Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

28 dicembre 2008

Hamas e Gheddafi

La settimana di Natale non ha avuto particolari sussulti.
C’è un sospetto avvicinamento tra pd e pdl sul tema delle riforme (anche della giustizia) che mi induce a ritenere che non sarà attuata quella rivoluzione necessaria a riscrivere, dal primo all’ultimo articolo, la costituzione che resta un feticcio cartaceo per una buona parte della politica italiana (almeno nella retorica parolaia che contraddistingue i discorsi ufficiali).
C’è stata l’ennesima conferma che le lobbies omosessuali accettano solo ciò che è a loro favore e sono allergiche alle critiche o alle tesi contrastanti, dimostrando in ciò una vocazione illiberale e censoria .
E ci sono stati i soliti sbarchi di illegali a Lampedusa, mentre in medio oriente Hamas prima rompe la tregua e lancia i missili contro Israele, poi, davanti alla ferma reazione ebraica, strepita contro "l’aggressione sionista", somigliando sempre più al protagonista di quella barzelletta che, dopo aver rimediato per la sua arroganza un paio di cazzotti, cerca di “farsi trattenere” dal pubblico circostante “sennò lo ammazzo”.
Questi due ultimi fatti meritano una più approfondita riflessione.
Il 30 agosto Berlusconi strinse un accordo vergognoso con il colonnello libico: soldi e costruzione di una autostrada in cambio di un controllo delle coste da cui partono gli illegali.
L’accordo non viene mantenuto.
Personalmente auspico (ma non ci spero) che il trattato venga bocciato, perché è offensivo nei confronti della nostra Storia Coloniale che merita di essere ricordata come una pagina positiva della Storia Patria.
E anche perché Gheddafi se trova una controparte debole alzerà sempre più il prezzo (veggasi come invece è andato a cuccia con Reagan e con Bush, risarcendo anche i danni umani e materiali di Lockerbie).
Il linguaggio che Gheddafi poteva comprendere era, invece, quello di inviare una squadra navale a rendere effettivo, senza tante chiacchiere e senza rinnegare la nostra Storia, il blocco delle coste libiche e far cessare il lancio di bombe umane – devastanti per il nostro tessuto sociale e per la nostra economia come le bombe dei missili - contro l’Italia.
Il 19 dicembre Hamas dichiara la fine della tregua e, contemporaneamente, ricomincia a lanciare i missili contro Israele.
Il mondo guarda e tace.
Il 27 dicembre – ben 8 giorni dopo – in assenza di una qualsiasi reazione mondiale che ne garantisca la sicurezza, Israele lancia una rappresaglia decisa.
Tutti quelli che guardavano tacendo mentre i palestinesi attaccavano Israele ora si agitano, convocano il consiglio di sicurezza dell’onu e mettono sullo stesso piano le azioni dell’aggressore palestinese con quelle della reazione di Israele.
Siamo alle solite.
Israele dovrebbe lasciarsi bombardare senza reagire, esattamente come, secondo alcuni Soloni, noi dovremmo accogliere gli illegali senza tentare (almeno) di bloccarli nei porti di partenza.
Chi propugna simili teorie ha una inequivocabile vocazione al suicidio (prego si accomodi: purchè non coinvolga anche chi non vuole suicidarsi).
Chi è aggredito ha il diritto di reagire per porre fine, in un modo o in un altro, all’aggressione.
E’ un diritto che ha Israele nei confronti dei palestinesi, ma che abbiamo anche noi Italiani nei confronti degli illegali che vengono lasciati partire dai porti africani per sbarcare sulle nostre coste.

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21 dicembre 2008

Caro Gesù Bambino

Grazie per aver esaudito il mio desiderio dello scorso anno , un dono piovuto dal cielo quel 17 gennaio 2008, quando il governo di allora fu sfiduciato e mandato in pensione (si spera definitiva).
Purtroppo la ciambella non è riuscita col buco e adesso abbiamo, è vero, un governo di gran lunga migliore di quello precedente, ma al quale manca una componente fondamentale: la Destra.
Ma so che non si può avere tutto e sarei ingrato se non ringraziassi per aver rimosso il peggio dal nostro destino, ora toccherebbe a tutti noi far sì che questo governo da sufficiente, divenga ottimo.
Ci riprovo, quindi, anche quest’anno.
In cuor mio avrei un desiderio, ma è talmente corrosivo che non lo esterno, preferisco possa accadere se si vorrà “così colà dove si puote ciò che si vuole.
Ma non è l’unico.
Vorrei uno stato che, allontanandosi dalla mia vita e dalle mie tasche, garantisse la mia totale Libertà, rifiutando l’inquisitoria e medievale direttiva europea millantata contro il presunto razzismo e la presunta xenofobia che secondo gli ispiratori e gli estensori del provvedimento sarebbero in crescita in europa, in realtà finalizzata a impedire la circolazione delle idee, di tutte le idee non conformi, per dare spazio solo a quelle gradite all’establishment.
Vorrei uno stato che, allontanandosi dalla mia vita e dalle mie tasche, facesse bene quel poco che si richiede quando ci si associa: Sicurezza, Ordine, Giustizia, Efficienza.
Vorrei uno stato che, allontanandosi dalla mia vita e dalle mie tasche, potesse ripristinare una Istruzione degna di questo nome, restaurando senso dell’Autorità e rispetto della Gerarchia.
Vorrei uno stato che, allontanandosi dalla mia vita e dalle mie tasche, seppellisse di pernacchie e risate i solipsismi degli ecoambientalisti e dei “politicamente corretti”.
Vorrei uno stato che, allontanandosi dalla mia vita e dalle mie tasche, non avesse paura di riaffermare le nostre Radici Romane e Cristiane, affidandosi al Diritto Naturale e alla Tradizione che ha, nel Natale, una Stella Polare.
Sono tanti desideri che richiedono anche un atteggiamento … proattivo (si direbbe nelle riunioni aziendali) da parte di tutti e quindi un tempo lungo anni per vederli realizzati.
Ma c’è un desiderio che potrebbe essere esaudito sul finir della primavera, il 6 e 7 di giugno.
Caro Gesù Bambino, vorrei un Sindaco da poter considerare anche “mio”.
Un Sindaco che conosca la città che deve amministrare e che non abbia i paraocchi ideologici, ma riesca a restituire smalto ad una città in caduta libera sotto ogni profilo.
Un Sindaco che capisca le esigenze di questa cittadona, un po’ paese, un po’ metropoli, a cominciare dalla sicura e libera circolazione per le proprie strade.
Un Sindaco che pensi ad amministrare e non ad agguantare ambiziose e improbabili carriere in un partito o addirittura nella politica nazionale.
Un Sindaco che sappia rivitalizzare e ripulire (in tutti i sensi) questa splendida città che è Bologna e che non merita altri cinque anni con una giunta composta dalle stesse forze politiche che l’hanno affossata sotto un sindaco estraneo al suo tessuto sociale, culturale ed economico.

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17 dicembre 2008

Ho viaggiato ad Alta Velocità

Domenica 14 dicembre sono iniziate le corse regolari del treno ad alta velocità sulla linea Bologna – Milano e oggi mi sono trovato nella necessità di fruirne.
Con grande soddisfazione.
Non che abbia spesso necessità di viaggiare (per lavoro), ma la tratta con Milano mi vede come frequentatore almeno quattro o cinque volte l’anno.
Il risparmio di un’ora circa (40 minuti sull’orario ufficiale) consente però di arrivare a Milano e tornare a Bologna in un tempo ragionevole e, con le priorità concesse al treno superveloce, di rispettare gli orari.
Già, perché anche i “vecchi” Eurostar non sempre trovavano la precedenza (mi ricordo un allucinante viaggio, alcuni anni fa, causato da una improvvisa deviazione su Mantova per un incidente a Reggio Emilia che allungò il viaggio da 1,45 minuti a quasi sei ore !).
Servizio impeccabile, carrozze decenti.
Da segnalare in negativo l’offerta scarsa dei quotidiani: solo la Gazzetta dello Sport, Repubblica e il Corriere (e questo alle 8,24 del mattino !) .
Ma perché scrivo tutto ciò ?
Non certo per fare pubblicità a Trenitalia, ma per arrivare ad una conclusione a conferma di quanto, più volte, ho espresso in queste pagine.
Gli ecoambientalisti, con le loro fissazioni, le loro battaglie di retroguardia, sono una autentica palla al piede per il progresso della nazione.
Tutti gli ostacoli che hanno posto e che continuano a frapporre per l’ammodernamento e lo sviluppo di una rete ad alta velocità in Italia, sono danni reali alla nostra economia ed al nostro sistema produttivo.
Questa alta velocità che ho sperimentato oggi, con un guadagno, sugli orari ufficiali, di 100 minuti ma, nella realtà visti i ritardi cronicamente realizzati dai vecchi Eurostar, di un paio d’ore, sono altrettanti benefici per tutti i fruitori del servizio, anche sotto il profilo della qualità della vita.
E’ opportuno e necessario rilevarlo, anche per sostenere lo sviluppo delle moderne tecnologie che non possono essere rallentate dai solipsismi dei soliti catastrofisti con la testa rivolta sempre al passato.

