “famiglia” politica.
Possono essere a seguito di situazioni emergenti (l’approvvigionamento energetico, ad esempio) che rende necessarie scelte spesso non condivise sul tipo di energia da utilizzare e sulla quale investire.
Oppure scelte sulle alleanze più opportune per tutelare l’interesse nazionale.
Per poi arrivare a scelte strettamente locali e amministrative, come l’urbanistica e la gestione del traffico.
La scelta politica è, quindi, teoricamente, fondata su tali aspetti, che nulla hanno a che vedere con Berlusconi e le sue private passioni, perchè esistevano prima della sua discesa in politica ed esisteranno dopo che (il più tardi possibile) sarà andato in pensione.
E’ vero che la scelta degli uomini ha una sua importanza, perchè chi deve rappresentare una grande Nazione come l’Italia deve esserne all’altezza, deve essere consapevole che non siamo secondi a nessuno, sotto nessun punto di vista, deve agire con l’unico scopo di realizzare l’interesse nazionale e non fare l’ascaro di potentati stranieri e deve essere onesto al punto da non utilizzare la politica come trampolino per la promozione sociale ed economica propria e della sua famiglia.
L’Uomo che ci guida deve quindi essere, di suo, autonomo, indipendente dai bisogni materiali, con una propria base professionale e sufficientemente dotato di autostima da sapersi porre alla pari con i politici delle altre grandi nazioni mondiali, tanto da poter fare anche scelte in autonomia rispetto alle loro.
Anche per queste caratteristiche, le vicende private di Berlusconi non hanno alcun rilievo, sono, per l’appunto, private e basta e non inficiano minimamente le caratteristiche proprie di un Presidente.
E sarà così anche dopo il pensionamento del Premier (o la sua dorata prigionia al Quirinale).
Quello che è veramente importante è che sia il Popolo a scegliere e non oligarchici sinedri di presunti “illuminati”.
E tutto quel che si realizza deve essere rivoltoal fine di garantire la giustizia, assicurare la tranquillità all'interno, provvedere alla difesa comune, promuovere il benessere generale, salvaguardare per noi e per i nostri posteri il bene della libertà”, per una Nazione che non può essere altro cheuna d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor”.

(2 – fine)



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10 marzo 2011

Teoria della politica - 1

Possiedo un computer personale dal dicembre 1996 e dal 1999 frequento forum, blog e mailing list in Rete.
Ne ho tratto la convinzione che la mentalità dei comunisti e loro caudatari sia così ristretta e meschina da non valere lo sforzo di discutere seriamente, perchè non è possibile dialogare con i loro pregiudizi e, tantomeno, pretendere ragionamenti da chi è così indottrinato.
La maggior parte dei miei post sono, quindi, un mix tra ciò che penso realmente e un continuo sfottò verso comunisti e loro caudatari esagerando, al mero scopo di farli schiumare di rabbia, concetti che pur di base condivido.
Poichè, quindi, non posso essere passibile dell’accusa di schierarmi sul fronte degli antiberlusconiani, mi riservo con questo intervento (e, forse, con qualche altro successivo) di scrivere sui “massimi sistemi”, immaginando di essere in una nazione normale, con una normale contrapposizione di ideali e con avversari (e non nemici) comunque degni di stima e rispetto, ai quali poter riconoscere intelligenza, onestà e amor patrio.
Purtroppo solo immaginandolo ...

Mi sono ritrovato, alcune sere fa, a discutere di politica con alcuni amici, in parte bavosamente antiberlusconiani.
Persone normali che, però, si trasfigurano, come il dottor Jeckill in Mr. Hyde, non appena si nomina il Premier.
Nonostante l’impeto antiCav, grazie anche alla pluriennale conoscenza che stempera la reciproca animosità in politica e al fatto che si discuteva di persona per cui le battute erano meglio comprese, siamo comunque riusciti a formulare una teoria delle scelte politiche, a prescindere da Berlusconi.
Credo sia un fatto talmente straordinario da meritare l’onore di un post, ovviamente esponendo le MIE idee (ex contrario si possono comprendere quelle che provengono da altre e opposte esperienze politiche).

