Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

30 ottobre 2005

Libby,Lady D.,il Silvio pacifista e lo smemorato di Scandiano

Questo blog è politicamente scorretto: e me ne vanto !

Anche il tema di oggi farà andare in fibrillazione le verginelle sinistre i cui occhi vedono solo ciò che conviene alla loro ideologia.

Fatta questa premessa (un po’ come le “signorine buonasera” avvertono che il film/telefilm è consigliato ad un pubblico adulto) veniamo al tema.

Inizialmente era centrato sulle periodiche “rivelazioni” sui presunti complotti per uccidere la signora Diana Spencer.

Con il rinvio a giudizio (attenzione: rinvio a giudizio e non condanna !) del capo della segreteria del Vicepresidente Cheney e la suonata a distesa delle campane della malainformazione italiana, rinfocolate da un non scoop sulle dichiarazioni del Presidente Berlusconi, allargo l’orizzonte, tanto il motivo di fondo è il medesimo, lasciando alla defunta signora Diana Spencer solo un paio di righe, a modo mio.

Ma qualcuno può seriamente pensare che la Monarchia della più importante nazione europea si sarebbe lasciata destabilizzare dall’ adulterio della principessa con il rampollo di un miliardario egiziano ?

Poi, naturalmente, è necessario vendere giornali e accalappiare spettatori e allora vai con la dietrologia, i complotti e gli omicidi (presunti) eccellenti !

Analogamente per la vicenda che chiamano “Ciagate”.

Lewis Libby è stato rinviato a giudizio per l’imputazione di una serie di “crimini” quali “spergiuro” e “aver mentito alla Corte”.

Colpe che secondo le verginelle sinistre meriterebbero la pena di morte, magari poi i mandanti acclarati di omicidi di Commissari di Polizia meritano invece la grazia … transeat.

Ma qual è la colpa reale di Libby ?

Aver perseguito una linea politica coerente con gli interessi nazionali Americani e di tutto l’Occidente.

I terroristi islamici vanno combattuti ? .

Saddam era un pericoloso criminale ? .

E’ giusto braccare i terroristi musulmani di deserto in deserto e di grotta in grotta ? .

E’ giusto, dopo che giusto era stato liberarlo dalla feroce tirannia di Saddam, dare all’Iraq l’opportunità di far germogliare e rinforzare la democrazia ? .

E’ giusto quindi perseguire quegli obiettivi adottando le migliori strategia che, per essere tali, non possono certo essere annunciate urbi et orbi ? .

Libby è accusato di non aver annunciato al TG delle 20 i piani della Casa Bianca per combattere il terrorismo islamico.

E la sinistra sembra uguale in tutto il mondo.

Negli Stati Uniti come in Italia.

Perde le elezioni, allora si butta sui cavilli a dimostrazione di quanto sia più brava nelle chiacchiere (e nei distintivi che dalle loro parti si rivelano sempre solo delle patacche) che non nel fare.

Ci avevano già provato con Reagan, montando il cosiddetto scandalo “Iran/Contras”, definito “Irangate”, nella speranza di ripetere il colpo grosso del 1974.

Ma i tempi sono cambiati e nessun Americano amerebbe avere un nuovo Carter alla Casa Bianca.

E veniamo alla nostra Italia, dove il Presidente del Consiglio, in una intervista televisiva, ha confermato le sue precedenti dichiarazioni (risalenti al febbraio 2003) sull’opinione circa l’intervento militare per liberare l’Iraq, attestato dal fatto che le truppe Italiane si sono presentate sul teatro di guerra dopo la fine della stessa (purtroppo ! n.d.r.) per garantire uno sviluppo alla neoacquisita democrazia irachena.

Subito si è scatenata la canea sinistra il cui “la” è stato dato dallo smemorato di Scandiano, da poco investito della corona di miss Ulivo, che, con un tono di voce che ricorda ogni giorno più il bambino obeso cui viene sottratto il bombolone pieno di crema e frigna per la rabbia, chiede a Berlusconi “allora non conti proprio niente” ?

Ricordiamo allora allo smemorato di Scandiano quanto abbia contato lui che, all’epoca, era presidente della commissione europea, cioè l’organismo politico di ben 15 /allora) paesi.

1) Non è riuscito ad impedire la liberazione manu militari dell’Iraq, ma non ci ha neanche provato perché Bush non lo avrebbe neppure ricevuto e ascoltato (allora Prodi conta meno di nulla !);
2) Non è riuscito ad impedire la partecipazione alla liberazione dell’Iraq delle truppe di uno dei paesi dell’unione europea (allora Prodi conta meno di meno di nulla !);
3) Non è riuscito ad impedire che la “sua” europa si spaccasse tra chi ha partecipato alla missione di pacificazione nell’Iraq liberato e chi ha continuato a ragliare assieme ai pacifinti (allora Prodi conta meno, di meno, di meno di nulla !).


Il livore dello smemorato di Scandiano si commenta da solo, noi siamo qui solo per ricordare che la liberazione dell’Iraq e la dottrina della difesa preventiva hanno consentito all’Occidente, per la prima volta dopo un ventennio, di passare all’offensiva contro i propri nemici e di allargare il perimetro della democrazia e della libertà.

Ed è un metodo che, nonostante il parere opposto del nostro Premier che rispettiamo e, pur non condividendolo in questo singolo aspetto, comunque votiamo, ha portato buoni frutti in Iraq, in Afghanistan ma anche, con effetto domino, in paesi come la Libia e la Siria.

E l’uso della forza militare non può essere escluso a priori nei confronti degli altri stati canaglia come l’Iran, Cuba e la Corea del Nord, perché è l’unica sanzione possibile nei confronti degli stati che delinquono contro l’Umanità.

Ringraziamo quindi uomini come Lewis Libby che non annunciano urbi et orbi le strategie che ci consentono di vivere nel benessere, nella sicurezza ed allargando la platea degli stati liberi e democratici.

28 ottobre 2005

La mia Marcia su Roma


Il 28 ottobre 1922, al termine di quella che sarebbe passata alla Storia come “la Marcia su Roma”, Benito Mussolini fu incaricato dal Re Vittorio Emanuele III di formare il nuovo governo.

Mussolini mantenne quell’incarico per quasi 21 anni, fino alle conseguenze del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943.

Il 28 ottobre è una data che viene da alcuni celebrata, nonostante non sia più festa nazionale.

E’ il destino delle festività di parte.

Sarà anche il destino del 25 aprile, altra festa celebrata solo da una parte degli Italiani.

Personalmente ritengo legittimo che ognuno celebri le ricorrenze che ritiene più affini ai propri sentimenti, ma la Festa Nazionale deve rappresentare un momento di unità … e sarà oggetto di un altro post.

In questa circostanza, alla distanza siderale di ben 83 anni da quel 28 ottobre, credo sia doverosa una riflessione su quello che fu il Fascismo per l’Italia.

E non possiamo fare alcuna seria riflessione se, preliminarmente, non consegniamo il Fascismo alla Storia, rinunciando ad ogni strumentalizzazione in funzione dell’attualità.

Che la data di conclusione dell’esperienza Fascista sia il settembre 1938 (inizio della legislazione c.d. “razziale”), il 10 giugno 1940 (entrata in guerra contro la Gran Bretagna e alleati della Germania), il 25 luglio 1943 (Gran Consiglio che sancisce la fine del Governo Mussolini), il 25 aprile 1945 (termine delle ostilità) o il 28 aprile 1945 (assassinio di Mussolini da parte di una banda partigiana a guerra finita) non ha grande importanza.

Quel che conta è che il Fascismo è un momento storico concluso e da contestualizzare,nel bene e nel male.

Sì, perché se del male c’è stato (ad esempio la guerra scioccamente combattuta assieme ai tedeschi, nostri nemici storici) è onesto ricordare il bene del Fascismo.

Contro il Fascismo sono stati scritti ponderosi tomi e spesi fiumi di parole.

Citando il Manzoni, con orgoglio, direi di me stesso che di mille voci al sonito, mista la sua non ha.

