Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

31 ottobre 2011

Spirito patriottico

La lettura delle notizie stampa odierne ci offre uno spaccato di come viene interpretata, dai suoi stessi compagni, la coesione nazionale invocata da Napolitano e lo spirito patriottico che permea le opposizioni.
Ci viene anche confermato che la classe non è acqua e mentre nei salotti buoni si usano abbondanti dosi di vasellina, la sinistra rimane quella rozza e grossolana di sempre.
Da un lato, infatti, leggiamo che Lcdm (Luca Cordero di Montenzemolo) nell’ennesima oscillazione circa il suo impegno in politica, si è profuso in un elogio del compromesso storico in singolare e sospetta sintonia con le dichiarazioni del “terzo polo” che vorrebbe un inciucione “dal Pdl al Pd” per meglio spartirsi la torta dei nostri soldi.
Per quanto ovvio, Berlusconi non può dare ascolto a chi gli chiede il compromesso storico, perché ben pochi dei suoi elettori lo seguirebbero.
Con i comunisti: mai !
E adesso è da aggiungere anche: con Fini, mai più !
Quanto al compromesso storico così idealizzato da Lcdm l’ho già ricordato, erano gli anni dell’ “arco costituzionale”, una infamia tutta italiana, che portava alla spartizione tra pochi burocrati partitocratici del potere e del denaro sottratto agli italiani con le tasse.
Dieci assunzioni in rai: quattro democristiani, tre comunisti, due socialisti e uno bravo.
Cassa integrazione per gli operai Fiat: non erano ancora gli anni della rottamazione, ma delle agevolazioni alla società degli Agnelli, tanto che possiamo ben dire che gli Italiani dovrebbero essere i proprietari riconosciuti della Fiat, perché l’abbiamo pagata almeno tre volte, mentre gli utili, negli anni delle vacche grasse, venivano incamerati da chi formalmente deteneva il pacchetto azionario (e per un certo periodo anche Gheddafi, oggi rinnegato da tutti, fu la ciambella di salvataggio della Fiat).
Erano gli anni in cui se un imprenditore (?) privato aveva qualche migliaio di “esuberi”, diventava esempio di imprenditore sensibile alle problematiche dei lavoratori, grazie ai suoi amici in politica che gli assumevano nella pubblica amministrazione cinque o seimila “esuberi”.
Erano gli anni in cui si scioperava per un nonnulla.
E le conseguenze le paghiamo oggi con un debito pubblico da 1900 miliardi di euro.
Eppure Lcdm ha nostalgia di quegli inciuci e quegli sperperi.
L’altra faccia della medaglia delle opposizioni è data dalla notizia di Bersani, Di Pietro e Vendola che scriveranno una lettera all’europa per impegni differenti da quelli assunti dal Governo.
Dicono che i saldi saranno invariati: scommettiamo che ci saranno nuove tasse (patrimoniali, ici o prelievi forzosi sui risparmi) ?
Ma l’aspetto più grave è che, scientemente (perché se non se ne rendessero conto sarebbe peggio e non riesco ad immaginare che neppure dei comunisti possano essere così … sprovveduti) agiscono contro gli interessi nazionali.
Esattamente come la triplice sindacale che, guardando ai sindacati greci come esempio, se procederà con lo sciopero generale non farà altro che peggiorare la situazione e costringere l’europa ad imporre condizioni ancor più onerose.
La trimurti sindacale e quella dell’opposizione agiscono con un unico obiettivo: ribaltare Berlusconi, indipendentemente dai danni che provocano.
Antepongono il loro interesse particolare, la loro ambizione, la loro vuota ideologia passatista, all’interesse nazionale, delle famiglie e dei cittadini Italiani.
E’ una manovra da disperati che ci dice quanto sia necessario rafforzare il Governo, con la sua politica forse troppo attendista, ma sicuramente orientata a difendere il vero interesse degli Italiani: la salvaguardia dei nostri risparmi e delle nostre proprietà dall’avidità di chi vorrebbe sottrarci, per soddisfare le proprie pulsioni ideologiche e le pretese di una clientela di fannulloni improduttivi, quello che abbiamo legittimamente e con sacrificio messo da parte.


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30 ottobre 2011

La trimurti è ferma al passato

Mi ricordo una vecchia pubblicità di uno yogurt il cui protagonista era un Grillo giovane e che ancora faceva ridere.
Si vedeva un folto gruppo di lavoratori che stava rientrando in fabbrica quando arriva la notizia che era finito lo yogurt.
Grillo, con mimica azzeccata, urlava: è finito lo yougurt ? Sciopero !
E tutti tornavano fuori dai cancelli.
Erano gli anni in cui gli scioperi venivano proclamati in continuazione.
Dalla legge non gradita alla visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti.
L'ironia di Grillo coglie nel segno, fustigando i costumi, per la futilità del motivo, magari meno di tanti che furono posti a base di vere astensioni dal lavoro.
Oggi ci risiamo.
Abbiamo attraversato i diciotto anni dell'Italia di Berlusconi (perchè il periodo iniziato nel 1994 così passerà alla Storia … magari con l'aggiunta di qualche altro annetto …) con dei sindacati ingessati sui vecchi schemi ottocenteschi.
Difendono una legge, il cosiddetto statuto dei lavoratori, che data 20 maggio 1970 (41 anni fa !) ma che è stata ideata e messa assieme negli ultimi tre anni del decennio precedente (i tempi di approvazione delle leggi sono sempre stati molto lunghi …).
Nessuno può negare che l'Italia del 1967-70 sia lontana anni luce da quella odierna e che altrettanto lo sia il mondo nella sua globalità e nelle sue varie segmentazioni economiche, sociali, politiche, culturali.
Nel 1970 il Caudillo governava ancora la Spagna, Allende il Cile, la Giunta dei Colonnelli la Grecia, Carosello era lo spartiacque tra il telegiornale e il film della sera, presidente degli Stati Uniti era Richard Nixon, l'Italia sfornava governi con cadenza semestrale, Giovanni Leone sarebbe stato eletto a dicembre presidente della repubblica al posto di Giuseppe Saragat e lo scudetto lo aveva vinto il Cagliari (pensate quanto sono cambiati i tempi !!!).
Nomi, eventi, episodi che forse a molti non diranno nulla, immagini in bianco e nero che scorrono nella memoria di chi c'era e nei frammenti dell'epoca, ma la legge del 1970 resta un totem inamovibile … per i sindacati italiani.
I sindacalisti della trimurti minacciano lo sciopero generale con il pretesto della norma (ancora tutta da definire) dei “licenziamenti facili” chiesta da quella stessa europa alla quale loro più di chiunque altro si inginocchiano come gli islamici verso La Mecca.
Non dicono che tale norma è stata richiesta perchè l'ottima soluzione del Governo con la manovra di luglio (deroghe alla legge nazionale su base contrattuale) è stata stupidamente accantonata dall'accordo di Confindustria con la trimurti e l'impegno (preventivo, a prescindere) a non derogare.
Ma, poi, pensano che gli imprenditori siano tutti assatanati di licenziamenti ?
Pensano che, una volta approvata quella norma, si divertiranno esclusivamente a firmare lettere di licenziamento ?
E poi chi produce ?
Chi farà andare i macchinari ?
Più ragionevole pensare che ad essere licenziati saranno pochi lavativi, probabilmente ben noti agli stessi sindacalisti interni, il cui comportamento è dannoso all'intera comunità dei lavoratori, perchè la loro indolenza non solo rallenta la produttività, ma scarica anche su chi lavora quello che loro non fanno.
Però, come abbiamo visto in alcuni eclatanti casi che hanno avuto l'onore delle cronache, non possono essere licenziati, neppure se colti in flagranza a rubare.
Vale la pena far perdere una frazione di punto del pil ( e vedersi decurtare la busta paga) per uno sciopero generale passatista, a difesa di norme che tutelano essenzialmente fannulloni e lavativi ?