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16 dicembre 2008

Zampognari d'Abruzzo

Come già accadde nel Molise nel 2001, Berlusconi, a pochi mesi dalla vittoria alle politiche, riconquista una regione, scossa da scandali e inquisiti eccellenti.
L’Abruzzo del dopo Del Turco è tornato al Cavaliere, con un fortissimo segnale di disperata sfiducia nel rito elettorale rappresentato dal 48% di astensioni.
Ma le astensioni colpiscono ormai tutti e anche il non voto è una scelta legittima.
Tra il 52% dei votanti ha prevalso Berlusconi che, nonostante la crisi finanziaria, nonostante le retromarce sulla scuola, la giustizia e sulla sicurezza, nonostante il pacco tirato agli italiani con l’Alitalia, nonostante la campagna infamante orchestrata dagli avversari persino su Sky, continua ad essere ritenuto l’unico che possa reggere il timone del governo.
Una durissima lezione subisce il pci/pds/ds/pd di Veltroni che ora è, oggettivamente, più debole sia all’interno che all’esterno e che, con una freudiana dichiarazione, afferma di “voler fare molto di più per il pd”: più di quel che ha già fatto ?
Il pendolo veltroniano, che oscilla tra opposizione durissima alla Di Pietro e inciucio, ha dato i suoi frutti: Berlusconi ha vinto di nuovo, mentre i “duri e puri” si sono rifugiati tra le braccia di Di Pietro che, c’è da scommetterci, pensa di avere trovato il filone giusto e rincarerà la dose, mostrandosi ancor più sfascista di quanto è stato fino ad oggi.
L’Udc ha miseramente raggiunto un inutile 5% e La Destra dopo aver costretto all’uscita Daniela Santanchè ha perso la metà dei voti che aveva avuto ad aprile.
Storace dopo il voto di aprile ha sbagliato praticamente tutto.
Ha votato Alemanno a Roma senza alcun apparentamento.
Ha lasciato che la Santanchè fosse quotidianamente aggredita nel suo blog.
Ha spostato il centro di interesse del partito verso una politica romanocentrica e meridionalista, puntando su personaggi che, forse, possono riuscire nelle borgate, non certo come leaders nazionali.
Il risultato è una Destra ancora più frammentata e dispersa che porrà molti dubbi sulle scelte elettorali del prossimo anno a chi, come me, esclude di poter votare per un partito “di centro, moderato e liberale”, nonostante Berlusconi, vista la presenza così massiccia e così in rilievo di socialisti e di personaggi ai quali non possibile dare una collocazione e che diventano, ogni giorno di più, dichiarazione dopo dichiarazione, sempre meno presentabili, credibili e affidabili come il signor Gianfranco Fini che oggi se ne è uscito con un’altra delle sue, questa volta contro la Chiesa.
C’è solo da augurare lunga vita (politica e non) a Silvio Berlusconi, perché, veramente, dopo di lui – nonostante i suoi errori - il diluvio.

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15 dicembre 2008

Torneranno i Colonnelli ?

In Grecia continuano le contestazioni di piazza.
L’impressione è che siano messi peggio di noi, intendo sotto il profilo "evolutivo".
Senza offesa per i sudamericani, si direbbe che i continui moti di piazza, le manifestazioni sindacali, gli scontri con le Forze dell’Ordine, le devastazioni delle proprietà private, sono “roba da Sud America.
Anche lì hanno innalzato ad eroe uno che era in piazza a contestare (almeno pare che non lanciasse estintori …).
E la Grecia non riesce a sollevarsi dal suo ultimo posto in europa, da cui persino irlandesi e portoghesi sono usciti.
E me ne rammarico, perché amo la Grecia classica anche se, pur essendovi stato tre volte, solo una volta – nel lontano 1985 – “volli, fortissimamente volli” ripercorrere i luoghi della Grande Storia dell’Umanità e della Civiltà Occidentale: Maratona, Termopili, Salamina e Platea.
E trovai … il nulla !
Solo una statua (allora recentissima) dedicata a Leonida alle Termopili, una fontana a Platea e una stele (nella fotografia) a Maratona, anche queste apparentemente recenti.
Non so se, dopo oltre venti anni, hanno valorizzato quei luoghi storici, ma ne dubito visto quello che combinano nelle piazze.
E combinano disordini e devastazioni senza che le Forze dell’Ordine intervengano con determinazione, un po’ come in Italia.
Mi ricordo un altro periodo turbolento, un altro Karamanlis e un altro Papandreu.
Era l’aprile del 1967.
In Grecia era ancora vivo il ricordo della barbarie dei comunisti che avevano cercato di conquistare il potere con la forza e la violenza e molti temevano la vittoria dei socialisti di Papandreu.
I militari assunsero così il ruolo guida della nazione, con una Giunta Militare guidata da George Papadopoulos.
La Giunta governò la Grecia dal 1967 al 1974 quando, sbagliando i suoi conti esattamente come fece Galtieri capo dei militari argentini nel 1981 occupando le Falklands, cercò di portare nella sua orbita Cipro.
L’intervento della Turchia, divise Cipro e segnò la fine della Grecia dei Colonnelli.
Oggi la Grecia, alla faccia dell’essere la patria della democrazia, è in preda ad analoghe turbolenze e, ancora una volta, è la sinistra che distrugge la proprietà altrui ed usa violenza, proclama scioperi, incurante dei danni che provoca.
La Storia non si ripete mai sempre uguale, ma è possibile che nei paesi mediterranei noi si debba convivere con una sinistra che non impara mai dai suoi errori e che diventa una autentica palla al piede per ogni nostro sviluppo e progresso ?

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14 dicembre 2008

B&B: Berlusconi & Brunetta e le pensioni

E’ dal 1994 che Silvio Berlusconi trova sulla sua strada, tra i tanti, il problema delle pensioni.
Il suo primo governo fu ribaltato dal tradimento della Lega, irretita da D’alema e da una promessa mai mantenuta sul federalismo, ma il pretesto fu dato dalle manifestazioni di retroguardia dei sindacati e della sinistra contro la riforma proposta dal governo.
Poi, l’anno successivo, Dini fece una inutile riformetta, un pannicello caldo che non ha risolto i problemi tanto che abbiamo poi avuto la Riforma Maroni e la controriforma Prodi.
Ed oggi eccoci qui che, dopo una “battuta” fondata sulla logica e il buon senso del ministro Brunetta, siamo di nuovo a parlare di pensioni.
E siamo di nuovo a parlarne in presenza di una apparente spaccatura nella strategia tra Lega e Berlusconi, con la prima che, accantonati o addirittura ribaltati i temi che le hanno consentito di ottenere un grande successo alle elezioni (lotta agli illegali, sicurezza, moratoria sulla costruzione delle moschee, no al trattato di Lisbona) gioca tutto sulla ruota dell’accordo con la sinistra per ottenere l’agognato federalismo.
Mentre Berlusconi, stanco di essere apostrofato con ogni epiteto non piacevole da chi, poi, bussa alla sua porta per ottenere un posto al “tavolo delle riforme”, parla come il Berlusconi dei bei tempi, quel Berlusconi che, se fosse sempre sulla stessa linea, non avrebbe mai perso il mio voto.
In questo quadro arriva la zampata di Brunetta, peraltro molto edulcorata nella formulazione rispetto al sunto giornalistico.
Ragioniamo infatti sui titoli di telegiornali e stampa: “Donne in pensione a 65 anni, progetto del ministro Brunetta”.
Ma negli articoli leggiamo la frase, più che prudente, direi molto timida, di Brunetta: “abbiamo bisogno di innalzare l’età e dobbiamo farlo in modo flessibile, volontario e tale che ci sia un equilibrio di lungo periodo”.
Ben diversa dal taglio netto proposto nei titoli e, soprattutto, frase improntata ad un buon senso sin troppo prudente.
Eppure le vestali del passato (veterofemministe e sindacati confederali) sono insorte come se l’opinione del ministro fosse un delitto di lesa maestà.
Brunetta non ha fatto altro che proiettare nel futuro i costi del mantenimento dello status quo e ragionare come dovrebbe fare qualsiasi governante che abbia a cuore il futuro della propria nazione e non il presente della sua poltrona.
Ne avevo già scritto recentemente , ma qualsiasi persona di normale buon senso sa che i pensionati, gli anziani, sono la parte più debole di una popolazione e per tale motivo devono poter contare su una pensione più che dignitosa e, soprattutto, sicura.
La vita media aumenta e anche se nel giro di alcuni anni si arriverebbe ad una media di età pensionabile sui 60 anni, rimarrebbero ben 20 anni almeno in cui un cittadino percepirà una pensione senza produrre ricchezza.
Qualsiasi persona normale e di comune buon senso sa che sono tre le anomalie che mettono in pericolo la quantità e anche l’erogazione delle pensioni presenti e future:
- il sistema retributivo conservato per quanti avevano 18 anni di anzianità al 31 dicembre 1995;
- il pensionamento anticipato delle donne rispetto agli uomini;
- la duplice “finestra” rappresentata dalla pensione per “vecchiaia” (età) e anzianità
.
Eliminare queste anomalie significherebbe consentire agli istituti previdenziali di garantire, anche nel futuro, pensioni più dignitose e sicure.
Ma gli ayatollah degli scioperi generali e le sacerdotesse della parità di diritti (solo quando torna comodo …) da questo orecchio non ci sentono e così, dopo 14 anni, siamo tornati al nodo che, se fosse stato risolto nel 1994, oggi saremmo ben più attrezzati a fronteggiare la crisi presente e quelle che, inevitabilmente, ciclicamente, si presenteranno: le pensioni.

