Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

28 agosto 2025

Statisti si nasce


L'intervento di Giorgia Meloni ieri al meeting di Comunione e Liberazione, mi è piaciuto.

Non sto a ripetere quanto poco stimi CL e non creda alla profondità degli applausi tributati alla Meloni, non tanto sotto il profilo della sincerità, quanto per quello della affidabilità.

Al meeting hanno, negli anni, applaudito tutti coloro che si presentavano forti di una posizione di potere.

Quel che è rilevante è ciò che ha detto la Meloni e che trova corrispondenza nei fatti.

Mi libero subito delle due questioni sulle quali sono in disaccordo con la sua linea.

Non condivido, per le ragioni più volte espresse, la conferma della scelta di sostenere Zelensky a scapito della Russia con la quale avremmo molti più interessi in comune.

Non condivido le critiche a Netanyahu che sta cercando di scrivere la parola fine a 80 anni in cui i terroristi palestinesi si sono caratterizzati per dirottamenti, attentati, omicidi e stragi.

Ma tutto il resto lo condivido.

Alcune questioni, come le tre grandi riforme di questa prima legislatura a guida Meloni, giustizia, elezione diretta del premier, autonomia differenziata, sono l'asse portante di questa legislatura.

Ovviamente, dipendesse da me (ma bisogna sempre tener conto che la nostra singola volontà non basta) io la giustizia la rivoluzionerei a cominciare dalle modalità di reclutamento del personale, eleggerei direttamente il presidente della repubblica e non quello del consiglio e opterei per macroregioni con autonomie più marcate di stampo federale e non per una semplice autonomia differenziata.

Ma sarebbe già molto se i referendum confermassero quelle riforme che usciranno dal parlamento.

Condivido in toto l'approccio paritario nei rapporti con gli stati africani ricchi di risorse in cambio delle quali possiamo fornire esperienza, conoscenza e quindi sviluppo.

Condivido il piano casa e l'approccio alla riduzione delle tasse mettendo mano intanto alle aliquote.

Condivido la scelta di insistere, nonostante il boicottaggio che ha le sembianze dei magistrati ideologizzati, con la politica del rimpatrio degli immigrati irregolari.

Condivido la scelta di dare più capacità militare alle istanze della Nazione.

Condivido il monito all'unione europea perchè faccia meno cose, ma le faccia meglio.

Condivido tutto ciò anche perchè non sono parole vuote, ma sono la conferma di una linea osservata, di una strada percorsa sin da quando, il 25 ottobre 2022, Giorgia Meloni assunse l'incarico di Presidente del Consiglio.

Allora veniva irrisa e quelli "competenti e di sinistra" pronosticavano una esperienza breve, confidando probabilmente non tanto nelle inesistenti capacità dell'opposizione (evidenziate persino dal suo nume tutelare in una recente intervista al solito megafono a stampa), quanto nel potere di interdizione di Mattarella, della magistratura, dell'unione europea, della stampa e i cattocomunisti accendevano ceri a San Rating e Santissimo Spread.

Oggi quelle speranze sono quasi tutte evaporate, rimangono i santuari ostili alla Meloni ma sono costretti a fare una battaglia di retroguardia, prendendo atto che la forza del Governo è cresciuta, in Italia e in Europa.

E' un bene che, ogni tanto, la Meloni si rivolga direttamente, con discorsi (quello di ieri è di 50 minuti ma si ascolta e scorre con grande facilità) che affrontino tutti i temi all'ordine del giorno, senza essere costretta nei ristretti ambiti di un dialogo secco con "professionisti dell'informazione" il cui scopo principale è quello di fare propaganda contro il Governo, a prescindere dai fatti, dai risultati e, ciò che è più grave, dall'Interesse Nazionale.



27 agosto 2025

Privatizzare i dipendenti pubblici

Leggo che la spesa per la pensione dei dipendenti pubblici è doppia rispetto a quella dei dipendenti che hanno lavorato nelle imprese private.

E' una evidente stortura che non ricompensa il rischio di perdere il lavoro, di trasferimenti onerosi, di non ricevere lo stipendio, di fallimento del datore di lavoro, di essere penalizzato nella progressione di carriera: tali rischi sono praticamente inesistenti per i dipendenti pubblici.

In parallelo la produttività diventa un elemento essenziale per le voci integrative e variabili della retribuzione dei dipendenti privati, mentre solo negli ultimi anni si è provato a dare una spolveratina di merito con retribuzioni variabili anche per i dipendenti pubblici, peraltro con l'ombra dei sindacati sempre in agguato. 

