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23 febbraio 2012

Pensioni e articolo 18 venti anni dopo

Monti e la Fornero hanno usato il bisturi per modificare le pensioni, aumentando l’età pensionabile, abolendo le pensioni di anzianità, portando tutti al contributivo ed equiparando le donne agli uomini.
Neanche un’ora di sciopero generale.
Adesso mettono mano alla legge 300/1970, lo statuto dei lavoratori, già vecchio quando fu emanato, figuriamoci quarantadue anni dopo, con tutti i cambiamenti intervenuti nella società italiana e nell’economia globale.
I sindacati tentano una resistenza, ma anche su questo argomento non stanno usando i toni accesi e apocalittici utilizzati in precedenza.
Sì, perché tanto sulle pensioni che sull’articolo 18 e lo statuto dei lavoratori, Monti e la Fornero non fanno altro che attuare quel che, sin dal suo primo governo dopo la vittoria elettorale del 28 marzo 1994, Berlusconi aveva in programma di realizzare.
Abbiamo perso quasi venti anni.
Perché quelle riforme andavano realizzate.
Perché era un corretto adeguamento alla società in evoluzione.
Perché se fossero state realizzate nel 1994, come Berlusconi aveva proposto, ne avrebbero guadagnato i conti pubblici e l’impatto sarebbe stato meno traumatico, avendo avuto margine per una giusta gradualità.
Ancora una volta le resistenze passatiste di sindacati ottocenteschi come la trimurti italiana, hanno causato danni più che benefici ai lavoratori e all’Italia.
E ancora una volta, come accadde durante la prima repubblica a seguire il cosiddetto “autunno caldo” del 1969, la responsabilità dei costi – economici e umani – aumentati deve essere condivisa tra la triplice demagogica, gli imprenditori calabraghe e i politici imbelli che, per conservare la “pace sociale”, hanno preferito fare acquiescenza agli ultimatum dei sindacalisti (Lama negli anni settanta, Cofferati recentemente) invece di far valere il loro diritto, derivante dal mandato elettorale conferito loro dal Popolo, per perseguire il reale interesse della Nazione.
Adesso quei provvedimenti che avrebbero potuto essere assorbiti con facilità venti anni fa, sono assunti dagli “intoccabili” del governo Monti, con timidi tentativi della triplice di fare la voce grossa che, però, davanti ai numeri e alla situazione greca, sembra un coro di Farinelli.
Monti e la Fornero, con i loro compagni di avventura, vanno abbattuti nel nome della Sovranità, dell’Indipendenza e della Libertà della Nazione Italiana.
Ciò non toglie che le riforme di pensioni e struttura del lavoro siano necessarie e utili.
Magari presentarle con meno alterigia e snobismo non guasterebbe.
Est modus in rebus.

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13 commenti:

Nessie ha detto...

Stavolta non ti seguo. Toccare l'articolo 18 quando non esiste più il LAVORO, non ha senso. Prima si ripristina il tessuto lavorativo e produttivo, impedendo la DELOCALIZZAZIONE sul mercato globale e la svendita a spezzatino dei nostri asset.

Poi a bocce ferme, si ritocca l'organizzazione del lavoro, rimuovendo magari i lavativi e gli eventuali fancazzisti. Ma per farlo, occorre anche riformare la Giustizia e il Tar, dato che quando qualcuno ricorre al secondo, di solito vince la causa. Ovviamente quando parlo di riordino del lavoro, intendo farlo su scala nazionale e non globale.

Massimo ha detto...

Non credo ci sia bisogno di ricostruire il tessuto lavorativo e produttivo, ma solo di allontanarne lo stato, la burocrazia, la magistratura e le tasse. In pratica, a ben vedere, tutte espressioni dell'interventismo statalista nell'economia e nella vita di tutti noi. Il nostro vero problema è come ricollocare tutti quei dipendenti pubblici che diventerebbero esuberi.

Nessie ha detto...

No no Massimo. Molte nostre aziende sono state spostate in Romania e in Polonia. Altre in Asia. Comprese quelle della Marcegaglia e di Della Valle. Tutto il nostro tessile è stato delocalizzato in Tunisia ed Egitto e noi ci limitiamo a mettere un'etichetta nei nostri capi di vestiario con la scritta "ideato in Italia". Per non parlare delle lanerie e dei setifici comaschi che avevamo e non abbiamo più. I vari Benetton sono stati spostati fuori e la lista potrebbe continuare con gli indotti di officine meccaniche. Poi c'è da considerare anche le "risorse". Allo stato attuale, licenziare con la rimozione dell'art. 18 il peggiore dei nostri, vuole dire assumere una "risorsa" e usare l'immigrazione massiva attuale come strumento di continuo ricatto per i nostri: "o fai lo schiavo o ti rimpiazzo con un altro schiavo più volonteroso di te". Credimi, è un casino. E non è un caso, che lo vogliano fare ora e non prima. Perché hanno più strumenti di ricatto sociale.

IL CRONISTA ha detto...

Non condivido questa tua propensione a considerare la classe dei cittadini comuni, lavoratori anziani, vecchi pensionati, madri di famiglia, come una classe che abbia ricevuto troppo sia in termini di pensioni che in termini economici, e quindi considerarli come qualcuno a cui dover togliere qualcosa per la sopravvivenza dei parassiti papponi che percepiscono in un'ora quello che che noi percepiamo in un mese di lavoro.
Anche a destra si può stare con la gente comune che lavora e non solo con la classe delle caste degli intoccabili. Almeno lo spero.
Ma non deve essere più una questione di apparteneza acritica ad uno schieramento o all'altro.
La lotta è dei cittadini comuni, contro questo nuovo falso olimpo fatto di gente che non sa cosa vuol dire barcamenarsi con uno stipendio da mille/millecinquecento euro o con una ancora più misera pensione.

marshall ha detto...