E francamente ritengo anche sciocco ripetere quel che altri, con più convinzione, hanno scritto e scrivono.

Lo scopo di questo post è ricordare e contestualizzare.

Il 19 marzo del 1919 nascono i “Fasci di Combattimento”.

E’ un’Italia che noi non possiamo neppure lontanamente immaginare.

Avevamo vinto la Grande Guerra, ricongiungendo all’Italia Trento e Trieste e solo più tardi Fiume e l’Istria.

Ma molti territori reclamati e che ci spettavano per diritto storico, come la Dalmazia, ci erano stati negati.

Come eravamo rimasti esclusi dalla spartizione delle colonie già appartenute alla Germania guglielmina.

La guerra aveva provocato molti morti e ci era costata anche economicamente.

I socialisti, che erano stati sin dall’inizio contrari all’ingresso in guerra, approfittavano delle difficoltà dell’Italia liberale per scatenare le masse dei più poveri, allettandoli con le abituali parole d’ordine dei demagoghi irresponsabili.

Due anni prima, il 7 novembre 1917 (quella rivoluzione fu chiamata “d’ottobre” in funzione del calendario ortodosso) un criminale come Lenin era riuscito a conquistare il potere in Russia, massacrando la dinastia regnante dei Romanov e tutti gli oppositori e proponendo la sua Russia come paradiso dei lavoratori.

I socialisti massimalisti e i comunisti (nati a Livorno nel 1921) pensavano di poter esportare la rivoluzione russa anche in Italia e in Occidente.

I reduci della Grande Guerra venivano sistematicamente isolati e anche malmenati.

Nel nome del socialismo e del comunismo venivano commesse violenze sulle proprietà e sulle persone.

Il governo liberale non riusciva a controllare la situazione.

Tutto questo si aggiungeva alle ancora profonde differenze tra le varie regioni italiane e che 60 anni di Unità non erano riuscite ad eliminare.

In questo quadro è naturale la reazione di chi è aggredito.

Proprietari terrieri, industriali e reduci.

Ma anche intellettuali e nazionalisti che vedevano esplodere l’Italia nel momento in cui si sarebbe dovuto fare fronte per capitalizzare la vittoria bellica.

Alla violenza si cominciò a rispondere con altrettanta violenza.

Per arrivare al 28 ottobre 1922.

Elezioni regolari prima e “pilotate” poi diedero la maggioranza parlamentare al Governo di Mussolini.

Praticamente nel giro di due anni Mussolini divenne il Duce.

L’Italia e la massima parte degli Italiani erano con lui.

Perché ?

Perché aveva dato agli Italiani quel che desideravano: la sicurezza.

Allora Libertà e Democrazia non erano Valori imprescindibili, anche perché gran parte della popolazione non poteva goderseli, essendo alle prese con problemi molto più materiali e immediati.

E fu proprio a quei bisogni che il Fascismo seppe dare una risposta adeguata.

La fondazione di ancora oggi importanti istituti nazionali: dall’INAIL all’INPS (con l’istituzione della “liquidazione”), l’IMI, l’ANAS (con tutti i lavori pubblici realizzati per rendere l’Italia un paese dalle moderne vie di comunicazione), l’ IRI.

E ancora opere di bonifica e di urbanistica cittadina, che hanno reso salubri zone fino ad allora malsane e hanno creato le moderne infrastrutture cittadine.

La politica per la famiglia e la maternità.

Le prime leggi sul lavoro:
il r.d. 15/3/1923 nr.692 e 1955 sull’orario di lavoro
il riposo domenicale e settimanale della L. 22/2/1934 n. 370 (ancora in vigore pur con gli aggiornamenti del caso) .

Il decreto entrato in vigore l’1/1/1934 sulle malattie professionali, progenitore del famoso D.Lgs. 626/94.

La scuola media obbligatoria : un progetto riuscitissimo per quanto ardito di riforma dell’intero ordine scolastico che nonostante una malandatissima scuola pubblica, devastata da cinquant’anni di ministri democristiani e da sei anni di ministri comunisti, ha retto fino ad ora, quando, proprio con il Governo Berlusconi, si è finalmente attuata la prima organica riforma scolastica dopo 80 anni.

Le colonie estive.

La modernizzazione dell'agricoltura.

E cosa dire di quel mirabile esempio di saggezza giuridica e modernità che furono e sono i codici civile e penale ? Per quanto siano stati manipolati, ancora oggi formano l’essenza del nostro diritto a riprova della grande saggezza con la quale sono stati impostati, tanto da poter assorbire modifiche, integrazioni, cancellazioni sapendo comunque dare una risposta teoricamente corretta alle esigenze di giustizia dei cittadini.
Un corpus iuris che, anche in questo caso, ha dovuto attendere il Governo Berlusconi per avere organiche riforme nel diritto societario, nel diritto fallimentare, nell’ordinamento giudiziario.

Ma il più grande merito del Fascismo è stato sicuramente quello di prendere una terra divisa in campanili e in tante genti e farne un Popolo, una Nazione.

Perché se nel 1861 “l’Italia è fatta, ora facciamo gli Italiani”, questa impresa ancora non era stata compiuta.

Il senso di appartenenza che il Fascismo è riuscito a dare al nostro Popolo ci ha consentito di diventare una Nazione del XX secolo.

Di aspirare legittimamente ad occupare quel posto che la nostra Storia, la nostra Civiltà, la nostra Arte, la nostra Cultura dicono prepotentemente che è nostro, perché la Civiltà Occidentale non può prescindere dalle fondamenta e dal contributo dell’ Italia e degli Italiani.


Il Fascismo fu anche questo ed è opportuno ricordarlo, nel momento in cui i decenni che ci separano a quel 28 ottobre 1922 ci suggeriscono di consegnarlo definitivamente alla Storia, per considerare con obiettività e distacco la sua incidenza nella vita dell’Italia e degli Italiani, valutandone sia gli aspetti negativi, che quelli (che pure esistono !) positivi.

24 ottobre 2005

Pinochet, Generale e Presidente: la sua eredità


Abbiamo visto come non di “golpe” si sia trattato, ma di un intervento sollecitato dalla maggioranza del parlamento che rappresentava anche la maggioranza reale del paese.

Adesso torna ad essere conosciuta anche la versione dell’assassinio di Allende da parte di un consigliere-sicario cubano.

Ma cosa ci facevano i cubani in Cile ?

Dovevano garantire la realizzazione di un regime comunista.

Dovevano addestrare le bande paramilitari per soffocare scioperi e contestazioni contro un governo, quello di Allende, minoritario sin dalla formazione e che stava repentinamente impoverendo il Cile, con provvedimenti di nazionalizzazione e inflazionistici.

La china su cui si stava incanalando il Cile era quella di un paese a sovranità limitata, nell’orbita sovietica.
Come l’Angola, come il Mozambico, come i paesi dell’est europeo.

L’intervento dei militari cileni, da sempre garanti del Cile, ha impedito che il disegno strategico di Mosca e L’Avana fosse portato a termine.

E, chissà, senza l’11 settembre 1973 forse la Storia avrebbe avuto un altro sviluppo e oggi noi non saremmo qui a rallegrarci per il crollo del comunismo e dell’URSS.

Il governo del Presidente Pinochet dovette affrontare anche un clima di boicottaggio internazionale.

Nello stesso campo sportivo il Cile era un paria, tanto che i tennisti italiani vinsero nel 1976 la nostra prima (e unica) Coppa Davis a Santiago accompagnati dai fischi della sinistra italiana che non avrebbe voluto quella trasferta.

L’intervento delle Forze Armate Cilene fu sicuramente devastante per le organizzazioni paramilitari di sinistra costrette, come risulta dai rapporti stilati dalle Forze di Sicurezza Argentine, ad espatriare e a fomentare e combattere da terroristi in altri paesi: un ulteriore segno della mancanza di sostegno popolare all’interno del Cile.

Ma di grande rilievo fu l’intervento del governo del Presidente Pinochet in economia.