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28 ottobre 2011

Camussopulos, Bonannidis e Anghelettides: moussaka sindacale

Mentre le borse festeggiano gli accordi europei e chi comprò (bene) ad agosto comincia a realizzare il meritato guadagno (ad maiora !), il vecchio sindacato ottocentesco che ci ritroviamo in Italia guarda con occhio languido alla Grecia e Camussopulos, Bonannidis e Anghelettides chiamano i lavoratori alla mobilitazione.
La Grecia, ad ogni sciopero generale, ha visto aumentare l'onerosità delle condizioni imposte per ricevere finanziamenti e così il brillante risultato ottenuto dai sindacati greci è stato quello di passare dalla riduzione dello stipendio per gli statali al licenziamento di trentamila di loro.
In Italia sono evidentemente ansiosi di ottenere gli stessi risultati e ci propongono una moussaka malamente riscaldata, fatta del solito sciopero generale con abbondanti strati di demagogia parolaia e retorica.
Sono passati più di quaranta anni ma la trimurti resta sempre in prima fila nell'opera di demolizione dell'economia nazionale come quando al suo vertice c'erano Lama, Storti e Vanni i cui nomi venivano recitati come un mantra dai lettori dei telegiornali dell'epoca.
Di sciopero generale in sciopero generale, la prima repubblica dell'arco costituzionale ci ha consegnato, proprio per mediare le più disparate richieste delle parti, il debito pubblico da 1900 miliardi che oggi ci opprime.
La bava alla bocca con la quale è stata accolta l'approvazione delle linee guida del Governo Berlusconi sull'economia, è la dimostrazione della ottusa faziosità dell'opposizione.
Un progetto di modernizzazione della nostra economia, anche nel campo del mercato del lavoro, senza che sia richiesto ai cittadini alcun esborso economico sotto forma di “una tantum” o “tassa di scopo” come piace chiamarla oggi alla sinistra, ripristino dell'ici sulla casa, prelievi forzosi sui risparmi, patrimoniali, aumenti delle aliquote fiscali, dovrebbe portare sì la gente in piazza, ma per festeggiare, non per contestare.
Quelli che invece contestano sono poi gli stessi che esultarono alla vittoria (sul "come" sarà la Storia a dirlo) di Prodi nel 2006, salvo poi ritrovarsi a gennaio 2007 una busta paga inferiore alla precedente, grazie ai provvedimenti di Prodi, Visco e Bersani (che oggi recita la giaculatoria sulle dimissioni di Berlusconi, ma allora era ministro di quel governo !).
Un aumento delle tasse e alleggerimento della busta paga che passò senza che la triplice manifestasse neanche per un'ora, figuriamoci lo sciopero generale.
Mi auguro che tutti abbiano capito quanto siano messi male in Grecia e quanto gli scioperi generali abbiano peggiorato la situazione e, quindi, che un minimo di razionalità e di buon senso prevalga anche sulla passione da coatti antiberlusconiani che molti a sinistra manifestano.
Dubito peraltro che Camussopulos, Bonannidis e Anghelettides rinuncino al loro quarto d'ora di celebrità, tanto sarà, come sempre, pagato da chi li segue che, oltre alla beffa della trattenuta per lo sciopero, subirà, come già i greci, il peggioramento, nel senso di maggiore onerosità, delle condizioni necessarie a pagare il debito creato negli anni settanta e ottanta dall'arco costituzionale che ha così pagato (a carico del bilancio dello stato) anche l'accoglimento delle richieste della trimurti.

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Il Fascismo appartiene alla Storia d'Italia

Oggi, 28 ottobre, è l'89° anniversario della Marcia su Roma che segnò l'inizio del cosiddetto Ventennio tra il 1922 e il 1943 (25 luglio).
In passato ho scritto una serie di interventi (il cui collegamento è possibile trovare in calce al presente) che commentano un evento che è passato, che è Storia d'Italia.
Il Fascismo è, infatti, Storia ed è nella Storia d'Italia, piaccia o meno agli antifascisti in s.p.e. che vivono con lo sguardo rivolto ad un passato manipolato per esigenze di propaganda.
Ancora una volta abbiamo la conferma che a Destra siamo migliori di quelli che stanno a sinistra e la prova è la saggezza e la profondità culturale e civile dell'intervento di oggi ne Il Giornale  di Marcello Veneziani, proprio sul 28 ottobre, che interpreta in pieno il l'animo di chi ha, da tempo, consegnato il Fascismo alla Storia, ma che mai sarà antifascista.


28 ottobre 2005 La mia Marcia su Roma

28 ottobre 2006 L'eredità del fascismo



28 ottobre 2009 LXXXVII

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27 ottobre 2011

Bene così

L’unione europea ha condiviso le scelte del Governo illustrate nella lettera di intenti.
Le speranze della sinistra di ribaltare il Premier sono, ancora una volta, naufragate grazie alla solidità del rapporto tra Berlusconi e Bossi.
La lettura dei commenti della stampa induce in confusione, anche perché l’interesse di gran parte dei giornali è di perseguire una (ottusa) critica al Governo, finalizzando il tutto alla eliminazione di Berlusconi.
Così la parte del leone la fanno due “notizie” lanciate a slogan: licenziamenti più facili e in pensione a 67 anni.
In questo modo la stampa di sinistra evita di dover riconoscere i meriti al Governo e, anzi, istiga alla ribellione (come direbbe qualche sindacalista di infimo ordine) cercando di proiettare l’idea di un Governo che affama il Popolo.
Ma la pensione a 67 anni è “a regime”, cioè nel 2026, data che avrebbe portato a tale età a prescindere da nuovi provvedimenti che, infatti, non sono stati assunti.
Quanto ai licenziamenti “più facili” è un impegno (modificare il famigerato articolo 18 per sostituire al reintegro il risarcimento) che il Governo è stato costretto ad assumere per rimediare alla furbizia che confindustria e la triplice cgil-cisl-uil hanno posto in essere con il depotenziamento degli “accordi in deroga” che, tra l’altro, è stato anche il casus belli per l’uscita della Fiat dall’organizzazione imprenditoriale che Marcegaglia sta portando alla rottamazione.
Ma l’aspetto più rilevante è che NON ci sono:
- patrimoniali (anche se dispiace all’assatanato – di denaro altrui – Bonanni)
- ripristino ici
- aumenti delle aliquote delle imposte dirette
- prelievi forzosi sui risparmi.
Invece C’E’ un impegno quantificato e scadenzato nel tempo per:
- ridurre i costi della politica
- snellire la pubblica amministrazione
- rendere produttivo il pubblico impiego con mobilità e flessibilità
- vendere il patrimonio dello stato.
Sono dichiarazioni di intenti ?
Certo, ma sono in linea con quanto è sempre stato sostenuto nel progetto sociale ed economico del Centro Destra con eccezione della riduzione delle tasse che, in questo momento, appare una chimera, visto che è già un risultato respingere gli attacchi ai nostri patrimoni e risparmi portati dagli adoratori del pubblico.
Le dichiarazioni dei sindacalisti e della opposizione sono bellicose.
Non dubito che loro vorrebbero gli scontri di piazza per ridurci come la Grecia.
Per fortuna il Governo c’è e non sembra voler inseguire la facile demagogia da gabellieri dei Bonanni, delle Camusso, dei Bersani, dei Fini.
E il debito pubblico dovrà comunque essere pagato, riuscendoci solo chiudendo i rubinetti della spesa pubblica, non rapinando ope legis i patrimoni e i risparmi dei cittadini.

