9 novembre 1989, eravamo davanti ai televisori a goderci un evento atteso, sperato e reclamato da tempo: la liberazione dei territori orientali d’europa dal regime più sanguinario e tirannico che mai l’uomo abbia conosciuto, il comunismo.
La rappresentazione simbolica di tale liberazione è custodita nelle cineteche di tutto il mondo ed è rappresentata dallo smantellamento popolare del muro di Berlino.
Quello stesso muro che era stato “venduto” ai gonzi che credevano nella propaganda comunista come una difesa dai vizi dell’Occidente (come si trovava persino scritto in testi di storia e di geografia adottati per i ragazzi delle medie e delle superiori).
La caduta del muro accese speranze e illusioni, perché non era stato spiegato correttamente che la libertà, da sola, non dava benessere e ricchezza, ma bisognava riempirla di contenuti e di lavoro.
Nel 1990 visitai il mio primo paese dell’est, l’Ungheria e due anni dopo, prima della pacifica secessione, la Cecoslovacchia.
Erano le due nazioni che, più delle altre, subirono il tallone comunista, invase la prima nel 1956 e la seconda nel 1968.
L’Ungheria si era già “appropriata” di una maggiore libertà, la Cecoslovacchia, ancora nel 1992, era timidamente avviata sulla strada del pieno ingresso nell’Occidente, anche se la parte slovacca rimaneva molto ancorata alla vecchia organizzazione centralista (e questa fu una delle ragioni della secessione).
Vent’anni dopo cosa resta della gioia e delle speranze di quei giorni ?
Resta, sicuramente, la consapevolezza di aver vissuto un evento epocale che ha cambiato il mondo e la politica planetaria.
La caduta del muro ha, infatti, simbolicamente rappresentato la fine del comunismo, consegnato alla storia con tutto il sangue di cui gronda, per le stragi, le guerre, i genocidi e gli omicidi perpetrati in suo nome.
Il comunismo non c’è più, anche se alcuni stati sono ancora retti, burocraticamente, da sistemi comunisti destinati ad essere spazzati via dalla forza delle libertà.
Ma se il comunismo non c’è più, purtroppo ci sono ancora i comunisti.
Il presidente della repubblica italiana, ad esempio, fu nel 1956 un sostenitore e difensore dell’invasione “fraterna” del Patto di Varsavia contro l’Ungheria.
E come lui decine e decine di uomini politici, cresciuti nelle scuole di partito, avranno cambiato il nome del loro partito, ma restano comunisti nei modi e, ciò che più conta, nella mentalità.
Del resto non possiamo pretendere che dopo aver passato una vita imbottiti ed imbottendo le teste della propaganda comunista, qualche danno permanente non sia rimasto.
Di passaggio annotiamo che la prima uscita dell’assemblea nazionale del “nuovo” pci/pds/ds/pd targato Bersani avviene il 7 novembre, anniversario della “rivoluzione di ottobre” che nel 1917 portò i comunisti al potere in Russia: coincidenza o scelta, mai data fu più inidicativa delle radici mai recise del pci/pds/ds/pd.
Devo dire che apprezzo molto più i Bertinotti, i Ferrero, i Diliberto, dei D’alema, Veltroni, Bersani.
I primi restano comunisti e, per quanto sciocco e anacronistico, continuano a tenere nel nome del loro partito quell’aggettivo, i secondi cercano in ogni modo di cancellare il loro passato, proponendosi con una verginità che non appartiene loro.
E riescono ad insinuarsi anche oggi che il comunismo non c’è più, come accade al già ricordato presidente della repubblica italiana (non voterei mai un comunista per quella carica e non riesco a sentirlo come il “mio” presidente !) o alla “mente migliore” del pci/pds/ds/pd, quel Massimo D’alema che è riuscito persino ad entrare nelle grazie del Premier Silvio Berlusconi che, tanto generosamente quanto incautamente, sembra sostenerlo per l’incarico di “ministro degli esteri” della unione europea: chiunque, caro Silvio, di qualunque nazione, purchè non abbia un passato comunista.
Dobbiamo infatti solo attendere che i vecchi comunisti si estinguano naturalmente, possibilmente senza concedere loro la possibilità di fare altri danni.
Adesso gli stati dell’europa dell’est sono liberi e retti da governi eletti dal popolo.
Hanno superato, anche con drammatiche emergenze, il passaggio da un sistema dove tutto era ordinato secondo i voleri del “partito” (comunista) ad uno in cui il principale artefice del proprio destino è l’individuo.
Vent’anni dopo, però, si addensano nubi nerissime sui popoli e le nazioni d’europa, tali da far pensare che questi venti anni siano una parentesi tra due epoche tragiche.
La firma apposta dal presidente ceco Vaclav Klaus al “trattato” di Lisbona, ripropone, dal 1° dicembre 2009, una nuova unione sovietica, oppressiva, portata a rinnegare e anche a strappare le radici dei popoli e delle nazioni europee, economicista, dirigista, burocratica.
