Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

30 ottobre 2007

Tu chiamala se vuoi "sicurezza"

Il consiglio dei ministri prodiani avrebbe approvato il pacco sulla sicurezza.
Vediamo l'evento attraverso i lanci dell’Ansa.
Nunzio vobis gaudium magnum:
CdM: via libera pacchetto sicurezza (ore 12,29)
Le grida manzoniane:
Dal Cdm via libera al pacchetto sicurezza (ore 13,19)
Ma necessita subito una precisazione:
Sicurezza: Amato, niente sceriffi (ore 13,32)
Mastella, col cuore in mano, si rivolge al Centro Destra:
Sicurezza: Mastella, appello a CdL (ore 13,41)
La sinistra radicale però puntualizza:
Sicurezza: Ferrero, punti dissenso (ore 14,37)
E così ricomincia la presa in giro degli Italiani.
Annuncio, ridimensionamento, distinguo.
Mentre a Roma discutono, Sagunto è espugnata.
Che Prodi sia inadatto al compito di governare l’Italia lo hanno compreso anche i suoi alleati che, ormai, vanno per la loro strada.
Dini non ingoia più rospi:
Governo, Dini critica impostazione (ore 12,20)
Mentre in consiglio dei ministri si discuteva del pacco sulla sicurezza, in commissione alla Camera la sinistra obbligava ad una votazione per il pacco alle Forze dell’Ordine.
Per fortuna anche qualcuno eletto a sinistra possiede una coscienza, quindi:
G8: bocciato mandato al relatore (ore 14,45)
E mentre Prodi minaccia gli Italiani
Governo: Prodi, resto fino al 2011 (ore 15,27)
C’è chi pensa a come conservare la poltrona anche oltre ogni ragionevole limite
Di Pietro, riorganizzare il governo (ore 16,01)
E il suo acerrimo alleato, Mastella, gioca a tutto campo:
Mastella: G8, nostra posizione nota (ore 17,23).
Troppo facile criticare quella che si sta delineando sempre più come una “incompetentopoli” di proporzioni mai viste.
Una corte dei miracoli che ha, come unico miracolo, quello di restare in sella grazie alla paura di un ritorno alle urne.
Quando cercano di contrabbandare un mestierante della politica come Veltroni che non mi risulta abbia mai svolto altra attività oltre alla politica in cui entrò in fasce, come “l’uomo nuovo” della politica italiana, quale fiducia e credibilità possono sperare di ottenere con le loro sortite estemporanee sulla sicurezza ?
La sinistra è la dimostrazione tangibile che è impossibile trasformarsi da sobillatori della piazza e delle pulsioni più estreme in tutori dell’ordine e della legalità.
Legalità e sicurezza sono parole di Destra, perché appartengono, assieme a Legge, Odine, Gerarchia, Libertà, al dna della Destra.
La sinistra non vi ha nulla a che spartire, per dirla con Di Pietro: la sinistra, con la sicurezza, non c’azzecca.

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29 ottobre 2007

Apologia di comunismo

Pare che l’Udc abbia proposto di introdurre il reato di “apologia di comunismo”, suscitando le ire di Bertinotti che, dimentico che il suo ruolo imporrebbe di ricevere le proposte altrui compostamente e presiedere imparzialmente le sedute, ha respinto (verbalmente non potendolo – ancora – fare in altro modo) la proposta al mittente, evocando anche un comunista del passato.
Non nascondo che l’ipotetica introduzione di tale reato mi induce ad un sottile piacevole pensiero, guardando a quanti agitano stracci rossi, mostrano i pugni chiusi, ostentano magliette con l’effige di criminali sanguinari.
E non nascondo che, per me, il comunismo è una ideologia criminale, la più feroce che l’Umanità abbia conosciuto, che ha provocato oltre cento milioni di morti accertati.
La pericolosità sociale del comunismo è, quindi, un dato di fatto acclarato da tempo, a meno di non avere grosse fette di prosciutto (o di mortadella ….) sugli occhi.
Detto questo e ricordato che se il comunismo è finito, purtroppo esistono ancora i comunisti, da combattere senza esitazione, senza inciuci e senza requie, anche quando, cambiando il nome/pelo si presentano come il lupo della favola con cappuccetto rosso, non posso concordare con la pur sfiziosa proposta Udc.
Forse con grande sorpresa di qualcuno, non sono d’accordo con l’introduzione del reato di apologia del comunismo perché, rendendolo proibito, in un certo qual modo lo nobiliterebbe, esattamente come gli antifascisti in s.p.e. hanno fatto con il Fascismo, dando forza e futuro (come ogni anno dimostrano le migliaia di cittadini che il 28 ottobre rendono omaggio a Predappio alla Tomba del Duce) al movimento che vorrebbero invece seppellire.
Non commettiamo lo stesso errore.
Lasciamo che continuino ad esistere partiti che si fregiano di falce e martello, del nome comunista (rendendosi peraltro alquanto ridicoli), cantano “internazionale” o esibiscono il pugno chiuso senza farne dei martiri: una risata li seppellirà.
Il comunismo deve essere sconfitto sul campo delle idee e in quello del fare bene, non con metodi stalinisti che lo alimenterebbero.
Piuttosto se la proposta dell’Udc voleva essere una provocazione, allora portiamola fino in fondo e ribaltiamo il concetto: dal divieto alla libertà.
Che i comunisti restino alla luce del sole, ma che siano abolite la legge Scelba e quella Mancino, in uno con la fine del divieto posto dalla XII disposizione transitoria e finale della costituzione (nata dalla gloriosa e audace resistenza antifascista ….bla … bla … bla …) perché tutti concorrano alla vita politica italiana, senza limitazioni alla libertà di pensiero e di poterlo esprimere e diffondere.
Una democrazia forte non ha paura delle ideologie forti.
Una democrazia che vieta espressioni e manifestazioni di pensiero non è più una democrazia, ma porta già nel suo dna il virus della tirannia.