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13 dicembre 2008

Chi paga?Pantalone come al solito

Il “giovane, bello (?) e abbronzato” promette duemilionicinqucentomila posti di lavoro ad una America stordita (che forse comprenderà troppo tardi la sciocchezza compiuta il 4 novembre), in cui solo uno sparuto, ma resistente, gruppo di senatori Repubblicani sembra abbia mantenuto la testa a posto.
Non solo, promette il più grande investimento pubblico per autostrade fisiche e virtuali: con i soldi di chi ?
Con i soldi dei contribuenti, ovviamente, non certo con quelli dei suoi finanziatori.
Bello sforzo spendere e spandere quando si usa la leva fiscale per estorcere denaro a chi lavora !
In Italia l’ultima ridotta comunista è il sindacato della cgil, abbandonato anche dai suoi compari cisl e uil, evidentemente pentiti di contribuire allo sfacelo della nazione.
Dopo aver sostenuto i governi più gabellieri che mai abbiamo avuto (1996-2001 e 2006-2008) la cgil si scopre improvvisamente contraria alle tasse.
E pretende che il nuovo governo – presieduto dall'odiato Berlusconi – elargisca denaro a lavoratori, pensionati, precari, immigrati e chi più ne ha, più ne metta.
Con i soldi di chi ?
Naturalmente con i soldi di chi si vede sottrarre un buon 40% del proprio reddito da tasse e imposte di ogni genere.
Anche qui è da sottolineare lo “sforzo” che Epifani ha fatto per chiedere di distribuire denaro (altrui, non certo suo o dei suoi associati) a piene mani.
In Grecia manipoli di devastatori sfasciano vetrine, automobili, deturpano edifici e la sinistra organizza “veglie” a loro favore.
Naturalmente anche in Grecia ci saranno quelli che dovranno mettere mano in tasca (la propria) per rimediare alle altrui nefandezze.
I “leaders” europei sono tutti soddisfatti per aver trovato un compromesso sul cosiddetto “20-20-20”.
Non dicono che costerà miliardi in termini di riduzione della produttività e aumento dei costi per unità di prodotto.
E chi paga ?
Naturalmente il consumatore, che si troverà a pagare molto, ma molto di più per aver accontentato i solipsismi di un gruppetto di ecoambientalisti.
Nella scuola la riforma slitta di un anno.
Mentre il “maestro unico” sarà “ a scelta”, nel senso che saranno i genitori a decidere se avere, per i loro pargoli, un unico maestro o una pluralità, come pure dovranno scegliere se usufruire del tempo pieno o meno.
Naturalmente il costo per l’erario è ben diverso tra il pagare uno o più maestri e …. chi paga ?
Indovinato, noi e ancora noi.
Solo alcuni degli esempi che dimostrano quanta poca cura abbiano, ad ogni latitudine, i governanti quando devono trattare il denaro altrui.
Sono convinto che, però, quando devono fare loro spese personali sanno fare molto bene i conti e, come in tutte le famiglie, coniugano il loro reddito con la spesa, anche con qualche rinuncia.
Quando di mezzo c’è lo stato, invece, perdono ogni virtù e pescano come se il bilancio statale fosse un pozzo senza fondo, tanto basta aumentare una tassa o inventarsene un’altra (come a Ferrara, sulla pubblicità !).
Mi piacerebbe che quei signori che vogliono legare il loro nome a faraonici progetti, tutti realizzati con i soldi dei contribuenti, pagassero di tasca loro, ad esempio le strade mai finite o le vetrine sfasciate perché non hanno dato consegne precise alle Forze dell’Ordine per stroncare ogni violenza contro le persone e le proprietà private o perchè "vegliano" a favore dei manifestanti.
Ma la mia rimane una vana speranza e allora non resta a tutti noi che alzare il tono della protesta contro queste tasse e queste imposte che ci sottraggono, per godimento altrui, la metà di quel che guadagniamo.

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11 dicembre 2008

Una fazza, una razza

Del sin troppo celebrato film Mediterraneo, mi ricordo una scena in cui Abatantuono gioca a carte e il compare è un (finto) pope greco che se ne esce con l’espressione “una fazza, una razza” per indicare come italiani e greci appartengano allo stesso filone.
Grecia e Italia sono, realmente, la culla della Civiltà Occidentale.
I Greci si opposero valorosamente all’invasione persiana e, quindi, portarono la guerra in casa dell’eterno nemico.
Già in precedenza gli Achei distrussero gli asiatici asserragliati in quella che sarebbe passata alla storia come Troia.
Le epiche battaglie dei Greci consentirono alla nostra Roma di crescere e di espandersi, per poi portare la civiltà in tutto l’Occidente.
Poi siamo decaduti.
Le “insegne” dell’Impero sono passate a Londra e quindi a Washington.
Dal 20 gennaio prossimo, chissà dove troveranno la loro nuova sede

Ma noi italiani e i greci siamo rimasti “una fazza, una razza e lo stiamo dimostrando, anzi lo stanno dimostrando le sinistre e i sindacati italiani e greci in questi giorni.
Ad onor del vero in Italia la dimostrazione viene effettuata da un unico sindacato, ormai isolato, che con motivazioni assurde chiama allo sciopero generale “contro la crisi”.
Un bel comportamento tafazziano che fa coppia perfetta con quella dei greci che analogamente hanno scioperato mercoledì 10 dicembre.
E’ il loro dna di sinistra che rende così simili e così ugualmente dannose le manifestazioni degli uni e degli altri.
Ho letto il comunicato della cgil sullo sciopero.
Un cumulo di demagogia, come la detassazione delle tredicesime: proprio da loro che hanno sostenuto senza dire “beo!” i governi più gabellieri che abbiamo mai avuto o come il sostegno agli immigrati e per la sospensione della Bossi – Fini, quando la sicurezza degli Italiani richiede un inasprimento di quella legge sin troppo all’acqua di rose.
Domani, dunque, la cgil, solitaria, sciopererà.
Contro l’interesse degli Italiani, contro la nostra sicurezza, per l’affermazione di una ideologia, ormai condannata e perdente in tutto il mondo.
Con la cgil i sindacati greci: una fazza, una razza.

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10 dicembre 2008

Giustizia:non basta una riforma,occorre una rivoluzione

Il tema della giustizia è da anni al centro del dibattito politico .
Oggi c’è una maggioranza che potrebbe portare a compimento l’opera iniziata nella legislatura 2001-2006 con il Ministro Castelli e parzialmente distrutta dal duo Prodi-Mastella nel biennio 2006-2008.
Purtroppo i segnali non sembrano incoraggianti.
Alfano non sembra avere quella spinta ideale che servirebbe non per riformare semplicemente l’ordine giudiziario e la giustizia italiana, bensì per realizzare una autentica rivoluzione.
Una rivoluzione che dovrebbe toccare tutti i campi.
Una drastica riduzione delle leggi, per renderle più chiare , riunendo i vari temi in corpi giuridici coordinati, senza che si debba andare a cercare la precedente legge richiamata e parzialmente modificata/abrogata.
E’ necessario separare i giudici dai pubblici ministeri e questi ultimi devono rispondere al Popolo delle loro scelte, sottoponendosi alla verifica elettorale e venendo eletti per mandato quinquennale.
I giudici, invece, devono essere esperti di diritto, avvocati e giuristi di chiara fama ed esperienza e tenuti non ad “interpretare”, ma ad applicare letteralmente le leggi che il parlamento approva.
Mi preoccupa, infatti, che fra un paio di anni la mia libertà personale e di esprimere opinioni possa essere condizionata non solo dai solipsismi dei "politicamente corretti", ma anche dalle “interpretazioni” di giudici "ragazzini", in quel ruolo unicamente per concorso, ma senza esperienza lavorativa e di vita.

