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28 dicembre 2006

L’impiccagione per Saddam è la giusta pena


Saddam Hussein, il boia sunnita ha avuto confermata la condanna a morte mediante impiccagione.
Ora solo la grazia presidenziale potrebbe consentirgli di affrontare nuovi processi e nuove presumibili condanne a morte.
Se non interverrà il presidente a concedergli la grazia, entro 30 giorni la sanzione sarà irrogata e la condanna eseguita.
Saddam è colpevole.
Lo provano i delitti efferati di cui si è macchiato nei confronti del suo stesso popolo, al solo scopo di rafforzare e perpetuare il suo potere.
Nessuno può negare le nefandezze di cui Saddam si è macchiato.
I sostenitori della grazia e della commutazione della pena all’ergastolo espongono ragioni di principio contro la pena capitale e di opportunità.
Sulle ragioni di principio rimando al blog sulla Pena di Morte e, in particolare, al post Considerazioni in favore della pena di morte in cui citavo anche Cesare Beccaria, dai più ritenuto – a torto – contrario tout court alla pena capitale e di cui mi piace citare un breve passaggio anche qui:
La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà, egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita”.
Sembra scritta appositamente per Saddam …
Sulle questioni di opportunità, sulle considerazioni che, da morto, Saddam diventerebbe un “martire”, un simbolo per i terroristi musulmani, mi permetto di obiettare che un simile ragionamento varrebbe molto di più con Saddam vivo, con la possibilità concreta, cioè, che con un blitz militare possa essere liberato e rimesso in circolazione, diventando non solo un simbolo, ma un punto di aggregazione concreto, fisico, per ogni ribellismo iracheno e revanchismo sannita.
E il pericolo che, in uno scenario di qualche anno, possa riprendere il potere.
Sempre nell’ambito delle questioni di opportunità, alcuni sostengono che eseguire la sentenza, giustiziando Saddam, scatenerebbe la reazione violenta dei suoi seguaci.
Già, perché sino ad oggi cos’hanno fatto ?
Non mi sembra si siano comportati da collegiali, anzi !
Eseguire la sentenza, invece, potrebbe aiutare a mandare un messaggio forte e chiaro, perché – ed è sempre Beccaria che parla - “più forti e sensibili devono essere le impressioni sugli animi induriti di un popolo appena uscito dallo stato selvaggio”.
Al popolo iracheno, giustiziare Saddam, dimostrerebbe la sconfitta, finale e totale, del suo regime, l’allontanamento definitivo del suo spettro dalle vite di tutti.
E se qualche recrudescenza dovesse manifestarsi in più rispetto alla già violenta espressione terroristica odierna, si dovrebbe affrontare con mano ferma e fredda determinazione, non con il buonismo che viene interpretato dal nemico come debolezza.
Bene ha dunque fatto la corte irachena a confermare una condanna che è proporzionata ai crimini commessi e in un processo a porte aperte con la difesa, un collegio internazionale con l’imputato che si è anche giovato della facoltà democraticissima di ricusare i difensori per prolungare il processo, che ha avuto ogni opportunità di presentare le sue istanze.
Si esegua, dunque, senza indugio la sentenza: prima sarà, prima l’Iraq volterà pagina.

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14 commenti:

gabbianourlante ha detto...

mi hai tolto le parole di bocca... l'unica cosa che posso aggiungere è: se la sua pelle vale ancora qualcosa come moneta di scambio per sedare la guerriglia (almeno la parte che è legata a lui) allora si tratti. se non vale più niente allora che si facciano giustizia da loro. trovo penoso scioperi della fame e manifestazioni per evitargli la pena. anzi ridicolo. ciao

Anonimo ha detto...

Onestamente alla storia di Saddam martire in caso di pena capitale non ci credo... Poi lo dirà la storia se abbiamo ragione o no. Quello che sò e che, nonostante le motivazioni qua esposte, non riesco ad essere favorevole.

Anonimo ha detto...