Mi auguro che non si debbano attendere 72 anni per liberarci da simile oppressione e che i popoli e le nazioni europee, conosciuta la libertà, non intendano mai più rinunciarvi.
Il 9 novembre è la Festa della Libertà, perché è la data simbolica della caduta del comunismo, il regime più tirannico e sanguinario che mai l’Umanità abbia conosciuto.
Ricordiamo (in ordine alfabetico …) anche gli Uomini e la Donna che favorirono, con il loro comportamento, l’evento che oggi viene celebrato:
George H.W. Bush, presidente degli Stati Uniti d’America dal 1989 al 1993
Ronald Reagan, presidente degli Stati Uniti d’America dal 1981 al 1989
Margareth Thatcher, Primo Ministro del Regno Unito dal 1979 al 1990.
Karol Woityla, Papa con il nome di Giovanni Paolo II dal 1978 al 2005.
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La rappresentazione simbolica di tale liberazione è custodita nelle cineteche di tutto il mondo ed è rappresentata dallo smantellamento popolare del muro di Berlino.
Quello stesso muro che era stato “venduto” ai gonzi che credevano nella propaganda comunista come una difesa dai vizi dell’Occidente (come si trovava persino scritto in testi di storia e di geografia adottati per i ragazzi delle medie e delle superiori).
La caduta del muro accese speranze e illusioni, perché non era stato spiegato correttamente che la libertà, da sola, non dava benessere e ricchezza, ma bisognava riempirla di contenuti e di lavoro.
Nel 1990 visitai il mio primo paese dell’est, l’Ungheria e due anni dopo, prima della pacifica secessione, la Cecoslovacchia.
Erano le due nazioni che, più delle altre, subirono il tallone comunista, invase la prima nel 1956 e la seconda nel 1968.
L’Ungheria si era già “appropriata” di una maggiore libertà, la Cecoslovacchia, ancora nel 1992, era timidamente avviata sulla strada del pieno ingresso nell’Occidente, anche se la parte slovacca rimaneva molto ancorata alla vecchia organizzazione centralista (e questa fu una delle ragioni della secessione).
Vent’anni dopo cosa resta della gioia e delle speranze di quei giorni ?
Resta, sicuramente, la consapevolezza di aver vissuto un evento epocale che ha cambiato il mondo e la politica planetaria.
La caduta del muro ha, infatti, simbolicamente rappresentato la fine del comunismo, consegnato alla storia con tutto il sangue di cui gronda, per le stragi, le guerre, i genocidi e gli omicidi perpetrati in suo nome.
Il comunismo non c’è più, anche se alcuni stati sono ancora retti, burocraticamente, da sistemi comunisti destinati ad essere spazzati via dalla forza delle libertà.
Ma se il comunismo non c’è più, purtroppo ci sono ancora i comunisti.
Il presidente della repubblica italiana, ad esempio, fu nel 1956 un sostenitore e difensore dell’invasione “fraterna” del Patto di Varsavia contro l’Ungheria.
E come lui decine e decine di uomini politici, cresciuti nelle scuole di partito, avranno cambiato il nome del loro partito, ma restano comunisti nei modi e, ciò che più conta, nella mentalità.
Del resto non possiamo pretendere che dopo aver passato una vita imbottiti ed imbottendo le teste della propaganda comunista, qualche danno permanente non sia rimasto.
Di passaggio annotiamo che la prima uscita dell’assemblea nazionale del “nuovo” pci/pds/ds/pd targato Bersani avviene il 7 novembre, anniversario della “rivoluzione di ottobre” che nel 1917 portò i comunisti al potere in Russia: coincidenza o scelta, mai data fu più inidicativa delle radici mai recise del pci/pds/ds/pd.
Devo dire che apprezzo molto più i Bertinotti, i Ferrero, i Diliberto, dei D’alema, Veltroni, Bersani.
I primi restano comunisti e, per quanto sciocco e anacronistico, continuano a tenere nel nome del loro partito quell’aggettivo, i secondi cercano in ogni modo di cancellare il loro passato, proponendosi con una verginità che non appartiene loro.
E riescono ad insinuarsi anche oggi che il comunismo non c’è più, come accade al già ricordato presidente della repubblica italiana (non voterei mai un comunista per quella carica e non riesco a sentirlo come il “mio” presidente !) o alla “mente migliore” del pci/pds/ds/pd, quel Massimo D’alema che è riuscito persino ad entrare nelle grazie del Premier Silvio Berlusconi che, tanto generosamente quanto incautamente, sembra sostenerlo per l’incarico di “ministro degli esteri” della unione europea: chiunque, caro Silvio, di qualunque nazione, purchè non abbia un passato comunista.
Dobbiamo infatti solo attendere che i vecchi comunisti si estinguano naturalmente, possibilmente senza concedere loro la possibilità di fare altri danni.
Adesso gli stati dell’europa dell’est sono liberi e retti da governi eletti dal popolo.