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08 dicembre 2008

Orazi e Curiazi

Gli albori di Roma sono immersi in leggende che hanno avuto lo scopo di abbellire la realtà di una giovane città e di un popolo in espansione, con le sue sconfitte e vittorie, attraverso miti eroici che portano sempre un insegnamento.
Quelli della mia generazione hanno imparato a conoscere e ad amare la Storia di Roma (e dei nostri Avi) anche attraverso queste leggende, una delle quali ci narra che ai tempi del terzo re, Tullo Ostilio, re guerriero, si scatenò la guerra contro Albalonga, città vicina e sorella, per il predominio territoriale.
I due popoli si accordarono per decidere le sorti della guerra con un duello che doveva vedere contrapposti tre campioni di Roma e tre di Albalonga.
Furono scelti tre fratelli da ambedue le parti: gli Orazi per Roma e i Curiazi per Albalonga.
Al primo assalto caddero due Orazi.
Il terzo, in condizione di inferiorità, adottò una strategia particolare: scappò, si fece inseguire e affrontò, uno alla volta, gli inseguitori, abbattendoli tutti.
Roma vinse, dominò il territorio e poi il mondo.
La leggenda è presa ad esempio di come sia possibile affrontare i nemici e vincerli, purchè si sia in grado di concentrare le forze su un nemico alla volta.
Ho spesso affrontato il tema della utilità dei blog e della loro incidenza nella politica reale e continuo a non vedere un concreto effetto di internet nelle scelte politiche.
Se gli aggregatori potevano avere un ruolo di moltiplicare la forza dei singoli blog, vediamo come, nel Centro Destra, quello più antico e più forte ( Tocqueville ) non risulti né carne, né pesce, ospitando tutto e il suo contrario.
Ognuno esprime le sue idee, magari pensa di aver contribuito alla sua battaglia politica, ma temo che l’incidenza che si può avere sia praticamente nulla vista la estrema dispersione delle voci esistenti.
Questo stesso blog non ha una platea di lettori uniforme, visto che dalle statistiche rilevo che un 25-30% dei lettori provengono da blog, siti, forum sicuramente ostili e contrari alle idee che qui propongo.
Quello che manca è il mirare, in tanti, verso un unico obiettivo, predeterminato, per dare maggiore forza a quella specifica istanza.
Tutto legittimo perché logicamente ognuno propone e antepone ciò che in base alle sue personali sensibilità diventa, di volta in volta, più importante.
Però poco efficace.
Sono molteplici gli argomenti che vengono posti alla nostra attenzione.
Le tasse, la crisi finanziaria, la politica estera, il lavoro, l’istruzione, la giustizia, l’immigrazione, la religione.
E potrei continuare.
Ognuno di questi argomenti occupa i pensieri e il tempo di tanti bloggers.
Senza che ci si indirizzi verso una specifica, compatta azione.
Ogni tanto, uno specifico fatto, viene commentato da una pluralità di bloggers, ognuno in base alla sua personale sensibilità ma, anche quando si tratta di tesi complementari o uguali, senza concretizzare un’azione, senza individuare un traguardo.
Se vogliamo che il nostro impegno in rete possa avere un riflesso concreto e non rimanere mera testimonianza ideale, dobbiamo puntare sulla forza del gruppo e, nel contempo, come l’Orazio vincente, affrontare un nemico alla volta.
Se disperdiamo le nostre (poche) energie su una pluralità di tematiche, probabilmente sarà soddisfatto il nostro ego per aver lasciato “traccia”, ma nel concreto nessuno di quei temi sarà risolto grazie anche alla nostra influenza.
Quello che propongo non è l’annullamento delle individualità o la costituzione di un nuovo aggregatore o di una nuova associazione (ve ne sono sin troppi !), ma trovare un tema sul quale, insistere, con iniziative, petizioni, post, raccolte di firme, banners e quant’altro possa fare notizia per arrivare a suscitare l’interesse generale.
Gutta cavat lapidem, la goccia scava la pietra e solo la testarda insistenza di tante voci su un unico tema può farci ascoltare là dove una singola voce non arriva neppure.
Io un argomento che meriti una simile mobilitazione lo potrei suggerire e riguarda la libertà di espressione di tutti noi: l’opposizione alla “decisione quadro sul razzismo e la xenofobia” che nei prossimi due anni potrebbe trasformarsi nel più sistematico, discrezionale e feroce strumento repressivo delle idee e della libertà personale.



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06 dicembre 2008

Liberiamoci dell'arretrato (e anche del canone rai)

A volte non accade nulla.
Altre volte è sufficiente “assentarsi” per dare priorità ad altri impegni ed ecco che la cronaca offre sin troppe, ghiotte, occasioni di commento.
Al primo fine settimana lungo dicembrino, provvedo quindi a “smaltire” l’arretrato.

Dove eravamo rimasti ?
Già, eravamo rimasti all’aumento dell’Iva imposto da Berlusconi per le televisioni a pagamento.
Ridicola la sinistra che ulula al conflitto di interessi, ma pericolosissimo il principio di aumentare una tassa.
Tanto pericoloso che, colta la palla al balzo, il direttore generale della Rai, Cappon, piange miseria e chiede un aumento persino del canone tv, tassa che vedrei molto bene abrogata come era nei vecchi programmi del Centro Destra (quello vero) e soprattutto della Lega che ne fece un cavallo di battaglia prima del 2001 quando invitava a non pagare il canone “tanto noi lo aboliremo”.
Cappon pare abbia chiesto ben 12 euro di aumento: l’11% in più rispetto al sin troppo esoso canone pagato per il 2008.
C’è poco da disquisire: la rai privatizzatela o lasciatela fallire, ma è ora di smetterla di mantenere quel carrozzone, con trasmissioni faziose propinate in tutte le reti, a spese nostre.
Mi auguro che le polemiche seguite alla vicenda Sky siano un campanello di allarme sufficiente per il governo perché eviti di concedere anche un solo centesimo di aumento del canone rai.

A proposito di Lega.
Il sensibile fiuto dei suoi esponenti ha portato a riprendere un progetto, la moratoria a tempo indeterminato nella costruzione delle moschee, che pareva abbandonato.
La reazione dei politicamente corretti è stata isterica.
Quindi vuol dire che il provvedimento non solo è utile e opportuno, ma necessario.
Anche qui mi auguro che la Lega proceda speditamente e non si limiti agli annunci.

Il Vaticano sembra prendere confidenza con il ruolo di Guida del Mondo Occidentale che, necessariamente, deve assumere vista la deriva di tanti governi, anche quelli apparentemente di destra come quello francese le cui iniziative sembrano uscite dal fronte popolare.
Dopo la protezione concessa ad una terrorista rossa e le parole in libertà della signora Sarkozy contro una simpatica battuta di Berlusconi, ecco la proposta di “depenalizzare” l’omosessualità, con una pesante interferenza negli affari interni di stati sovrani ma, soprattutto, aprendo le porte a sanzioni contro chi non si accoda alle pretese delle lobbies omofile.
Il Vaticano ha prontamente evidenziato questo aspetto, esercitando la sua moral suasion contro la deriva francese (e dei suoi sostenitori).
Non si può che essere dalla parte del Vaticano, almeno in questa circostanza.

La crisi finanziaria non demorde, ma le strade sono piene di gente che mi sembra pensare più al Natale imminente che alle obbligazioni Lehman.
Ha ragione Berlusconi, occorre più ottimismo e non aiutano i giornali che sanno solo gridare le previsioni negative di quegli stessi “esperti” che hanno mancato clamorosamente l’appuntamento con la previsione della crisi attuale.
E’ comunque difficile essere ottimisti quando in televisione appaiono le facce cupe dei maggiorenti del pci/pds/ds/pd.
Ricordiamoci però che quelle signore e quei signori di sinistra sono sempre così tristi e negativi perché non stanno al governo, quindi la loro cupezza deve essere, per noi, motivo di soddisfazione e di ottimismo.

Magistrati contro.
Le procure di Salerno e di Catanzaro si affrontano a colpi di sequestri e indagini reciproche.
Naturalmente tutto questo porta in secondo piano l’attività giudiziaria, visto che la guerra delle toghe tiene occupati magistrati e carabinieri (7 magistrati e 100 carabinieri sono stati impiegati per le perquisizioni a Catanzaro in procura e nelle abitazioni di alcuni magistrati locali).
Se qualcuno aveva ancora delle resistenze nel considerare la credibilità della magistratura in Italia ad un livello superiore a quello della temperatura esistente sulla superficie di Plutone, è servito.
Occorre non una riforma, ma una rivoluzione nell’ordine giudiziario.
E l’unica rivoluzione che mi viene in mente è non solo separare le carriere e i ruoli, ma l’elezione popolare – con mandato a tempo – dei procuratori e la nomina dei giudici, come avviene negli Stati Uniti, tra avvocati e giuristi di esperienza e chiara fama e non per un semplice concorso pubblico.

Infine una notizia pubblicata oggi.
Secondo l’Istat il pil pro capite (€. 29.445) delle regioni del Centro Nord Italia è superiore a quello della Gran Bretagna (29.140), della Germania (28.068), della Francia (27.593) e della Spagna (26.519).
Il pil nazionale, comprensivo delle regioni del Centro Sud, scende a 17.046.
Credo superfluo ogni commento.