Se penso a quel che succedeva qui a Milano negli anni '70 e '80, la crisi occupazionale che stiamo attualmente vivendo è figlia di quel periodo.
Grazie all'articolo 18 si è difeso l'indifendibile, ed ora pretendono...
Il seguito forse sul mio blog.

Massimo ha detto...

Nessie, l'esternalizzazione dei lavori e il trasferimento delle fabbriche è una conseguenza della burocrazia che abbiamo in Italia. Certamente anche con una attenzione particolare alla sicurezza dei luoghi di lavoro e alla bontà dei prodotti, ma anche per colpa di uno stato asfissiante. Meno stato, significa anche più lavoro che andrà attribuito ai lavoratori italiani e se ci saranno meno lacci e più selezione ed orientamento, allora verranno anche meno le ragioni che portano gli immigrati ad essere considerati una "risorsa", perchè le "risorse" le avremo tutte in casa.
Gaetano percepire una pensione in base non a quanto si è versato, bensì un moltiplicatore sugli ultimi anni di lavoro, è un sottrarre ricchezza ai più giovani. Il sistema retributivo andava modificato perchè iniquo, l'età pensionistica delle donne andava parificata a quella degli uomini perchè giusto, l'età della pensione deve corrispondere ad un rapporto congruo con l'aspettativa di vita. Poteva essere fatto con maggiore gradualità e Berlusconi ci aveva provato. Adesso si paga l'ostinazione con la quale si sono difesi i privilegi dal 1994 a ieri.

IL CRONISTA ha detto...

Non riesco a considerare privilegi quelli dei cittadini lavoratori che producono e che devono essere considerati coloro verso cui devono andare le risorse economiche. Bensì considero shiaffi alla società i mega stipendi inspendibili di molta gente che vive sulle spalle dei lavoratori.

Nessie ha detto...

"Nessie, l'esternalizzazione dei lavori e il trasferimento delle fabbriche è una conseguenza della burocrazia che abbiamo in Italia".

Vuoi scherzare Massimo? Io queste cose le ho studiate bene e potrei citarti almeno tre titoli di buoni libri sull'argomento, mentre tu ti attacchi a questioni del tutto accessorie e marginali come "la burocrazia". La globalizzazione è stata accelerata con la caduta del Muro, per poter sfruttare nuovi mercati. E la caduta del Muro è stata "controllata" e voluta da coloro i quali ci stanno spedendo "risorse" a gogò: cioè i banchieri, le oligarchie finanziarie, e le varie consorterie le cui sigle e i cui nomi ormai non sono più un segreto . L'esternalizzazione e la delocazione sono solo le conseguenze del mercato globale. Informati su questi temi: WTO (una macchina da guerra commerciale) Banca Mondiale, FMI.
Ti sei chiesto perché non cresciamo ? Perché hanno deciso di far cresce re l'altra faccia orientale dell'emisfero.

Massimo ha detto...

Gaetano. Percepire una pensione non parametrata su quel che effettivamente si è versato è un privilegio pagato da chi viene dopo cui, prima o poi, rimarrà il cerino acceso in mano. Analogamente per l'anticipo della pensione per le donne e per una età di pensionamento collocata in base alla media vita della metà del secolo scorso.
Nessie. Io, imprenditore, produco dove ho delle agevolazioni. Non metto una fabbrica dove mi costa il doppio. Poi possiamo discutere sulla qualità sanitaria dei prodotti e sulla sicurezza del lavoro e, qui, dovrebbero intervenire i dazi per obbligare anche gli stati del terzo mondo ad un certo standard in quei settoori. Ma che uno stato non possa obbligarmi a costruire una fabbrica dove vengo vessato con ogni genere di balzello è un mio diritto di libertà ed un problema legislativo di quel governo.

Nessie ha detto...

Poi con discorsi come quelli che fai non lamentiamoci delle merci-fuffa, delle cineserie, della paccottiglia e delle cianfrusaglie da quattro soldi, della gente che si rifiuta di comprare, (e quindi di consumare ergo di far circolare denaro) quando prima eravamo la Patria del buon gusto e del Dolce Stile. Tu credi davvero che l'imprenditore abbia la "libertà" di scegliere? Io dico di no, io dico che è costretto dall'andazzo globale. E ti dirò di più: che lo costringeranno ad essere un "nomade" degli impianti: una volta di qua, una volta di là e via col giro dei 4 punti cardinali. Noi Italiani siamo nati "stanziali" con la bottega artigiana o il laboratorio o l'officina attaccato alla villetta avita. Ma è proprio questo che non vogliono.

Massimo ha detto...

A parte la sicurezza dei prodotti e del lavoro di cui ho già scritto, è legittimo poter scegliere tra prodotti di qualità e "paccottiglia". C'è chi privilegia la quantità ed è appagato dal comprare tanto, a poco e con durata limitata e chi, invece, preferisce comprare un solo oggetto, di lunga durata, di qualità e di costo elevato. Non credo che gli imprenditori siano preoccupati sul produrre in un luogo piuttosto che in un altro, ma dei costi e della burocrazia. In Italia ce ne è troppa e in troppi mangiano su una produzione altrui senza aggiungere alcun valore.

Nessie ha detto...

Vabbé Massimo, intanto nel giro di qualche mese dirai le cose che ho detto io e magari le farai passare per tue. Tranquillo, non ti chiederò le royalties e nemmeno pretenderò il copyright :-) Buona domenica!

Massimo ha detto...

Ma stiamo già dicendo le stesse cose. Io scrivo sul piano ideale, tu cali le singole questioni nella situazione contingente. :-)