Hanno superato, anche con drammatiche emergenze, il passaggio da un sistema dove tutto era ordinato secondo i voleri del “partito” (comunista) ad uno in cui il principale artefice del proprio destino è l’individuo.
Vent’anni dopo, però, si addensano nubi nerissime sui popoli e le nazioni d’europa, tali da far pensare che questi venti anni siano una parentesi tra due epoche tragiche.
La firma apposta dal presidente ceco Vaclav Klaus al “trattato” di Lisbona, ripropone, dal 1° dicembre 2009, una nuova unione sovietica, oppressiva, portata a rinnegare e anche a strappare le radici dei popoli e delle nazioni europee, economicista, dirigista, burocratica.
Mi auguro che non si debbano attendere 72 anni per liberarci da simile oppressione e che i popoli e le nazioni europee, conosciuta la libertà, non intendano mai più rinunciarvi.
Il 9 novembre è la Festa della Libertà, perché è la data simbolica della caduta del comunismo, il regime più tirannico e sanguinario che mai l’Umanità abbia conosciuto.
Ricordiamo (in ordine alfabetico …) anche gli Uomini e la Donna che favorirono, con il loro comportamento, l’evento che oggi viene celebrato:
George H.W. Bush, presidente degli Stati Uniti d’America dal 1989 al 1993
Ronald Reagan, presidente degli Stati Uniti d’America dal 1981 al 1989
Margareth Thatcher, Primo Ministro del Regno Unito dal 1979 al 1990.
Karol Woityla, Papa con il nome di Giovanni Paolo II dal 1978 al 2005.
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10 commenti:
Massimo, spero che in questo tuo inno alla libertà, tu ti renda conto che, al di là di una questione di simboli, nella vita pratica di chi lo subiva, non c'è molta differenza tra l'Unione Sovietica e l'Italia Fascista.
Entrambi erano regimi che negavano la libertà degli individui, imponendo, con la violenza il proprio volere. Parate militari, esaltazione del leader, culto della forza, imprigionamento e uccissione degli oppositori politici. Tutte cose, che trovavi sia nell'uno che nell'altro.
no, giusto avvisarti, perché, leggendo lo storico del tuo blog, mi è venuto il sospetto che magari non te ne eri accorto
Io invece non festeggio proprio niente. Perché prima almeno sapevamo dalla cortina di ferro, qual era il mondo libero e quale, quello totalitario. Cadendo il muro è stata data la stura alla globalizzazione from Marx to Market. E con questa, a una nuova dittatura mondialista dove non avremo nemmeno più un cantuccio identitario in cui rifugiarci.
NUlla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma (Legge di Lavoisier).
Paragonare il Fascismo al comunismo è lo stesso atteggiamento pilatesco di chi, negli anni settanta, parlava di "opposti estremismi".
Infatti poi si è visto contro chi lo stato ha dovuto mobilitarsi. Purtroppo esaltando il pentitismo.
Nessie. Che la caduta del muro fosse foriera di grandi aspettative è innegabile. Che tali aspettative siano state in parte tradite dai burocrati che, invece di applicare una vera libertà (politica, di mercato, di pensiero), hanno cercato di imbrigliare gli individui con leggi, leggine, direttive e ammennicoli vari tutti finalizzati al peprpetuarsi del loro potere burocratico, è altrettanto vero.
Del resto la Storia dell'Umanità è un continuo combattere e così continueremo.
scusa, ma allora mi spieghi le differenze?
Le spiego io, le differenze, in poche parole: il comunismo negava all' uomo la speranza di migliorare la propria condizione, il proprio futuro. Questo , il Fascismo, non lo fece mai.
Inutile perdere tempo con simili esseri, non capiranno mai.
è curioso come, se si pensa al lavoro dei personaggi in questione a diverse latitudini, il giudizio storico su di essi muti drasticamente.
Beh, stasera quando Berlusconi da Berlino ha detto che senza la caduta del Muro non sarebbe stata possibile la globalizzazione, come se fosse una grande conquista ho pensato davvero che c'è poco da festeggiare:-(.
E se poi mandano al "governo europeo" (primo passo per quello mondiale) D'Alema, allora andrei personalmente a Berlino e lo rimetterei in piedi pietra su pietra, questo muro.
Viciuos. Sono perfettamente convinto che per i comunisti presidenti come Carter o papi come Paolo VI fossero l'ideale ... :-)
Agenzia ASCA: ''Quel giorno del 1989 - dice Napolitano - ha segnato, al pari del 9 maggio del 1945, uno spartiacque della storia europea e mondiale del XX secolo: si apri' allora la strada in Germania dell'Est all'affermazione di diritti di liberta' che erano gia' stati sanciti con l'adozione delle Costituzioni subito dopo la II Guerra Mondiale, in particolare a Roma e a Bonn, nei paesi in cui erano stati sconfitti il nazismo e il fascismo."
E questo sarebbe un discorso da uomo "super-partes"? Ma mi faccia il piacere..! (direbbe un altro napoletano, lui sì "super"): ma non stavamo parlando della caduta di un regime comunista?
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