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02 dicembre 2008

Berlusconi è finito in trappola su Sky

La decisione di raddoppiare l’iva sugli abbonamenti delle televisioni a pagamento si sta rivelando un trappolone nel quale Berlusconi è caduto a capofitto.
Intendiamoci.
Sentendo strillare istericamente la sinistra al “conflitto di interessi”, chiunque sarebbe spinto a difendere la scelta del raddoppio della tassazione, a maggior ragione se fosse vero che quella esistente è un privilegio concesso dalla sinistra e che negli altri paesi europei la percentuale è superiore a quella applicata da noi.
Ma il vero punto dolente è che si tratta di un aumento della tassazione, non importa per quale ragione, non importa per quali beni, non importa quanto possa essere lieve per le nostre tasche, non importa il periodo di crisi: è un aumento delle tasse.
E’ il ribaltamento di ciò che Berlusconi ha sostenuto – e messo in pratica – dal 1994 ad oggi ogniqualvolta si è trovato a governare.
Il raddoppio dell’iva sulle televisioni a pagamento è un aumento delle tasse e qui si considerano le tasse, tanto per usare un linguaggio caro al presidente della camera, “il male assoluto”.
La improvvida sceltanon si sa bene da chi suggerita, sicuramente da un “consigliere fraudolento” – si sta rivelando una trappola nella quale Berlusconi è finito con tutto se stesso e dalla quale non riesce ad uscirne.
La percezione che gli Italiani, tutti, hanno è che Berlusconi abbia mentito in campagna elettorale e che questo aumento non sia altro che il primo passo verso l’uso vessatorio della leva fiscale, come un Prodi qualunque.
In questa situazione ha buon gioco persino una sinistra che non aveva colto l’assist dell’aumento delle tasse per ululare al “conflitto di interessi” (che non interessa a nessuno).
Fortuna sua (della sinistra) che a Sky hanno analizzato meglio la situazione e sono stati in grado di indicare il bersaglio giusto: l’aumento delle tasse.
Berlusconi, passato il primo momento di comprensibile irritazione, farebbe bene a dire: cari Italiani, l’aumento dell’iva sulle televisioni a pagamento era l’abolizione di un privilegio. Ma poiché è stato percepito come un aumento delle tasse vi rinuncio e per dimostrare che non ho alcuna intenzione di aumentare le tasse, … abolisco anche il canone tv !
Recupererebbe, con un colpo solo, tutta la credibilità persa con quella decisione di aumento.

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01 dicembre 2008

Eroe post mortem

Sono allibito dalla beatificazione (mancano solo i cartelli “santo subito”) dell’ex assessore al comune di Napoli Nugnes, morto suicida alcuni giorni fa.
A parte il fatto che sono anche stupito che gli sia stato concesso il funerale religioso (ma non era precluso ai suicidi ? Boh ! Non sono un esperto in materia religiosa …) la folla presente al suo funerale può voler dire solo due cose.
O tutti coloro che piangono il defunto hanno preso un gigantesco abbaglio su di lui.
Oppure è la magistratura che lo ha inquisito ad aver preso un gigantesco abbaglio
.
Ambedue le ipotesi devono far riflettere su quanto sia facile, troppo facile, far salire uno alle stelle ed abbatterlo alle stalle e viceversa.
Credo che da questa vicenda non ne escano bene né i magistrati che ora giocano in difesa, né quanti hanno così frettolosamente insignito Nugnes di un’aura eroica che è tutta da dimostrare.
E mi torna in mente quanto ci ripetevamo durante il servizio militare, ogni volta che toccava al nostro Squadrone un turno di guardia al deposito carburanti: meglio un brutto processo che un bel funerale.
A buon intenditor …

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30 novembre 2008

Non è conflitto di interessi

Nei provvedimenti assunti dal governo Berlusconi per fronteggiare la crisi finanziaria, è presente il raddoppio dell’Iva sugli abbonamenti alle televisioni a pagamento.
La televisione che più ne risentirà è la piattaforma di Sky con i suoi quasi cinque milioni di abbonati.
Credo si tratti di una cifra intorno ai 5/6 euro pro capite, nulla che possa mandare in fallimento un bilancio familiare.
Ma la sinistra è sembrata assatanata e, come in preda alle convulsione di un deja vu che si sperava archiviato, ha ululato al “conflitto di interessi”.
Secondo i comunisti e loro associati il provvedimento sarebbe un indebito favoreggiamento alle televisioni di Berlusconi.
Non riesco ad immaginare quale guadagno possa avere Berlusconi per questo provvedimento e non credo che Sky avrà disdette superiori a quelle normalmente ricevute (che spesso sono solo relative ad un canale tematico che non interesse più che all’intero pacchetto), per cui è evidente il carattere strumentale delle nuove scalmane della sinistra, probabilmente più rivolte a coprire la lotta intestina ed il regolamento di conti tra le componenti interne del pci/pds/ds/pd che non a proporre una seria analisi del provvedimento.
Perché se fossero seriamente interessati alla questione, avrebbero sposato l’impostazione di Sky che in tutte le edizioni di ieri ha evidenziato come si tratti di un aumento delle tasse, limitato agli abbonati alle televisioni a pagamento, ma è un aumento della tassazione.
E’, cioè, un qualcosa che Berlusconi aveva promesso che non avrebbe mai fatto.
Questa è la critica giusta da indirizzare al provvedimento: crea un pericolo, pericoloso, precedente, aumentando una tassazione, per la prima volta in sei anni di governo Berlusconi.
Per questo motivo credo debba essere esercitata una “moral suasion” (è di moda …) nei confronti del governo perché riveda il provvedimento e confermi le sue promesse elettorali di non aumentare le tasse e non inventarne di nuove (sennò non vedrei alcuna differenza tra Tremonti e Visco).
E’ evidente che se a sinistra insisteranno nell’agitare l’inesistente “conflitto di interessi”, il governo non potrà fare altro che mantenere l’aumento della tassazione, ma se si sposterà il tiro dalla becera propaganda antiberlusconiana alla concreta impostazione ideale che vuole abbassare le tasse e non aumentarle, a prescindere dai soggetti tassati, allora il governo non potrà che riconoscere come un simile provvedimento sia una violazione degli impegni assunti con gli elettori e con tutti gli Italiani.

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28 novembre 2008

Un altro tassello contro la libertà individuale

ANSA, ore 15,17:

FINO A TRE ANNI DI CARCERE PER XENOFOBIA, VARATA LEGGE UE - BRUXELLES - I ministri della Giustizia dell'Ue hanno dato oggi il via libera finale alla decisione quadro sul razzismo e la xenofobia, con la quale si introducono sanzioni fino a tre anni di carcere per chi incita pubblicamente alla violenza o all'odio. "Il razzismo e la xenofobia non hanno posto in Europa", ha commentato il commissario Ue alla giustizia, sicurezza e libertà Jacques Barrot, che ha accolto molto positivamente l'introduzione di "sanzioni severe ed efficaci contro il razzismo e la xenofobia, che sono una violazione diretta dei principi di libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani e libertà fondamentali sui quali è fondata l'Ue". I ventisette avranno ora due anni di tempo per recepire nella loro legislazione questa norma europea che prevede, si legge in una nota della Commissione Ue, il carcere da uno a tre anni per chi incita pubblicamente all'odio razziale e alla xenofobia anche attraverso la diffusione di testi scritti, foto o altro materiale diretto contro un gruppo o una persona individuata per la sua razza, colore, religione, origine nazionale o etnica. Analoghe sanzioni saranno applicate a coloro che pubblicamente tollerano, negano e minimizzano in maniera grossolana crimini di genocidio, contro l'umanità e di guerra. Con la decisione di oggi si chiude un iter cominciato nel novembre 2001, quando la Commissione Ue presentò la sua proposta."
Cosa significaincitare pubblicamente alla violenza o all’odio” ?
Cosa vuol direincitare pubblicamente all’odio razziale e alla xenofobia anche attraverso la diffusione di testi scritti,foto o altro materiale diretto contro un gruppo o una persona individuata per la sua razza, colore, religione, origine nazionale o etnica” ?
Si potranno ancora raccontare le barzellette sui negri o pubblicare le vignette sui musulmani ?
E se no, saranno vietate anche quelle sui Carabinieri e sul Papa ?
Oppure queste saranno concesse e, per un contorto ragionamento, quelle vietate ?
Ma, soprattutto, come potremo essere sicuri che i magistrati non “interpreteranno” le norme in base alle proprie convinzioni ideologiche e politiche, perseguitando chi non la pensa come loro ?
E’ proprio necessario imporre questi continui limiti alla libertà di esprimere le proprie idee ?
O forse sono le idee di chi impone questi limiti ad essere così deboli da aver bisogno di sanzioni penali per affermarsi ?
In ogni caso nessuno potrà mai sindacare ciò che ognuno di noi potrà pensare.
Almeno nel pensiero siamo tutti liberissimi e tali resteremo.

