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23 aprile 2011

L'inganno della Resistenza


“Inizia oggi la collaborazione, con lo pseudonimo di Lantarner, di un vecchio amico, tale sin dai banchi di scuola.


Ha sempre avuto una penna scorrevole e chiara, come potrete verificare dal post che segue. Massimo.”




La storia la fanno i vincitori: lo sappiamo benissimo e fa parte delle “regole del gioco”, ma nel caso della resistenza (volutamente con la “r” minuscola) la cosa ha assunto un aspetto veramente rilevante: tutta la storia della resistenza, così come ci è stata (e continua ad essere) raccontata è una colossale menzogna.

Da ragazzo credevo (e non potevo che crederlo: tutte le fonti d’apprendimento –scuola,libri,giornali,cinema,programmi TV – dicevano all’unisono solo quello) che tutti i fascisti fossero belve assetate di sangue, individui senza morale, sadici assassini e che invece i partigiani fossero eroi senza macchia e senza paura, puri ed onesti, circonfusi di una aureola di laica santità.


Crescendo e sentendo i racconti di chi visse quel periodo e non aveva paura di dire la verità , leggendo libri proibiti e messi all’indice e, negli ultimi anni, lo opere di alcuni scrittori, coraggiosi pionieri della verità storica (non revisionismo, ma pura e semplice verità) mi si sono definitivamente aperti gli occhi su quegli anni tragici.


Tutti dimenticano o volutamente nascondono che negli anni ’20 e ’30 ci fu un intensissimo sforzo, da parte dell’URSS, di esportare la rivoluzione comunista nel resto d’Europa: c’erano quasi riusciti in Spagna, si stavano approntando a farlo in Italia ed in altri paesi (come ad es. Grecia, Finlandia ed ovviamente anche in tutti quei paesi dell’est Europa che sarebbero poi caduti sotto il giogo comunista).


E a seguire, ecco la seconda guerra mondiale, con l’anomala e contro natura alleanza fra le potenze democratiche occidentali e l’URSS: la totale destabilizzazione politica ed economica causata dal conflitto, fu una vera manna per gli agitatori comunisti.





Fin dall’indomani dell’8 settembre 1943 l’obiettivo principale dei capi comunisti italiani non fu tanto combattere l’invasore nazista e i suoi alleati fascisti per restaurare libertà e democrazia (certo, fecero anche quello), ma soprattutto fu sfruttare cinicamente questa situazione per insorgere in armi (in piena legittimità nei confronti delle potenze alleate) ed eliminare sistematicamente (con la scusa di combattere i nazifascisti) gli avversari politici e tutta la “classe media” (borghesia, industriali, commercianti, grande e piccola proprietà terriera,ecc.), seguendo fedelmente un copione già da tempo adottato in URSS ed in altri paesi (es. in Polonia con le famigerate fosse di Katyn).


Intendiamoci, molti partigiani rossi combatterono veramente contro i nazifascisti, molti sacrificarono la loro vita, ma quello che voglio evidenziare nelle righe seguenti è il disegno politico fin da subito adottato dai capi della resistenza comunista.





Io sono solito dividere la storia della resistenza in due periodi: prima e dopo il 25 aprile 1945.


1) prima del 25 aprile 1945


E’ il periodo più “eroico” della c.d.”guerra di liberazione” ed il più difficile da contestare, ma la strategia e la tattica del partigiani comunisti è chiarissima.


Contrariamente a quanto si vuole far credere non è che dopo l’8 settembre i nazifascisti percorressero in lungo e in largo l’Italia uccidendo indiscriminatamente e selvaggiamente chiunque capitasse loro a tiro soltanto per il gusto di farlo, come delle feroci belve assetate di sangue. Ci furono anzi dei gerarchi onesti e moderati (come Igino Ghisellini, podestà di Ferrara e altri come lui) che cercarono un accordo coi capi della resistenza per superare quel terribile periodo proteggendo il più possibile la popolazione civile, cercando di limitare al massimo disagi e lutti.


Naturalmente a questi accordi non parteciparono i capi comunisti e la loro strategia divenne chiara: ammazzare il più possibile i capi fascisti (anche e soprattutto i più moderati) e i soldati tedeschi per scatenare una feroce reazione che avrebbe colpito soprattutto la popolazione inerme ed i capi partigiani non rossi (stando invece loro stessi opportunamente ben nascosti per non farsi catturare).


Gli stessi bandi delle autorità militari tedesche che minacciavano l’uccisione di 10 ostaggi per ogni militare tedesco ucciso fu un’autentica manna per i partigiani rossi, che potevano così prendere “due piccioni con una fava”: far nascere un terribile odio popolare verso il barbaro assassino nazifascista e liberarsi dei futuri oppositori politici, in quanto i primi ad essere colpiti dalla rappresaglia tedesca furono sempre i più ingenui, incauti e disorganizzati esponenti della resistenza non comunista (azionisti,cattolici,badogliani, perfino i socialisti) .


Infatti, quello che i più moderati capi della RSI volevano era proteggere al massimo la popolazione civile per far sì che il paese superasse quel difficile momento con meno disgrazie e lutti: ormai tutti sapevano che la guerra era persa; era solo ormai questione di tempo; bisognava sopravvivere (e far sopravvivere la popolazione) il meglio possibile fino all’arrivo degli alleati.