Inutile piangere sul latte versato e il passato è passato, chi ha dato, ha dato, chi ha avuto, ha avuto.

Per il futuro una sana prospettiva sarebbe quella di organizzare le attività ora definite "pubblico impiego", secondo criteri, standard e regole private.

Perchè, ad esempio, non considerare di appaltare la gestione del catasto ad una azienda che organizzerebbe il lavoro, pagherebbe i dipendenti, in base a regole privatistiche, facendo leva sul merito, sulle capacità, sulla produttività ?

Analoga domanda può essere posta su tutti gli altri lavori dei vecchi "statali", anche quelli sempre posti su un piedistallo con la scusa della "missione" o della riservatezza del lavoro.

Cosa c'è, infatti, di più riservato, che suscita reazioni di massima gelosia nella custodia dei dati (quanti di noi sarebbero disposti a comunicare al vicino il saldo del proprio conto o la composizione del proprio portafoglio titoli ?), del lavoro di banca dove i dipendenti vengono a conoscenza della situazione economica di chiunque abbia un rapporto presso l'azienda in cui lavorano ?

E se dei dati escono illecitamente è perchè quel dipendente è infedele come può esserlo il dipendente di un tribunale che, ad esempio, facesse pervenire ad un giornale qualche notizia riservata su indagini in corso con le relative documentazioni.

Non accade, forse, ma se accadesse ...

Con la privatizzazione dei dipendenti pubblici lo stato non solo risparmierebbe sui costi incassando una cifra dalla società fornitrice del servizio che vincesse l'appalto, ma anche si libererebbe di tutti i condizionamenti che si hanno nel gestire del personale dal quale poi ci si aspetta il voto.

Nuovi contratti, nuove regole, nuova percezione del lavoro pubblico non più visto come una nicchia di privilegio, ma come motore produttivo della Nazione.

Merito, capacità, produttività diventerebbero le leve con le quali i servizi per i cittadini verrebbero forniti con meno burocrazia, più efficienza e più rapidità.


 

26 agosto 2025

Una grande legge di Libertà: privatizzare la Rai

Tutti i governi che si sono succeduti hanno tenuto ben saldo il principio della proprietà pubblica della Rai.

Anche quando le tecnologie avevano liberato le energie perchè potessero essere della partita più attori privati, la resistenza è stata fatta su ogni singolo punto e ogni spazio di libertà per l'iniziativa privata è stato conquistato dopo feroci combattimenti casa per casa.

Adesso abbiamo un sistema misto, dove c'è una concorrenza privata che si divide tra trasmissioni in chiaro con molta pubblicità e a pagamento con poca pubblicità e c'è, ancora, un dinosauro pubblico, con circa 13mila dipendenti di cui circa 1800 sono "giornalisti".

La Rai è un ostacolo alla completa liberalizzazione del settore e ad un corretto svolgimento delle attività di informazione che devono rispondere ai cittadini e non alle ideologie politiche dei conduttori, della cui personale opinione non ci facciamo proprio nulla.

Lo squilibrio deriva dal fatto che mentre un privato deve stare attento a quello che trasmette, perchè non può permettersi di scontentare troppi spettatori e inserzionisti, pena la riduzione della pubblicità e degli abbonamenti, la Rai, che conta sempre non solo sul canone ma anche su trasferimenti da parte dello stato di risorse finanziarie, può anche trasmettere programmi faziosi, visti da poche decine di persone, finalizzati solo ad una propaganda di parte.

E può, in estate, in una lunga estate che parte a giugno e arriva a settembre, imbottire le proprie trasmissioni di canzonette, repliche e podcast di dubbia qualità e interesse e che per lo più veicolano un messaggio fazioso, neanche troppo sottointeso.

Ritengo legittimo che uno possa leggere la storia, ad esempio, di un calciatore sotto un profilo ideologico, inserendolo in un periodo storico in cui, magari, la sua nazione era governata dai militari.

Faccia pure il suo podcast come oggi va tanto di moda per ogni flatulenza.

Ma perchè deve essere trasmesso dalla Rai pubblica, pagata anche da chi quella versione ideologica non condivide ?

Lo venda (se ci riesce) ad una privata che, magari, valuterà se acquistarlo anche in base a come si collocano i propri liberi spettatori, ma non si usino i soldi di tutti per propaganda di parte.