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27 novembre 2008

Sempre incontentabili,tristi,gabellieri e pessimisti.Insomma,di sinistra

Lo spunto per questo post mi è stato gentilmente offerto da Veltroni e Bersani (funzionari del pci/pds/ds/pd), Epifani e Bonanni (sindacalisti confederali), Landi e Trefiletti ( associazioni consumatori), che ringrazio per darmi ogni giorno la dimostrazione che è una grazia degli Dei non essere di sinistra.
Siamo in crisi.
Crisi finanziaria, crisi internazionale.
Persino la Cina comunista (che, come al solito, nasconde la vera portata di ciò che succede in casa) è costretta ad assumere provvedimenti drastici per sostenere la sua finanza.
In tempi di crisi ci rimettono tutti, il tenore di vita si abbassa, è necessario tagliare sulle spese.
I media (all’80% controllati dalla sinistra) sembra provino un piacere perverso ad imbottirci di notizie negative, inducendo tutti al pessimismo.
Certo è che se ci si chiude nel proprio microcosmo ripetendo a se stessi e al mondo “quanto sono sfigato!” non se ne esce.
Per uscirne bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto.
Bisogna avere fiducia nelle proprie capacità, nel fatto che “domani è un altro giorno” (quanti dovrebbero imparare dalla mitica Rossella !) e, soprattutto, nel futuro della Umanità che ha attraversato altre crisi, anche più gravi, ma le ha sempre superate per poi prodursi nel raggiungimento di nuovi risultati.
Aiutati che il ciel ti aiuta, dice un proverbio popolare e per aiutarsi è necessario anche affrontare le questioni con realismo, ma senza adottare gli atteggiamenti bartaliani del “è tutto sbagliato, è tutto da rifare”.
E se da un lato il governo Berlusconi (che non ho votato e non voterò finchè sarà imperniato su un “partito di centro, moderato e liberale”) si ingegna con provvedimenti che cercano un delicato equilibrio tra obbligati risparmi (tagli) e riforme della pubblica amministrazione, della scuola, della giustizia, vediamo che da sinistra pretendono, sempre per ricorrere ad un altro proverbio della saggezza popolare, la botte piena e la moglie ubriaca.
Vogliono ridurre le tasse: detassare le tredicesime è l’inno di battaglia della sinistra, la stessa che nelle sue due disastrose esperienze di governo (1996-2001 e 2006-2008) ha solo saputo aumentare quelle esistenti ed inventarne di nuove.
Ma vogliono anche che siano aboliti i “tagli” alla spesa pubblica, anzi pretenderebbero che lo stato (cioè noi poveri contribuenti) provveda ad aumentare stanziamenti per questo e quello.
Non dicono dove prendere i soldi: ma tutti gli elettori sanno benissimo che li prenderebbero dalle nostre tasche, come hanno sempre fatto.
E si lamentano, sempre e comunque.
Non va bene neppure la “social card”, cioè quel piccolo contributo mensile che aiuta i più bisognosi (soprattutto anziani) ad affrontare le spese di base della propria esistenza: bollette, alimentari.
La chiamano, con disprezzo, “carità”.
Non vedo proprio cosa ci sia di male a fare della “carità” che ha già insito nel termine il concetto di “amore”.
Ma alla sinistra non piace.
No alla “carità”, perché le pensioni vanno aumentate.
Perfettamente d’accordo.
Ai nostri vecchi dobbiamo garantire una vita dignitosa e confortevole.
Dovrebbero essere in prima battuta le famiglie a provvedere, poi, se non ci sono le famiglie o dove non arrivano le famiglie, lo stato, secondo un concetto di solidarietà e di riconoscenza per tutto ciò che i nostri padri e nonni hanno fatto per noi e per la nostra comunità.
Ma dobbiamo anche rapportarci a quelle che sono le nostre reali possibilità e, quindi, meglio i 40 euro al mese per chi ha veramente bisogno di integrare il minimo vitale che il nulla che la sinistra ha profuso quando era al governo.
Una sinistra che, del resto, si oppone all’aumento dell’età pensionabile che garantirebbe maggior respiro alle casse dell’Inps e, quindi, la possibilità di erogazioni maggiori e più sicure.
Da un lato la sinistra vuole pensioni più alte, dall’altro vuole mandarci in pensione tutti ancora nel pieno della nostra forza lavorativa.
Ma l’apoteosi la raggiunge solo e soltanto “lui”, Veltroni, l’uomo più buono della terra sinistra.
Ripete il solito ritornello in tutte le conferenze stampa e non si accorge, in tal modo, di fare il più classico degli autogol, dimostrando che la sua parte politica sa solo e soltanto appioppare tasse.
Veltroni dice che gli italiani ormai non arrivano alla fine della seconda settimana: caspita !
Tutti andati a lezione di digiuno da Pannella (non a caso alleato e inglobato nelle liste elettorali di Veltroni) ?
Ma Veltroni aggiunge che il governo avrebbe sperperato soldi.
Per l’Alitalia (qui vedremo a bocce ferme quanto ci costerà la pervicacia di non volerla far fallire) e, udite, udite, per l’Ici.
Ecco il Veltroni, il sinistro che conosciamo da sempre !
L’abolizione (solo parziale, ricordiamocelo, solo limitata ad alcune abitazioni di prima casa e non estesa alle seconde case !) dell’ICI è stato uno “sperpero”.
Abolire una tassa odiosa, una patrimoniale che colpisce un bene solo e soltanto perché è di tua proprietà, dopo che su quel bene hai già pagato Iva, l’acquisto, le infrastrutture e paghi le utenze, abolire (solo parzialmente, ricordiamocelo !) una simile nefandezza fiscale è considerato da Veltroni “uno sperpero”.
Evidentemente Veltroni vuole ripristinare l’Ici, esattamente come i governi sostenuti da Veltroni nel 1996-2001 e nel 2006-2008, hano solo e soltanto saputo aumentare le tasse o inventarne di nuove.
Così emerge la sinistra di sempre: incontentabile, triste, pessimista, gabelliera.
E nel confronto Berlusconi giganteggia sempre più …

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24 novembre 2008

Con quali soldi ?

In questi giorni di crisi è tutto un susseguirsi di proposte e di annunci su miliardi di euro stanziati/stanziandi per aiutare l’economia in crisi.
Negli Stati Uniti l’annuncio di quello “… e abbronzato”, che purtroppo gli americani hanno voluto al posto del Presidente Bush, per duemilionicinqucentomila posti di lavoro in più in due anni (al gennaio 2011) è stato salutato da estasiati “ohhhh” da parte dei suoi cortigiani italiani, per lo più gli stessi che coprirono di insulti Berlusconi quando, più modestamente, puntò a creare un milione di posti in cinque anni.
La cgil e il pci/pds/ds/pd propongono la detassazione delle tredicesime (costo stimato 4/5 miliardi).
I pendolari reclamano treni nuovi di zecca e non il riutilizzo sulle loro linee di quelli dismessi dalle lunghe tratte.
Le associazioni umanitarie pretendono che siano gratuitamente curati anche gli illegali.
A scuola vogliono: scuole nuove, strumenti didattici moderni, insegnanti di sostegno per gli immigrati, aumenti di stipendio per il personale.
L’elenco potrebbe continuare praticamente elencando le richieste che ogni settore ha da formulare, sempre nel nome della efficienza, della produttività, del rispetto della persona umana e via discorrendo.
Intendiamoci: ognuna di queste rivendicazioni ha un suo valore, non sono, in linea teorica, delle proposte campate in aria.
Ma c’è un minimo comun denominatore che non viene considerato: il costo.
Ognuna di queste proposte implica un costo, molto alto, che, genericamente, viene accollato “allo stato”, cioè a tutti noi, come se lo stato trovasse i soldi sugli alberi e non, invece, massacrandoci di tasse.
Ora, anch’io vorrei tante cose, ma inevitabilmente mi scontro con un problema di capienza nel mio personale budget.
Non vedo perché lo stato dovrebbe fare eccezione e spendere a prescindere da quel che ha in tasca.
Si criticano spesso gli amministratori di condominio e, talvolta, quando si vuol denigrare le capacità di qualcuno si dice che “non arriverebbe neppure a fare l’amministratore di condominio”, ma tanti che, intervistati da stampa e televisione, dicono con sicumera “bisogna fare questo e quello”, dovrebbero fare un corso accelerato per amministratori di condominio e, forse, capirebbero che le loro proposte sono scritte nel libro dei sogni, perché la realtà è ben altra.
E’ una realtà che ci dice che ogni settore, del pubblico (ma anche del privato) deve ricominciare ad essere gestito con criteri di economicità e che, come minimo, a tot di spese deve corrispondere una entrata di uguale importo.
E questo senza andare a ravanare nelle tasche degli italiani, perché i soldi meglio spesi, sono quelli che, in autonomia, spendiamo per conto nostro.