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28 ottobre 2007

La legge elettorale non è neutra

Sin dalla notte che efficacemente il Presidente Berlusconi ha definito “di spogli e di brogli” , commentatori e politici hanno puntato l’indice accusatore per l’ingovernabilità emersa dalle urne verso la legge elettorale redatta da Roberto Calderoli.
Accusano Calderoli, ma dovrebbero mettere sul banco degli imputati Ciampi che, impuntandosi e minacciando di non firmarla, ha imposto di eliminare dal testo originario il maggioritario su base nazionale per il senato per ripartirlo regionalmente, creando così i presupposti dell’attuale situazione.
Con il maggioritario applicato su base nazionale, anche ammesso ma non concesso che il voto alla camera sia corretto, avremmo avuto i due rami del parlamento con due maggioranze diverse e, quindi, saremmo presumibilmente già ritornati alle urne.
Siamo invece qui a discutere di quando voteremo e, nel frattempo, Prodi è in balia di ogni refolo di vento, incapace di decidere e di governare, provocando uno stallo dannoso per la nazione.
E’ anche da dire che oltre al “se” sulle scelte di un signore anziano che si è trovato in mano il potere per mettersi di traverso ad una riforma, un altro “se” è responsabile della situazione attuale.
Sempre ammesso ma non concesso che il voto alla camera sia corretto, quelle 25000 schede di maggioranza per la sinistra potevano tranquillamente essere ribaltate … se i media e le associazioni “borghesi” avessero votato per i partiti “borghesi” invece di attuare una fuga in avanti verso la sinistra che, ora, non hanno alcun diritto a criticare.
E mi riferisco in primo ed essenziale luogo a Lcdm, il multipresidente che ieri ha bacchettato a Destra e a manca con un discorso che, oltre ad essere più qualunquista di quelli di un ex comico sceso in politica, evita accuratamente le doverose autocritiche per l’atteggiamento e le scelte confindustriali del 2006, ma, soprattutto, rappresenta l’autocandidatura a sostituirsi alla politica, nel nome dei “poteri forti”.
E che Lcdm sembri essere mandatario di poteri forti non eletti, lo si può ricavare anche dalla sua opposizione, nonostante la spietata critica qualunquista che ha svolto, al voto, oggi e con la presente legge elettorale.
Il retropensiero evidente è che con il tempo necessario a cambiare la legge elettorale arriva a scadenza il suo mandato confindustriale e, nel frattempo, i media e le lobbies dei poteri forti potrebbero spingere ad una legge che favorisca proprio Lcdm.
E la contrarietà a votare con la vigente legge elettorale, sempre ieri l’abbiamo ritrovata in un intervento del Presidente di quello che fu il partito della Destra italiana, Fini (che ingiustamente attribuisce a Calderoli e non a Ciampi la responsabilità della ingovernabilità) e nelle parole del segretario del partito presunto democratico davanti al suo politburo riunito per ratificarne l’insediamento.
Sullo sfondo un referendum che, qualora ottenesse il quorum dei votanti e la maggioranza dei “sì” trasformerebbe radicalmente il quadro generale consegnando al partito di maggioranza relativa la maggioranza assoluta dei seggi.
Ripetutamente ho affrontato l’argomento della legge elettorale (basta una piccola ricerca con il motore inserito nell’header) in ultimo appena una settimana fa quando ho cercato di individuare le caratteristiche di fondo della contrapposizione tra maggioritario e proporzionale.
Perché la legge elettorale non è neutra rispetto allo sviluppo della politica ed ai progetti per il futuro dell’Italia.
I promotori del referendum aspirano ad un maggioritario che conferirebbe al partito di maggioranza relativa il potere di governare senza dover concordare programmi e decisioni con alleati minori portatori di istanze identitarie.
E’ il sistema vigente nei paesi di democrazia antica ed evoluta (Stati Uniti, Gran Bretagna) dove, però, i due partiti che si fronteggiano hanno una base di valori nazionali comuni.
Scimmiottarli, importandone il sistema elettorale senza che vi sia analoga corrispondenza nell’humus della nostra terra, significa costringere l’Italia ad una parte che non corrisponde al sentimento popolare, alla nostra storia, alla nostra cultura.
Ve l’immaginate cosa accadrebbe se Forza Italia ottenesse la maggioranza assoluta dei seggi, magari vincendo le elezioni con un 30% contro il 29 % del partito presunto democratico ?
Pensate che sindacati, confindustria, poteri forti, nani e ballerine consentirebbero a Berlusconi di dispiegare il suo progetto senza frapporvi ostacoli ?
E se il voto desse al PCI/PDS/DS/PD la maggioranza relativa per il 30% contro il 29% ?
Come vi sentireste ad essere governati dall’ibrido composto all’80% da comunisti e al 20% da cattocomunisti che non farebbero altro che penalizzare la proprietà privata e riempirci di tasse, perché solo con le tasse potrebbero sopravvivere essendo funzionari di partito, burocrati di banche centrali e boiardi di stato ?
Ma come potrebbe un partito, isolato, avendo contro – perché gli altri, tutti gli altri, a destra come a sinistra, sarebbero all’opposizione – il 70% della nazione, di una nazione con forti connotazioni al “tifo” anche in politica, governare ?
Non lo fece la Democrazia Cristiana nel 1948 quando ottenne la maggioranza assoluta dei seggi ma, intelligentemente, cercò e trovò l’alleanza di liberali e socialdemocratici.
La legge elettorale non è neutra.
E la legge elettorale deve essere adatta alla nazione nella quale deve essere applicata e non adattare la nazione, costringerne il Popolo, ad una legge elettorale di importazione, basata su altra storia, altra cultura politica, altri percorsi.
Inutile rincorrere modelli e personaggi stranieri, integrati nella loro realtà, ma avulsi dalla nostra.
Noi dobbiamo ragionare su alcuni elementi chiave.
1) Prodi “tira a campà” quindi ogni iniziativa che proponga riforme, significa allungargli la vita, con grave nocumento per la nazione.
2) Non c’è in Italia una base comune, tra Destra e sinistra e sotto certi aspetti neppure all’interno di quelle due parti, tale da consentire di addivenire ad una legge elettorale che possa essere condivisa e nel contempo garantisca lo sviluppo della nazione e la possibilità di assumere vere decisioni progettuali.
3) In Italia siamo “tifosi”. Per una squadra di calcio, per un attore, per un partito. Ma siamo anche una nazione di “commissari unici” e ognuno di noi pensa di essere migliore di chiunque altro e di aver capito più e meglio degli altri e di avere in tasca la ricetta per far funzionare le cose.
4) Quel che precede, soprattutto il punto 3) porta a far sì che non accettiamo di obbedire, mancando ogni cultura della Gerarchia e dell’Ordine che non ci viene più insegnato né in famiglia, né a scuola e, anzi, con gli esempi mediatici viene ad essere sempre più irrisa e demolita.
5) La conseguenza è che il frazionismo, ideologico, progettuale, anche in buona fede, è all’ordine del giorno in ogni campo.
6) Ricondurre tutto questo ad una legge elettorale che faccia perno su un sistema maggioritario, significa attivare una pentola a pressione, nella quale i gruppi esclusi o costretti a “turarsi il naso” porterebbero ad esplosioni che non si concilierebbero con uno svolgimento coerente di un civile progresso nazionale.
7) Poiché il maggioritario presuppone che con un voto in più si prende il piatto, si rischierebbe di assistere ad federazioni ed unificazioni elettorali tra più partiti che, durando lo spazio di una campagna elettorale, riproporrebbero, con l’aggiunta dell’inganno verso gli elettori, la stessa ingovernabilità e divisione che abbiamo ora.
8) Tutto ciò premesso ci porta a sostenere che il sistema elettorale migliore per l’Italia sia quello basato sul proporzionale che imponga alleanze omogenee in forza delle quali scattino premi di maggioranza.
9) E’ la legge Calderoli, la vigente legge elettorale, con la sola, rilevante, modifica del maggioritario su base nazionale anche al senato.

Poi nessuna legge è perfetta e tutto si può migliorare.
Ma se vogliamo staccare la spina, presto, a Prodi per ricominciare un ciclo virtuoso con il ritorno del Presidente Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, non possiamo incartarci su alchimie elettorali anche per dimostrare alla sinistra che noi possiamo governare anche con questa legge e che il difetto è loro non della legge, almeno non del suo impianto.
Perché il premio di maggioranza consente la governabilità, a maggior ragione se sarà su base nazionale anche per il senato, mentre il rispetto per ogni identità ideale darà rappresentanza a tutti, nessuno dei quali sarà costretto a votare “turandosi il naso”, perché anche il suo voto, anche dato al partito più piccolo, contribuirà a far quorum per la sua coalizione e non sarà, mai, un voto sprecato.


A seguire: Si può fare tutto, anche la legge elettorale


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28 ottobre: una pagina di Storia Patria

La Storia non si ripete mai uguale a prima.
Cambiano i protagonisti, cambiano i fattori esterni, cambiano i venti della Fortuna.
Ciò non toglie che sia importante la Memoria di quel che è stato.
Per conoscere da dove veniamo, per cercare di capire meglio dove possiamo andare.
Il 28 ottobre 1922 è una di quelle date che resteranno come una pietra miliare nella Storia Patria.
Nel bene e nel male.
Una volta era Festa Nazionale, oggi non più e personalmente penso che sia giusto che non lo sia esattamente come lo sarebbe per il 25 aprile, ambedue feste di una parte sola degli Italiani, ma resta (restano ...) una ricorrenza importante, da non dimenticare.
Se l'Italia non avesse scelto l'alleanza innaturale con i tedeschi anzichè quella naturale con gli Inglesi, oggi, forse, scriveremmo:
28 ottobre 2007 - LXXXV E.F.
Per il resto, rimando ai miei precedenti post del
28 ottobre 2005
e del
28 ottobre 2006.