Ma se questo poteva anche andar bene ai capi delle forze moderate della resistenza, non andava assolutamente bene ai capi comunisti: bisognava che nella popolazione nascesse un odio sempre più forte e più feroce verso i nazifascisti e che cosa c’era di meglio se non approfittare delle feroci rappresaglie minacciate chiaramente dai Tedeschi ?


Perché fare fare tanti attentati contro le forze tedesche, spesso inutili perché militarmente irrilevanti, ben sapendo che sarebbe stata scatenata una feroce rappresaglia verso le inermi popolazioni civili ?


E perché, una volta avvenuto il fatto e scatenata la rappresaglia, gli attentatori sono rimasti ben nascosti senza consegnarsi e sacrificare sé stessi (in fondo erano stati loro la causa di tutto) lasciando massacrare decine di persone innocenti, fra cui donne e bambini ?


Nessuno ha mai dato una risposta plausibile a questi perché per il semplice motivo che la vera risposta ripugna alla coscienza di qualsiasi persona civile.




L’infame episodio dell’attentato di via Rasella è l’esempio più grande, più evidente di tutto questo. Non è qui il caso di descrivere in dettaglio questa vicenda per non appesantire questo racconto già ormai troppo lungo (la cosa merita un articolo a parte), ma in giro per l’Italia di “vie raselle” meno eclatanti,ma ugualmente efficaci, ce ne furono tante.





2) dopo il 25 aprile 1945


La situazione più emblematica, quella in cui si può a pieno diritto parlare di “guerra civile”, rimane comunque quella dopo la fine della guerra.


Tutti i partigiani avrebbero dovuto deporre le armi, ma i rossi se ne guardarono bene, anzi avevano aspettato proprio questo momento per prendere (con le armi) il potere.


Ed il potere lo presero sul serio, soprattutto nel cuore dell’Emilia rossa, in quel territorio coincidente con le province di Reggio, Modena, Bologna, parte del Ferrarese e parte del Ravennate.


In questi territori, dissoltasi ogni autorità precedente, diventarono loro l’autorità (ed in piena legittimità: le autorità militari alleate lasciavano fare non volendo immischiarsi in alcun modo nelle vicende interne italiane). Ed ecco che le nuove forze di polizia erano costituite da partigiani rossi e la giustizia veniva svolta dai tribunali partigiani, con le loro sentenze spesso sommarie.


Ed ecco che la pianura emiliana si riempie di fosse comuni (molte ancora da scoprire) e proliferano gli indiscriminati omicidi di chiunque non andasse a genio ai nuovi padroni: piccoli industriali, commercianti, professionisti, religiosi, chiunque possedesse un piccolo fazzoletto di terra - insomma tutta la classe media - , ma anche ex militari badogliani ed ex partigiani non rossi (e senza nessun rispetto per il sesso e l’età: furono uccisi ragazzini e giovani donne, spesso madri di bambini appena nati: le testimonianze di queste uccisioni ci sono, sono ben circostanziate e non sono mai state smentite) .


La maggior parte di queste persone non erano fascisti e non si erano mai compromesse col regime, anzi in molti casi avevano anche collaborato coi partigiani.


A sentire certi racconti, si viveva in un clima di terrore peggiore di quello dei tempi della guerra, col rischio quotidiano di imbattersi in qualche pattuglia partigiana che ti ammazzasse impunemente solo perché non le andavi a genio.


In queste zone emiliane comandavano loro; ancora alla fine del 1946, un ufficiale dei carabinieri rispondeva al magistrato che aveva disposto l’apertura di una presunta fossa comune: “non ho potuto farlo; le autorità partigiane del posto me lo hanno impedito” : a un anno e mezzo dalla fine della guerra lo Stato non era ancora riuscito ad imporre la sua autorità in quelle zone.


Alla fine lo stato ci riuscì, dal 1947 in poi, lentamente e faticosamente.


Da alcuni coraggiosi magistrati furono aperte inchieste, istituiti processi, scoperta qualche fossa comune, ma gli incriminati spesso la facevano franca, venivano fatti espatriare nei paesi dell’est dall’efficiente organizzazione comunista. Anche i condannati se la cavarono spesso con pochissimi anni di galera; quasi nessuno ha scontato la pena per intero. Gli unici a rimetterci furono quelli che, essendo probabilmente testimoni troppo scomodi e pericolosi, morirono in circostanze misteriose e non ci vuol molto a sospettare che siano stati eliminati dai loro stessi compagni).


Ma questi processi costituiscono comunque un granello di sabbia nell’immenso deserto dei crimini rimasti impuniti.


Nella maggior parte dei casi i macellai rossi uccidevano non con un pietoso colpo di pistola alla nuca, ma infierendo selvaggiamente sulle povere vittime, uccise a calci e a pugni.


Ma le belve assetate di sangue erano i fascisti, mentre loro erano i candidi e puri paladini della libertà……



1 commento:

Nessie ha detto...

Coraggiosa disamina sui crimini della cosiddetta volante rossa. Per fortuna ora comincia ad esservi una storiografia che riapre quelle tristi pagine. Ma il tabù è ancora grande. Quest'anno l'Angelo del Signore lotta con noi e ci manda tutti a fare Pasquetta tra i prati, e la festa dei mai morti rossi, va a farsi benedire.