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26 ottobre 2011

Giocare d’attacco

Ho avuto il piacere questa mattina di leggere il Cucù  di Marcello Veneziani ne Il Giornale  , nel quale si sostiene quel che da tempo vado qui scrivendo.
Io avevo fatto l’esempio del Colonnello Custer ed ho scritto più volte che avrei preferito un Berlusconi che cadesse impugnando la bandiera delle riforme liberali (come Custer a Little Big Horne cadde impugnando la Bandiera degli Stati Uniti) piuttosto che cedere sulle tasse e sulla filosofia di fondo del suo impegno politico.
Perfettamente d’accordo.
Berlusconi ignori l’europa (che peraltro in questa circostanza chiede provvedimenti che è nel nostro stesso interesse assumere, ma certo non “sotto dettatura”) e proponga le riforme liberali:
- innalzamento dell’età pensioni ed abolizione del retributivo;
- vendita di immobili e partecipazioni dello stato;
- servizi al loro costo e pagati da chi ne usufruisce;
- mantenimento del reddito prodotto sul territorio in cui lo si produce;
- riforma della giustizia;
- abolizione delle province;
- dimezzamento dei parlamentari e degli eletti locali;
- elezione diretta del Premier/Presidente della repubblica.
Un pacchetto che rivolterebbe l’Italia come un guanto e sul quale porre la fiducia.
Ma chi voterà contro il programma liberale del Premier, dovrà poi assumersi (se ci riesce, soprattutto se riesce a rappattumare una qualche maggioranza) la responsabilità di risolvere i problemi con ricette alternative (se ne hanno) e scontando una durissima opposizione da parte di Berlusconi che sarebbe, con il suo gesto eroico, legittimato a guidare l’opposizione, proponendosi, con quel programma, come unica, seria, valida alternativa.
Berlusconi molli le colombe e attacchi sul programma.
Si vedrà chi lo vota e chi, manifestando contrarietà, riuscirà a proporre una soluzione alternativa che salvaguardi la Indipendenza e la Sovranità Nazionale.
Oppure quelli che si oppongono a Berlusconi ci hanno già svenduto ad enti sovranazionali o a potentati stranieri, trasformando gli Italiani da cittadini in sudditi, proprio nel 150° anniversario della “Unità” d’Italia da loro tanto celebrato ?

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25 ottobre 2011

Torti e ragioni

Non capisco in base a quale ragionamento alcuni (molti) commentatori stiano lodando i politici della prima repubblica.
Se siamo arrivati a questo punto, con 1900 miliardi di debito, lo dobbiamo alla incapacità ed alla pusillanimità dei politici della prima repubblica, dal 1962 in poi.
L’uso improprio dei fondi pubblici come strumento di mediazione politica (ricordate ? “Dieci assunzioni in rai: quattro democristiani, tre comunisti, due socialisti e uno bravo …”) ha caricato sui posteri, che siamo poi noi contemporanei, il costo delle scelte o, meglio, mancate scelte di allora.
Ha quindi tutte le ragioni di questo mondo l’europa quando ci dice che dobbiamo rientrare dal debito.
Non hanno queste ragioni due nullità come Sarkozy e Merkel che non riescono neppure a trovare il bandolo della matassa in casa loro (passando da una sconfitta ad un’altra) , non riescono a imprimere, nonostante la loro boria e supponenza, alcuna strategia alla comunità europea che hanno la presunzione di “guidare”.
Le ricette che ci intima l’europa sono quindi giuste: innalzamento dell’età pensionabile, contenimento dei costi, flessibilità del lavoro, privatizzazioni, dismissioni di partecipazioni e proprietà pubbliche, riduzione delle imposte dirette.
E’ una ricetta liberista che ovviamente non può piacere a chi si è adagiato su un tranquillo andamento garantito e tutelato, ma è l’unica che possa risollevare le sorti economiche della nazione, senza che ci si debba consegnare mani e piedi alla schiavitù di organismi sovranazionali o di società straniere.
Purtroppo il costo di una simile politica non è accettabile per larghe fette di elettorato:
- non è accettabile per i dipendenti pubblici, legioni infinite, che formano l’ossatura della cisl e della base elettorale del pci/pds/ds/pd;
- non è accettabile per chi aspetta di andare in pensione per poi, magari, dedicarsi ad altre attività;
- non è accettabile per l’elettorato meridionale (trasversale o, meglio, altalenante) perché venendo meno i trasferimenti dal Nord produttivo dovrebbe fare i conti con l’incapacità dei propri amministratori a fornire servizi adeguati e a costi contenuti.
Sappiamo anche che non piace al Vaticano, sempre più nelle mani di preti terzomondisti, che vorrebbe, alla pari dei comunisti, penalizzare le “transazioni finanziarie” e pretenderebbe una guida “mondiale” dell’economia che si potrebbe anche chiamare “dirigismo di stampo sovietico”, salvo poi piangere amaramente, come in Spagna, quando i suoi beniamini in economia relativizzano tutto e prendono a schiaffoni anche gli aspetti morali tanto cari alla chiesa.
Tutti costoro, però, propongono una sola alternativa: spremere di tasse i cittadini, con una miopia che rasenta il suicidio, perché, come nei limoni, non si può spremere più di tanto.
Meglio, allora, le non scelte di Berlusconi, aspettando tempi e numeri parlamentari migliori, perchè, finchè si mantiene a galla, è una barriera alla devastazione che opererebbero i fautori delle tasse.


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24 ottobre 2011

Siamo tutti d’accordo: paghino “gli altri”

I debiti vanno pagati (contrariamente ai deliri degli "indignati")e l’Italia ha un debito pubblico di 1900 miliardi di euro grazie all'arco costituzionale (dc-pci-psi-psdi-pri-pli) degli anni settanta e ottanta che usava allegramente i soldi di tutti per le mediazioni politiche.
Sarebbe inutile estorcere denaro dalle tasche degli italiani con altre rapine come la patrimoniale, la reintroduzione dell’ici, l’aumento delle aliquote delle imposte dirette, il prelievo forzoso sui risparmi, senza prima chiudere i rubinetti della spesa.
Ogni giorno che passa ci avvicina al redde rationem, in cui chi ha vissuto grazie al debito pubblico, dovrà pensare a diventare produttivo.
Le pensioni sono solo una parte del tutto.
Non so se Berlusconi, con le stolide resistenze che incontra, riuscirà oggi a portare a 67 anni di età il limite, so che lo si deve fare.
Non so se Berlusconi, con le stolide resistenze che incontra, riuscirà oggi a mettere in campo una seria vendita di immobili e partecipazioni dello stato, so che lo si deve fare.
Non so se Berlusconi, con le stolide resistenze che incontra, riuscirà oggi a far pagare i servizi, almeno per il loro costo a chi ne usufruisce, so che lo si deve fare.
Non so se Berlusconi, con le stolide resistenze che incontra, riuscirà oggi a premiare i territori virtuosi concedendo loro di utilizzare in pieno ciò che producono, so che lo si deve fare.
E’ finita l’epoca per cui se un presunto imprenditore aveva personale in esubero, lo scaricava sullo stato grazie agli amici al governo.
E’finita l’epoca per cui se un presunto imprenditore non riusciva a vendere i suoi prodotti faceva intervenire gli amici al governo che, con spesa a carico dello stato, finanziavano le “rottamazioni”.
E’ finita l’epoca degli eserciti infiniti di dipendenti pubblici, con tutti i privilegi del ruolo.
I nodi stanno venendo al pettine e Berlusconi deve riuscire ad imporre una nuova dottrina nella gestione del debito pubblico, perché gli altri adotterebbero le solite vecchie politiche, come ormai hanno addirittura la faccia tosta di dichiarare: più tasse, prelievi forzosi sui risparmi e sui patrimoni, che verrebbero sperperati per alimentare il debito pubblico.
Quando il debito pubblico sarà ridotto (meglio: azzerato) allora si potrà nuovamente spendere, nel limite di quello che si ha, per lo stato sociale.
Ma per un vero stato sociale, non uno stato assistenzialista, fondato sull’unico punto sul quale siamo tutti d’accordo: poichè il debito deve essere pagato, lo paghino “gli altri”.