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26 ottobre 2007

Crocefisso simbolo di Civiltà

La decisione di un preside di Trento che, in applicazione di una disposizione di legge - mai abrogata ancorché datata 1924 – ha disposto l’acquisto di 70 crocefissi, uno per ognuna delle aule della sua scuola, ha riattizzato la polemica sulla presenza di quel simbolo negli uffici pubblici.
Questa mattina ho persino ascoltato un docente (ahimè della mia università e facoltà) di diritto ecclesiastico (!) suggerire “gandianamente”, dice lui, di protestare, senza sfregi e senza rovinarlo, riportando il crocefisso dal preside, salvo poi ammettere che se qualcuno lo volesse, il crocefisso ha diritto di restare affisso.
Il problema, in tutta evidenza, non è di formalismi giuridici, ma è di sostanza.
Il Crocefisso rappresenta l’estremo sacrificio cui è giunto, secondo la cristianità, il figlio di Dio fattosi uomo per redimere dal peccato originale l’umanità intera.
Il Crocefisso rappresenta una cultura, spesso aggressiva e imperialista, secondo i suoi detrattori, e mal si concilia con una società multietnica che si vorrebbe (loro vorrebbero) costruire anche in Italia, quindi deve essere rimosso per non turbare/offendere gli immigrati provenienti da altre culture.
Se non ho alcuna competenza per giudicare l’interpretazione cristiana, da agnostico mi ritengo in diritto di contestare fortemente le conclusioni cui giungono le parti ostili alla presenza dei crocefissi.
E proprio in virtù dell’arrivo di orde di persone estranee alla nostra cultura.
Il Crocefisso, superando gli angusti limiti di una religione, è divenuto un simbolo di una intera Civiltà, la nostra Civiltà, quella che consentito il più grande progresso dell’Umanità, il maggior Benessere esteso al maggior numero di persone.
E se noi siamo arrivati al punto più alto di tutta la storia del genere umano, consentendo anche ad altre culture di beneficiarne, lo si deve ad un complesso di circostanze, un susseguirsi di eventi che hanno nella Roma classica e imperiale e nel Cristianesimo le radici più importanti e feconde.
Non credo che sia un caso che la legge che impone il crocefisso negli uffici pubblici sia del 1924, cioè risalga ad un periodo in cui queste radici trovavano la duplice espressione nel Crocefisso come simbolo negli uffici pubblici e nel Fascio Littorio simbolo del partito allora al governo (ma anche presente in edifici pubblici al Congresso Statunitense : veggasi immagine relativa al discorso sullo Stato dell’Unione del Presidente Bush ).
Roma e il Cristianesimo che di Roma fu l’erede e l’evoluzione sotto altre forme, ma con lo stesso risultato di imprimere una caratterizzazione comune ad una Civiltà, all’Occidente.
E’ quindi da ingrati verso i nostri Avi, cui dobbiamo essere riconoscenti per la civiltà che ci hanno lasciato, ma soprattutto da dhimmi, da aspiranti schiavi, voler rinunciare ai nostri simboli, alle nostre feste, alle nostre usanze, ai nostri cibi, per “non turbare/offendere” chi viene da noi e dovrebbe, lui, rispettarli, comprenderli, accettarli.
Ma quale rispetto potrà portare per la nostra Storia, la nostra Tradizione, i nostri Costumi, i nostri Simboli, le nostre Leggi l'immigrato che vede alcuni di noi pronti (e proni) a rinunciarvi ?
Quale considerazione potrà avere di chi rinuncia al proprio passato ?
Il Crocefisso continuerà a rappresentare per i Cristiani il sacrificio che ci ha redento, per chi non crede continuerà ad essere la rappresentazione di una storia che, comunque la si voglia vedere, è stata importante per l’umanità, ma per noi Occidentali, tutti, diventa il simbolo della nostra Civiltà, la rappresentazione delle radici da cui proveniamo e da cui traiamo la forza per aspirare a traguardi ancora più lontani, ancora più alti, ancora più esaltanti.
Per questo ritengo appropriata l’applicazione della legge del 1924 richiamata dal preside di Trento, che ringrazio per aver nuovamente portato all’attenzione della nostra società la questione dei simboli e delle radici.
E’ necessario riappropriarci delle nostre Tradizioni e dare il giusto peso alle rivendicazioni di chi viene, ospite, non padrone, a casa nostra.

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25 ottobre 2007

Con questa sinistra non si deve dialogare

Non mi ricordo quale, tra i pennini guru della sinistra, abbia definito il voto per Berlusconi (e per il Centro Destra per estensione) sintomo di una “diversità antropologica” (e se anche me lo ricordassi non gli farei alcuna pubblicità), ma spesso leggendo le dichiarazioni del nostro Presidente e Leader Silvio Berlusconi, mi sembra di condividerne una visione che non ha bisogno di incontrarsi, parlarsi, definire una linea comune, perché è istintivamente condivisa.
Questo blog, non da ieri, è schierato contro ogni inciucio, compromesso, dialogo con questa sinistra che sta dimostrando solo bramosia di poltrone (ultimo caso quello di Petruccioli) in spregio al Popolo (veggasi anche le scelte della giunta di sinistra di Bologna in merito alla moschea ) e contro le reali esigenze e aspirazioni dei cittadini (vedi la vicenda del “pacchetto sicurezza” …. che può attendere ulteriori scippi, rapine, omicidi prima che alcuni ministri si decidano ad agire rimuovendo il loro veto).
Così non possono che essermi gradite le parole con le quali il Presidente Silvio Berlusconi ha rigettato, seccamente e senza appello, il nuovo tentativo di Napolitano di andare in soccorso di Prodi, imbrigliando il Centro Destra in una inutile, lunga discussione sulle “riforme” .
Con questa sinistra
non si dialoga
non c’è dialogo
non si può dialogare
.
Manca la premessa essenziale e fondamentale: un rapporto corretto, un rapporto di fiducia
che parta dalle scuse per 13 anni di insulti,
passi attraverso
il totale riconteggio delle schede del 9 e 10 aprile 2006
e approdi con il restituire oggi, non domani, la parola ai cittadini da chiamare urgentemente ad elezioni anticipate
.
Solo al termine di un simile percorso i nuovi dirigenti, non compromessi con la politica di questi ultimi 13 anni, che la sinistra si darà potranno essere considerati interlocutori affidabili con i quali aprire un percorso riformatore delle istituzioni che crei delle basi condivise per una rifondazione dello stato, partendo da un nuovo contratto sociale.
Fino ad allora ringraziamo il Presidente Silvio Berlusconi per saper interpretare più e meglio di qualsiasi altro leader del Centro Destra il sentimento del suo Popolo.
Che gli dei della politica ce lo conservino a lungo.

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23 ottobre 2007

La giustizia che non c'è

A scoppio ritardato – “dopo la puzza” si diceva quando ero adolescente di chi arrivava a capire le cose sistematicamente in ritardo – il temporaneo ministro degli interni, Giuliano Amato (quello, per intenderci, del 6 per mille sottratto nottetempo dai conti degli italiani ) presenta un “pacchetto sicurezza” che, stando alle anticipazioni dei media, propone pene draconiane (persino il carcere !!!) per chi ... abusa del clacson !!!
Spero che una simile baggianata sia solo una invenzione giornalistica e non corrisponda, in nessun paragrafo, al testo che sarà licenziato dal consiglio dei ministri che, presumibilmente, si troverà ad affrontare una brutta gatta da pelare: la “lite tra i comari” Mastella e Di Pietro.
Ma torniamo al nostro argomento: la sicurezza.
Sì, certo, ci sono anche inasprimenti che vanno nella direzione di tentare di ripristinare una legalità che, negli ultimi due anni, si è persa di vista, ma che senso ha chiudere la stalla dopo che i buoi – con l’indulto – sono scappati ?
E cosa pensare di un esecutivo che sembra procedere come un ubriaco (e cadrebbe sotto la mannaia delle sue stesse nuove norme) dal momento che prima mette in libertà i “piccoli” delinquenti e poi inasprisce le pene per quei reati ?
E quale cultura giuridica mostrano gli estensori del provvedimento, se equiparano il ladro di polli, l’ubriaco al volante, lo scippatore ai reati di mafia e terrorismo ?
Ma, soprattutto, perchè dobbiamo sempre intervenire dopo e mai che si provveda prima nonostante le ripetute avvisaglie ?
Va bene l’espulsione degli stranieri dopo che hanno commesso un reato, ma è da anni che l’allarme sociale sull’immigrazione è lanciato dalle persone più responsabili (ricordiamoci il discorso del Cardinale Biffi nel settembre 2000 ).
Per non parlare dello stravolgimento che la sinistra ha fatto, senza passare dal parlamento, della Bossi-Fini, unica legge che in tutti questi anni avesse impostato una inversione di tendenza.
E un ministro che invita gli immigrati a manifestare in piazza come si può conciliare con una seria politica di sicurezza ?
E la proposta di ridurre i tempi per la concessione della cittadinanza ?
E il proliferare della costruzione di moschee ?
Le statistiche dicono che il 40% dei detenuti è extracomunitario.
Senza preoccuparsi di costruire nuove carceri (che pure è opportuno realizzare) basterebbe l’espulsione immediata di tutti gli stranieri che fossero condannati in primo grado per rendere le galere attualmente disponibili sufficienti per la criminalità autoctona.
Solo così si può garantire la sicurezza dei cittadini, non riempiendo le carceri di automobilisti con la mano pesante sul clacson.
Ma per fare ciò occorre un Governo, non una corte dei miracoli, in perenne lite interna, che naviga a vista e senza un progetto per l’Italia del futuro.
Per realizzare una autentica politica di sicurezza occorre tornare al voto e rimandare la sinistra all’opposizione, adesso, non fra un anno.