Abbandonate le nazionalizzazioni e il dirigismo centralista, il Cile si affidò alla scuola economica dei Chicago boys, i ragazzi di Milton Friedman che, nelle sue memorie, scrive “Pinochet dovrebbe ricevere elogi e apprezzamento dal resto del mondo per aver dimostrato l’inconsistenza del socialismo e la validità della libertà economica.”

E il fiore all’occhiello fu la riforma delle pensioni che, salvando le casse dello stato dalla bancarotta, permise di salvare anche milioni di pensioni.

Sia il FMI che tutti gli osservatori internazionali sono concordi nel ritenere la prosperità e la stabilità del Cile odierno, sia in campo economico che in campo politico, figlie del periodo di governo del Presidente Pinochet e delle sue riforme.

Indro Montanelli (Il Giornale 16/4/1987): “Nel panorama sudamericano il Cile di Pinochet è diventato uno dei paesi economicamente più solidi e in maggior progresso, tanto da meritare gli elogi del Fondo Monetario Internazionale, con un livello di libertà e di dialettica politica che tanti paesi del terzo mondo, vezzeggiati dai nostri democratici, dovrebbero invidiargli. Nè l’Etiopia nè lo Zaire tollererebbero corrispondenze giornalistiche come quelle che gli inviati della RAI-TV diffondono, in diretta, dal Cile.”.

Il Cile oggi è figlio del Cile di Pinochet, non del Cile fallimentare di Allende.

E se oggi c’è in Cile libertà e non un regime comunista di stampo cubano, lo si deve proprio all’intervento, in ossequio al pronunciamento del parlamento del 22 agosto, delle Forze Armate l’11 settembre 1973.

Se mi domandate se è meglio avere la libertà e la democrazia senza passare attraverso una esperienza come quella del Cile di Pinochet, la risposta è: sicuramente è meglio.

Ma, come abbiamo visto, gli errori commessi dalla sinistra democristiana che tirò la volata ad Allende e ne favorì l’ascesa al potere, innescarono un meccanismo che una, tardiva, presa di coscienza, non riuscì a bloccare.

Ad oltre 30 anni di distanza quell’11 settembre, quel periodo storico, è ancora oggetto di propaganda da parte della sinistra che ha dipinto il Generale e Presidente Pinochet come “il Male”, allo stesso modo in cui, a seconda dei momenti storici, ha attribuito a tutti coloro (Truman, Einsenhower, Thatcher, Reagan, Bush, Scelba, Berlusconi) che sono stati di ostacolo alla loro marcia, analoga demonizzazione.

E quale “feroce dittatore” poi lascerebbe il suo incarico, volontariamente ed a seguito di un regolare referendum ?
Ma, soprattutto, quale “feroce dittatoreindirebbe un regolare referendum, mettendo in gioco la sua presidenza ?
Sì, perchè tale fu l’epilogo dei 17 anni di Pinochet, Generale e Presidente.

Il 5 ottobre 1988 il 54,7% dei cileni si espresse contro il Presidente.
Nel dicembre 1989 si tennero le nuove elezioni presidenziali che videro la vittoria del democristiano Patricio Aylwin Azocar (insediatosi l’11 marzo 1990), il pensionamento del Generale Pinochet e il pieno ritorno, in un Cile risanato economicamente e moralmente, all’alternanza democratica.

Questa è una versione profondamente diversa da quella conosciuta attraverso la vulgata sinistra, quindi è probabilmente più attinente alla realtà storica, proprio per l’inveterata abitudine dei sinistri a manipolare anche i fatti della Storia per adattarli alle loro esigenze.

A chi non ha vissuto (o non riesce a ricordare) quel periodo, un semplice invito: non fermarsi alla storia raccontata da chi urla più forte con le sue parole d’ordine, ma ricercare anche versioni alternative, informarsi e poi valutare il tutto.

E tra le valutazioni c’è anche quella del “senno del poi”.

Il Cile oggi è la più solida e stabile democrazia politica ed economica dell’America Latina: lo sarebbe anche senza l’11 settembre 1973 del Generale e Presidente Pinochet ?

(3-fine)

23 ottobre 2005

La ricetta per prosperare in libertà


Giulio Tremonti, tornato Ministro dell’Economia, ha contemporaneamente dato alle stampe un libro che brilla per sintesi, chiarezza e concretezza propositiva.

Ciò che contraddistingue gli uomini del fare come Tremonti e Berlusconi, dagli uomini “tutto chiacchiere e distintivo” come Prodi, Fassino e la pletora delle nomenklatura di sinistra che parla giusto per dare aria ai denti, è proprio questo: sintesi, chiarezza, concretezza propositiva.

Rischi fatali (Mondatori, € 15,00, pagine 111) è emblematico della filosofia politica ed economica di Tremonti.

Il tema è la sfida della globalizzazione che, come scrive Tremonti, è entrata in europa e non l’europa che è entrata nella globalizzazione, connotando così la passività del ruolo del vecchio e, in alcuni burocrati, decrepito continente.

Come siamo giunti al punto di soffrire l’arrivo sui mercati mondiali della Cina (e di altre nazioni asiatiche) ?

Quali sono stati gli errori, quali sono i lacci e lacciuoli che ci fanno segnare il passo con grave rischio di regredire ?

Ma, soprattutto, abbiamo la possibilità di reagire ?

A tutto questo risponde Tremonti, partendo dalla incredibile accelerazione del 9 novembre 1989 (crollo dell’infame muro comunista) e 15 aprile 1994 (accordo sul WTO) che hanno trovato l’europa impreparata, annaspare e dare risposte basate su prospettive superate dagli eventi.

Una europa che si è chiusa in quello che Tremonti chiama mercatismo, un esiziale mix tra mercato e comunismo, con una commissione europea che interviene, come un soviet, in ogni più marginale aspetto della vita dei cittadini.

Con una moneta creata a tavolino, accettata frettolosamente e che ha scaricato sul privato i costi del consolidamento dei debiti pubblici.

Con una dirigenza europea espressione degli uomini “chiacchiere e distintivo” e non di quelli del fare.
C’è da fidarsi di Tremonti ?
Sicuramente .

Tremonti è il Ministro dell’Economia che ha gestito al meglio una situazione di crisi internazionale, con una finanza (che la sinistra spregiativamente chiama “creativa” ) che però ha evitato il ricorso all’abituale strumento dei governi “chiacchiere e distintivo”: l’aumento delle tasse.

E che anche nel suo saggio, indica con chiarezza e concretezza la strada da seguire con sette proposte e una provocazione:

1) primum vivere, cioè guadagnare tempo;
2) codici europei, cioè sfrondare il corpus iuris europeo dalle trope direttive sui piselli nei baccelli, per raccogliere in modo organico e chiaro le regole fondamentali;
3) attrazione di capitali esterni;
4) emissione di euro bond per raccogliere fondi per opere infrastrutturali;
5) politica industriale europea fermando il suicida uso di strumenti antitrust rivolto contro le stesse industrie europee;
6) spostare l’asse del prelievo fiscale dalle persone alle cose, cioè meno tasse generali, per tassare la fruizione delle “cose” pagando per la loro efficienza;
7) politica demografica europea.

La provocazione, poi, sarebbe da sola strumento di grande innovazione:

Finora è quasi tutto vietato, tranne ciò che è consentito, ma può essere a sua volta vietato… Questo schema va rovesciato… Prevedendo che in europa per cinque anni ogni iniziativa economica è libera, escluso solo ciò che è vietato dalla legge penale”.

Infine l’ottimismo necessario a superare anche i problemi più grandi, quando il catastrofismo degli uomini tutti “chiacchiere e distintivo” produce solo danni:

Per avere un pezzo di futuro dobbiamo rinunciare a un pezzo di passato.
Il tempo è sostanza. Il tempo dell’europa non è ancora scaduto
”.


Un saggio che somiglia tanto ad un programma di Governo, il programma che vorrei.

22 ottobre 2005

Viva Celentano:ma quello vero !


La trasmissione che Adriano Celentano ha inaugurato giovedì scorso è l’ultimo atto della parabola discendente di un cantante le cui canzoni hanno accompagnato larga parte della mia vita.