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23 ottobre 2011

Lo stimolo

Sembra quasi il titolo di un film incomprensibile di Bergman o di un giallo-horror di Dario Argento, invece è la moderna chimera italiana e non solo.
Cosa fare per stimolare l'economia ?
Non passa giorno che qualche Solone con il ditino alzato alla Scalfaro non intimi a Berlusconi e al Governo di prendere i provvedimenti per stimolare l'economia.
Una Confindustria sempre meno rappresentativa della vera platea imprenditoriale italiana, dice che “il tempo è scaduto”.
Poiché lo dice da un paio di mesi (se non di più), forse sarà vero o forse aprono bocca solo per dare aria alla scatola cranica, senza neanche tanta fantasia.
L'europa che da mesi non riesce ad accordarsi sul da farsi, ma neppure sulle cause sulle quali incidere, pretende che l'Italia si dia in quattro e quattro otto questo fantomatico piano per lo sviluppo e lo stimolo.
Pretende anche che l'Italia riduca il debito.
Dovremmo in pratica mettere in campo miliardi per lo sviluppo (perchè alcuni deputati non ci stanno a votare provvedimenti che non costino nulla: bisogna spendere, a prescindere) e altrettanti, anzi molti di più, per ridurre il debito.
Ma dove sono questi miliardi ?
Le pensioni “non si toccano”.
Gli “indignati” non vogliono pagare.
I dipendenti pubblici non vogliono rinunciare neppure ai buoni pasto che in molti settori sono il doppio di quelli dei bancari privati che, per quanto le banche non godano buona pubblicità, sono comunque le aziende migliori, almeno in Italia.
I magistrati non vogliono rinunciare a spendere per le loro indagini (un miliardo all'anno solo per le intercettazioni) che peraltro non approdano a nulla.
Le partecipazioni e gli immobili di proprietà più appetitosi e che hanno mercato non si possono vendere perchè “strategici”.
Vorrebbero trovare il coglione disponibile a comprarsi partecipazioni in perdita o immobili pieni di vincoli.
Per fortuna Berlusconi tiene il punto e non è disponibile alla patrimoniale, né pesante, né morbida.
Tutti “battono cassa”.
I trasporti, i ministeri, gli enti locali, le sovrintendenze (come Pompei che crolla ed ha bisogno di soldi: certo, ma non ci sono), gli industriali non ne parliamo: sbavano per una rottamazione neanche fosse miss Italia.
Quel genio incompreso di Bersani annuncia: i soldi bisogna prenderli da chi li ha !
Caspita che cervellone, mi domando come mai sia sempre lì, all'opposizione, mal sopportato persino da molti dei suoi.
Certo “prenderli da chi li ha”: un autentico “esproprio proletario” che a casa mia si chiama rapina, perchè tale sarebbe una patrimoniale, una visita notturna nel mio conto corrente, il ripristino dell'ici sulla prima casa, una imposta “straordinaria” su risparmi o anche un aumento delle imposte dirette.
La “soluzione” di Bersani è indicativa dello scarso rispetto che a sinistra hanno del frutto del lavoro, delle capacità, del merito, preferendo, come è loro costume, l'appartenenza ideologica, le vuote chiacchiere a spese altrui, lo sfruttamento del prossimo.
E' indicativo della cronica incapacità a risolvere i problemi dell'Italia perchè quelli che la pensano come Bersani non hanno il senso della giustizia e della proprietà.
Loro “prendono” dove c'è e non interessa loro se in questo modo sottraggono illegittimamente qualcosa al legittimo proprietario.
E' la mentalità che ci ha portato a questa situazione.
“Qualcuno pagherà”, ma non io.
Ho visto in televisione una tabella indicativa del bilancio del commercio estero.
Al netto della bolletta energetica, abbiamo un saldo attivo di 16 miliardi.
Con la bolletta energetica il saldo diventa passivo per 28 miliardi.
L'energia ci costa quindi 44 miliardi: una intera super manovra.
Ecco, anche io ho trovato dove prendere i soldi.
Addebitiamo la bolletta energetica a quel 56% di Italiani che è andato a votare per il referendum consentendo agli antinucleari di raggiungere il quorum e bloccare lo sviluppo di centrali nucleari, rendendoci schiavi e debitori delle importazioni con una bolletta da 44 miliardi.
Il problema è risolto: trovato “chi paga” per lo stimolo.

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21 ottobre 2011

Il sistema delle "quote" è il primato della mediocrità

Sempre nell’ultima puntata de I migliori anni, è stata ospitata Sabina Ciuffini, la valletta di Mike Buongiorno, per cinque anni, in una trasmissione che ha fatto la storia della televisione, anche per l’impatto sociale avuto: Rischiatutto.
Allora non ce ne rendevamo conto, ma Rischiatutto rappresentava la nostra società e la vita stessa con le sconfitte e le vittorie.
Nei concorrenti si identificavano varie tipologie dell’Umanità: chi rischia, chi è timido, chi si rassegna a perdere, chi è vincente nato.
Le “materie” dei concorrenti rappresentavano anche la ricchezza e la varietà culturale di una nazione cresciuta.
Rischiatutto era trasmessa al giovedì sera e il venerdì mattina le discussioni vertevano su domande e risposte, simpatie e antipatie e anche chi (ed erano i più) snobbava la trasmissione, dimostrava una puntuale conoscenza delle vicende (e non c’era internet dove trovare i risultati finali quasi in tempo reale).
La valletta era una bella ragazza perfettamente rappresentativa del tempo: educata, riservata, che sapeva “stare al suo posto”.
Sono quindi rimasto sorpreso dalla Sabina Ciuffini in chiave vetero femminista che ricordava, del grande Mike, una frase “voi donne salverete il mondo”.
Da qui una melensa retorica sulle “donne al potere” che, francamente, mi sembra abbastanza stucchevole con i suoi corollari (di cui fortunatamente non si è fatto cenno) sulle “quote rosa”, donne premier e quant’altro.
Subito dopo un bel balletto con ballerine alquanto scosciate …
Se entriamo nell’ordine di idee di pensare che dare un determinato posto o una quota di posti alle donne solo perché donne (o, come in America, ai negri solo perché negri o, in futuro, agli immigrati solo per tale ragione) invece di attribuire il posto a chi ha le capacità e le conoscenze per occuparlo, rischiamo di entrare in un periodo di mediocrità, di massificazione, di grigiore, dove i migliori, se non appartengono alla riserva tutelata, non trovano gli spazi necessari.
Soprattutto se tutto questo dovesse accadere con i soldi pubblici che verrebbero spesi per uniformare, per massificare.
Nel privato, ovviamente, ognuno può decidere come vuole, tanto sarà il Mercato a buttare fuori quella organizzazione che privilegiasse una impostazione ideologica su quella reddituale e meritocratica.
La differenza non è tra uomo e donna, ma tra chi merita, chi è capace e chi non lo è.