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22 ottobre 2007

Non è Mastella il nemico da abbattere

Non era mia intenzione affrontare la “questione Mastella”, soprattutto dopo che due cari amici appartenenti al Gruppo Il Castello e Triares hanno ripetutamente preso una chiarissima posizione nei confronti del discusso ministro (temporaneo) della giustizia.
Ma il bombardamento che questo signore pinguescente di Ceppaloni sta subendo da un po’ tutte le parti, anche da blog di Centro Destra che dovrebbero avere – vista l’esperienza subita sulla pelle del proprio Leader – il culto del secondo comma dell’articolo 27 della costituzione (nata, come da liturgia, dalla gloriosa resistenza antifascista bla … bla … bla …) mi induce ad esporre una tesi controcorrente, già riassunta nel titolo del post.
Mastella non l’ho mai votato, lo rammento fido scudiero di De Mita, poi come uno dei dioscuri CCD (l’altro era Casini), quindi in proprio dopo essersi liberato anche della tutela di Cossiga.
La sua politica non è la mia politica, né nei contenuti, né nei modi.
Però a Mastella riconosco una scelta controcorrente fatta nel 1994, quando tutti si accucciavano sotto la quercia di Ochetto o cercavano riparo dietro il cipresso di Martinazzoli, Mastella e Casini ebbero … coraggio, incoscienza, scommessa, intuizione, fate voi, per scegliere il Centro Destra e Berlusconi.
Poi Mastella passò dall’altra parte e, contrariamente a quanto tutti si aspettavano, rimase all’opposizione anche durante i cinque anni di Governo Berlusconi.
Si candidò alle primarie della sinistra e arrivò terzo, superando Di Pietro e dimostrando di poter contare anche su dei voti solidi.
Logico che in una situazione in cui i suoi 4 senatori sono determinanti, sia stato premiato con un ministero di primaria importanza.
Dal quale ha compiuto delle aberrazioni politiche: l’indulto (votato purtroppo anche da parte del Centro Destra) e il suo famigerato disegno di legge che, se approvato, imbavaglierebbe chi non ragiona secondo il pensiero politicamente corretto.
Ha realizzato una autentica controriforma della giustizia impedendo il dispiegarsi degli effetti della Riforma Castelli che avrebbero imposto criteri più severi per l’esercizio della magistratura (e la legge del contrappasso adesso lo punisce).
Ma queste sono tutte contestazioni politiche che provengono da uno di Destra come me.
Per degli episodi, tutto sommato secondari, Mastella è stato posto sulla graticola, cucinato a dovere da quel gran cuoco della di propaganda che è Santoro, sulla cui obiettività credo che nessuno nel Centro Destra possa spendere una parola di favore.
Un disegno, quello di Santoro, talmente evidente che, come tutte le cose sotto gli occhi di tutti, non è stato visto.
Mastella è l’agnello sacrificale, dato in pasto a grillini (da Beppe Grillo) e stelline (da Gian Antonio Stella …) varie che hanno suscitato gli appetiti giacobini del popolino parlando di “casta” dei politici, per cui qualcuno deve essere dato in pasto ai leoni per essere sbranato.
E poiché non si possono consegnare i pezzi da novanta della sinistra (si arriverebbe troppo in alto, probabilmente) ecco che Mastella rappresenta il sacrificio ideale: ex democristiano, cattolico anti dico, già ministro di Berlusconi nel 1994, meridionale (così anche i leghisti possono partecipare al banchetto) , ostile all’estrema sinistra, in odor di berlusconizzazione.
In più mettiamoci anche il messaggio che gli viene lanciato: adesso che stai con noi devi sopportare tutta questa aggressività, figurati se passi dall’altra parte.
Il silenzio degli “alleati” di governo è sintomatico, come lo sono alcune prese di posizioni giustamente garantiste di esponenti di Forza Italia.
Poi, parliamoci francamente: quanta fiducia possiamo avere nelle inchieste che coinvolgono politici ?
Quante sono finite con un nulla di fatto, costruite su teoremi, fumo senza arrosto ?
Per quale ragione dovremmo ancora considerare un fatto grave l’iniziativa di iscrizione nel registro degli indagati visti i precedenti ?
Solo perché Mastella non ci piace ?
Perché vogliamo comunque sfogare la nostra rabbia contro “la casta” ?
Non mi sembrano motivazioni serie.
Tanto più che si dovrebbe apprezzare Mastella per la sua reazione, la sua capacità di rispondere a muso duro ad un Di Pietro che non è titolato ad impartire lezioni, visto che continua ad essere ministro nel governo Prodi, assieme a Mastella.
Abbiamo contestato la scelta di indagare Storace per aver espresso delle legittime opinioni su Napolitano, plaudendo alla sua caparbietà nel rispondere all’aggressione che gli è stata portata, perché dovremmo negare analogo diritto (ed apprezzamento) a Mastella ?
E parlando di Storace è deludente quello che si legge nei commenti al suo blog con un autocompiacimento nell’attaccare proprio il più debole (Mastella) creando nei suoi confronti quella odiosa conventio ad excludendum che proprio chi proviene dall’esperienza della Destra dovrebbe aborrire.
Leggere “mai con Mastella” è miopia politica.
Io dico: ben vengano Mastella, Dini, Di Pietro, Tilgher, la Mussolini, Fiore, Romagnoli, la Svp, se sarà utile a tenere in condizioni da non nuocere più – per lungo tempo a venire – i vari D’alema, Prodi, Fassino, Veltroni, Rutelli, Bindi, Castagnetti, Letta (la copia, non l’originale), Diliberto, Napolitano, Bertinotti, Marini, Pannella, Bonino, Pecoraro … e l’elenco potrebbe continuare a lungo.
Ben vengano perché la politica è l’arte del possibile e in questo “possibile” rientra la opportunità di creare maggioranza, con chi ci sta, con chi vuole percorrere anche solo un tratto di strada assieme a noi.
Ed è il contrario della buona politica, creare esclusioni aprioristiche nei confronti di chi potrebbe essere determinante per chiudere una esperienza, quella dell’attuale legislatura, nata tra i dubbi mai dissipati degli scrutini della notte tra il 10 e l’11 aprile 2006 e vissuta in modo travagliato e sicuramente contrario agli interessi dell’Italia e degli Italiani.

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21 ottobre 2007

Quale il Centro Destra del futuro ?