Già il suo tentativo di recitare, ancorché segnato da profumati cachet, ne aveva messo a nudo i limiti.

Ma poteva sembrare che fosse un gigioneggiare, nel recitare la parte del re degli ignoranti, come Mike Buongiorno marcia sulle sue gaffes.

Un dimenticato sabato sera, quello del “w la foca”, accentuò l’impressione che i silenzi e gli anacoluti della sua loquela fossero qualcosa in più che uno studiato modo di presentarsi.

L’altra sera abbiamo avuto la certezza che la parte migliore di Celenatano era la canzone.

Rockpolitk ha rappresentato il fondo di una carriera brillante, denunciando i limiti non solo del parlare e del „pensiero“ (?) dell’uomo del clan, ma anche la sua crisi artistica e vocale.

Il molleggiato di un tempo seduto come un nonno Venanzio qualunque (mancava solo il plaid sulle ginocchia) che dimenticava persino le parole di una delle più belle canzoni che abbia interpretato: Azzurro.

E allora, preso da grande tristezza per il Celentano di oggi, preferisco ricordarlo come era nella foto in alto.

Preferisco ricordare il Celentano che imitava Jerry Lewis e cantava “Il tuo bacio è come un rock”.

Il Celentano che distribuiva 24mila baci, canzone che i miei genitori ascoltavano grazie ad un giradischi del pliocene e ad un disco, 48 giri, sul cui retro c’era una canzone, Aulì aulè, che mi piaceva a tal punto da inseguirne la versione in cd, finchè non sono riuscito, da adulto, ad averla.

E poi ancora il Celentano protoecologista: nessuna manifestazione, ma solo una bella canzone (Il ragazzo della via Gluck) ed un’altra così così (La storia di Serafino con annesso – noioso – film).

Il Celentano antidivorzista de La coppia più bella del mondo e quello legalitario contro gli scioperi di Chi non lavora non fa l’amore.

Il tifoso interista di Eravamo in 100000 e l’uomo del passato di Una carezza in un pugno e Sotto le lenzuola.

E i duetti con Mina.

Quello è il Celentano che piace e che ora, visti anche i pesanti segni dell’età, possiamo trovare solo nelle cineteche e nei cd.

I greci antichi dicevano che “chi è caro agli Dei muore giovane”.

Probabilmente è vero, perché i miti inossidabili del tempo sono quelli di cui non abbiamo visto lo scempio che compie il tempo che passa.

Caro Molleggiato, stai invecchiando, sotto ogni punto di vista, ma pregherò per te, anche se oggi si è spento il sole della tua musica.

Se non altro, per ringraziarti delle tue canzoni il cui ascolte rende azzurro anche il periodo più nero.

Ma, per favore, limitati a cantare, possibilmente in playback.

Viva Celentano:ma quello vero, non la sua appassita controfigura politicamente corretta.

20 ottobre 2005

Pinochet, Generale e Presidente: il mondo nel 1973

L’avvenimento dell’11 settembre 1973 fu, da subito, sfruttato dai comunisti e dalla sinistra e manipolato ai loro fini propagandistici, censurando ed ignorando ogni voce difforme (come quella del già citato Zanfrognini) e ogni versione che non corrispondesse a quella “epica” dell’Allende morto suicida (e non assassinato dal suo “consigliere” cubano perchè non parlasse dei rapporti con Castro) per non cadere nelle mani dei militari.

Una operazione di mistificazione uguale a quella operata con la guerra civile in Spagna nel 1936-1939 e in Italia del 1943-1945, quando, ancora oggi, si esalta una presunta “resistenza”, ignorando o sminuendo il ruolo degli Alleati.

In quei giorni io ero studente liceale impegnato, come tanti miei coetanei, nella battaglia politica seguita alle contestazioni del 1968 (in realtà 1969-1970, ma per comodità e sintesi, parliamo pure “del ’68”).

Facciamo allora un brevissimo excursus sul clima di quegli anni.

Il comunismo sovietico sembrava avanzare inesorabilmente.

Le vecchie colonie, frettolosamente abbandonate dagli Occidentali, non erano in grado di governarsi e si affidavano a demagoghi che abbracciavano la fede marxista, distruggendo quel che era stato costruito e affamando i loro popoli, tenuti “in riga” solo da politiche del terrore.

In Africa la Gran Bretagna in profonda crisi, aveva abbandonato il governo Rhodesiano e non si era opposta alle sanzioni contro la Repubblica del SudAfrica, mentre il Portogallo stava per vivere la sua rivoluzione dei garofani che avrebbe portato sì alla democrazia, ma anche i comunisti al potere in Angola e Mozambico.

Israele aveva combattuto e vinto già quattro guerre contro gli arabi (1948, 1956, 1967 e 1973) occupando ampi territori (Sinai, Cisgiordania, Golan).

In sud est asiatico gli Americani avevano sostituito gli imbelli francesi nel contrastare l’avanzata comunista in Vietnam (dopo essere riusciti a salvare la libertà della Corea del Sud) e nel 1973 era stata siglata una pace che sanciva la divisione del Vietnam come era stato per la Corea.

Purtroppo incombeva lo scandalo Watergate che avrebbe indebolito la presidenza Americana, debolezza che sarebbe durata fino all’elezione (1980) di Ronald Reagan.

In europa si era chiusi in se stessi.
La crisi petrolifera del 1973 (le domeniche a piedi !) aveva indebolito le economie.
I tentativi di creare un “comunismo dal volto umano” (che oggi persino i comunisti riconoscono essere un ossimoro, ma allora lo dicevamo solo noi !) erano stati soffocati nel sangue a Budapest (1956) e a Praga (1968).
In Grecia nel 1967 un gruppo di Colonnelli aveva assunto il potere nel timore di un nuovo tentativo comunista di prendere il potere con la violenza, provocando una guerra civile (come già dopo la seconda guerra mondiale).
Un regime di breve durata (1974), che sarebbe caduto per la pessima gestione dell’affare Cipro e l’invasione di un terzo dell’isola da parte delle truppe turche.

In Italia dopo un decennio di centro sinistra si era riaperta la stagione del centrismo: di breve durata.
Il referendum sul divorzio (1974) consentì ai comunisti ed alla sinistra di portare il primo vero attacco dopo il 1948 alle stanze del potere e una DC debole e divisa non seppe far di meglio che inaugurare (1976) l’era del consociativismo.

Ma, soprattutto, in europa stava esplodendo il fenomeno del terrorismo interno, dopo che già avevamo subito quello dei palestinesi con la strage di Monaco (Olimpiadi del settembre 1972).
In Italia le Brigate Rosse, in Germania la RAF (Rote Armee Fraction) e altri movimenti terrroristi insanguinavano le nostre strade nel nome del comunismo.

Un comunismo che era all’offensiva ovunque, con la potenza militare sovietica e con gli obbedienti soldatini cubani, inviati nel mondo per garantire la “fedeltà” dei paesi (e soprattutto, come abbiamo visto con Allende, dei governanti).

Oggi, con la conoscenza che abbiamo degli eventi storici, possiamo guardare con distacco a quegli anni, soddisfatti per il crollo del comunismo e dell’Unione Sovietica, rivolgendo la nostra attenzione al nuovo pericolo che viene dai rigurgiti islamici.

Ma in quegli anni sembrava che nulla potesse fermare il comunismo e l’11 settembre 1973 noi giovani impegnati in politica eravamo divisi tra la speranza di alcuni e il timore di altri, a seconda della propria appartenenza.

Quello era il clima in cui prese avvio la manipolazione dei 17 anni di Presidenza Pinochet in Cile.

(2-continua)

18 ottobre 2005

Trasmissioni fuorvianti

Chi si sveglia presto al mattino può ascoltare su radio uno, prima del gr delle 6, una trasmissione di servizio dedicata agli immigrati.

Di servizio ?

Dedicata agli immigrati ?

Di servizio è solo una minima parte, un decimo del programma, dove si forniscono risposte a quesiti sui permessi di soggiorno.

Il resto è un battage pubblicitario centrato sulle varie iniziative assunte (inevitabilmente dai “buoni”) per gli immigrati.