Ho appena scritto anche io sulla condanna a morte che DEVE essere eseguita.
Se lo graziassero daremmo ai suoi seguaci e ai musulmani tutti più forza e convinzione nel perseguire il loro disegno di conquista dell'Occidente.
Dobbiamo recuperare lo spirito che nei secoli scorsi fece dell'Europa il centro del mondo.
E passa anche con la dimostrazione di inflessibilità nei confronti di quelli come Saddam.

Anonimo ha detto...

Parlate di uccidere, ma l'uccisione porta ad altre uccisioni. E' come un vortice in cui una volta entrati non si esce.
Lo sforzo più grande è, invece, invertire questa tendenza.
E l'unico modo è il dialogo.
Vorrei, infine, consigliare la lettura della storia recente dell'Iraq.

Anonimo ha detto...

E siamo in tre.
Se l'Italia "ufficiale" è contro la pena di morte, quella "sommersa" è favorevole.
Del resto, se non si applica la pena di morte a Saddam, di suoi emuli ne spunterebbero fuori a decine !

Anonimo ha detto...

Non condivido la frase di Beccaria. Spesso si puo´essere piu´pericolosi da morti che da vivi. Prendete il caso di Mussolini. Nessuno puo´negare che quel cane fascista meritasse la morte, ma se lo avessero lasciato a marcire in galera non ne avrebbero fatto un martire.

Anonimo ha detto...

Sai come la penso sulla pena di morte...
Saddam diventerà un martire per i sunniti. Non ci vuole la sfera di cristallo per prevederlo ma al di là di tutto questo trovo ridicoli questi tribunali e le loro sentenze umilianti. In base a quale principio le "gesta" del dittatore sarebbero dei crimini?
te lo dico io: in base alla legge del più forte.
Qualunque altro principio è riutilizzabile contro le altre potenze in guerra e probabilmente contro tutti gli stati e tutte le ideologie mai comparse sulla Terra.
In questi casi sarebbe più onesta e decorosa una sana fucilazione sul campo.
Uccidere il nemico in guerra è doveroso ma farlo passare per scemo è vile.
Ciao

Massimo ha detto...

Credo che il Duce (il termine "cane" è riservato ai rossi con ogni scusa ai cani :-)non meritasse la morte, anche confrontato con i capi di imputazione del processo di Norimberga.

Dialogo. E' il paravento della resa. Il dialogo funziona con i propri simili e con chi ha qualcosa in comune. Non vedo proprio cosa si possa avere in comune con l'islam, religione di morte e non di vita, nata nella violenza di Maometto e fondata sull'ignoranza.
E' già problematico dialogare con chi parla la stessa lingua e ha la stessa cittadinanza ...

Simone. So che la scelta della pena di morte divide, in un modo che non può trovare alcun punto di convergenza o compromesso.
Credo che l'impiccagione di Saddam sia più giusta della fucilazione, perchè questa gli renderebbe quell'onore che a mio modo di vedere non ha e perchè farlo penzolare da un patibolo sarebbe un messaggio di sconfitta per i suoi seguaci.

Anonimo ha detto...

Pena di morte a parte, non vedo perché non rendere onore a Saddam Hussein. Per me è uno squalido dittatorucolo, sia chiaro, però a distanza di quasi 4 anni dall'inizio della seconda guerra del Golfo la resistenza sunnita si fa ancora sentire. Eccome!
Ora io ho una mentalità arcaica, e sicuramente le mie parole suoneranno senza senso in un mondo di uominibomba che esplodono vicino a scolaresche e razzi al fosforo sparati allegramente sulla popolazione civile, però se "io liberatore", che sono ben lungi dal conquistare una vittoria netta nonostante che abbia attaccato con il non plus ultra della tecnologia militare un paese già devastato dalla precedente guerra del golfo e da un decennio di embargo economico, non concedo un'onorevole fine al mio avversario, ma per giunta lo umilio con un processo farsa e una condanna per impiccaggione, sono 1000 volte peggio del mio avversario.

Massimo ha detto...

