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27 agosto 2021

Non ci resta che Giorgia

Costringendo Durigon alle dimissioni e facendo acquiescenza alla permanenza della Lamorgese agli Interni, Salvini si avvia verso l'ultimo tratto della parabola discendente dei consensi suoi e della Lega.

Non metto in dubbio la buona fede (uno non si fa processare se non crede nelle sue idee) ma dubito fortemente della strategia adottata dopo le dimissioni del Conte giallorosso.

Entrare in un governo presieduto dal peggior burocrate europeista in circolazione e assieme ai cattocomunisti è, di suo, un errore di immagine e di prospettiva.

Ma poteva essere motivato dalla convinzione di poter giocare un ruolo in rappresentanza di quella maggioranza di Italiani cui Mattarella ha negato il diritto di voto per esprimere un parlamento rappresentativo.

Le chiusure proseguite con Draghi, le falsità circa l'immunizzazione che deriverebbe dal vaccino, le discriminazioni operate tra chi si vaccina e chi non si vaccina, l'istituzione del green pass, la continua invasione di clandestini, i rave party non contrastati e adesso la pretesa (ottenuta) di dimissioni di un sottosegretario bravo, competente e che aveva ragione anche sulla toponomastica di Latina, dimostrano come quella foglia di fico sia stata rimossa, peggio di come è stato rimosso Durigon.

Salvini abbaia ma non morde, forse anche a causa dell'influenza dei Giorgetti e degli Zaia che si sono piegati alla narrazione dell'Unione del Male sia in economia che sul virus cinese.

La volontà poi di unirsi con un partito ormai inaffidabile come Forza Italia ha chiuso il cerchio e così quando gli altri alzano la voce, Salvini, invece di uscire dal governo e passare all'opposizione, cala le braghe.

Invece di cogliere l'occasione per mettere a nudo il ridicolo della liturgia antifascista a 76 anni dalla fine della guerra, invece di chiedere di archiviare l'antifascismo, Salvini si piega alla logica del gregge pur di restare in un governo dove conta meno di niente sulle questioni essenziali che fecero crescere i consensi della Lega.

Così non ci resta che Giorgia, anche se qualche riserva esiste sempre come, ad esempio, aver accettato di dialogare con i cattocomunisti partecipando al festival dell'unità, salvo poi vedersi respingere il proprio rappresentante, l'on. Galeazzo Bignami, perchè dieci anni fa si fece fotografare per gioco con una divisa nazista.

Con i cattocomunisti non si dialoga, non si accettano i loro inviti e non se ne rivolgono ai loro esponenti, sono il nemico da battere, ieri, oggi e domani.

Pur tuttavia non vi sono alternative possibili, ad ogni elezioni c'è sempre la speranza di una Destra Radicale, ma, oltre ad essersi divisa in mille rivoli, alla resa dei conti non raccoglie più dello 0,2%.

L'ultima speranza, come recitava una propaganda elettorale dell'Msi negli anni settanta, rimane quindi in Fratelli d'Italia, con tutti i limiti di tale partito e della sua leader che, però, appare seguire una linea di coerenza consolidata negli anni.

Chi esce dalla Lega, quindi, non può che rivolgersi a Fratelli d'Italia e penso che i prossimi sondaggi cominceranno a indicare questa tendenza che, se la Meloni non farà errori di posizionamento, ingolosita da offerte che sicuramente le perverranno dalle consorterie di potere, troverà il suo compimento alle elezioni del 2023.

2 commenti:

Nessie ha detto...

Mi sono già illusa troppe volte e cozzato di muso con la realtà. Non voglio farmi illusioni nemmeno questa volta. Lei avrebbe il nome giusto per uccidere il Drago: S. Giorgio. Leggende a parte, spero che qualcuno fermi questa feroce distopia che ci ha portato morti, imposture, bugie, truffe, occultamenti di brogli infiniti. Se solo nel 2018-19 ci avessero detto cosa avrebbe subito questo scellerato paese, non ci avremmo mai creduto.

Massimo ha detto...

Vero. Ma a qualcuno il voto bisogna darlo, sperando che non lo tradisca del tutto. Salvini si avvia ad essere l'ennesima delusione. Abbaia ma non morde. La rimozione di Durigon poteva essere un'occasione per rifarsi una verginità, uscire dal governo e scatenare la guerra al governo per trasformare il parlamento nell'Afghanistan di Draghi. Non lo ha fatto. Colpa sua o complicità dei Giorgetti di turno, il risultato non cambia. Non ci resta che Giorgia, con tutti i suoi limiti, per dare una rappresentanza a quel 40% di Italiani che non vogliono dialoghi con il partito dei clandestini, delle tasse, del bavaglio alle opinioni. Poi, come è sempre stato, dopo Giorgia spunterà qualcun altro in cui riporre il nostro voto. Prima o poi arriverà quello giusto !