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27 gennaio 2014

A cosa servono le tasse ?

Il dibattito sulla legge elettorale (cioè sul sistema che, tirato da una parte o dall'altra, cerca di ribaltare o correggere il volere del Popolo) ha fatto passare in un cono d'ombra la vera emergenza nazionale: le tasse.
Venerdì scorso sono scaduti i termini per pagare la cosiddetta "mini" imu (sempre troppo) e la tares, mentre il 31 sarà la data limite per il canone rai e il bollo auto (tranne quelli che hanno la sua scadenza in corso d'anno).
Poichè, come tutti gli organismi fisici e giuridici, anche i partiti hanno ben sviluppato l'istinto di sopravvivenza, la loro attenzione è tutta rivolta alle alchimie elettorali e non sento più parlare di tasse.
Nel bene (cioè per eliminare dei balzelli come l'imu o il canone rai) e nel male (per introdurre nuove gabelle).
Ma a cosa servono le tasse ?
Le tasse (e qui è inutile fare la distinzione tra imposte e tasse, tanto ci comprendiamo benissimo) servono al funzionamento dello stato, cioè di quella entità che i cittadini, stringendo u patto sociale tra loro, hanno fondato per ottenerne benefici.
Essenzialmente i benefici sono 
la difesa dai nemici esterni
la difesa da quanti, all'interno del consorzio volontariamente costituito, cercano di sopraffare e ingannare gli altri derubandoli delle loro proprietà e della loro vita
la rappresentanza degli interessi dei soci (cittadini) verso le altre associazioni costituite in forma di stato (diplomazia)
l'amministrazione della giustizia per dirimere le controversie tra i soci (cittadini).
Naturalmente per realizzare quegli obiettivi vi sono dei costi (armi, soldati, poliziotti, giudici, ambasciatori, strutture fisiche, burocratiche) ed è per questo che paghiamo le tasse.
Non le paghiamo per compiacere le pulsioni di gruppi che si costituiscono per il loro piacere e potere, come non le paghiamo per finanziare le invasioni di stranieri sul nostro territorio, come non le paghiamo per consentire ad alcuni di noi di vivere senza fornire il loro contributo alla sorte comune della nostra società.
Purtroppo questo è avvenuto con l'ipertrofia di spese inizialmente giustificate dai principi di solidarietà e pari opportunità, poi degenerate in autentici fiumi di denaro sperperati per interessi di gruppi e per il mantenimento delle clientele.
Ci troviamo con un debito pubblico di quasi 2200 miliardi di euro e una spesa annua di oltre 800 miliardi.
Per ridurre il debito pubblico Letta e Saccodanni hanno deciso di vendere quote delle poste e dell'enav, di riprendere cioè le privatizzazioni.
Principio validissimo (personalmente privatizzerei tutto tranne le attività che ho elencato come essenziali dello stato) ma che non può prescindere da due paletti:
1) vendere, non svendere;
2) vendere dopo aver ridotto le spese, sennò riduciamo momentaneamente il debito che, continuando a spendere, tornerà a crescere e noi ci ritroveremo con un debito ancora più alto, ma senza più i "gioielli di famiglia".
Quindi si torna alle tasse.
Se vengono utilizzate per continuare nella spesa gonfiata che si è prodotta negli anni, sono un danno per la società e perdono la loro intrinseca legittimità, perchè perdono la loro funzione.
Se viceversa, torneranno ad essere solo ed esclusivamente finalizzate al mantenimento di uno stato leggero come era nelle volontà di chi lo costituì con il contratto sociale tra i singoli soci (cittadini) allora vanno tagliate drasticamente, torneranno legittime e tutti le pagheremo senza difficoltà.



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