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06 maggio 2013

In memoria del "Divo Giulio" Andreotti

Un giorno, quando eravamo in ottimi rapporti, poco più che sedicenni, Casini mi disse che mi reputava l'unico vero andreottiano.
Per alcuni potrebbe essere offensivo, io lo considerai un apprezzamento.
Giulio Andreotti è morto all'età di 94 anni.
Questa volta per davvero dopo tanti annunci prematuri di chi gli voleva male.
Una "bella età" come si suol dire e una collega oggi mi ha detto: vorrei arrivare a 94 anni con la sua testa.
Temo che negli ultimi anni la sua proverbiale lucidità si fosse appannata e l'assenza in occasione della elezione del presidente della repubblica ne è un esempio.
Per capire la battuta che mi fece Casini dobbiamo tornare ai primi anni settanta, esattamente a fine 1971 e inizio 1972.
La mia coscienza politica era iniziata con l'elezione di Saragat nel dicembre 1964 e già c'era il centro sinistra al governo con Moro presidente e Nenni (o De Martino) vice.
Dire a me "socialismo" è come sventolare un drappo rosso davanti a un toro (dico sempre di essere anticomunista dalla nascita e in tale espressione ci rientra anche il socialismo) e non mi sono mai riconosciuto nel centro sinistra, in Moro e nei suoi bizantinismi dialettici, nella "ineluttabilità" (come la chiamava Ugo La Malfa) del compromesso storico
Pur non avendone avuto diretta conoscenza, leggendo avidamente la storia del dopoguerra, io, di destra (anomala viste le mie simpatia per il libero mercato, gli Stati Uniti e l'Inghilterra), avevo interpretato il centrismo degli anni cinquanta come una sorta di "età dell'oro".
A fine 1971 fu eletto Giovanni Leone presidente della repubblica grazie ai voti determinanti dell'Msi.
A inizio 1972, dopo l'ennesima crisi di governo, la Dc si decise a sbarcare i socialisti e ricominciare con i liberali e l'artefice del tutto fu Giulio Andreotti il cui governo non ottenne la la fiducia e si andò ad elezioni, forse le più combattute della prima repubblica, con una netta affermazione dell'Msi, ma anche con la numerica possibilità di un governo centrista.
E così fu, con Giulio Andreotti presidente.
Era il governo spregiativamente definito "Andreotti-Malagodi-Tanassi" dalla sinistra che, con la bava alla bocca, scatenò ogni sorta di ostruzionismo.
Penso che qualche provvedimento possa allora essere passato anche grazie al voto missino.
Quel governo fu una opportunità per scrivere la parola fine al governo con i socialisti con un decennio di guadagno.
Forse i tempi non erano maturi e l'ostinazione di Fanfani ad andare a referendum sul divorzio e, quindi, perdere nel 1975 anche le elezioni amministrative getto l'Italia nel baratro del compromesso storico.
Nel 1976 fu il turno di una sessione elettorale al cardiopalmo, per poi iniziare con i governi della "non sfiducia" che, guarda caso, furono proprio quelli di Andreotti.
Nel 1978 Andreotti rappresentò la solidità dello stato contro il trattativismo con le brigate rosse di Craxi e di parte della Dc che avrebbero voluto liberare dei terroristi per liberare Moro.
Poi gli anni ottanta e ancora i primi anni novanta lo videro protagonista, finchè non fu eliminato dalla solita congiura mediatico giudiziaria che, con ben due processi, gli tolse l'opportunità di diventare presidente della repubblica (e credo sarebbe stato di gran lunga migliore di Scalfaro !) avvelenandogli gli ultimi anni di vita, nonostante ne sia uscito da fuoriclasse quale fu.
Su Andreotti scriveranno sicuramente decine di libri.
A mio avviso deve essere messo tra i pochi statisti che, comunque la si pensi, ha avuto l'Italia unitaria: Cavour, Giolitti, Mussolini, De Gasperi, Andreotti appunto e Berlusconi in stretto ordine cronologico.
Personaggio controverso, amato e odiato come Berlusconi, Andreotti fu un raffinato, arguto uomo di cultura (forse l'unico, tra i politici, a saper scrivere di suo pugno romanzi e saggi) e al tempo stesso uomo di governo e del fare (sua, ad esempio, l'organizzazione delle Olimpiadi di Roma nel 1960).
Non "pensavo" che potesse morire e la sua scomparsa mi rattrista quasi quanto mi rattristò la notizia della morte di Alberto Sordi.
Forse perchè con lui viene sepolta anche una parte della mia adolescenza politica e non.


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