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23 novembre 2008

E’ nato il partito della Santanchè

Ieri a Roma Daniela Santanchè ha costituito formalmente il Movimento per l’Italia , composto essenzialmente da quella parte di aderenti a La Destra che non hanno condiviso le prospettive indicate da Storace.
Non tutti quelli che sono usciti da La Destra hanno aderito al nuovo movimento.
Ad esempio Stefano Morselli, ex parlamentare bolognese, ha formato un suo movimento denominato Destra Federale .
Questi movimenti si vanno ad aggiungere alla già citata La Destra, alla Fiamma Tricolore , a Forza Nuova e ad altri movimenti minori che nascono, muoiono e sopravvivono con pochi militanti, fortemente identitari, senza riuscire ad avere un concreto impatto sulla politica italiana.
Come si vede, un’area che – sommando i voti de La Destra/Fiamma Tricolore e Forza Nuova – ha ottenuto 1.200.000 voti e meno del 3%, si divide in ben cinque raggruppamenti “maggiori” “l’un contro l’altro armati” … o quasi.
E’ esattamente il contrario di ciò di cui ha bisogno la Destra Italiana.
Il voltafaccia di Berlusconi del gennaio 2008 rende impossibile una confluenza nel “partito moderato, di centro e liberale”, sia per la sfiducia che ispira l’atteggiamento di Berlusconi, confermata dal suo accorrere alla corte dell’abbronzato naturale che andrà purtroppo a sostituire il Presidente Bush, sia dalla presenza di elementi che con la Destra Italiana, i suoi Valori, i suoi Ideali, la sua Morale, nulla hanno a che spartire.
E mi riferisco essenzialmente alla pletora di radicali e socialisti che hanno occupato i posti di rilievo del “partito di centro, moderato e liberale”.
Ancora, tale raggruppamento non è affidabile per la presenza di Gianfranco Fini in una posizione preminente, contenuto dalla sola presenza di Berlusconi.
Un Fini che dal 2003 ha intrapreso una marcia che lo porta ad essere “pappa e ciccia” con D’alema (assieme al quale ha anche organizzato convegni) ma, soprattutto, lo induce a dichiarazioni estranee alla Cultura della Destra, come l’insistenza con la quale vorrebbe concedere il voto agli immigrati attraverso un percorso accelerato di acquisizione della cittadinanza.
Tutto questo per dire che ho letto ed ascoltato con attenzione le parole della Santanchè, sulle cui posizioni fondamentalmente mi ritrovo, ad eccezione della proposta politica di confluenza a marzo nel pdl.
Continuo a ritenere che tale scelta sia maturata nella Santanchè a seguito degli attacchi rivoltile dalla parte estremista del partito di Storace, ma anche sotto questa ottica è una scelta che non condivido e che ritengo sbagliata.
La Destra Italiana (intesa nel complesso delle sue cinque formazioni “maggiori” citate e tutti i movimenti “minori”) è naturale alleata del partito di Berlusconi, perché è da escludere ogni collusione con centri sociali o con la sinistra, sia strategica che tattica, anche se è possibile, come ai tempi dell’MSI, dare singoli, non concordati voti uguali a quelli della sinistra.
Ma essere naturali alleati non significa annullare la propria Identità, rinunciando a simboli e caratterizzazioni, per annegare nel mare magnum di un partito che, dopo Berlusconi, avrà difficoltà a restare unito.
La Destra deve fare la Destra, sostenendo con forza quei Valori che la caratterizzano come alternativa alla deriva liberalsocialista: Vita, Solidarietà, Ordine (che è anche mentale), Legge, Sicurezza, Gerarchia, Autorità, non necessariamente in questo ordine, cercando al proprio interno una sintesi tra le varie posizioni “economiche” e di politica estera.
Ma per fare la Destra, la Destra deve esistere, essere presente, organizzata, non partecipare al teatrino della politica per conseguire uno strapuntino per grazia ricevuta.
In questo momento l’unico movimento che fa parlare della Destra è Forza Nuova, con iniziative anche sconcertanti, ma di sicura eco mediatica.
Non basta.
Forza Nuova, lo abbiamo visto l’aprile scorso, ha lo 0,3% dei voti, per bene che le vada non arriverà all’1%, insufficiente per rappresentare la Destra in Italia.
C’è bisogno che Romagnoli e Morselli, Santanchè e Storace e Fiore, si chiudano in conclave e si accordino, eventualmente anche per una federazione (come primo passo) individuando obiettivi, iniziative e presenze comuni.
L’alternativa è un frazionamento che disperderà voti, energie, risorse, ma, soprattutto, Ideali e Speranze.

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21 novembre 2008

Viva il linguaggio politicamente scorretto

Una volta si diceva: parla come mangi.
Altra espressione della saggezza popolare ignorata dalla vulgata “democratica”.
Per radio stamattina mi ha colpito l’espressione – che ritrovo nella home page del Corriere della Sera – “sbarcati a Lampedusa in due giorni 1200 migranti”.
Ohibò, mi sono detto: migranti … ma saranno regolari o illegali ?
Fino anche a soli pochi mesi fa ci dicevano: sbarcati 1200 clandestini.
E sapevamo che li avremmo dovuti rimpatriare a forza (almeno nelle buone intenzioni della Bossi Fini).
Adesso i clandestini sono scomparsi (forse come l’immondizia a Napoli …) ed al loro posto sono apparsi i “migranti”, vocabolo tanto rassicurante, quanto volutamente equivoco.
Il migrante non si sa bene se rientri in quelle quote di accesso (che sarebbe opportuno sospendere per un paio d’anni) o se è il solito clandestino che sbarca sulla nostra terra senza essere invitato.
Ovvia la seconda …
Ma l’uso studiato di quel termine cerca di inculcare nell’ascoltatore o nel lettore superficiale meno allarme del termine “clandestino” o “illegale”.
Anche con la ricerca delle parole più insinuanti ed ingannevoli si rovina una nazione.
Allora cerchiamo di riappropriarci dei termini sgraditi alle verginelle politicamente corrette, ma proprio per questo più chiari nel far comprendere di cosa si tratta.
Parliamo di clandestini, di illegali e, Presidente Berlusconi, non parli di “classi ponte” quasi a volersi giustificare motivando la loro realizzazione per aiutare gli immigrati ad inserirsi imparando meglio l’italiano.
Dica classi differenziate, per impedire che la presenza di immigrati che non sanno l’italiano si trasformi in un freno, in un ostacolo all’apprendimento dei nostri figli.

(Nella fotografia: quando AN era Destra)

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20 novembre 2008

Un monumento per Villari

Il presidente della commissione di vigilanza sulla Rai meriterebbe un monumento.
La sua disponibilità a “sacrificarsi” per occupare quella ambita poltrona ha messo a nudo l’inconsistenza della dirigenza del pci/pds/ds/pd che, nella migliore tradizione stalinista, non sembra trovare altra soluzione che espellere il reprobo dal partito (come fecero con il gruppo del Manifesto) ed assentarsi dai lavori della commissione, lasciando campo libero alla maggioranza.
Maggioranza che, dal canto suo, non si mostra particolarmente brillante se il suo vicepresidente dei deputati ha avuto bisogno del pizzino di un parlamentare comunista per replicare ad un dipietrista.
Ma, tant’è, la vicenda Villari consente di inasprire lo scontro tra le parti, evitando lo zucchero e il miele dell’accordo su un nome, quello di Sergio Zavoli, che proprio perché piace a tutti, a me non piace affatto.
Zavoli è un vecchio socialista e mi sembra che tra quelli al governo (Brunetta, Sacconi) e quelli sparsi nei vari ruoli (Cicchetto) di socialisti ce ne siano anche troppi: ben venga un “vecchio”, sano democristiano.
Ma Villari ha soprattutto messo a nudo quanto ci sia di vero nelle dure parole rivolte da Gasparri a Veltroni, che si barcamena nella speranza di “fare il Berlusconi”, sbattendo poi il muso con la dura realtà di essere solo un segretario di partito.
Bravo Villari !
Più Villari, più vivacità al nostro quadro politico, oggi troppo statico nella sua guerra di trincea.