E' una questione che si può estendere ad ogni genere di informazione, come abbiamo potuto nettamente verificare durante il covid dove le voci critiche rispetto al pensiero dominante erano escluse anche solo dal diritto di tribuna e lo vediamo oggi con le due principali guerre in corso, tra la Russia e l'Ucraina e tra Israele e i terroristi palestinesi di Hamas, dove le versioni sono a senso unico.

Legittimo in una televisione che, liberamente, scelgo di finanziare pagando spazi pubblicitari per la mia azienda o con il mio abbonamento, totalmente illegittimo in una televisione pubblica quando non solo mi viene prelevato coattivamente l'importo del canone addebitato nella bolletta della luce, ma vengono anche usate le mie tasse per coprire i debiti che un carrozzone come quello della Rai può accumulare.

Non c'è altra soluzione che privatizzare la Rai, tutta, vendendo ogni struttura e società anche a spezzatino, incassandone cospicui ricavi da porre a decurtazione del maggior debito pubblico e, magari, da utilizzare per compensare una sostanziosa riduzione delle tasse.

Gli imprenditori privati che ormai agiscono nelle radio e nelle televisioni sono in numero sufficiente per garantire un pluralismo senza oneri coatti nei confronti dei cittadini.

La Rai pubblica non serve più, è solo uno strumento ipertrofico ma anche bulimico di soldi che potremmo utilizzare molto meglio che tenere in piedi un simile carrozzone sempre più ideologicamente inquinato.

La sua privatizzazione potrebbe essere la grande riforma per il prossimo quinquennio 2027-2032, perchè la riduzione e persino l'abolizione del canone non è sufficiente se lo stato continuerà a garantire la copertura delle spese e dei debiti di una Rai pubblica.

25 agosto 2025

Il bulletto di Guascogna cerca la rissa con tutti

Ho letto che Macron, dopo aver fatto convocare l'ambasciatrice Italiana per le parole di Salvini, avrebbe anche fatto convocare l'ambasciatore Americano per le parole di alcuni membri del Governo Trump.

Il tutto si aggiunge alle reiterate esternazioni, persino sulla messa a disposizione del pomposamente definito "ombrello nucleare" francese (quattro missili messi in croce), contro la Russia, con una voglia matta di inviare truppe in Ucraina sul terreno e alle pesanti sconfitte diplomatiche subite nelle ex colonie africane che stanno cacciando ovunque i francesi, sostituendoli con russi e cinesi, preferendo anche aprire un dialogo con l'Italia della Meloni.

Ho sempre più l'impressione che Macron cerchi di mantenersi al potere seguendo l'esempio del suo degno compare Zelensky che, con la scusa della guerra in corso, ha sospeso ogni elezione, ogni democratico confronto e si è auto prolungato il mandato che è scaduto ormai da due anni.

Macron non verrebbe rieletto, neppure chiamando a raccolta tutti i bellaciao d'Oltralpe, perchè essere antifascisti va bene (per loro), ma spero non si siano integralmente bruciato il cervello da continuare a votare, solo per antifascismo, uno come Macron.

Davanti a simili sceneggiate e chiedendo scusa ai Guasconi che i romanzi di Dumas ci hanno fatto apprezzare per la loro spacconeria detta, appunto, guasconeria, mentre quella di Macron è solo la peggior specie di bullaggine da asilo infantile, mi domando perchè ci stiamo a preoccupare dei rapporti diplomatici con la Francia.

Siamo tutti d'accordo, persino i cattocomunisti, che in Ucraina non manderemo soldati a farsi ammazzare, quindi, Macron, se desidera la rissa, indossi l'elmetto e parta per Kiev.

Mi correggo, tutti d'accordo, no.

Anche in Italia abbiamo un paio di simil Macron sempre pronti alla rissa, anche tra di loro e, in mancanza, con la loro immagine riflessa allo specchio.

Anche loro vorrebbero fare la guerra contro la Russia, ma fortunatamente pochi elettori hanno abboccato alle loro liste e quando si sono separati sono anche rimasti fuori dai giochi, per cui non resta loro che alzare i decibel, come Macron, ululando, impotenti, alla Luna.


24 agosto 2025

Quelli che lavorano sempre per il re di Prussia

Il Vice Presidente Salvini ha perfettamente ragione nel criticare Macron, tra l'altro con espressioni, simpaticamente dialettali ed immagini ironiche, di gran lunga più educate di quelle usate dai ministri di Macron dopo le elezioni del 25 settembre 2022 che diedero la maggioranza al Centro Destra e mandarono Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.