Non mi sembra che il processo sia stato una farsa.
Certo i giudici erano prevenuti, ma credo che non si potesse trovare un solo iracheno che non abbia avuto morti per colpa di Saddam.
Sull'impiccagione ho già risposto.
Secondo me è un modo per piegare la resistenza morale del nemico.
Se ti ricordi quelli si eccitavano alle panzane del comico ministro della propaganda irachena che annunciava vittorie etc e tutte le manifestazioni di piazza cessarono quando il rullo compressore sbaragliò le truppe nemiche.
Il morale in una popolazione arretrata conta molto e fucilare Saddam significherebbe riconoscergli quella dignità che, allora sì, lo renderebbe un martire.
Impiccarlo come un qualunque assassino lo mostra agli iracheni nei miseri panni del delinquente beccato e punito.

Massimo ha detto...

Ci sono stati ben 12 anni di opportunità di dialogo tra la guerra del Golfo e la liberazione dell'Iraq.
Eppure il dialogo ha portato solo all'infirltrazione del terrorismo al nostro interno, ha indebolito la nostra volontà di combattere, ci sta portando ad accettare l'asservimento agli schemi dei musulmani.
Il dialogo ha già fallito.
Adesso è necessario far parlare la forza, l'unico linguaggio che quelle popolazioni arretrate possono capire.
L'unico messaggio che possono recepire.
Intanto abbiamo allontanato il terrorismo dai nostri confini, costringendo i terroristi a difendersi nelle loro terre.

Le Barricate ha detto...

Nell'elencare le ragioni di chi è contro la pena di morte credo che tu abbia dimenticato di dire che c'è chi non la vuole perchè pensa, come me, che lo Stato, non debba e non possa essere anche uno "stato macellaio" che, macella, appunto, i suoi nemici.
Procurare la morte a qualcuno, in qualsiasi modo questa avvenga, è comunque macellare qualcuno, e io non voglio uno stato di questio tipo.
Solo gli uomini, in quanto umani, possono "sbagliare" e quindi farsi vendetta, anche con la morte, pagando, poi, il conto alla giustizia.
Ciao ;)

Massimo ha detto...

Ineff è sul "macellare" che non concordiamo.
Eseguire una sentenza di morte dopo un processo nel quale sono stati rispettati i termini per la difesa è fare giustizia e la pena capitale è, come nel caso di Saddam, proporzionare la pena al crimine commesso.

Tilt. Io credo che la recrudescenza di aggressività e terrorismo, sfociata nell'attacco al cuore dell'Occidente dell'11 settembre 2001, sia frutto dell'eccesso di disponibilità e di dialogo che è stato percepito, probabilmente giustamente vista la debole e momentanea reazione che abbiamo avuto, come debolezza e perdita di volontà di combattere.
Continuando su quella strada le soluzioni saranno solo due.
O saremo assogettati al nemico.
Oppure dovremo portare una reazione, che ancora oggi potrebbe essere misurata, a livelli molto alti e devastanti.
Buon anno anche a te.

Massimo ha detto...

L'anonimo che si firma "sandrino dazieri" ha lasciato alle ore 14.02.28 di oggi un commento che non ho passato, perchè con la moderazione ritengo anche di censurare le espressioni triviali.
Ecco il commento:
"Non so in che mondo di fantasia viva monsoreau, ma dall´11 settembre a oggi tutti sanno che di dialogo ce n´e´ stato ben poco. La linea politico-militare e´stata dettata dai falchi USA. Si e´ usato un pugno di ferro indiscriminato e spesso immotivato (che centrava l'Iraq con l'attacco alle 2 torri???). E' adesso il momento di scacciare a pedate nel xxx gli incapaci che ci hanno condotto sin qua. Ci vuole piu' dialogo, ma soprattutto bisogna pensare col cervello anziche´ col deretano."

Esempio evidente di uno che, preso dal raptus del commento ostile, non ha riflettuto sul fatto che il decennio di inutile dialogo è quello che va dalla guerra del Golfo all'aggressione contro il cuore dell'Occidente.
Dieci anni che sono serviti ai terroristi per infiltrarsi in Occidente, preparare i loro piani e attaccare.
Il tempo del dialogo è finito.
Ogni mano tesa verso l'islam è tempo perso per noi e guadagnato per loro e si risolverà solo con un bagno di sangue di gran lunga maggiore di quello che avremmo potuto avere se avessimo avuto la volontà di reagire con determinazione sin dalle prime aggressioni islamiche all'Occidente