Mentre aspettiamo tutti la cacciata di Prodi da palazzo Chigi, dilettiamoci nelle discussioni accademiche tanto piacevoli, quanto concretamente inutili.
Chi navigasse tra i blog che si riconoscono nell’area creativa e sempre in fermento del Centro Destra, potrebbe evidenziare che ci si divide, sostanzialmente, su due filoni in due vicende parallele.
Ci sono gli emuli dell’operazione partito presunto democratico che attivano iniziative a sostegno della costituzione di un partito unico/unitario del Centro Destra, sognando situazioni lontane (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia) e leader che non sono importabili in italia (Sarkozy, Cameron, Giuliani).
C’è invece chi orgogliosamente riafferma la propria identità e radici politiche, disposto sì, concretamente e ragionevolmente, a trattare, da pari a pari, una coalizione, ma non disponibile a rinunciare a simboli ed eredità ideali che appartengono ad una Storia gloriosa e che rende onore ai protagonisti ed a chi non la dimentica.
Questi due schieramenti, ambedue titolati a stare nel Centro Destra, hanno anche (pur con le dovute distinzioni e situazioni di confine) concezioni differenti del sistema elettorale che dovrebbe essere applicato in Italia.
Quelli che sostengono il partito unitario sono, naturalmente, favorevoli ad un sistema maggioritario secco, all’inglese, che consenta una maggioranza netta, anche non avendo una maggioranza assoluta di elettori.
La ratio di questo comportamento sta nella prevalenza dell’aspetto “governabilità”, quindi di assumere decisioni e dare corso a progetti, che con il maggioritario acquisterebbe priorità sulle impostazioni ideali, creando i presupposti per un gruppo di maggioranza più coeso.
Con il maggioritario si creerebbero dei partiti che non avrebbero rappresentanza (o l’avrebbero ininfluente) e, almeno in Italia, con elettori costretti a “turarsi il naso”, votando il “partito grosso” più affine e non il partito in assoluto che meglio rappresenta le proprie idee, pur di impedire l’arrivo al potere del “partito grosso” più lontano dai propri principi.
Paradossalmente, considerata la situazione che esiste in Italia, si ricreerebbe una situazione simile a quella della prima repubblica, dove in molti votavano (anch’io ... una volta) per la DC “turandosi il naso” secondo l’invito di Montanelli, pur di non consentire al PCI di diventare il primo partito d’Italia.
Chi, viceversa, continua a rivendicare con orgoglio la propria identità, non può che essere sostenitore dell’attuale legge elettorale che, lungi dall’essere una “porcata”, richiederebbe solo un paio di modifiche (ma una sola fondamentale: l’estensione del premio di maggioranza su base nazionale anche per il senato) per conseguire in pieno due risultati più che soddisfacenti: creare coalizioni omogenee e garantire la presenza di partiti identitari che rappresentano un patrimonio di storia, civiltà e cultura politica italiana.
Paradossalmente questa seconda ipotesi creerebbe governabilità solo con una maggioranza di Centro Destra, come la situazione di governo attuale ci insegna, anche se con meno capacità realizzativa, dovendo scontare una necessaria opera di sintesi tra le varie istanze, ognuna importante – sotto il profilo della dignità politica – ma anche determinante sotto quello numerico.
Sullo sfondo la divisione in “blocchi” che riguarda le grandi famiglie ideologiche del novecento: Conservatori, Liberali, Socialisti, all’interno delle quali ne esistono altre che possono avere anche una forza superiore a quella di origine (come i Comunisti nell’ambito della famiglia Socialista).
Su questo temo ho già scritto e ho visto che anche altri hanno provveduto ad esprimere una opinione che collima solo in parte con la mia cioè là dove si attribuisce al “fattore K” la responsabilità di una necessaria alleanza tra liberali e conservatori.
Suppongo che, grosso modo, su questa fotografia – magari con qualche piccolo aggiustamento – ci si possa ritrovare in tanti.
Quello che ci divide è la prospettiva, la strada da imboccare e le azioni da sostenere.
Devo dire che prima dell’esperienza di Tocqueville ero sostenitore di una Grande Destra dei Valori e del Fare che potesse ritrovarsi un partito unitario, nel quale ogni identità ottenesse pari dignità, rispetto e considerazione.
A distanza di oltre 35 anni dalle mie prime esperienze politiche giovanili, mi sono invece ritrovato nella stessa situazione (questa volta su un altro versante) non potendomi riconoscere in molti aspetti che l’ala estrema radicaliberale del Centro Destra pone al centro della sua azione.
Allora non potevo stare con i “Fascisti” perché non ero sufficientemente “Fascista” (o magari non lo ero affatto), oggi non posso stare con i “Liberali” perché non sono sufficientemente “Liberale” (o magari non lo sono affatto).
E, in effetti, come allora se ero favorevole ad una netta contrapposizione – anche di piazza – alla sinistra, non condividevo l’astio da sconfitti perenni verso gli Stati Uniti e il richiamo alla parte decadente del Fascismo, quella sociale; oggi se sono favorevole al libero mercato ed al capitalismo come sistema di base, non condivido né la tesi sulla supremazia della libertà economica su quella politica (veggasi la Cina), né il laissez faire estremo propugnato dall’ala fondamentalista del neoliberismo che tanta eco ha nella blogosfera di Destra (per non citare ora la questione dei Valori Morali).
Per questo mi sono sempre definito “di Destra” senza ulteriori specificazioni, avendo, a seconda dell’argomento in discussione, trovato vedute coincidenti ora con una microfamiglia, ora con l’altra.
Ritenevo, quindi, a torto, che oggi ci si potesse tutti ritrovare in un unico contenitore.
Ho invece potuto constatare come questo non sia possibile.
Valori che ritengo debbano essere fondamentali per un partito, come il rispetto delle Tradizioni, delle Radici, della Gerarchia (non mi riferisco a quella ecclesiastica, ma in generale), di un Ordine Morale, non sono comuni.
Non è possibile fare un partito unico e questo nonostante la presenza del “fattore K” che, comunque, ci costringerà a trovare un minimo comun denominatore per impedire che l’Italia sia assoggettata da personaggi come quelli che (forse …) hanno vinto le ultime elezioni.
E la riprova se ne ha proprio nel microcosmo della cosiddetta blogosfera di Centro Destra dove, quasi da subito, l’ala radicaliberale ha cercato di costituirsi in blocco pronta a fagocitare il resto, ridando per reazione forza ad iniziative preesistenti come Il Castello o nuove come Triares, la cui crescita progressiva conferma la necessità "di" e lo spazio "per" una connotazione identitaria, pur se inserita un in un contenitore più ampio che potrebbe essere paragonato non ad un partito unitario, bensì ad una coalizione di pari.
Allora credo che la soluzione migliore sia quella di un proporzionale che favorisca la formazione di due sole coalizioni, garantendo nel contempo le identità, in attesa di una evoluzione che, liquidando il “fattore K” possa ripristinare una normale dialettica tra Liberali e Conservatori, con il terzo incomodo Socialista, purgato dall’anima comunista, oggi nettamente maggioritaria (perché non dimentichiamoci che il partito presunto democratico è dominato dagli elementi post comunisti, dalla loro organizzazione, dalle loro strutture, dai loro quadri, tanto che per riprendere una espressione del Presidente Berlusconi si potrebbe parlare di questo “nuovo” - ? – soggetto politico come del PCI/PDS/DS/PD tanto per dare un’idea delle origini e del persistente dna).
E come non vedrei nulla di strano in una fusione tra Fini (non di A.N. dove ritengo continuino a restare – a fatica – molti “identitari”) e Forza Italia, così credo che per la chiarezza del quadro politico la parte estrema dello schieramento radicaliberale debba, oltre a costituirsi in movimento, presentarsi in modo autonomo (e non “ospiti” di Forza Italia), anche per contarsi elettoralmente, nella consapevolezza che, comunque vada, anche i voti dei partiti identitari contribuiranno alla vittoria della coalizione e non saranno “messi in frigorifero”.
Liberali e Conservatori sono sì costretti per ora a coniugare assieme le loro attività di governo, quindi addivenire a compromessi sulle scelte, ma non sono costretti a convivere sotto lo stesso tetto, a meno che … una fuga in avanti nella scelta del sistema elettorale non imponga un passo così azzardato e prematuro.
E non è detto che una scelta del genere abbia, in Italia, gli stessi effetti che ha avuto in paesi dalle radici democratiche ben più antiche.


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19 ottobre 2007

Berlusconi non sia Watson

James Watson ha fatto marcia indietro.
Dopo solo 48 ore di, presumo, pressioni è stato costretto ad una retromarcia che umilia lui e quelli che lo hanno indotto a smentirsi.
Il Presidente Silvio Berlusconi saprà mantenersi saldo davanti alla nuova offensiva fintobuonista – e anche con venature minacciose – di Veltroni ?
Il sindaco di Roma e segretario del politburo del partito presunto democratico ha infatti riproposto il “dialogo”, affermando che “se rifiuta, la responsabilita' e di Berlusconi” palesando una sottintesa minaccia per una nuova campagna mediatica tramite la stampa e le televisioni di regime.
Ma è proprio questo atteggiamento arrogante, uguale a quello tenuto dalla sinistra in tutti questi anni, a dirci che il lupo comunista anche se cambia nome, non perde il pelo.
Allora Berlusconi fa bene a confermare che no, finchè ci sarà questo governo potrà aprirsi un dialogo, perchè l’interesse primario della nazione è pensionare Prodi.
Ben diverso sarebbe se Veltroni, invece di formulare velate minacce, si fosse presentato con il cappello in mano e, dopo aver ammesso gli errori compiuti, avesse chiesto scusa al nostro Leader e a tutti gli elettori del Centro Destra.
Del resto quali riforme propongono da sinistra ?
Esattamente quelle che hanno ostinatamente bocciato e che erano contenute e meglio articolate nella Riforma Costituzionale del Centro Destra.
Adesso, però, hanno bisogno di prendere tempo per puntellare (non so se si possa ancora usare l’espressione “stampella” ... ) un Prodi che barcolla come un pugile suonato e allora rispolverano, come toccasana, le nostre proposte.
Ma a chi giova prolungare l’agonia di Prodi ?
Non giova al Centro Destra che, come ha ben spiegato il Presidente Berlusconi, accettando il dialogo con la sinistra si accollerebbe il 50% delle responsabilità del dissesto che è solo, integralmente ed esclusivamente a carico della sinistra stessa.
Non giova alla chiarezza del quadro politico, perchè il perdurare di inciuci e compromessi, portano a non affrontare con la necessaria determinazioni i nodi cruciali del nostro sviluppo.
Non giova all’Italia che ha bisogno di una guida certa, forte e con un progetto politico chiaro per poter risvegliarsi dal coma in cui l’ha indotta Prodi.
Non giova agli Italiani che hanno bisogno di leggi che non siano frutto di compromessi bizantini buoni solo a non risolvere i problemi ma a rimandarli e caricarli sulle spalle delle generazioni future (vedi il protocollo sinistra-sindacati sul welfare e pensioni).
In ultima analisi sarebbe utile solo a Prodi che potrebbe galleggiare qualche altro mese.
Berlusconi non cada nella trappola e mantenga la posizione distinta e distante da ogni iniziativa della sinistra.
L’Italia e gli Italiani gliene saranno grati.