Ma quel che è opportuno sottolineare è che c'è, sempre, una parte politica in Italia, la sinistra cattocomunista, che ignora cosa sia l'Onore, la Dignità, l'Amor di Patria e, anche quando il Governo di Centro Destra ha ragione e si esprime per bocca del Vice Presidente Salvini, prende la parte del re di Prussia, in questo caso Macron, agendo come una quinta colonna contro l'Interesse Nazionale.

Questo risulta ancor più ridicolo da parte di taluni esponenti (Bonelli, Fratoianni) che, evidentemente, non si rendono conto di blaterare in contraddizione con se stessi e latrano contro Salvini per aver compromesso i rapporti con la Francia e, nel contempo, dicono le stesse cose di Salvini, berciando contro ogni impegno militare diretto in Ucraina. 

Purtroppo non è un vizio dei cattocomunisti di oggi, ma una veste che da sempre, sin da Togliatti, ma anche prima della repubblica come è emblematico nel caso del neutralismo socialista nella Grande Guerra, ha indossato la sinistra italiana.

Dall'opposizione alla Nato in ossequio alle direttive della Mosca sovietica, alla donazione alla Francia di un tratto di Mar Ligure; dalla puntuale esecuzione del piano di Sarkozy e Merkel che portò alla rimozione di Berlusconi, al patto del Quirinale; dall'elogiare la politica di "stare dietro" a Berlino e Parigi, fino alle odierne difese d'ufficio di un Macron sempre più all'angolo al quale la sinistra lancia (o prova a lanciare) ciambelle di salvataggio, la costante è una sistematica demolizione della Sovranità Nazionale e servile sudditanza nei confronti dello straniero di turno.

E' un male endemico dell'Italia che risale all'Italia dei Comuni, quando i signorotti locali, per non dire della chiesa e del papa di turno, incapaci di accordarsi se non per coalizzarsi contro chi riusciva ad emergere e poteva unificare lo Stivale, chiamavano ora questo, ora quell'altro sovrano straniero, regalandogli senza titolo potere e terre, pur di salvaguardare il proprio misero orticello, ma avendo come unico risultato quello di mantenere divisa una Italia serva e derisa.

La reazione di Macron è quella tipica di un soggetto in difficoltà che, dopo essere stato costretto a subire i lazzi di Trump, prova a rivalersi, con alta emotività isterica, su chi ritiene più debole.

Probabilmente lui e i suoi consiglieri hanno ancora in mente l'Italia del periodo da Monti a Draghi e non si aspettavano il sarcasmo di vedersi invitare ad andare al fronte con tanto di vignetta del Macron con elmetto e fucile.

Macron, nella sua immensa supponenza, ha quindi dato ordine di far avanzare la Vecchia Guardia dei parrucconi con le feluche.

Macron è un problema dei francesi ai quali auguro di liberarsene al più presto, prima che la sua sola presenza faccia, a loro ed a noi, troppi danni.

Il nostro problema è che viene dato spazio, credito, voce a chi lavora per il re di Prussia, danneggiando l'Interesse Nazionale.

Pensiamo solo quanto potremmo guardare dall'alto in basso francesi e tedeschi se solo sapessimo tacere, quando al governo ci sono "gli altri", nel nome del sacrosanto principio "right or wrong is my Country".


23 agosto 2025

#IostoconSalvini

Matteo Salvini ha espresso una opinione che qualunque Italiano (ma anche francese) assennato sottoscriverebbe: se a Macron prudono le mani, al punto da boicottare il tentativo di pace di Trump e di chiedere continuamente di mandare truppe in Ucraina, allora che sia il primo ad indossare elmetto e partire per il fronte.

Il traballante e minoritario governo francese ha convocato, presumibilmente istigato da una sfuriata isterica di Macron, l'ambasciatrice d'Italia protestando per le parole e richiamando la "collaborazione" tra i due stati.

La classica ipocrisia diplomatica per minacciare facendo la parte della vittima.

Macron è il primo a criticare i capi di stato stranieri, chiunque, offuschi la sua sfrenata ambizione di un novello Napoleone che diretto a Waterloo senza però essere mai passato da Austerlitz, Marengo, Jena.