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19 novembre 2008

Più selezione a scuola, meno immigrazione

L’equazione può sembrare ardita, ma è pertinente.
La scuola di massa post sessantottina (poi, in realtà, è post 77 ma accettiamo pure convenzionalmente la data 1968 in quanto da lì ebbe inizio il crollo della nostra istituzione scolastica) ha provocato con
le promozioni collettive,
la sufficienza e poi il 28 “politico”,
l’abolizione della disciplina portata dal voto determinante di condotta,
l’accesso a qualsiasi facoltà universitaria indipendentemente dal titolo superiore conseguito
,
ad una legittima aspettativa per milioni di diplomati e laureati che, ovviamente, con quel pezzo di carta in mano pretendono un ruolo lavorativo che sia adeguato al titolo.
In sostanza quei lavori che, come nel monologo di Menenio Agrippa, apparivano “umili” ma erano comunque fondamentali al funzionamento del “corpo” della nazione, sono stati abbandonati, per aspirare ad una scrivania, anche senza le poltrone fantozziani “in pelle umana” o senza l’acquario in cui nuotano i dipendenti.
Ma quei lavori, qualcuno doveva svolgerli.
Da lì l’altra grande iattura per la nostra nazione: l’immigrazione sempre più selvaggia e sempre più massiccia.
Una immigrazione che rischia di stravolgere per sempre il tessuto sociale delle nostre città, modificando sensibilmente i nostri usi, le nostre tradizioni, i nostri costumi.
Le avvisaglie ci sono tutte.
Il “politicamente corretto” spinto all’estremo con la censura su parole ed espressioni che erano parte della nostra cultura (una per esempio fra tutte: “negro” anche se ancora il suo uso non è sanzionato penalmente, viene spesso rilevato come vocabolo “scorretto”).
Ma poi anche la censura operata sulle canzoni e gli addobbi di Natale perché potrebbero “turbare” i non cristiani.
Sul cibo che viene distribuito dalle mense scolastiche e che spesso vede estromessi i prodotti del maiale, privando così i nostri ragazzi di una delle carni più varie, saporita e nutriente che ci possa essere e questo solo per andare incontro alle esigenze dei figli di immigrati musulmani, mentre dovrebbero essere loro ad adeguarsi alle esigenze ed alle tradizioni – anche culinarie – della nostra terra.
Proprio perché è nostra questa terra e non loro
.
Per finire alla soppressione in certe scuole, delle celebrazioni per la Vittoria del 1918, con la scusa che si tratta di una vicenda storica non pertinente ai figli degli immigrati e, ricordandola, li farebbe sentire estranei.
Scommetto però che quelle stesse maestre il 25 aprile si prodigheranno in mirabolanti storie sulla “resistenza”, anche se, pure di quelle vicende (spesso inventate o ricicciate), i figli dei marocchini o dei senegalesi (e non solo) non possono fregarsene di meno.
La scuola di massa, nel suo livellamento, ha quindi prodotto l’eliminazione della selezione che consentiva ai capaci e meritevoli di andare avanti e di puntare alla guida della nazione avendone i numeri e in quanto avevano quei numeri e non in funzione delle amicizie e degli appoggi e, dall’altra parte, ha privato la nazione stessa di chi, non eccellendo nelle arti umanistiche o scientifiche, veniva opportunamente indirizzato a quei lavori importanti ma più manuali che intellettuali.
Certamente non è la sola causa (aggiungiamo pure – vista la grande necessità di “badanti” – la trasformazione della vecchia famiglia nella nuova, con tante donne che hanno perso molto della loro femminilità, per primeggiare e competere con gli uomini) ma fondamentalmente la politica scolastica del “todos caballeros” ha nuociuto grandemente sia alla qualità di diplomati e laureati, che alla richiesta di personale per quei lavori che i nostri non volevano più svolgere.
E’ quindi da domandarsi se, oltre a quanto già indicato nella Riforma Gelmini, non si debba fare un ulteriore e più ficcante passo in avanti, recuperando una selezione orientante, non emarginante, finalizzata anche a ridurre il fabbisogno di manodopera che, oggi, viene coperto con gli immigrati.
E se non sia il caso di sfruttare l’occasione che la crisi attuale ci offre per rallentare e, quindi, bloccare i flussi immigratori per ripristinare un indirizzo che parta dalla scuola e orienti verso il mondo del lavoro chi non ha le capacità per proseguire con profitto negli studi.

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18 novembre 2008

La vogliamo privatizzare questa rai ?

L’indecoroso teatrino che si è svolto (e continua nelle repliche) sulla rai riporta in primo piano un tema che sembra accantonato: la privatizzazione della rai.
La Legge Gasparri ventilava l’ipotesi di cessione di una rete pubblica, ma non basterebbe comunque per porre fine all’assalto degli scherani di parte (dell’una e dell’altra) ai posti di amministrazione e alla creazione delle più composite cordate che ledono, naturalmente, una indipendenza dei giornalisti che, umanamente, non può esistere.
Allora, signori del “partito di centro moderato e liberale” ma, soprattutto, della Lega: volete chiudere con il passato della lottizzazione e privatizzare la rai, tutta ?
Pensiamo ai vantaggi.
1) Basta con i minuetti sull’elezione del presidente “di garanzia”
2) Basta con il tener bloccata l’azione politica nel braccio di ferro sulle nomine rai;
3) Basta con l’offrire a Pannella l’occasione di ripetere la sua noiosa manfrina dello sciopero della fame e della sete su questo tema
4) Basta con il solleticare le (legittime) ambizioni di carriera dei giornalisti inducendoli a fare i megafoni di questa o quella parte politica
5) Basta con il conflitto di interessi.
Ma, soprattutto, ne verrebbe un beneficio per le nostre martoriate tasche, perché:
a) dalla vendita della rai lo stato conseguirebbe un bel mucchio di quattrini che potrebbero servire a finanziare la riduzione delle tasse (per tutti !);
b) con la vendita della rai verrebbe meno la ragione di estorcere un canone che, addirittura, qualcuno propone di aumentare (e che un parlamentare del “partito di centro, moderato e liberale” invece di abolire propone di far pagare all’interno della bolletta della luce, con una inversione dell’onere della prova sul possesso del televisore attualmente sullo stato).
E la Lega che dice ?
Io mi ricordo che anni fa la Lega sosteneva l’abolizione del canone: quale miglior modo per togliere quest’altra odiosa tassa, che il privatizzare la rai, chiudendo, una volte per tutte, con i balletti sulla commissione di vigilanza, il consiglio di amministrazione e le presunte censure dei programmi ?
Quando mai si potrebbero cogliere così tanti piccioni con una sola fava: la vendita al miglior offerente, anche in forma di “spezzatino”, di tutta la rai ?

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17 novembre 2008

Scioperi bianchi e scioperi rossi

La vicenda Alitalia continua e continua anche l’indignazione a comando contro i lavoratori della compagnia che stanno lottando, senza paraocchi ideologici, per il loro lavoro, per un lavoro ben retribuito nel quadro di regole certe.
In pratica i sindacati autonomi e le associazioni professionali di piloti e assistenti di volo, assolvono al ruolo che è loro demandato dal loro essere rappresentanti di quei lavoratori.
E questo infastidisce perchè turba e disturba la casta dei manovratori.
Turba e disturba la triplice sindacale che vede messa a nudo la propria limitata rappresentatività.
Turba e disturba la classe politica (di maggioranza e opposizione) perché ostacola il dispiegarsi da un lato della mitologia del “salvatore della compagnia italiana”, dall’altro il guadagno degli imprenditori propri amici.
Turba e disturba quel gruppo di potere raccolto attorno ai “capitani coraggiosi” che vede messo in pericolo un affarone succoso, visto che i debiti di Alitalia sono accollati ai cittadini e a loro rimarrebbe solo la parte sana.
Così, veniamo bombardati da una quotidiana dose di informazione subliminale che tende a creare una diffusa ostilità nei confronti dei lavoratori.
Viene denunciata la “irresponsabilità” di chi non firma (ma c’è un obbligo a firmare ? O, piuttosto, non si vuole dare corso a quelli che sono i principi di un libero mercato che comprende anche la libertà di accettare o meno le proposte aziendali ?).
Viene tirata nuovamente fuori la bufala degli “scioperi bianchi che altro non sono che l’applicazione delle normative che la dirigenza aziendale ha dato e la cui inosservanza potrebbe anche essere causa di responsabilità e giusta causa di licenziamento.
Si minacciano (e si attuano) precettazioni (alla faccia del tanto conclamato diritto di sciopero che, per altre e meno pertinenti vicende, viene tirato in ballo ogni due per tre) e, naturalmente, si muovono le procure.
In Italia abbiamo, finalmente, i nuovi untori da crocifiggere per tutto ciò che va male: i lavoratori di Alitalia che non accettano il diktat della Cai.
Ma sarà un loro diritto utilizzare gli strumenti della democrazia e della libertà sindacale per manifestare la loro idea e per cercare di ottenere condizioni migliori ?
Io credo di sì.
Non solo ne hanno il diritto, ma la loro è una battaglia di libertà che dovrebbe interessare tutti i lavoratori italiani, perché se passa il principio per cui si possono, impunemente, scorporare aziende, accollare i debiti al pubblico e consegnare la “polpa” a cordate di imprenditori che fiutano l’affare, con contestuale libertà di scegliersi i dipendenti che vogliono, mandando alla rottamazione gli altri, il tutto sotto l’ombrello dei confederali che firmano non sulla base della valutazioni di categoria, ma in base ad un non ben precisato quadro di riferimento politico-istituzionale, allora domani tutto questo potrebbe accadere ovunque e non ci sarà nessuno che sosterrà le buone ragioni dei lavoratori.
Non ci sarà nessuno perché quella che stanno combattendo oggi i sindacati autonomi di categoria e le associazioni professionali di Alitalia è una battaglia per la sopravvivenza di tutto il sindacalismo autonomo italiano, quel sindacalismo che, scevro dei paraocchi ideologici, non risponde e non è condizionato da legami con i partiti e con la politica, ma guarda esclusivamente alle questioni di categoria e aziendali, lasciando la politica fuori dai luoghi di lavoro, perché la politica è interesse generale da affrontare nelle sedi a ciò preposte e per la quale votiamo, praticamente ogni anno, per esprimere chi deve rappresentare le nostre idee.
Spiace vedere come un governo apparentemente di Centro Destra, presieduto da Berlusconi contro il quale i confederali (ugl inclusa) hanno promosso una decina di scioperi generali nei suoi quasi sette anni complessivi di governo, non veda e non colga l’opportunità che si presenta con la vicenda Alitalia per rimuovere, una volta per tutte, l’ipoteca confederale dalla gestione della cosa pubblica economica ma, anzi, offra una sponda ai confederali contro gli autonomi, riconoscendone una rappresentatività anche là dove tale rappresentatività è smentita dai fatti.
Una simile occasione non sarebbe stata lasciata cadere dalla Thatcher e da Reagan che, infatti, con i minatori e con i controllori di volo non la mancarono.
E questo ci induce a dubitare del futuro e per il futuro del “partito di centro, moderato e liberale voluto dal nuovo Berlusconi, oltre a ricordare con nostalgia il Berlusconi del 2001-2006.

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