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18 ottobre 2007

Elementare, Watson

Il politicamente corretto è sbarcato da tempo nel campo della cultura e della scienza.
Dopo il caso dello storico David Irving, uno dei capofila del c.d. “negazionismo” (tanto per intenderci, ma ritengo il termine alquanto improprio) ecco James Watson, premio Nobel per i suoi studi che hanno aperto la strada alla conoscenza del dna e del genoma.
Cos’ha mai combinato questo arzillo 79enne dalla lingua sempre velenosa ?
Ha dichiarato che l’Occidente sbaglia l’approccio con l’Africa, perché parte dal presupposto della uguaglianza intellettuale dei due popoli e quindi fornisce soluzioni che sono andate bene per l’Occidente, ma non vanno bene per gli africani.
E questo per il semplice fatto che l’uguaglianza asserita è solo una speranza, smentita da test e che nei prossimi dieci anni sarà confermata dalla scienza.
Naturalmente il premio Nobel è stato subissato da un coro di contumelie e pare che nella liberale Gran Bretagna si sia pensato di vietare la sua prevista conferenza scientifica.
Ora, io non voglio entrare nel merito della questione, ma mi piace evidenziare una questione di principio e di par condicio.
Come mai, quando si svegliano scienziati che tendono a dimostrare tesi, anche azzardate, che vanno ad impattare su tradizioni consolidate e principi religiosi, le loro parole vengono accolte con entusiastiche reazioni che diventano isteriche se si osa contraddirli, mentre quando una, evidentemente, pecora nera della comunità scientifica esprime idee contrastanti con quelle desiderate dalla massa conforme viene aggredita ?
Perché quelli che tendono a distruggere Fede e convinzioni tradizionali hanno diritto di parola e, anzi, si richiedono leggi che consentano loro di continuare i loro studi/esperimenti, mentre quando qualcuno, in base evidentemente alle sue esperienze, sostiene una tesi controcorrente, allora gli si deve spegnere la voce, quando non produrre leggi in base alle quali metterlo in galera ?
E’ così grave percorrere una strada diversa da quella della massa ?
E’ così grave stonare nel coro ?

Sembra che sia proprio un peccato mortale che non consente di applicare al reo né indulti, né la condiscendenza che si usa anche alle più strampalate tesi, spacciate per teorie scientifiche, che hanno anche recentemente visto la luce (ad esempio sull’inquinamento che, solo limitatamente all’Italia, marcerebbe a livelli superiori che in ogni altra parte d’europa).
Cosa dobbiamo allora concludere ?
Che la scienza ha valore solo se conferma le tesi sostenute dal politicamente corretto, in caso contrario non ha diritto di parola.
Che i premi Nobel sono da rispettare solo se si accucciano al volere del potere, in caso contrario non hanno diritto di esprimere le loro idee.
Elementare, Watson.

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16 ottobre 2007

La nuova inquisizione

Il senatore Francesco Storace è stato iscritto nel registro degli indagati per aver ricordato a Napolitano il suo passato.
Evidentemente il regime, come tutti i regimi, ha paura della verità e come nel 1984 di Orwell, intende rimuovere dalla memoria le pagine scomode, per riempirle con una storia riveduta e corretta.
Ovvio e pleonastico confermare la piena solidarietà al senatore Storace.
Ma il problema è di gran lunga più ampio.
L’on. Santanchè e l’on. Giovanardi (tanto per citare due esponenti estranei al partito del senatore Storace) hanno ben evidenziato il problema che riguarda
la libertà di espressione,
la libertà di pensiero,
la libertà di manifestare le proprie idee,
la libertà di critica
.
A ben vedere l’iscrizione del senatore Storace nel registro degli indagati rientra in pieno in quel movimento repressivo e inquisitore che, partendo dalla legge Mancino, cerca di imbavagliare il libero pensiero e che ha già visto analogo attacco portato al prosindaco di Treviso Gentilini.
Una tendenza che si è rafforzata da quando è divenuto di moda il “politicamente corretto” che vorrebbe impedire di chiamare persone e situazioni con il loro nome, proponendo una versione che ne nasconda le caratteristiche: un cieco, “non vedente”; un handicappato, “diversamente abile”; un culattone, “gay”.
Tendenza pienamente recepita dal ddl Mastella che vorrebbe punire chi si propone con spirito critico nei confronti della storia, ma anche chi, ribadendo l’appartenenza ad una Civiltà che affonda le sue radici nella Tradizione, si oppone alla deriva morale della nazione.
La difesa del buon diritto del senatore Storace a rispondere, per le rime, ad un Napolitano aggressivo e fazioso, è quindi anche e soprattutto difesa del buon diritto dei cittadini italiani di poter esprimere le proprie opinioni, anche quando non garbano alla nomenklatura di regime.
Dobbiamo essere inflessibili contro la nuova inquisizione che vuole imporre il pensiero unico (e debole) del politicamente corretto.
Esprimere liberamente le proprie idee è un valore che nobilita una intera battaglia politica e chi la conduce.


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15 ottobre 2007

Il paese dei campanelli (magari!)

C’era una volta in Italia un genere teatrale molto allegro e piacevole: l’operetta.
Morto Sandro Massimini – bravo anche se dall’atteggiamento un po’ troppo “gaio” per i miei gusti – si è persa.
Sono lieto di annunciare che con la sinistra l’abbiamo ritrovata e siamo passati dal paese dei campanelli a quello dei referendum inutili.
Ricordate i rulli di tamburo e le squillanti note che hanno accompagnato il referendum tra lavoratori dipendenti, precari, disoccupati e pensionati sul celebratissimo accordo su welfare e pensioni ?
Ricordate i rulli di tamburo e le squillanti note che hanno accompagnato il risultato (bulgaro) della consultazione che ha visto l’accordo approvato con l’80% di voti favorevoli ?
Ricordate gli editoriali e le mirabolanti parole che hanno accolto questa grandissima prova di democrazia ?
A proposito: quando c’è di mezzo la sinistra è sempre una “grandissima prova di democrazia” che si risolve però tra mille dubbi e con risultati all’80% favorevoli alle tesi del politburo di turno. Magari preferirei meno democrazia e più capacità amministrativa che ci portasse qualche soldo in più in tasca.
Bene, dimenticate tutto, avevano scherzato.
Il consiglio dei ministri … pardon, la compagnia teatrale dei quattro (Prodi-Tps-Visco-Damiano), ha cambiato il testo di un accordo firmato e approvato – con “la grandissima prova di democrazia” – dall’80% dei consultati.
E che le modifiche non siano di poco conto lo dimostra l’immediata insorgenza di Lcdm, di Bonanni e di Epifani e, a seguire, la riconvocazione delle parti sociali per ridiscutere il tutto.
Ora, se la consultazione è stata “una grandissima prova di democrazia”, il comportamento della sinistra cosa è se non “una grandissima prova arroganza del potere” ?
E se andassero (come andranno) ad un accordo su un testo diverso da quello votato e non chiamassero di nuovo al voto cosa sarebbe se non “una grandissima prova di centralismo in spregio ai lavoratori” ?
Ma, soprattutto, a cosa serve votare se, come è stato per la responsabilità dei magistrati e per il ministero dell’agricoltura, anche su accordi sottoscritti appena tre mesi fa si ricomincia a trattare sul testo ?
Lo abbiamo detto e ripetuto: neppure chi l'ha votata può più continuare a credere a quel che propina la sinistra (noi non le abbiamo mai creduto) e chi si limitasse anche solo ad uno sguardo distratto, capirebbe che questa nuova ammuina governativa è una solenne presa in giro per tutti gli Italiani e non solo per chi ha votato il referendum.
E cos’è questa mania di rinviare gli argomenti spinosi a successive commissioni che non concludono mai nei tempi indicati (e il riferimento al ripristino delle 4 finestre di uscita è voluto) ?
Il paese dei campanelli ?
Al confronto era un “paese” serio e organizzato.
Anche Sandro Massimini, al posto di Romano Prodi, avrebbe fatto una figura migliore.