Purtroppo in Italia ci sono troppi personaggi asserviti alla narrativa francese, tutti premiati con onorificenze francesi che avrebbero dovuto restituire o rifiutare dopo i sorrisini di Sarkozy nel 2011.

Ma ciò non toglie che l'Italia non debba accettare alcun tipo di sudditanza alla Francia.

Salvini ha espresso il desiderio della parte sana dell'Italia che rifiuta di combattere guerre altrui, in cui avremmo solo da perderci.

#iostoconSalvini


22 agosto 2025

E quindi uscimmo a riveder le stelle

L'Italia di Giorgia Meloni è al centro di crocevia importanti nel mondo e questo perchè con una libera elezione, il Popolo Italiano ha votato dando una maggioranza coesa e stabile ad una Coalizione che vede i tre partiti principali collaborare da trent'anni.

Non è una Coalizione improvvisata o basata sul mercato delle poltrone e degli strapuntini, ma fondata su basi ideali e progettuali comuni, come la riduzione delle tasse, la costruzione di opere pubbliche come il Ponte Silvio sullo Stretto, la riduzione e regolamentazione dei flussi di immigrati, con l'obiettivo di fermare ogni accesso clandestino.

Stabilità, coerenza, diplomazia, sono gli ingredienti che hanno consentito al Governo Meloni di ridurre ai minimi il famigerato spread sul quale ha costruito le sue fortune Monti, di tenere sotto controllo i conti pubblici nonostante l'enorme debito pubblico ereditato soprattutto dai governi di sinistra, cancellare i provvedimenti debitori di Conte, sedersi in Europa e nel Mondo non più "dietro" a Berlino e Parigi, ma al loro fianco e sempre più spesso davanti a loro.

Il tutto con benefiche ricadute sull'inflazione, gli stipendi, gli affari delle nostre aziende, le esportazioni, il turismo.

Insomma, si vive sicuramente meglio oggi di tre anni fa, anche se i capi della sinistra vorrebbero riportarci ai tempi bui dei confinamenti, dell'austerità, dell'assistenzialismo che toglie solo la spinta a migliorarsi per renderci tutti sudditi in una palude comune di povertà, tristezze e miserie.

Nonostante l'appoggio delle toghe, della stampa, della chiesa di parte zuppiana (in attesa di verificare come agirà il nuovo papa dopo i giorni dell'entusiasmo per l'elezione) e non solo, i cattocomunisti devono appigliarsi al loro antifascismo compulsivo per raccontare che siamo sull'orlo di un disastro che vedono solo loro (probabilmente vedono il LORO disastro, che certifica il successo dell'Italia e il Bene degli Italiani).

Nel frattempo la stabilità che abbiamo da tre anni ci porta benefici e consente al nostro Presidente del Consiglio di occuparsi con successo anche di questioni internazionali.

Ecco, su questo avrei qualche riserva, non tanto sulle scelte, legittime anche quando non le condivido come l'appoggio all'Ucraina e la critica a Netanyahu, quanto sull'utilità di sprecare così tante energie per finalità che restano e resteranno sempre al di fuori delle possibilità non solo dell'Italia ma, come vediamo, anche della prima potenza mondiale, gli Stati Uniti.

Piccole scaramucce, guerre locali che non coinvolgono attori mondiali, scontri tribali, possono trovare soluzione quando un Trump batte i pugni sul tavolo, ma là dove ci sono troppi attori che, anche nella loro piccola meschinità (leggi Macron) cercano in tutti i modi di ostacolare chi cerca la pace, allora mi sembra solo una perdita di tempo impegnarsi più di tanto, più di essere presenti a tutela dell'interesse dell'Italia a non venir travolta nel caso in cui si rompessero gli argini del buon senso.

E se è sicuramente piacevole navigare tra le stelle (e non solo guardarle da lontano come si accontentava Dante Alighieri) per essere protagonisti e non solo spettatori, le energie che una persona di qualità come la Meloni mette in tali attività sono tolte al giardino di casa, che potrebbe splendere più di quanto già non faccia.

Leggo con piacere che si sta preparando la manovra economica e che è presente l'ipotesi di ridurre la terza aliquota Irpef di due punti, come leggo con interesse la benevola attenzione con la quale il Governo guarda alle manovre che potrebbero restituire interamente in mani italiane il controllo di un importante Istituto di Credito come Mediobanca e, in prospettiva, la principale Compagnia di Assicurazioni.