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20 ottobre 2011

Prima indignati poi integrati

Come sempre quando non sono a casa lascio al buon cuore di blogspot dei post (tre questa volta) programmati che, necessariamente, non sono centrati sull’attualità.
Al venerdì sera c’è una trasmissione rievocativa dei “migliori anni” .
In genere la registro per rivedere o riascoltare qualcosa che ricordo con piacere (saltando le parti noiose come le interviste del presentatore o i balletti) e nell’ultima puntata vi è stato un piccolo ricordo del 1968 ispirato dalla presenza di Shel Shapiro, voce dei Rokes (quelli di “E la pioggia che va”, “Bisogna saper perdere”, “San Bartolomeo” a altre).
I “capelloni” come ribellione allo status quo, alla generazione precedente, anelito ad un mondo migliore.
Sempre nella stessa puntata Gino Paoli ha rievocato il suo “Eravamo quattro amici al bar” che si conclude con lui, rimasto solo, che vede entrare quattro ragazzi che fanno gli stessi discorsi e sognano gli stessi cambiamenti dei “quattro amici” di una volta.
E’ naturale che ogni generazione, a modo suo, abbia dei sogni, delle aspirazioni, delle convinzioni per migliorare una situazione che giudica negativamente e che le sta per essere consegnata dalla generazione precedente.
I giovani Fascisti durante il Ventennio rappresentavano una avanguardia rivoluzionaria, come Luigi Preti (ex ministro socialdemocratico e antifascista) ha ben descritto nella prima parte del suo famoso romanzo “Giovinezza, giovinezza”.
Non solo è naturale, ma è l’essenza stessa del progresso dell’Umanità quella della ricerca costante del miglioramento.
Nessuno può negare che oggi viviamo meglio di quanto non vivessero i nostri genitori.
Quello che non può essere accettato è il rifiuto a farsi carico del passato, pur con tuti gli errori commessi.
A parte le violenze (che sono questioni di ordine pubblico e come tali dovrebbero essere contrastate, fregandosene se si spacca qualche testa di dimostrante che, per il fatto stesso di scendere in piazza, imbrattare i muri, spaccare vetrine e danneggiare proprietà pubbliche e private, rinuncia alla tutela personale e deve accettare, senza piagnucolare a posteriori, ogni conseguenza possa capitare) che sono indice non di volontà di cambiare in meglio, bensì di inciviltà e incapacità a convivere, mi ha colpito un cartello, con una scritta ripetuta che in sostanza reclama: noi non vogliamo pagare i debiti fatti da altri.
Ma chi li dovrebbe pagare ?
Non possiamo certo riesumare dalle loro tombe i Togliatti, i Lama, i Berlinguer, i Moro, i Fanfani, i Nenni, i Saragat, i Brodolini, e tutti i responsabili dell’arco costituzionale che, con la loro politica delle elargizioni e dell’ampliamento della spesa pubblica, ci hanno regalato un debito da 1900 miliardi di euro !
Da che mondo è mondo, i debiti dei padri li pagano i figli, sin dall’origine quando, secondo la dottrina cristiana, nasciamo tutti con il “peccato originale” per un qualcosa che non abbiamo commesso, ma che vide come responsabile Eva e Adamo come complice attivo, cioè i nostri iniziali progenitori.
Nel diritto successorio, quando un figlio accetta l’eredità del padre, ne assume anche i debiti.
Se non vuole pagarli non ha altra scelta che rinunciare all’intera eredità (e non solo alle parti negative).
Se gli “indignati” non vogliono pagare i debiti, che rinuncino a tutto, ma proprio a tutto, ivi inclusa anche ogni pretesa di assistenza sanitaria, tutela giuridica e tutto quello che è il regolamento della nostra vita quotidiana.
Mi sa che durerebbero molto poco al di fuori del consesso civile, visto che non avrebbero né un posto dove vivere, né la possibilità di procacciarsi cibo.
I debiti, dunque, devono essere pagati, sempre e comunque.
Poche voci negli anni settanta e ottanta si erano levate contro le leggi “sociali” e di spesa che ci hanno portato all’attuale situazione.
Grilli parlanti, Cassandre inascoltate e tacitate anche con la ghettizzazione.
Anche loro, anche i loro figli devono pagare.
Del resto io non vorrei pagare la bolletta energetica causata da chi si è opposto all’energia nucleare, non vorrei pagare le remunerazioni a rai3, a Floris, alla Gabanelli, alla rai in genere.
Però mi tocca pagare, almeno finchè una maggioranza deciderà che si deve pagare il canone e che non dobbiamo crearci la nostra indipendenza energetica, ma acquistarla, a caro prezzo, da Francia e Svizzera che hanno costruito per tempo decine di centrali nucleari … vicino ai nostri confini.
A ben vedere il dire “io non pago i debiti che non ho fatto” diventa il fare, quotidianamente, degli evasori che, senza tanto clamore, si rifiutano di pagare delle imposizioni che servono a finanziare iniziative che non condividono.
Gli indignati di oggi sono, come già avvenne per quelli del '68 e del '77, gli integrati di domani: banchieri, politici, manager, funzionari pubblici.
La protesta degli “indignati” può certamente essere produttiva, come sempre, per il progresso della nostra Italia, così come lo stimolo delle generazioni giovani ha sempre fatto, ma devono evitare la facile demagogia del “io non pago” e devono incanalare, con forma civile (senza piazzate, senza violenze, senza distruzione della proprietà pubblica o privata) una proposta in positivo.
Se l’hanno …

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19 ottobre 2011

Di Pietro rispolvera l’anima da “questurino”

Sorpresa !
Dopo gli scontri di Roma, quello stesso Antonio Di Pietro che pur di suscitare l’indignazione popolare contro il Premier evocava scontri e morti (anche se per “esorcizzarli”) , nonostante l’occhiolino che per anni ha fatto alla sinistra più becera ed estrema, non è riuscito a trattenere il suo animo “questurino” (detto in senso positivo) e ha fatto una proposta da sottoscrivere: una legge Reale bis per poter reprimere le violenze.
La legge Reale (cui fece seguito anche quella Cossiga) era (ed è) una normativa finalizzata all’ordine pubblico che vide la luce nel 1975, nel pieno delle violenze degli anni di piombo.
Era una legge, poi migliorata da Cossiga, che consentiva alle Forze dell’Ordine di prevenire e reprimere con più facilità le manifestazioni violente.
Perquisizioni, fermi preventivi, divieto di indossare copricapi che occultassero l’identità.
Le leggi Reale e Cossiga furono confermate stravincendo due referendum che avrebbero voluto abrogarle.
Poi, passata la tempesta, andò in desuetudine.
Reale e Cossiga furono insultati e minacciati (anche se molto meno di quanto non viene quotidianamente crocefisso Berlusconi).
Personalmente quelle leggi mi portarono a sostenere tre volte l’esame di procedura penale, poiché le prime due volte il docente mi chiese cosa pensavo di tali norme e, avendogli detto che non solo ne pensavo bene ma mi sembravano sin troppo morbide, fui invitato a ripresentarmi.
La terza volta discutemmo di altro.
Non ho cambiato idea.
Buone leggi, ma ci vuole di più.
Ormai, e lo vediamo anche nelle indagini per omicidi “normali” che non vedono mai un colpevole, l’affidamento delle indagini ai magistrati mostra la corda.
E’ ora di restituire alla Polizia la sua piena funzione inquirente e repressiva per garantire i cittadini onesti e le loro proprietà senza che abbia le mani legate da formalismi e da sofismi giuridici.
E’ necessario guardare alla sostanza che richiede anche di reprimere con la durezza necessaria le violenze, con la garanzia di non trovarsi, come è capitato a Poliziotti e Carabinieri al G8 di Genova, imputati e soggetti al giudizio di magistrati con ogni evidenza ostili nei loro confronti.
Queste sono le modifiche necessarie ad una “Reale bis”, non nuovi divieti o nuove pene che, tanto, rischierebbero di non trovare pratica applicazione.