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14 ottobre 2007

Le parole di Storace, musica per il Centro Destra

Due i fatti di rilievo nella politica italiana del fine settimana.
La grande manifestazione di Alleanza Nazionale a Roma dalla quale è emerso, una volta di più, che il Popolo Italiano non vede l’ora che cada il governo di sinistra e, nel frattempo, lo manda con tutto il cuore a quel paese.
Le polemiche scatenate ipocritamente e demagogicamente dalla sinistra contro Francesco Storace e il Movimento La Destra.
Ci sarebbe poi, a cavallo tra la politica e il gossip, la storia di querele e di battute tra il grande attore Luca Barbareschi e una attrice romana di sinistra, ma di questo ne parleremo in altra circostanza (forse …).
La manifestazione romana di A.N. ha reso evidente una unità popolare e di base degli elettori del Centro Destra che travalica gli angusti confini di partito, per proiettarsi verso un reale idem sentire.
Sentimento che viene perfettamente interpretato dal senatore Francesco Storace che, toltosi i guanti bianchi dell’epoca in cui stava in A.N., non le manda certo a dire e usa quel linguaggio che, ne sono convinto, appassiona e piace alla gran parte del nostro elettorato.
Perché, checchè ne dicano abatini di lungo corso e parvenu istituzionalisti, quello è ciò che vogliamo sentire dai nostri rappresentanti.
Un linguaggio che non dia adito a sospetti di inciuci e di compromessi con una sinistra sempre più becera e smemorata.
Riassumiamo, anche a futura memoria, i fatti.
Tutta la stampa nazionale ha definito l’appoggio dei senatori non eletti al governo Prodi una “stampella”.
In effetti senza il voto determinante di Montalcini e Colombo, Visco sarebbe stato sfiduciato e il governo sarebbe presumibilmente entrato in crisi.
Prendendo spunto dai commenti di stampa, i giovani del Movimento La Destra hanno pensato di inviare in omaggio a Montalcini un paio di stampelle: ironia graffiante, impertinente, irridente, ma pur sempre ironia.
Per lo meno non hanno pensato di rompergliele in testa come un tizio cercò di fare contro il Presidente Berlusconi, usando un treppiede da fotografo !
Storace, intervistato da uno degli organi della sinistra, definì l’iniziativa dei suoi giovani per quello che appunto era “una goliardata”, rifiutandosi di prenderne le distanze.
Montalcini, allo stesso quotidiano, ha scritto piccata riesumando la solita tiritera antifascista.
Storace non ha perso tempo e le ha ricordato che, votando anche per i singoli provvedimenti del governo, puntellando Prodi anche sulle mozioni di sfiducia individuali, ha perso quell’alone di super partes che un senatore non eletto e tale per meriti extra elettorali, avrebbe avuto se si fosse limitato a presenze d’onore, quindi doveva accettare le risposte politiche e gli attacchi politici.
Insorge Napolitano che giudica indegne le parole di Storace (e ci credo: lui stesso fu nominato senatore da Ciampi senza che avesse palesato alcun merito, anzi dopo una vita da comunista).
Storace ricorda a Napolitano che non è la persona più indicata a fare la morale al prossimo, ricordandogli il suo entusiasmo per “l’aiuto fraterno” che i carri armati sovietici diedero in Ungheria nel 1956, i suoi trascorsi da comunista non pentito, la sua faziosità che lo porta sistematicamente a prendere posizione nell’interesse di Prodi.
Seguono gli ululati della sinistra contro Storace.
Storace ha trattato Montalcini e Napolitano per quello che sono: due personaggi che ricoprono cariche che dovrebbero esaltarne l’imparzialità e, invece, risultano funzionali alla sinistra.
Montalcini e Napolitano devono ricordare che nel momento in cui si schierano diventano bersagli come tutti gli altri delle legittime reazioni della avversa parte politica.
La sinistra, smemorata come sempre quando le conviene, non ricorda le offese e gli insulti, fino a richiederne le dimissioni e la messa in stato di accusa, rivolte contro il Presidente Cossiga.
La sinistra, con le sue amnesie per lei così provvidenziali, non ricorda le offese sistematicamente rivolte al Presidente Berlusconi sin dalla sua discesa in campo nel 1994.
La sinistra dimentica che senatori non eletti e presidente della repubblica per rappresentare tutti i cittadini devono evitare di essere il dodicesimo e il tredicesimo uomo in campo, nella partita della politica.
La sinistra tutto questo lo sa, ma non ha alcun interesse a ricordarsene e metterlo in pratica, perché nel suo dna c’è carenza di vitamina “d” (democrazia).
Ed è inutile che oggi il compagno Veltroni, segretario del politburo del partito presunto democratico, "piagnucoli" dalle colonne del quotidiano della mia città invitando ad “uscire dal tunnel dell’odio”, perché quel tunnel lo hanno voluto imboccare loro e adesso che le sciagurate scelte di lotta totale al Presidente Berlusconi, si ritorcono contro di loro devono accettarne le conseguenze.
Loro è la responsabilità, solo loro può essere il gesto di riparazione: scuse e rinuncia alla politica da parte dell’intera nomenklatura della sinistra che dal 1994 ad oggi ha istigato ai comportamenti che tanto oggi fanno soffrire il dolente compagno Veltroni.
Per questo i due eventi del fine settimana, la marcia a Roma di A.N. e le energiche risposte di Storace ai suoi critici, appartengono all’intero Centro Destra, ad un Popolo delle Libertà che ha preso coscienza della sua forza e che non accetta alcuna sudditanza nei confronti dei temi, delle parole d’ordine, dei linguaggi e delle ipocrisie di una sinistra che dobbiamo solo combattere, combattere, combattere.



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12 ottobre 2007

Nobel decaduto e svalutato

Quando ero bambino ci hanno fatto “una capa così” su Alfred Nobel, sui suoi sentimenti umanitari che lo indussero, dopo aver inventato la dinamite, a pentirsene, lasciando quindi per testamento la sua fortuna per premiare chi avesse aiutato l’Umanità nei vari campi.
E giù a citare Curie e Carducci e Deledda e Pirandello e Quasimodo
Tutti personaggi di spessore che mi fanno pensare alla decadenza dell’epoca contemporanea, che vede il Nobel per la pace attribuito al capo terrorista palestinese, da poco – troppo poco – tempo defunto, pur responsabile di stragi e del perpetuarsi di una situazione di guerra in Medio Oriente.
Oppure all’ultimo erede di Stalin e Lenin (ricordato giusto perché non è stato in grado di perpetuare il regime) o al peggior presidente che gli Stati Uniti abbiano avuto (premiato probabilmente perché ha portato quella grande nazione al suo livello più basso in 200 anni di storia gloriosa).
Vediamo Nobel (per chiudere con gli italiani) assegnati a guitti che non riescono ad ottenere neppure il consenso dei loro concittadini per la carica di sindaco ed a personaggi che vanificano il credito ricevuto prestandosi a fare la stampella geriatrica di un governo che non ha il consenso popolare necessario e deve ricorrere a senatori non eletti.
E oggi riceviamo l’ennesima conferma che il Nobel è più che svalutato (non certo negli importi, però) con l’annuncio del Nobel per la pace assegnato all’ex Vicepresidente di Clinton, sconfitto fortunatamente da George W. Bush nel 2000 e ad una organizzazione dell’onu.
Il Nobel per la pace, evidentemente in assenza di personalità considerate all’altezza, ha pagato il suo obolo alla nuova moda - che è soprattutto business economico - ecoambientalista e così ha premiato una persona ed una organizzazione che si preoccupano di farci star male ora, per non farci stare troppo male (forse) fra … 1000 anni.
Il Nobel ad una organizzazione dell’onu è un controsenso, visto che lo scopo istituzionale dell’onu dovrebbe essere proprio quello di ricercare di dirimere pacificamente le controversie internazionali.
Se, poi, pensiamo al premio attribuito ad Al Gore che ha pure vinto un Oscar (un Oscar !!!) per un noiosissimo documentario finalizzato esclusivamente ad un terrorismo mediatico sull’ecoambientalismo, allora ci viene da pensare che Alfred Nobel si starà rivoltando nella tomba e da lassù (o laggiù) si starà stramaledicendo per non aver conservato in famiglia il suo patrimonio, visto lo scempio che viene fatta della sua donazione.
In pratica, il povero Nobel, dopo i rimorsi per aver inventato la dinamite, adesso vede il suo nome accostato a quello di Carter, Gore, Arafat, Gorbachev e compagnia cantando.
Naturalmente vi sono anche delle eccezioni, voglio sperare che ve ne siano anche se l’ultimo Nobel che mi viene in mente degno della Tradizione è quello di Montale, degli altri ho perso memoria e, se non sbaglio, il premio a Montale risale agli anni settanta.
Ma c’è un sospetto in più che arriva e, cioè, che il lavorio lobbistico dell’ex Vicepresidente Gore sia finalizzato al lancio della sua candidatura alla Casa Bianca, una candidatura che spariglierebbe i pretendenti democratici, mettendo nei guai più la moglie di Clinton che l’uomo che sarà prescelto dai Repubblicani.
E in tutta sincerità, se il pretendente democratico fosse Gore ritengo ci sarebbe una speranza in più per conservare al GOP la Presidenza.
Perché gli Americani lo hanno già conosciuto (e bocciato) e un Carter, per loro, basta e avanza ancora per qualche decennio.
Non tutto il male viene per nuocere.