Meno piacere ho nel vedere che il Centro Destra ricade nello sbaglio dell'epoca di Berlusconi, con i piccoli dirigenti locali che si fanno la guerra per un posto al sole, nella convinzione che sarà poi la Meloni a trainare i voti necessari per essere eletti.

La Meloni fa benissimo a volare, ma non a rinunciarvi in attesa di novità sull'Ucraina o sul Medio Oriente, in estremo oriente per aprire nuovi mercati e fare nuovi accordi, ma il resto delle sue energie, le metta sul fronte interno, per guidare la Coalizione, potenzialmente vincente ovunque purchè non ci si sieda sulle sbagliate convinzioni che i successi all'estero portino i successi in Patria, con quella stessa mano ferma che usa nel trattare con Macron, rimettendo il suo pur coetaneo francese, in riga, come merita.

21 agosto 2025

Il realismo della Meloni

Ogni volta che ci si avvicina ad un possibile accordo che ponga fine alla guerra in Ucraina, si distinguono, in negativo, individui ai quali, probabilmente, prudono le mani e, in realtà, avrebbero bisogno di una lezione, più che di essere coccolati e ascoltati in favore di telecamera.

Ogni riferimento a Macron è voluto, ma anche Tusk, tutti i baltici che sembrano fatti con lo stampino di Kaia Kallas, primi ministri di stati con un paio di milioni di abitanti, eppure eccola a dettar legge credendosi una Churchill in gonnella.

Per non dire dell'ambiguità di un Merz che vorrebbe, ma non può, far riemergere lo spirito bellicoso, più che bellico, del suo popolo.

Si distingue, e sono felice di aver contribuito ad insediarla a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni che, pur seguendo coerentemente la scelta di appoggiare l'Ucraina, mai messa in dubbio, esclude con forza che l'Italia possa schierare reparti sul campo, anche dopo una eventuale pace.

La Meloni sa che il suo appoggio all'Ucraina le costa simpatie, anche se forse non perderà consensi perchè a destra sappiamo ragionare e non abbiamo l'antifascismo compulsivo che i bellaciao applicano ad ogni espressione della politica, come vediamo quotidianamente leggendo i loro commenti su X.

L'Italia è sempre stata considerata un alleato inaffidabile, uno stato dalla lingua biforcuta, frutto di un duplice tradimento nelle due guerre mondiali.

Nella prima guerra, l'Italia era parte, inopinatamente, della Triplice Alleanza, con i nemici storici di Austria e Germania, salvo entrare in guerra, un anno dopo il suo inizio, contro di loro e a fianco della Triplice Intesa.

Una scelta naturale considerati i territori rivendicati tutti sotto amministrazione austriaca, ma inopportuna dal punto di vista della affidabilità del giovane Regno.

Nella seconda guerra mondiale abbiamo fatto di peggio, iniziando la guerra, sempre un anno dopo, assieme, sì, al nostro alleato (ancora una volta la Germania, scelta sempre sbagliata), aggredendo una Francia già piegata, con l'illusione che gli Inglesi si sarebbero non arresi, ma accontentati di una pace che avrebbe consegnato l'Europa ad Hitler.

Calcolo sbagliato e così la guerra si prolungò fino ad esaurimento di uno stato già provato dalla conquista dell'Impero nel 1936 e qui si consumarono una serie di tradimenti: il Gran Consiglio che sfiduciò Mussolini, il Re che lo fece arrestare per sostituirlo con Badoglio e la resa senza onore, segreta e occultata fino all'8 settembre, di quest'ultimo al nemico, al punto che pare che gli Inglesi stessi avessero coniato il verbo "to badogliate" per indicare un tradimento.

Con tali premesse non potevamo pensare di ricoprire ruoli affidabili e la stessa ambigua politica della prima repubblica su alcuni scacchieri internazionali (soprattutto sul Medio Oriente da parte di Andreotti e ancor più di Craxi che prima protesse a Sigonella e poi lasciò andare liberi dei terroristi palestinesi assassini che avevano dirottato l'Achille Lauro e ucciso un passeggero ebreo) non avevano contribuito a sanare la naturale e legittima diffidenza sulla nostra affidabilità.

Ci provò Berlusconi a ristabilire una credibilità dell'Italia, con la partecipazione alla liberazione dell'Afghanistan e alla pacificazione dell'Iraq liberato dopo l'infame attentato islamico dell'11 settembre, ma dopo i suoi governi si tornava sempre alla solita politica ambigua.