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18 ottobre 2011

Un nuovo governo per fare cosa ?

In base a quanto si legge sulla stampa, anche la chiesa, nella persona del cardinal Bagnasco, capo dei vescovi italiani, sembra allinearsi alla volontà dei poteri forti interni ed internazionali, reclamando un cambio di governo.
I preti con la tonaca, con ogni evidenza, lo dicono nel modo sottile e ovattato che è loro proprio, con la vasellina, insomma.
I preti senza tonaca, come Bonanni, lo dicono esplicitamente senza giri di parole.
La chiesa, dunque, sembra unirsi al coro dei banchieri, degli “indignati”, degli industriali, dei no global, dei comunisti, dei Di Pietro, dei Vendola, dei Fini, dei Casini che hanno come unico obiettivo la sostituzione di Berlusconi.
Ma anche la chiesa non ci dice “per fare cosa”.
Abbiamo ascoltato baggianate cosmiche (come la “democrazia orizzontale” o l’elogio degli sperperi clientelari degli anni settanta che hanno prodotto – per la pusillanimità dei governanti di allora – il debito che oggi dobbiamo pagare) e dichiarazioni di principio che appartengono di diritto ai Valori della Destra (come la supremazia della Persona, la sua Dignità e Libertà) , ma nulla di concreto sul “come raggiungere tali vette di bontà e perfezione.
Chiesa e soci ci elencano infatti una lunga sequela (forse “liturgia” sarebbe termine più centrato) di buoni propositi, di atti di bontà (accogliere gli immigrati che, immancabilmente, sono una “risorsa”, aiutare i deboli, fornire servizi di ogni genere e chi più ne ha più ne metta) senza dirci dove prendere i soldi per trasformare l’Italia nel regno di Bengodi.
Sì, è vero che i Diliberto ci dicono che i soldi vanno tolti “ai ricchi”, ma anche qui la definizione è molto indefinita ed estremamente elastica, mi ricordo infatti che mio padre, pur semplice pensionato statale, ricadeva sistematicamente tra i “ricchi” e doveva pagare sempre, ad ogni occasione.
La verità è che non ci sono ricette miracolose per il Benessere, bensì solo il lavoro, e il contenimento della spesa che non deve mai e poi mai superare le entrate.
La verità è che cambiare tanto per cambiare è pura ipocrisia.
La verità è che assieme alla chiusura dei rubinetti della spesa pubblica, dovremo vendere partecipazioni e immobili dello stato.
La verità è che i servizi vanno pagati al loro costo e da chi ne usufruisce.
La verità è che le risorse vanno utilizzate dove si producono fatta salva la solidarietà in caso di disastri naturali.
La verità è che i debiti vanno pagati.
La verità è che non abbiamo le risorse per le nuove “risorse” che arrivano dal terzo mondo.
La verità è che non possiamo e non dobbiamo farci carico dei problemi del mondo.
La verità è che ognuno sa che bisogna stringere i cordoni della borsa e fare rinunce, ma pretende di restare indenne e che a sacrificarsi siano “gli altri”.
La verità è che la chiesa, i no global, gli industriali, gli “indignati”, i banchieri, i comunisti, i Di Pietro, i Vendola, i Fini, i Casini, non hanno la più pallida idea in comune su come agire e si limitano a pretendere di comandare, intimando di andarsene a chi ha vinto le elezioni (anche ieri in Molise …).
Grazie, ma preferisco tenermi il certo che abbiamo, pur con tutte le manchevolezze che ha, piuttosto che rischiare di buttarmi tra le fauci di costoro.

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17 ottobre 2011

Adesso Berlusconi deve solo pedalare più forte

Archiviata con successo l’ennesima fiducia, sconfitti ancora una volta i ribaltonisti (vicenda purtroppo oscurata dai gravi eventi di Roma) Berlusconi deve usare questi ultimi due anni per lanciare una offensiva mediatica e riformatrice.
Non chiedo a Berlusconi di cambiare le sue abitudini e il suo modo di essere.
Non riuscirei ( e non ho motivo per farlo) a cambiare io a cinquantacinque anni, figuriamoci uno di settantacinque che si è costruito uno splendido successo personale, professionale e politico.
E francamente non mi interessa quello che fa il Cavaliere nel suo tempo libero (beato lui se riesce ancora a soddisfare otto donne in una sola notte !) e non credo ai teoremi giudiziari contro di lui.
Il Premier deve essere giudicato per quello che fa nel ruolo in cui lo abbiamo eletto.
Uso il “noi” perché se anche non lo votai nel 2008 (prevalentemente per ostilità alla scelta di preferire Fini a Storace, scelta della quale credo che lo stesso Cavaliere si sia ampiamente pentito) nelle successive elezioni (2009, 2010 e 2011) il mio voto è andato ai partiti della Coalizione di Centro Destra, anche e soprattutto a sostegno della sua persona.
Il Cavaliere ha annunciato una pubblicazione per illustrare i provvedimenti assunti in tre anni di governo.
Ottima iniziativa, perché la mistificazione operata da una stampa prevalentemente ostile, proietta una errata impressione, come se nulla fosse stato realizzato.
Eppure (dall’abolizione dell’Ici al modo in cui sono state affrontate calamità come il terremoto all’Aquila e i rifiuti di Napoli) il Governo si è mosso e si è mosso bene.
Le difficoltà sono iniziate con il salto della quaglia operato dai finioti che hanno reso numericamente debole una Maggioranza costruita con un buon sistema elettorale che garantisce la governabilità.
Salvo, appunto, il voltafaccia di parlamentari eletti da una parte che transumano dalla parte opposta.
Ci sono anche aspetti negativi che dovranno essere onestamente confessati:
- il permanere dell’ici su varie tipologie di immobili;
- l’aumento della tassazione sui guadagni di borsa dal 12.5% a ben il 20%;
- l’aumento dei bolli sui depositi amministrati;
- l’aumento dell’Iva.
Ma gli altri avrebbero fatto ben di peggio:
- ripristinando l’ici anche dove è stata abolita;
- imponendo una patrimoniale;
- massacrando i risparmi con ogni sorta di gabella;
- imponendo una tantum mascherate da “tasse di scopo”.
Per tacere sugli aspetti valoriali che il Governo Berlusconi ha difeso (Vita, Famiglia, rispetto per la dignità della Persona, lotta alla droga, contrasto all’immigrazione) sui quali la sinistra sbragherebbe di brutto.
Il fatto che la sinistra avrebbe una politica molto più vampiresca e deleteria di quella di Berlusconi non significa che si debba rinunciare a fare ciò che è giusto:
- chiudere i rubinetti della spesa pubblica;
- far pagare i servizi, per quello che costano, a chi ne usufruisce;
- trasformare l’assistenzialismo in solidarietà con il federalismo che consentirà agli enti locali di gestire le risorse prodotte in loco, obbligando i cittadini ad eleggere amministratori capaci e competenti pena la riduzione dei servizi;
- vendere immobili e partecipazioni dello stato (a cominciare dalla rai) per ridurre il debito pubblico e abbattere imposte e tasse (a cominciare dal canone rai e dal bollo auto);
- ridurre le aliquote, tendendo alla flat tax non superiore al 30%;
- rivoltare il sistema giustizia;
- migliorare il sistema istituzionale e la legge elettorale perché sia ancora più garantita la stabilità governativa con il vincolo di mandato per i parlamentari eletti in una coalizione (che decadano se si dedicano al salto della quaglia).
Banalità ?
Sì, perché non è necessario essere dei geni per capire che un governo deve garantire Libertà, Sicurezza e Benessere ai propri cittadini, allontanando dalle loro vite (e dalle loro tasche) l’ossessiva presenza di uno stato che deve solo difenderne gli interessi e le proprietà.
Non è necessario essere dei geni per capire che non si può spendere più di quel che si ricava e che i debiti vanno sempre pagati, anche con dei sacrifici.