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11 ottobre 2007

Dopo il “trionfo” delle centrali sindacali sul welfare

I dati del referendum tra lavoratori dipendenti, pensionati, precari, disoccupati (tutti gli altri cittadini devono tacere e pagare) sono ancora in via di elaborazione, ma sembra che il “sì” abbia prevalso nella misura desiderata, cioè quella cifra ben superiore al 70% che rappresenta il rapporto di coalizione tra l’estrema e i presunti moderati.
Come era prevedibile emergono già le … lacune (vogliamo chiamarle così ?) che inficiano il voto e alcuni giornalisti (come quello de “La Cronaca” di Piacenza di cui riferisce Libero che ha già dimostrato come si potesse votare più volte senza controlli) possono mostrarne orgogliosamente le prove.
Ma non ci interessa qui contestare la legittimità di un voto che, come abbiamo ripetutamente scritto , è discutibile nel contenuto e nel metodo, quanto ipotizzare il percorso futuro del governo, ben più dannoso di qualsiasi accordo a perdere che possa aver firmato la trimurti confederale.
Sicuramente i media asserviti alla sinistra faranno rullare i tamburi attribuendo al voto il carattere di un viatico della base all’accordo e cercando di costringere quei parlamentari, soprattutto senatori, di sinistra ancora in possesso di una coscienza al voto a favore, in modo da allungare la vita a Prodi.
E’ però auspicabile che chi arriva a ricoprire ruoli di rappresentanza generale sappia leggere oltre la propaganda e riconosca che se gli stessi sindacalisti schierati per il “no” (che conoscono bene le capacità dei loro compagni) contestano il risultato, il mandato non possa essere tale da vincolarli nel voto.
Anche i mitizzati operai metalmeccanici, tanto esaltati, quanto sfruttati – più dai loro “compagni” in carriera che dai “padroni” – dovranno rendersi conto che tornano utili solo quando c’è da manifestare in piazza contro il Governo Berlusconi, ma quando a comandare c’è la sinistra le loro istanze vengono archiviate con una scrollatina di spalle ed un borbottio del loro presidente del consiglio.
Allora si può proprio dire che vengono utilizzati come “carne da macello”: devono protestare (e rimetterci giornate di lavoro) quando Berlusconi aumenta la loro capacità economica riducendo le tasse e applaudire tacendo (o venendo ignorati) quando Prodi toglie loro anche quel poco che con Berlusconi hanno accumulato (magari investendolo in case o in titoli di stato ...).
Il passaggio in consiglio dei ministri è solo formalità.
In parlamento si dovranno confrontare quelli che hanno giurato che non deve essere cambiata una sola virgola dell’accordo (capeggiati dall’esimio multipresidente Lcdm) e quelli che non voteranno se non si cambia il testo.
Se ambedue gli schieramenti fossero composti da persone di parola, il governo Prodi sarebbe già in crisi perchè al senato, scontato il voto contrario dei partiti della Casa delle Libertà, basta lo spostamento minimo di tre senatori per rendere inutile il pronto soccorso geriatrico cui ricorre regolarmente Prodi e le due ipotesi indicate si elidono a vicenda, quindi qualcuno – ben più di tre – dovrebbe, qualunque soluzione sia adottata, votare contro.
Ma qui scatta l’istinto di sopravvivenza e mantenimento della poltrona (avete notato come i “brogli” denunciati da Marco Rizzo – che non ha poltrone di rilievo – siano diventati per Fausto Bertinotti dei semplici “nei” ?) che escluderebbe voti contrari da parte della estrema sinistra.
Vi sono invece i senatori che possono ritrovarsi intorno a Dini (ma anche a Mastella, Di Pietro o alla SVP/PPTT) che, proprio per l’istinto di sopravvivenza, per non essere travolti dal continuo franare della sinistra, potrebbero decidere di porre misericordiosamente fine alla devastante esperienza del governo (?) Prodi, ricavandone – oltre a sicuri seggi per le prossime elezioni – anche l’eterno riconoscimento degli Italiani veri.

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10 ottobre 2007

Accordo su welfare e pensioni: fine votazioni

Oggi è stato l’ultimo giorno di votazione per il referendum tra lavoratori dipendenti, pensionati, precari e disoccupati su welfare e pensioni.
Dopo aver visto le ragioni che inducono a preferire il “no” e espresso dubbi sulla effettiva rispondenza del risultato alla realtà del mondo del lavoro dipendente (ben più pesantemente il comunista Marco Rizzo ha parlato di “brogli”) mi trovo a commentare le prime “indiscrezioni” sul risultato che non fanno altro che accrescere le perplessità su come il tutto sia stato condotto.
Al gr1 delle 6 di stamattina – quindi a votazioni ancora aperte – la velina letta dallo speaker di turno annunciava il superamento della quota di cinque milioni di votanti, con un successo nettamente superiore alle previsioni.
Lo stesso speaker ha annunciato – a votazioni ancora aperte – la prevalenza dei “sì”.
Allora mi viene da pensare.
Alle primarie della sinistra del 2005 per la designazione di miss Ulivo, furono strombazzati milioni di votanti.
Adesso che devono formalizzare la scelta di Veltroni quale segretario del partito presunto democratico, quelle liste sono tenute ben sotto chiave e qualcuno ha anche ipotizzato che, poi, non furono a votare tutti quei milioni che si diceva.
Il referendum sindacale aveva in partenza posto un dato: 5 milioni di votanti, puntualmente superato.
La prevalenza dei sì, che lunedì pronosticavo ad oltre il 75% (non perchè me la fossi inventata su due piedi, ma perché era la percentuale ascoltata in ambienti sindacali per mettere a tacere la sinistra radicale) sembra superata (l’Ansa delle 16,05 parla di oltre l’82% ).
Siamo perfettamente a conoscenza del voto politico del 2006 dove la sinistra era pronosticata stravincere e poi, alla prova delle urne, avrebbe prevalso per una manciata di contestatissimi voti.
Se non fossi già ultracinquantenne.
Se non avessi la più totale sfiducia nella sinistra, nella sua affidabilità e nelle sue affermazioni, potrei domandarmi: possibile che riescano ad azzeccare regolarmente, quando si gestiscono tutto loro (operazioni di voto, liste elettorali, convalida delle schede, scrutinio) gli obiettivi prefissati ?
Con buona pace delle centrali sindacali, il dubbio c’è ed è molto consistente.
Anche perché chiunque abbia partecipato alle assemblee ed alla espressione del voto sa che solo la sua personale onestà gli ha impedito di votare due volte, visto che i sistemi di controllo non ci sono (è difficile che se uno vota in un luogo di lavoro e poi va alla sede di un sindacato sia individuato come uno che ha già votato altrove ...).
Ma c’è un altro aspetto che mi riservo di approfondire a commento del risultato finale quando verrà “proclamato” ed è la discrasia che emerge (sempre dall’Ansa delle 16,05) tra i risultati che provengono dalle fabbriche dove con la Fiom e parte della Uilm il “no” poteva contare su un “controllo” del voto e anche su sostenitori che sicuramente non hanno fatto mancare di esporre le loro ragioni e i dati che emergono dalle strutture territoriali, da dove escono risultati che portano il “sì” ad “oltre l’82%”.
Vedremo, a bocce ferme, la portata dell’annunciato “grande risultato” della triplice, ma, soprattutto, vedremo in parlamento a cosa condurrà tutto questo.

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