Stamattina hanno raggiunto il top con interviste (possibile che non vi sia stata neppure una voce fuori dal coro?) a Piazza Castello, Torino.

Un gruppo di persone si affannavano a ripetere che l’ostilità verso gli immigrati deriva dalla “paura del diverso”.

Così questi improvvisati psicologi (ma anche quelli professionisti non scherzano, vista la quantità industriale di criminali che dichiarano “guariti” e lasciano uscire dalla patrie galere !) ignorando ogni altra ipotesi assolvono l’immigrato e imputano ai loro concittadini colpe (presunte e comunque esistenti solo nella loro contorta mentalità) in merito alle difficoltà di integrazione.

Analogamente nei TG di ieri sera, si parlava di una scuola a Roma frequentata al 70% da immigrati, con classi anche al 100% di immigrati, dove una martire dell’insegnamento, spiegava come, pur essendo una scuola media, stavano ad insegnare l’italiano ai giovani stranieri.

Solo per inciso e nel finale del servizio ammetteva che, sì, rallentava la didattica …

E poi interviste ai genitori degli alunni italiani.

Uno, onestamente, si diceva dispiaciuto, ma avrebbe fatto cambiare scuola al figlio, perché lì perdeva solo tempo.

L’altro, che anche fisiognomicamente è il prototipo del votante per miss Ulivo (pizzetto che una volta si sarebbe detto “alla Balbo” ma che oggi è tipico degli acquirenti di repubblica, parlantina sciolta da tribuno della plebe, concetti buonisti da perfetto sinistro snob) che invece affermava che l’integrazione era cultura (?) e che avrebbe lasciato il figlio in quella scuola.

Il figlio lo ringrazierà in futuro: ignorante, ma integrato.

Conclusione ?

Se vogliono venire in Italia devono imparare e adattarsi ai nostri costumi, alle nostre leggi alla nostra lingua.

I nostri ragazzi non possono essere rallentati nell’apprendimento da alunni che neppure conoscono i rudimenti della lingua italiana.

La soluzione di buon senso e meravigliosamente politicamente scorretta, è in classi differenziate.

Se arrivano ragazzi extracomunitari di 10-14 anni che non conoscono l’italiano, non possono essere messi in classi con alunni italiani che a quell’età devono proseguire l’apprendimento e non segnare il passo perché altri devono ricominciare dall’abbecedario.

Questa non è paura del diverso, è amore per la propria Patria, per la propria Tradizione, per la propria Storia.


Non esiste che, per rispettare la cultura altrui, si penalizzi la nostra.


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16 ottobre 2005

Pinochet,Generale e Presidente: l'antefatto

Alcuni giorni fa La buona battaglia ha scritto un bel post nel quale riprendeva quella che non è una tesi nuova, quella dell’ omicidio di Allende perpetrato da uno dei suoi “consiglieri” cubani, perchè fu sin dall’inizio la versione (ignorata) del Governo Cileno e confermata dall’unico giornalista italiano presente in quei giorni a Santiago (Giancarlo Zanfrognini de “Il Resto del Carlino”: chissà perchè nessuno ha mai pensato di raccogliere in volume i suoi articoli sul Cile prima e dopo l’11 settembre 1973).

Più recentemente anche A Conservative Mind ha fornito una buona documentazione per seppellire il mito di Allende

Così, questa spolveratina ad un episodio negato dal politically correct, mi offre il destro per ricordare quello che fu un altro avvenimento, strumentalizzato, manipolato e travisato dalla vulgata comunista: l’11 settembre 1973 e la cacciata del governo socialcomunista di Allende che aveva distrutto l’economia del Cile e si accingeva a sopprimerne la libertà.

Il Cile è, da sempre, un paese nel quale la democrazia non è cosa sconosciuta: un piccolo miracolo nell’America Latina.

Al governo del paese si erano alternati democristiani e destra.

Nel 1970 erano previste le elezioni presidenziali.

Il presidente uscente (il democristiano Eduardo Frei) era ineleggibile, così i democristiani scelsero un esponente della loro sinistra interna Rodomiro Tomic.

La Destra scelse un ex presidente Jorge Alessandri.

La sinistra, unita con l’estrema filoterrorista e con i partiti socialista e comunista, optò per il socialista Salvador Allende.

Il 4 settembre 1970 il voto popolare non diede la maggioranza a nessuno del tre candidati:
Allende ottenne il 36,3%, Alessandri il 34,9%, Tomic il 27,8%.

Risulta evidente come la maggioranza dei cileni (nella misura di quasi i 2/3 ) bocciasse l’ipotesi di un governo di sinistra.

Ciononostante, quando il parlamento si riunì per scegliere il presidente tra i due candidati più votati, la sinistra democristiana (che non è nuova – veggasi la situazione italiana – a tirare la volata ai comunisti) dirottò i suoi voti su Allende che fu eletto.

Cominciò così l’agonia del Cile, durata 3 anni.

Allende si circondò degli elementi più estremisti (i socialisti guidati da Carlos Altamirano erano di gran lunga più radicali dei comunisti di Luis Corvalan e trovarono una intesa con gli estremisti del MIR, Movimento de la Isquierda Revolucionaria).

Nazionalizzazioni, inflazione e, soprattutto, infiltrazione di “consiglieri” cubani, anche armati, delineavano una deriva castrista di Allende e del suo governo che affrontava con cipiglio tipicamente stalinista gli scioperi popolari.

In una situazione così tesa, la democrazia cristiana il cui controllo, nel frattempo, era stato ripreso dall’ala moderata capeggiata dall’ex presidente Frei, tolse la fiducia ad Allende, chiedendo ripetutamente le sue dimissioni.

Il 22 agosto 1973 , con un documento che rappresenta un pesantissimo atto di accusa contro Allende e il suo governo, la Camera dei Deputati del Cile vota un appello alle istituzioni e alle Forze Armate del Cile perchè intervenissero per ripristinare la legittimità costituzionale, sfiduciando Allende.

L’11 settembre 1973 – 20 giorni dopo il voto del Parlamento - le Forze Armate intervengono a destituire Allende e insediando un Giunta provvisoria guidata del Generale Comandante delle Forze Armate Augusto Pinochet Ugarte.


(1-continua)

15 ottobre 2005

L'anno della Fortitudo Bologna


Erano gli anni della contestazione, tutt’altro che “formidabili” come qualche trombone in eskimo insiste nell’affermare.

Erano gli anni delle violenze rosse nelle scuole, dell’antiamericanismo spinto (beh, non è cambiato molto da allora nei comportamenti incivili di una certa parte politica !), gli anni in cui il Presidente degli Stati Uniti (Nixon) non poteva venire in Italia se non dietro imponenti misure di sicurezza e spostandosi con l’elicottero.

Erano gli anni del Vietnam , dei capelli lunghi, ma erano anche gli anni di UFO (Shado) in televisione e gli anni in cui uno dei tanti sport “minori” sembrava poter conquistare un suo spazio importante.

Per ironia del destino, quello sport era il simbolo dello sport made in USA: il baseball.

Grazie alla presidenza di Bruno Beneck, il baseball si stava posizionando come “lo sport dell’estate”.

Da maggio a settembre (quando il massimo campionato di calcio era a riposo, fatta eccezione qualche partita di fine o inizio campionato e non c’era l’indigestione estiva di tornei e manifestazioni) Beneck il baseball ero “lo” sport (soprattutto tra luglio e agosto) con due partite settimanali alle 15 del sabato e della domenica.

Il pubblico cominciava ad appassionarsi.

Bologna aveva due squadre: la Fortitudo sponsorizzata Amaro Montenegro e la Bologna Nuova (poi scioltasi nella Fortitudo) sponsorizzata Unipol.

Il baseball era sport da centro sud: Nettuno e Anzio sopra tutti e la solita, opulenta Milano con il suo circondario come Bollate.

In quel panorama la Fortitudo Baseball, sponsorizzata Amaro Montenegro (della famiglia Seragnoli e Giorgio Seragnoli è il presidente della Fortitudo Basket Campione d’Italia … ) portò a Bologna il suo primo scudetto, battendo l’Europhon Milano allenata da Gigi Cameroni e guidata sul campo da Carlo Passerotto.