E' arrivata quindi l'operazione militare speciale contro l'Ucraina da parte della Russia e qui, accodandosi all'unione europea, in perfetto stile Prodi che predica la bellezza di "stare dietro" a Berlino e Parigi, Draghi scelse di stare con l'Ucraina e di rincalzo Mattarella pronunziò e continua a pronunciare pistolotti infarciti di retorica bellica a sostegno del comico di Kiev.

Vinte le elezioni del 2022 con un elettorato probabilmente diviso in due, ma prevalentemente incline a non immischiarsi nelle guerre altrui, la Meloni ha presumibilmente scelto di non cambiare, ancora una volta, la posizione dell'Italia, confermando la linea di sostegno all'Ucraina, inviando denaro e armi ma, almeno, tenendo ferma la barra, negando coinvolgimenti diretti.

Una scelta che comprendo, in parte, relativamente alla necessità di non dare dell'Italia la solita immagine inaffidabile, condivido, ma che mi auguro mantenga la linea rossa invalicabile dell'invio di reparti sul campo di battaglia, anche sotto forma di forze di pace e di interposizione.

Sono confortato in questo da una secca battuta che la Meloni avrebbe rivolto a Macron, chiedendogli: e quanti uomini dovremmo inviare ?

Infatti se è mia convinzione che un'azione militare delle truppe occidentali, anche senza gli Stati Uniti, sarebbe in grado di respingere i russi (al netto del rischio nucleare che sarebbe immenso perchè se i russi si vedono sconfitti non esiterebbero a lanciare i missili contro di noi e non saremmo in grado di fermarli) perchè abbiamo armi migliori, militari professionisti e addestrati, il problema è proprio quello della quantità, lo stesso che sta facendo arretrare costantemente ma inesorabilmente le linee ucraine.

Nel 2005 fu sospeso e poi abolito un servizio di leva che, già nel ventennio precedente, era stato fortemente penalizzato riducendo i mesi di "naja" e gli effettivi in addestramento.

Questo vuol dire che quasi tutta la popolazione di età inferiore ai 40 anni e una vasta parte tra i 40 e 60, cioè quella che prima di ogni altra fascia d'età, in ogni tempo, è chiamata a servire la Patria in armi, è totalmente priva di addestramento militare.

Impossibile in tale situazione, nel breve, schierare reparti in numero adeguato a controllare una lunghissima linea di confine terrestre in Ucraina, anche assieme agli eserciti di nazioni praticamente tutte nelle nostre condizioni.

E' giusto, a mio avviso, aumentare le spese per la difesa, come sarebbe giusto ripristinare il servizio militare obbligatorio, con richiami periodici di aggiornamento, magari con riservisti inquadrati in una Guardia Nazionale.

Ma un simile progetto richiede tempo, sono passati venti anni dall'ultimo scaglione chiamato a svolgere il servizio di leva e venti anni sono tantissimi per pensare di avere una riserva che possa essere mobilitata in ventiquattro ore come sta in queste ore facendo, con grande efficienza, l'IDF di Israele.

L'apprezzabile realismo della Meloni è tutto qui: cercare di riparare ai danni del passato mostrandoci credibili e affidabili nelle nostre alleanze e, nel contempo, trovare il modo per guadagnare quegli anni necessari per poter tornare ad avere Forze Armate non solo bene armate e tecnologicamente avanzate, ma anche con un numero di effettivi addestrati adeguato a sostenere impegni prolungati e diffusi.

20 agosto 2025

Pacifinti messi a nudo

Per anni hanno ammorbato la politica con la loro liturgia pacifinta, le loro bandiere arcobaleno, le loro marcette domenicali, peraltro sempre a senso unico, sostenendo le pretese di chi è contro l'Occidente.

Sono stati coccolati e viziati dai politici di sinistra che, in cambio, hanno avuto la cortesia del loro silenzio quando D'Alema e Mattarella (presidente e vicepresidente delconsiglio con delega ai servizi segreti) ordinarono di bombardare Belgrado.

I "professionisti dell'informazione", manipolatori come non mai tanto da giustificare pienamente la riottosità della Meloni a parlare con loro (molto meglio il colloquio diretto, oggi che è possibile, con i cittadini) hanno accreditato costoro come vessilliferi di un mondo senza guerre, ingannando solo chi è propenso a farsi ingannare e, quindi, merita di essere ingannato.