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16 ottobre 2011

Indignati:l'erba voglio non cresce neanche nel giardino del re

Un evento di venerdì diventa subito vecchio.
Così sarebbe stato illogico pubblicare il post sul voto di fiducia al Governo di venerdì senza affiancarvi un primo commento sulle violenze di ieri provocate da una frangia dei cosiddetti “indignati”.
Sui violenti basta una parola: repressione.
La violenza si combatte e si soffoca con la legittima repressione delle Forze dell’Ordine che non siano limitate da consegne disposte più a tutela dei delinquenti che dell’efficacia repressiva.
Se Polizia e Carabinieri non ce la fanno, si richiamino dai teatri di guerra le truppe perché alla prossima manifestazione, al primo stuzzicadenti che quelle bestie rompono, si dia corso ad una sistematica repressione a difesa dell’incolumintà personale e delle proprietà dei cittadini onesti e delle società private e pubbliche.
Ma ci sarà da parlare anche dei cosiddetti “indignati” che mi sembra abbiano idee poche e confuse.
Ho ascoltato le dichiarazioni dei manifestanti prima, durante e dopo le violenze provocata da una loro frangia.
Il nemico ?
Berlusconi e in subordine la Lega.
Nulla di nuovo rispetto alle parole d’ordine della sinistra.
L’obiettivo ?
Dignità, rispetto e supremazia della Persona.
Non lo sanno, ma sono Valori di Destra, non certo di sinistra che privilegia la massa, il collettivo e non l’Individuo la cui Libertà viene sacrificata dalla sinistra in ossequio al moloch stato.
Ma non basta dire “vogliamo” , devono anche dire “come” ottenerlo.
E in questo non sono confusi, ma sono totalmente carenti di idee, progetti, proposte, prospettive.
A meno che loro, generazione cresciuta vedendo esauditi dai rispettivi genitori tutti i desideri, non credano che sia sufficiente dire “vogliamo” per ottenere.
Ho ascoltato anche delle baggianate dai manifestanti e da un redivivo Diliberto.
I manifestanti vorrebbero che le decisioni fossero assunte da assemblee di base, con una redistribuzione del potere, dicono loro, in senso orizzontale e non più verticale.
Immagino l’efficienza e l’efficacia di un simile sistema, soprattutto quando si devono assumere decisioni rapide.
Quelli, non è colpa loro, ma non hanno capito nulla del tempo in cui viviamo, eppure sono la generazione degli ipad, iphone e della comunicazione veloce che non può esistere senza decisioni veloci.
E in tempi in cui le novità e i cambiamenti richiedono rapidità di decisione, si dovrebbe semmai abbandonare anche il sistema delle assemblee rappresentative per affidarsi alle decisioni monocratiche di un soggetto eletto democraticamente, a scadenze periodiche, piuttosto che trasformare l’Italia in una Babele di assemblee cacofoniche ed indecise e divise su tutto.
Diliberto, poi, ha avuto l’occasione per rispolverare il suo vetero comunismo, sconfitto dalla Storia, a dimostrazione che il comunismo è morto, ma purtroppo i comunisti sono ancora tra noi.
Chi deve pagare la crisi ?
I ricchi.
E’ il nocciolo del comunismo: invece di elevare chi è in basso nella scala sociale, si abbassi il livello di tutti per rendere tutti uguali, nella miseria.
Tipica mentalità comunista che non guarda al merito, ma al censo, indipendentemente da come è stato conseguito.
Se uno ha, deve essere, secondo le teorie comuniste, messo al centro del mirino e spogliato delle sue proprietà e dei suoi beni.
Neanche prende in considerazione il fatto che uno abbia, perché merita di avere, perché si è sbattuto per avere, perché ha faticato per avere invece di aspettare la manna dal cielo.
Il vecchio comunista ha poi tessuto l’elogio degli anni settanta.
Proprio quelli che ci hanno portato all’attuale debito da 1900 miliardi di euro.
Un debito che deve essere pagato dai padri e dai figli e dai nipoti, come sempre è stato.
Perché gli “indignati” possono urlare “vogliamo”, ma non conoscono la vecchia, sana saggezza popolare: “l’erba voglio non cresce neanche nel giardino del re”.


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En tois meghistois odousi

Con tale frase (purtroppo blogspot non recepisce i caratteri greci) ricostruita fantasiosamente dal greco classico che stavamo iniziando a studiare, noi giovani ginnasiali del 1970 ironizzavamo sui “rimpalli” che, a turno, subivamo dalle ragazze, nostre coetanee, che, ignorandoci, avevano occhi solo per i ragazzi “grandi” del liceo.
Letteralmente significa: nei grandissimi denti.
Una traduzione non letterale può essere: sonora martellata nei denti.
E i denti sono quelli di Bersani, Casini, Fini, Di Pietro, ma anche di tutti coloro che, nella stessa Maggioranza, stavano facendo i conti di quanto avrebbero potuto guadagnare voltando le spalle al Cavaliere.
Invece Berlusconi ha vinto ancora.
Se Giulio Cesare avesse avuto la resistenza alle coltellate che ha Berlusconi, le Idi di Marzo non sarebbero mai entrate nella Storia.
Così mentre la borsa registrava un nuovo sprint dopo le vendite di giovedì (guadagnando in una settimana quasi il 7%) e il debito pubblico comincia, pur se di poco, a diminuire, la camera ha schiaffeggiato la sinistra e confermato la fiducia al Governo.
Divertenti le uscite della nomenklatura comunista con Bersani che dichiara che l’opposizione ha voluto una immagine plastica della crisi della Maggioranza (ma se uno è in crisi con 316 voti cosa dire dell’armata Brancaleone ferma a 301 ?), mentre una certa Sereni, che deve essere un clone della Finocchiaro, ha per radio, durante l’interruzione di “Parole mie”, ammesso che la Maggioranza è ancora numerica, ma non politica perché ha troppe divisioni dimenticandosi di dire che l’opposizione non ha neppure i numeri dalla sua.
La Maggioranza è risicata e questo provoca un rallentamento di tutte le riforme.
Se io fossi Berlusconi proporrei un programma tutto d’attacco fondato sulla riduzione delle tasse, abolizione dell’ici residuale, del bollo auto e del canone rai (voglio poi vedere un eventuale governo dell’opposizione aumentare le aliquote e ripristinare quelle odiose tasse) accompagnata da drastici e draconiani tagli alla spesa pubblica e dalla vendita di partecipazioni (a cominciare dalla rai) e di immobili dello stato.
Approvarlo significherebbe rivoltare l’Italia come un guanto e farci guadare un fiume per raggiungere una riva dalla quale non si potrà più tornare indietro.
Ma Berlusconi deve decidere, purtroppo, con troppi compromessi e allora accontentiamoci che Bersani, compagni e caudatari sono ancora a rosicare all’opposizione con tutti i coatti dell’antiberlusconismo che, anche venerdì, hanno perso qualche giorno di vita, dopo la sonora martellata en tois meghistois odousi.
E il naufragar m’è dolce in questo mare …



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14 ottobre 2011

Troppe tasse? Reintroduciamo l'ici !