Ma “Toro” Rinaldi e Gianni Lercker e il “prof” Umberto Calzolari, Alfredo Meli e Angelo Baldi e Stefano Malaguti riuscirono nell’impresa di consegnare il primo scudetto a Bologna: ancora una volta posso dire “io c’era”.

Da quel 1969 sono passati 36 anni e tanti campioni sotto le Due Torri e con i protagonisti del primo scudetto mi piace ricordare per tutti altri due simboli del baseball bolognese: Vic Luciani (interbase, seconda base e allenatore) e Ricki Matteucci, 1000 e più partite in bianco blu, ritiratosi nel 2003 a 47 anni dopo il sesto scudetto.

La speranza del baseball si è intanto infranta in gestioni poco lungimiranti della Federazione e le promesse di allora non sono state mantenute.

Ma il baseball rimane uno degli sport più belli, da praticare e da guardare.

La Fortitudo ha conquistato altri scudetti: 1972, 1974, 1978, 1984 e coppe dei campioni 1973 e 1985.

Poi un lungo periodo di appannamento fino al 2003 (anno del sesto scudetto) e a questo 2005 d’oro per la società sportiva Fortitudo, vincente nella pallacanestro a giugno e nel baseball a ottobre, dopo una serie combattutissima di finale contro il San Marino.

4-3 (come lo storico Italia-Germania del 1970) contro un avversario che non ha mollato mai.

E in bacheca il settimo scudetto, per una accoppiata Fortitudo, resa amara solo dalla retrocessione del Bologna calcio .

Approfittando dello strumento internet e blog, lascio quindi questo mio ricordo di uno sport che ho avuto la fortuna di praticare e che continua ad appassionarmi, per me secondo solo al calcio.


Si archivia così un anno storico per la società sportiva Fortitudo Bologna: un 2005 da incorniciare e da non lasciare isolato …

13 ottobre 2005

Quote rosa, quote panda: contrario !

Sono contento che siano stati bocciati gli emendamenti che imponevano le c.d. “quote rosa” nella formazione delle liste elettorali (emendamenti cui hanno peraltro votato contro anche parlamentari di sinistra, da rendere assolutamente stucchevole la polemica innescata dai soliti agit prop del banale: se hanno votato contro in 450 e i parlamentari del Centro Destra sono 330 ...)

Creare una riserva “panda” per le donne in politica mi sembra una solenne corbelleria, oltre ad essere offensivo per le stesse donne, alle quali, in pratica, si certifica per legge una (presunta) inferiorità.

Sì, perché si dice: tu non sei capace di farti largo da sola e quindi noi, regalmente, ti concediamo uno spazio tutto per te, una specie di kindergarten.

Thatcher e Merkel non mi risulta siano arrivate ai vertici delle loro nazioni in base ad una riserva wwf, ma grazie alle loro capacità e meriti che hanno messo in riga aspiranti leaders di sesso maschile.

Altrettanto una donna capace potrà fare in Italia, senza “quote” riservate.

La storia delle quote mi ricorda poi quello che accadde negli Stati Uniti dopo il 1965 e che solo adesso comincia ad essere rivisto.

Posti di lavoro e di studio attribuiti a determinate persone non perché fossero adatti, “capaci e meritevoli”, ma solo per il colore della loro pelle.

Con un netto impoverimento di quella istituzione.

E se passasse il principio delle quote rosa, non tarderebbero a pretendere spazio gli omosessuali con quote loro assegnate e altri ancora.

E, poi, perché non quote di interisti, juventini, romanisti … in modo da configurare una piena par condicio in Parlamento ?

Ma, scherzi a parte, la domanda fondamentale è: per una qualsiasi posizione, è preferibile scegliere in base al sesso o in base alle capacità?


Poiché dubito che persino a sinistra si opti per la prima alternativa, allora le “quote rosa” sono solo fumo negli occhi e, come tale, giustamente bocciate.



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12 ottobre 2005

Lezione spagnola

Il Cardinale Ruini, per noi amichevolmente Don Camillo, è stato contestato a Siena per le sue posizioni contro i PaCS, mentre Fassino cerca di improvvisarsi fedele.

Assistiamo invero ad una rinnovata presenza della chiesa cattolica nel dibattito sociale in corso in Italia che preoccupa la "gioiosa macchina da guerra" della sinistra,al punto da costringere all'outing di fede il povero Fassino (e tutti gli credono ... ci vuole Fede, infatti !;-).

Chissà perché la contestazione al diritto degli esponenti ecclesiastici di esprimere il loro parere proviene solo da una parte.

Proviamo a fornire una interpretazione.

Nel silenzio (e anche grazie a scelte sbagliate) della chiesa iberica, a Madrid è andata al potere una coalizione estremista che sta facendo strame dei Valori che più stanno a cuore alla chiesa.

La chiesa spagnola era scesa in piazza contro la decisione del Premier Aznar di coadiuvare la liberazione dell’Iraq sia con l’appoggio fornito in sede diplomatica e logistica, sia con l’invio di proprie truppe per garantire la pacificazione e la ricostruzione di quel paese.

Una strana alleanza era sorta in quei giorni e vedeva tonache nere affiancate a bandiere rosse.

Poi venne l’attentato dell’11 marzo e la sconfitta del delfino di Aznar.

Al potere sale un partito socialista permeato dalle istanze più radicali.

E tra i provvedimenti assunti dal nuovo governo spagnolo c’è la violazione della sacralità del matrimonio con la farsa del “matrimonio” tra omosessuali.

Troppo tardi la chiesa spagnola sì è accorta dell’abbraccio mortale con cui aveva aiutato la crescita dei socialisti e messo in difficoltà il Partito Popolare.

Chi è causa del suo mal pianga se stesso e, tutto sommato, credo salutare il brusco risveglio dei prelati spagnoli.

E’ evidente che, anche con la nuova guida di Benedetto XVI, in Italia non intendono ripetere lo stesso errore e formulano precise indicazioni per i cattolici (non certo per quelli che si autodefiniscono “adulti” che, ormai, si fanno i precetti per conto loro) sulla morale, ma anche sulla vita sociale e civile.

La (salutare) lezione spagnola è stata recepita e i risultati si vedono.

L’impegno della chiesa in occasione del referendum di giugno ha aiutato l’affermazione di una valanga di astensioni sotto le quali sono stati sepolti i quesiti radicali.

La chiarezza dell’esposizione, prettamente laica, di Don Camillo aiuta anche chi non crede a comprendere di cosa si dibatte quando si parla di PaCS, di matrimonio, di unioni di fatto.

E’ legittimata la chiesa a prendere posizione sulle vicende politiche e sociali del nostro paese ?

Sicuramente sì, anche perché non si vede come si possano usare due pesi e due misure: legittimata a parlare quando si schiera contro la liberazione dell’Iraq o per la concessione di una amnistia, non legittimata se si parla di PaCS o di Valori.

La sinistra non è ancora in grado di scegliersi la chiesa che più le fa comodo.


E anche gli industriali mostrano un qualche barlume di rinsavimento


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11 ottobre 2005

Sciopero generale? Allora la finanziaria è ottima

La triplice sindacale ha proclamato uno sciopero generale per il 25 novembre, con corollario di manifestazioni e comizi (speriamo meno sguaiati di quello di domenica scorsa a Roma).

Abbiamo perso il conto degli scioperi generali proclamati contro Berlusconi (sarà il 5°, il 6° ?) con una perdita del PIL, per le ore perse per scioperi politici, vicino all’1%, mentre sappiamo benissimo quanti ne furono proclamati contro i governi di sinistra: zero !

Eppure furono i governi dell’eurotassa, dell’irap, di Telekom Serbia, delle rottamazioni a vantaggio Fiat, della legge D’Alema del 2000 che ridusse ancor più la libertà di sciopero.

Poiché “accà nisciuno è fesso”, ogni Italiano sa che questo sciopero, come tutti gli altri, ha solo motivazioni politiche, perché la triplice rappresenta i pretoriani della sinistra.