Sintetizziamo, preliminarmente, le ragioni della formazione di uno stato che possono essere riassunte nelle parole del Preambolo della Costituzione degli Stati Uniti d’America:
NOI IL POPOLO ... al fine di garantire la giustizia, assicurare la tranquillità all'interno, provvedere alla difesa comune, promuovere il benessere generale, salvaguardare per noi e per i nostri posteri il bene della libertà ...”.
I dati essenziali sono la fonte (il Popolo) e le finalità (giustizia, sicurezza, difesa, benessere, libertà).
Ne deduciamo che lo stato ha una ragion d’essere in funzione dell’interesse del Popolo e quale può essere questo interesse ?
Giustizia.
Sicurezza.
Difesa.
Libertà.
Benessere.
Giustizia presuppone un organismo ad hoc che la amministri nel rispetto dei voleri del Popolo (e non con la presunzione e lo snobismo di volerlo “educare” o “guidare”) .
Un organismo terzo, estraneo alle contrapposizioni di fazione ed alla formazioni delle leggi che deve invece limitarsi ad applicare.
Sicurezza vuole essere la difesa della integrità fisica personale e delle proprietà dei cittadini da chi tenta scorciatoie per conseguire il Benessere, a spese altrui.
Da qui la necessità di assicurare alla Giustizia i criminali e di far loro scontare la giusta e proporzionata pena, senza abbuoni, per raggiungere le finalità della punizione del reo, del renderlo inoffensivo rispetto alla possibile reiterazione del crimine e della deterrenza nei confronti di altri che potrebbero, diversamente, commettere lo stesso reato.
Difesa dei confini e degli interessi nazionali dalle aggressioni o pericoli esterni.
Questo significa anche tutelare l’integrità del territorio nazionale dalle invasioni fintamente pacifiche e reclamare il diritto ad intervenire oltre i confini nazionali per garantire il flusso di rifornimenti essenziali (ad esempio alimentari ed energetici) per la Nazione.
Ma Difesa significa anche difesa della Identità Nazionale, nel rispetto di quello che un Padre della Letteratura Italiana ha mirabilmente sintetizzato in una sua Ode, Marzo 1821, per cui la Nazione è “una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor.
Essendo ognuno di quegli elementi fondamentale e necessario per la definizione di Nazione:
Arme (i sacrifici)
Lingua (leggere e scrivere con linguagguio comune)
Altare (la Religione)
Memorie (la Storia condivisa)
Sangue (le Radici comuni)
Cor (il Sentimento, l’ “idem sentire” , l’Amor Patrio).
Libertà impone e presuppone il rispetto per l’analogo diritto di Libertà altrui.
Impone e presuppone che l’intervento dello stato, o di un qualsiasi altro organo sovranazionale, avvenga in funzione di un maggior godimento di Libertà per tutti e non di una restrizione delle libertà fondamentali a cominciare da quelle
di opinione,
di stampa,
di religione,
di mercato,
di impresa,
di circolazione
.
Benessere è il fine ultimo: godersi la vita, un autentico “diritto alla felicità”.
Senza un sistema di Giustizia giusto,
senza Libertà,
senza Sicurezza,
senza Difesa
,
non possiamo essere felici, quindi non viviamo nel Benessere che è lo scopo di ogni essere umano e che deve essere l’obiettivo di ogni stato per i suoi cittadini.

(1 - continua)

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09 marzo 2011

Simul stabunt, simul cadent

L’elezione per il sindaco di Bologna è rilevante se vincesse il Centro Destra, nella normalità se vincesse la sinistra.
La constatazione è banale.
Bologna, con l’unica eccezione dei cinque anni di Guazzaloca tra il 1999 e il 2004, nel dopoguerra è stata un feudo comunista.
Questo ha comportato che i comunisti si siano infiltrati e diffusi, come una metastasi, nel corpo sano della vita economica, sociale, civile, politica della città.
Credo non ci sia altra zona al mondo che sia così infestata dalle cooperative rosse che vengono alimentate dal potere politico che, a loro volta, supportano nei momenti di crisi come l’attuale.
Il connubio tra potere politico e attività economica (svolta a lungo in situazione di privilegio e non in regime di concorrenza paritaria) ha obbligato gli stessi imprenditori privati a scendere a patti, magari con sub appalti o associazioni di impresa, con il sistema.
Il supporto reciproco ha ingessato la città e le attività produttive, provocando la decadenza della città in tutti i campi, come accade sistematicamente là dove si vuole scientemente impedire che emergano novità, impedire di dare spazio alla fantasia e alla libertà individuale, perchè si ha paura del nuovo, del cambiamento, delle idee, non avendo nulla da contrapporvi.
Da qui, anche, la scelta nel 2004 e nel 2009 di due soggetti estranei a Bologna, alla sua cultura, alle sue tradizioni, come sindaci da parte del partito egemone.
Da qui il fallimento amministrativo della giunta del cremonese Cofferati e quello morale della fortunatamente breve esperienza del mantovano Delbono.
Purtroppo la lezione non è stata sufficiente.
Il pci/pds/ds/pd si è arroccato e ripresenta un terzo elemento estraneo alla città, il campano (casertano di Santa Maria Capua Vetere) Merola, confidando sul fatto che i militanti comunisti votino, sempre e comunque, in base alle indicazioni del partito.
In pratica la sublimazione della storiella di Pierino che, tornando a casa, dice al padre che i coccodrilli volano e il padre che, saputo che lo aveva scritto l’Unità, dice che i coccodrilli “svulazen”, svolazzano.
Merola è, a detta di tutti, un candidato debole.
Dietro di lui si è trincerata l’intera nomeklatura comunista, politica ed economica (poca differenza: passano da un ruolo all’altro in base alle esigenze del momento).
Se vincesse Merola, sarebbe “normale” in questa città, con le incrostazioni sedimentate nei decenni e le connessioni tra partito e coop cui il presunto conflitto di interessi di Berlusconi fa solo il solletico.
Sarebbe normale senza virgolette, invece, se i bolognesi decidessero, per il loro stesso futuro, per fermare la decadenza e invertire la rotta risalendo la china , di affidare l’amministrazione della città in mani nuove, al Centro Destra.
E un tale risultato sarebbe rilevante, troverebbe spazio nei giornali di tutto il mondo come fu per Guazzaloca e farebbe cadere anche, in prospettiva, la cappa imposta dalle coop rosse che, ormai, ha fatto il suo tempo ed appartiene alla preistoria dell’economia sovietizzata, in totale contrasto con le regole del libero mercato e della concorrenza.
Ho dei dubbi che, con la presenza di finioti e "casinisti", si possa replicare il 1999, ma è doveroso provarci.
Pdl e Lega trovino presto l’accordo su un nome di partito, da parte mia il “no” ai civici è netto, e comincino la campagna elettorale: non mancano certo gli argomenti sui quali costruire l’assalto a Palazzo d’Accursio.
E non trascurino le liste identitarie, come Forza Nuova, i cui voti, per quanto limitati, potrebbero risultare determinanti al ballottaggio per il sindaco, ma anche per conquistare tre o più quartieri.


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