I meno giovani si ricorderanno sicuramente le scenette basate sul fraintendimento delle parole tra Walter Chiari e Carlo Campanini, tra Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Villaggio e Agus solo per citarne alcuni.
Per radio, in questi giorni, c'è la pubblicità di una trasmissione in onda prossimamente e, tra tante registrazioni, spicca quello (credo, ma dal solo timbro di voce non metterei la mano sul fuoco del riconoscimento, Peppino de Filippo nel ruolo di se stesso) che dice “io sono un contribuente” e Peppino de Filippo, credo, nel ruolo di Pappagone, che ribatte “non sapevo che fossi un combattente”.
A quel livello, di vecchia, sana comicità, è giunta la Banca d'Italia del futuro capo della BCE Draghi.
Si denuncia un eccesso di tasse e, per rimediarvi, la proposta è di reintrodurre una tassa eliminata nel 2008 da Berlusconi: l'ici sulla prima casa.
Se si trattasse di una scenetta pubblicitaria o nel classico varietà del sabato sera, farebbe ridere (anzi, suggerisco a Fiorello di scritturare l'artefice della battuta) ma essendo una seriosa proposta che segue altre boiate come la patrimoniale da 30mila euro pro capite o l'ipoteca forzosa sulle case degli Italiani, non solo non fa ridere, ma ci deve indurre a vigilare con attenzione, pronti a qualsiasi reazione, qualora prendesse corpo l'esproprio coatto delle nostre proprietà.
L'Italia ha un enorme debito pubblico, retaggio delle sconsiderate concessioni ed elargizioni della prima repubblica.
Un debito pubblico che DEVE essere, come minimo, ridotto anche se una famiglia onesta, normale, farebbe di tutto per estinguerlo e ricominciare con una sana politica di equilibrio tra entrate e uscite.
I sistemi per ridurre/estinguere il debito pubblico sono sostanzialmente due:
- aumentare le entrate
- tagliare le spese.
Se si aumentano le entrate senza chiudere i rubinetti della spesa, in poco tempo ci si ritroverà al punto di partenza: un debito pubblico nuovamente enorme e che deve essere ridotto/estinto.
Ma i cittadini contribuenti (in questo caso anche combattenti per sopravvivere alle gabelle) non possono accettare di rinunciare ai loro guadagni per mantenere in piedi un sistema costoso e che, per di più, spende quei soldi per restituire pessimi o inesistenti servizi.
Allora la strada è una e una sola:
- chiudere i rubinetti della spesa pubblica
- tagliare ogni capitolo di spesa, quando non estinguerlo
- far pagare i servizi (ma che siano decenti !) per il loro costo a chi ne usufruisce
- vendere partecipazioni ( a cominciare dalla rai con conseguente abolizione dell'odiato canone) e immobili di proprietà.
Solo tale percorso virtuoso consentirà di ridurre le tasse (e anche in modo sensibile) ad ogni cittadino.
Le baggianate secondo le quali per diminuire le tasse bisognerebbe reintrodurne una (o più) è meglio che restino negli uffici studi di chi, come testimonia la crisi mondiale, non ne azzecca una perchè ha la testa imbottita di teorie e vive fuori dalla realtà quotidiana.

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13 ottobre 2011

Resistere fino alle conseguenze estreme

L’odio e l’aggressione contro Berlusconi e il suo Governo, hanno oggi scritto una nuova, bruttissima pagina della storia patria.
Le opposizioni, che per una dozzina di volte hanno preso martellate sui denti alla pari dei “poteri forti” interni ed internazionali e di tutti coloro che hanno tramato e tramano per costringere Berlusconi alla resa, nella incapacità di ottenere i numeri su un progetto e un voto parlamentare, hanno disertato le comunicazioni del Premier.
Un comportamento che, oltre ad essere devastante sul piano istituzionale, è anche sintomo di una totale maleducazione (ma qualcuno si aspetta eleganza e stile dalla sinistra ?).
Berlusconi ha svolto comunque le sue comunicazioni (che mi sono piaciute in toto, soprattutto per la grinta con la quale ha denunciato il comportamento della sinistra e per la perentorietà con la quale ha dichiarato che non si dimetterà)  e, nel momento in cui scrivo, nulla lascia presagire che venga meno la sua maggioranza.
Punto e tutto come prima.
Il problema è che alcuni individui della Maggioranza pensano (sperano) di ottenere dei vantaggi svolgendo il ruolo che fu di Follini, Casini e Fini.
Non posso sapere quale tornaconto sperino di ottenere (a proposito della denuncia di Di Pietro secondo il quale sarebbe il Cavaliere a fare “campagna acquisti” …) sicuramente non hanno una motivazione ideale.
Non l’hanno perché il progetto di Berlusconi è sempre quello: rivoltare l’Italia come un guanto per dare corso ad una rivoluzione liberale in economia fermi restando i Valori di base della Nazione.
Quindi:
- meno tasse;
- meno stato;
- meno spesa pubblica;
- tutela della Vita contro ogni ipotesi di eutanasia e di manipolazione genetica
- difesa della Famiglia composta da un Uomo e una Donna, con netta esclusione di ogni altra anomala forma;
- federalismo perché ognuno fruisca dei servizi che vengono erogati nel territorio che produce il reddito;
- tutela della identità nazionale dei territori, dei costumi, dell’arte, della cucina respingendo il meticciato che deriverebbe dalla concessione massiva di cittadinanza e diritto di voto agli immigrati.
Non credo che il Centro Destra possa avere altro programma o migliore e, nelle attuali contingenze internazionali, non esiste miglior interprete di Berlusconi.
Tolta quindi ogni ipotesi di idealità ai malpancisti della Maggioranza, resta solo l’interesse personale e mi domando se mettersi in concorrenza con un esercito di aspiranti "salvatori della patria" (tra l’altro di più antica data o con appoggi ben maggiori) possa essere conveniente, salva la volontà di ballare una sola estate per passare immediatamente all’incasso del bonus acquisito mostrando poca lealtà verso il Premier.
Il problema di Berlusconi è tutto qui: resistere, ad ogni costo, fino alle conseguenze estreme, per arrivare a fine legislatura perchè, come indica la borsa che da due settimane registra un confortante recupero complessivo (e chi ha comprato in agosto oggi gode perchè vendendo adesso - salvo ricomprare al prossimo ribasso -  può realizzare guadagni anche significativi …) la crisi finirà (a livello mondiale e indipendentemente da quello che faremo in Italia) e se finirà con Berlusconi Premier, la rielezione del 2013 sarà certa.
Per questo i comunisti e i loro caudatari vecchi e nuovi stanno provando tutto, disperatamente, per eliminare dal gioco il Cavaliere prima che la situazione globale migliori, con il terrore di perdere, ancora una volta, il confronto elettorale se alla scadenza del 2013 Berlusconi sarà ancora in sella.


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L'opposizione scappa sull'Aventino

Ma chissenefrega ?
I comunisti e i loro caudatari vecchi e nuovi, dopo aver preso martellate sui denti nel tentativo, con una dozzina di mozioni di  sfiducia tutte respinte, di ribaltare il risultato elettorale, pensano evidentemente di conseguire il risultato attraverso il "ricatto" dell'Aventino.
Berlusconi non si dimetta e vada avanti infischiandosene di Bersani e compagni.
Solo un complotto di palazzo (cioè il tradimento di parlamentari eletti con e per lui) potrebbe - se non si dimette ascoltando le colombe ! - impedirgli di arrivare al traguardo di legislatura.
Anzi, con l'opposizione sull'Aventino il Premier potrà velocizzare l'approvazione dei necessari provvedimenti.

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