E pensiamo anche che la proclamazione dello sciopero non possa che rivalutare la finanziaria di Tremonti, perché se la sinistra e la triplice vi si oppone, vuol dire che il taglio agli sprechi colpisce le nicchie di privilegio e di clientela che hanno nei burocrati, nei funzionari di partito e di sindacato i principali beneficiari.

Poiché il consociativismo, mascherato nella ciampiana concertazione, non significa altro che attribuire ai sindacati un potere di veto, l’errore del Governo Berlusconi è stato quello di non affondare subito il taglio nei privilegi sindacali.

Ma non è mai troppo tardi.

La liberalizzazione dei Caf e dei patronati, l’attuazione dell’art. 39 della costituzione (nata dalla resistenza antifascista etc. etc.), la revisione del regime dei distacchi sindacali nel pubblico impiego nel nome della produttività, sarebbero passi sufficienti per riportare il sindacato al suo ruolo naturale: la contrattazione di categoria e aziendale.

Per l’indirizzo politico nazionale ci sono i partiti e le elezioni, cui sono chiamati tutti i cittadini.


Grosse Koalition

Che delusione !

Ma come si fa a governare gomito a gomito con la sinistra, anche se è una sinistra migliore di quella italiana perché ha rifiutato di inquinarsi con l’estrema pacifinta, comunista e no global ?

La mia personalissima opinione è che la CDU/CSU ha tutto da perdere in questo connubio contro natura, perché non potrà sviluppare la sua politica liberista e le colpe dei tagli ricadranno su di lei, mentre il merito di eventuali iniziative sociali sulla SPD.

E poi che senso ha lasciare all’opposizione la FDP e i Verdi (oltre agli estremisti) che così avranno gioco facile a cavalcare la protesta ?

Ma si è mai vista una coalizione tra Conservatori e Laburisti in Gran Bretagna ?

Mi sa che la Germania si sia italianizzata nel peggio …


Per la sinistra il tradimento è un valore

Rutelli (sulla legge elettorale): “ci bastano 30 franchi tiratori”.


Ecco la vera sinistra: è quella che vive sulla bassezza morale dei quaquaraqua.


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10 ottobre 2005

Il piromane


Tutti noi abbiamo avuto la sventura di ascoltare e vedere l’intervento di Prodi ieri a Roma, in una piazza che manifesta il flop della mobilitazione sinistra.

Come giustamente scrive Freedomland “mi sa tanto che vinceremo”.

E non è solo l’assenza di contenuti e il deficit di qualche milione di partecipante a dirlo, è proprio il tono, la gestualità e l’espressione di Prodi a gridarlo urbi et orbi.

Parole come quelle ascoltate ieri in Piazza del Popolo le avevamo sentite in Albania tra Sali Berisha e Fatos Nano e in qualche repubblica del sudamerica, sempre seguite da scontri sanguinosi al limite (e anche oltre) della guerra civile.

Mai avremmo pensato che nella sesta potenza industriale, nella terza potenza impegnata nelle missioni militari all’estero, potesse esserci un leader dell’opposizione così incendiario da mentire spudoratamente sul ruolo internazionale dell’Italia e sulla sua situazione economica, fomentando l’odio solo per inseguire il voto di no global ed estremisti di color arcobaleno.

Ma le parole e soprattutto l’espressione di violenta e mal trattenuta rabbia, dimostrano che quello è il sentimento che alberga in colui che la sinistra vorrebbe insediare a palazzo Chigi.

Ma il problema non è Prodi, il problema sono quelli che, invece di invitarlo ad accomodarsi a Villa Baruzziana (ndr: per i bolognesi sinonimo di manicomio ;-), lo seguono.

Allora si ripropone una domanda: abbiamo ancora qualcosa a che spartire tra Italiani di Centro Destra e italiani di sinistra ?

Siamo ancora “concittadini” ?

A me sembra che il solco sia incolmabile.

La sinistra sta seminando vento. Raccoglierà tempesta.

09 ottobre 2005

In marcia per avere più tasse, più caos e più sprechi


La vignetta di Krancic pubblicata su Il Giornale di oggi 9 ottobre 2005: la nomenklatura sinistra che liscia persino i no global pur di fare numero.
E la prima pagina di Libero che non ha bisogno di alcun commento, basta il link (al titolo) al commento di Marcello Veneziani e al fondo di Vittorio Feltri..







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08 ottobre 2005

Ma è possibile che a sinistra vogliano questo ?

Talvolta capita di trovarsi davanti ad argomenti “del giorno” ognuno dei quali meriterebbe di essere evidenziato.

Si premia chi fallisce

Evidentemente in assenza di un qualche candidato di spessore, invece di scegliere la strada più logica – anche per rivalutare il premio – e cioè non conferire alcun riconoscimento, i geni di Stoccolma hanno deciso di insignire tale El Baradei, egiziano presidente della commissione per l’energia nucleare, del nobel per la pace.

Così un nobel, già squalificato dal suo passato conferimento a Le Duc Toh, nordvietnamita, ad un terrorista come Arafat e, in ultimo, in spregio alla Presidenza Bush, al peggior presidente che gli Stati Uniti abbiano avuto negli ultimi due secoli (Jimmy Carter) ecco un ulteriore passo verso il baratro.

Eh già, perché El Baradei non è riuscito a:
- bloccare lo sviluppo nucleare della Corea del Nord;
- bloccare la ripresa delle esperienze nucleari in Iran
- far emanare provvedimenti contro Corea del Nord e Iran.

In sostanza: un completo fallimento, in attesa che i soliti Occidentali, guidati dagli Stati Uniti, facciano quel che le organizzazioni internazionali e i loro dirigenti non sono capaci di fare.

Logico quindi, che il prenio che fu concesso al terrorista Arafat, vada anche al fallimentare El Baradei ed alla sua organizzazione.

La quinta (o sesta) età del Quirinale

Pare che l’anziano signore che dimora (provvisoriamente) al Quirinale (Palazzo che fu di Re e Papi) non gradisca la riforma proporzionale della legge elettorale.

Così corre in soccorso della sinistra in affanno, venendo, ancora una volta, meno al suo ruolo super partes.

Ormai ci siamo abituati: è lo scotto che paghiamo alla sbornia consociativa iniziata nel 1976 e che ha chiamato dei burocrati di stato, mai sottoposti al giudizio dei cittadini, ad incarichi politici.

E c’è persino chi dà loro ascolto …

Il “lager” di Lampedusa

Un giornalista dell’Espresso si è finto extracomunitario e, dopo aver vissuto alcuni giorni nel campo di accoglienza di Lampedusa, ha scritto parole di fuoco, costringendo Pisanu (anima pia e deboluccia) ad inviare una ispezione.

Nessuno che dica che quei campi di accoglienza sono un costo a fondo perduto per le nostre finanze.
Che nessuno ha chiesto agli extracomunitari di venire in Italia al di fuori delle regole fissate dalla Legge Bossi/Fini.
Che è ora di agire, facendo un passo avanti rispetto alla Bossi/Fini, come l’Australia che blocca i clandestini al limitare delle acque territoriali, li respinge e li sbarca in isolotti fuori dal territorio nazionale.

La lingua biforcuta della sinistra

Avete presente la campagna e i voti espressi dalla sinistra per il ritiro delle truppe dall’Iraq ?

Tutta propaganda, tutta presa in giro.

Nelle ovattate stanze di Via Veneto, a colloquio con l’Ambasciatore degli Stati Uniti, la nomenklatura sinistra ha assicurato l’alleato che, anche in caso di sua vittoria alle elezioni, nulla cambierebbe in Iraq.

La versione dell’Ambasciatore non è stata smentita.

C’è ancora qualcuno che possa fidarsi delle dichiarazioni di Prodi, Fassino & Co. ?

Telegiornalisti in sciopero

Finalmente un telegiornale con le sole notizie e senza inutili chiacchiere !