Ma, oggi, nonostante lo sforzo profuso dai soliti "professionisti dell'informazione", nel dipingere un'immagine distorta del vertice di Washington, esaltando più il livido Macron e l'ambiguo Merz, invece di applaudire la grande prestazione della Meloni, persino chi è propenso ad essere ingannato sarà più difficile ingannare.

E' evidente che c'è una parte della politica internazionale che non vuole la pace in Ucraina e, francamente, non capisco bene l'utilità di una tale posizione.

Il conflitto ucraino non ci serve, ci costa non solo per aver dovuto abbandonare l'acquisto delle materie prime dalla Russia, abbondanti e a basso prezzo, ma anche perchè l'unione europea si è stoltamente accollata l'onere di acquistare le armi da regalare agli ucraini.

Abbiamo spinto tra le braccia della Cina, vero nemico dell'Occidente tutto, la Russia che, nel corso della sua Storia, ha sempre guardato, aspirando di esservi pienamente accolta, più a occidente che ad oriente.

Abbiamo rinunciato a quella posizione di principio, giusta, per cui erano le popolazioni a dover decidere la loro appartenenza, nella fattispecie quelle di Crimea e del Donbass se essere ucraine o essere russe.

Con una economia di guerra non ancora combattuta, stiamo compromettendo il Benessere e la Sicurezza delle nostre nazioni.

Lasciamo perdere i cattocomunisti in Italia che, nella loro squallida palude, ogni mattina si alzano pensando a cosa possono dire contro la Meloni e, dopo aver letto le cronache del vertice, invece di applaudire al successo italiano, criticano e darebbero contro alla Meloni sia che persegua l'idea di un articolo cinque esteso all'Ucraina, sia che aderisca all'invio di militari sul terreno, sia che si chiami fuori dalla follia di Macron.

Un Macron svilito sia in patria che nei consessi internazionali, dove non può fare altro che atteggiarsi a bulletto di Guascogna, facendosi fotografare con la mano in tasca e cercando di minare il terreno della pace.

Forse sperando di ripetere l'avventura del suo compare Zelensky che, da due anni, è scaduto dal suo mandato di presidente ma, causa guerra, ha sospeso le elezioni che dovrà affrontare una volta conclusa la pace, per cui l'unico modo per restare al potere ed evitare eventuali imputazioni da parte del suo successore, è continuare la guerra "fino all'ultimo ucraino".

Questa guerra, se si fosse applicato a Crimea e Donbass lo stesso criterio della autodeterminazione dei popoli, non sarebbe mai scoppiata e adesso i pacifinti sono nudi alla meta, perchè sono proprio loro a disseminare di ostacoli il percorso verso la pace che, evidentemente, invocano a parole, ma rifuggono nei fatti.


19 agosto 2025

Finiamola con gli "atti dovuti" dei magistrati !

Due casi in due giorni, sembrano fatti con lo stampino.

I Carabinieri, chiamati da cittadini spaventati e in pericolo, intervengono per riportare alla ragione un esagitato che dava in escandescenze, danneggiava proprietà e minacciava persone.

In entrambi i casi, dopo aver tentato una dissuasione a parole, i Carabinieri hanno estratto il taser e neutralizzato i due esagitati.

Caso vuole che, dopo, ma non è detto a seguito, del colpo con il taser i due muoiano.

L'autopsia dirà le cause, ma, a prescindere da tale risultanza, i Carabinieri non devono subire alcun fastidio, perchè hanno solamente fatto il loro dovere, servendo e proteggendo i cittadini spaventati e minacciati dagli energumeni che andavano neutralizzati e, non essendosi calmati con le parole, i Carabinieri hanno dovuto usare tra le armi in dotazione, quella ritenuta meno invasiva e cioè il taser di cui sono stati forniti proprio per queste circostanze.

Non so perchè i due fossero così esagitati, ma è evidente che fossero un pericolo per i cittadini, quindi dovevano essere messi nelle condizioni di non nuocere. 

Se anche la causa ultima del loro decesso, la "spintarella" finale, fosse stato il taser, nulla dovrebbe essere imputato ai Carabinieri.

Niente minacce ai passanti, niente distruzioni di proprietà, niente taser.

E' ora di finirla con i magistrati che, invece di ringraziare premiare chi rende più sicure le nostre strade e la nostra vita, si nascondono dietro un "atto dovuto" per disincentivarli dal fare quello per il quale noi, cittadini inermi e disarmati per volontà dello stato, li ringrazieremo sempre.