Nostra sinistra degli sprechi

Su Il Giornale di oggi c’è un interessantissimo articolo (linkato al titolo) concernente il programma della sinistra (è quello di Bertinotti, ma poiché i voti di Bertinotti sono determinanti ….).

Ecco un campionario:
1) Nessun limite agli scioperi, anzi sono un sintomo di quel che non va e bisogna ascoltarli e subirli per intervenire ad accontentare gli scioperanti;
2) I reati dei no global siano giudicati dai no global (un po’ come in magistratura, dove le accuse ai magistrati sono giudicate da altri magistrati). Pensate se il principio potesse applicarsi a tutti i cittadini: i reati dei brigatisti rossi, giudicati da altri brigatisti rossi; le manchevolezze di Fazio giudicate da altri governatori centrali; i “concertisti” giudicati da altri “concertisti”, i pedofili da altri pedofili ….
3) “Aggressione alle rendite per pagare i costi sociali”. Tradotto dal politichese: tassare i risparmi degli Italiani.
4) Abolizione della “Legge Biagi”. Così migliaia di ragazzi che hanno trovato un lavoro, torneranno ad incrementare le liste di disoccupazione.
5) La politica economica scritta dai sindacati e dai Cobas. Questa si commenta da sola.


La domanda è: quelli che si dichiarano disponibili a votare per la sinistra, sanno tutto ciò ?
Oppure i giornali di sinistra nascondono la verità ai potenziali elettori dei loro beniamini, in perfetto stile orwelliano ?

E domani la sinistra farà pic nic in piazza contro le riforme e contro il taglio agli sprechi pubblici, per difendere consorterie e clientele.

06 ottobre 2005

TFR:perchè le assicurazioni hanno ragione *

Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR, altresì detta “liquidazione”) è una retribuzione differita che viene erogata al lavoratore al momento di andare in pensione ed è composta da una trattenuta sulla retribuzione, rivalutata da coefficienti basati sul tasso di inflazione (1,50% + 75% dell’inflazione).

E’ una somma, anche consistente, utilizzata per pagare debiti, acquistare la casa ai figli, togliersi sfizi fino ad allora economicamente fuori portata.

Il presupposto per l’utilizzo del TFR è però avere un reddito da pensione certo e adeguato.

L’aumento della vita media, le crisi che hanno portato a pensionamenti anticipati, leggi in vigore sino a poco tempo fa che alimentavano il fenomeno dei “pensionati baby (essenzialmente nel pubblico impiego), altre leggi mirate a favorire clientele specifiche e l’adozione di un sistema di riparto slegato dagli effettivi contributi versati, hanno però gravato sul fondo pensionistico degli enti previdenziali (soprattutto INPS) al punto da rendere inevitabile una stretta sulle pensioni, articolata su due fronti.

Il passaggio (graduale) dal sistema retributivo (una percentuale moltiplicata per gli anni di contribuzione e calcolata sulla media delle retribuzione degli ultimi 10 anni, quindi quelle più alte) al sistema contributivo (un calcolo basato sui contributi effettivamente versati nel corso dell’intera vita lavorativa).

Il secondo sistema è stato l’innalzamento (graduale e per tutti) dell’età in cui poter accedere al trattamento pensionistico.

Resta comunque il fatto che le pensioni di domani, calcolate con i nuovi criteri, saranno meno corpose e lo saranno soprattutto per chi è entrato nel mondo del lavoro dal 1° gennaio 1996 la cui pensione sarà integralmente calcolata con il sistema contributivo.

In soccorso della “vita da pensionato” intervengono così i Fondi pensione, accantonamenti volontari per crearsi una pensione integrativa.

Sono di due tipi:

- chiusi (relativi ad una specifica categoria o azienda nazionale)
- aperti (indirizzati alla generalità dei cittadini, in genere sotto forma di polizze assicurative o di bancassicurazione).

La questione odierna sul TFR verte proprio sulla parità di trattamento delle due forme di pensione integrativa.

Perché il montante della pensione integrativa è formato da:
- il contributo volontario del lavoratore trattenuto o versato mensilmente
- il “dirottamento” del TFR dalle aziende al fondo integrativo
- il contributo aggiuntivo delle aziende (una percentuale variabile dal 2% a percentuali anche sensibilmente superiori).

La prima versione del decreto di attuazione della riforma pensionistica, prevedeva l’assoluta equiparazione tra le due tipologie di fondi, quindi il contributo aziendale poteva (doveva) essere versato anche se il lavoratore optava per un fondo aperto.

La nuova versione, invece, prevede che l’azienda sia obbligata a versare il suo contributo solo se il lavoratore opta per un fondo chiuso.

E’ evidente che, in questo modo, si penalizzano i fondi aperti, perché il lavoratore che li scegliesse, avrebbe un montante inferiore a quello dei fondi chiuso, venendogli meno il contributo aziendale.

Ma c’è, in tutto questo, una ragione politica.

I fondi aperti vengono liberati dal controllo e sottratti al clientelismo delle organizzazioni sindacali, perché gestiti da società assicurative e bancarie.

I fondi chiusi, invece, obbligano a comitati di sorveglianza, consigli di amministrazione, assemblee di soci, in cui vi è una partecipazione dei delegati sindacali, quindi con una gestione molto più simile (sotto ogni aspetto) a quella di un organismo burocratizzato.

Si capisce, quindi, la battaglia attuata dai sindacati (e anche dalle aziende che magari sperano ancora di mantenere un controllo sulla destinazione e gli investimenti di quelle ingenti somme) per favorire, smaccatamente, i fondi chiusi, ignorando il reale interesse dei lavoratori a poter scegliere il fondo che dia il rendimento migliore, a parità di versamenti e condizioni.

Il cancro della concertazione porta anche a queste distorsioni del mercato e spiace rilevare come, anche questo Governo, non abbia saputo resistere alle pressioni di sindacati e aziende per equiparare fondi aperti e chiusi nell’interesse esclusivo dei lavoratori.

Il rinvio del decreto attuativo però ci dice che c’è ancora una speranza per sconfiggere la vecchia Italia del consociativismo.



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*Il link del titolo è riferito ad un precedente intervento ne Il Castello sulla medesima materia

05 ottobre 2005

Uniti per vincere

Otimaster e Robinik sono i promotori di una iniziativa, interna a Tocqueville , alla quale abbiamo aderito perché rappresenta anche il nostro pensiero.

A Destra siamo sempre stati (e spesso lo abbiamo anche usato come alibi) individualisti.

Abbiamo ora imparato, grazie anche alla Rete, il gioco di squadra.

Certo, ognuno di noi ha una sua propria personalità che talvolta si scontra con quella di altri.

Ognuno di noi ha una sua propria specifica visione.

Ognuno di noi si sente parte di una specifica Destra che ritiene l’interprete autentica dell’essere di Destra.

E tutto questo è, comunque, un vantaggio rispetto al collettivismo massificatore dei sinistri.

Ma se vogliamo, come vogliamo e possiamo, contribuire ad incidere nella società e nel cambiamento di questa società che deve confrontarsi con una sfida globale, dobbiamo unire le nostre peculiarità, che sono una ricchezza, coniugandole per arrivare ad una comune risultante.

Non possiamo quindi che salutare con grande soddisfazione http://b4cdl.blogspot.com/ BLOGS FOR CDL: i blogs per la Casa delle Libertà.

Una iniziativa che associa blog che fanno riferimento alle varie aree della CdL ed i cui promotori hanno l’intima (e fondata) convinzione che alle elezioni del 2006 si possa conseguire un risultato che sarà importantissimo per l’Italia e per il suo sviluppo: altri cinque anni di governo della Casa delle Libertà.

Negli Stati Uniti i blog per Bush hanno avuto una grande importanza nello smontare le accuse, ridicole e spesso artefatte, di un presunto artista, più celebrato in europa che negli Stati Uniti e di cui non vale la pena ricordare il nome.

I blogs per Bush hanno contribuito a motivare al voto elettori altre volte attratti dall’astensione.

b4cdl si propone di svolgere una funzione analoga, inserita nello specifico italiano.

Nel giro di pochi giorni oltre 30 blogs hanno aderito all’iniziativa ed è ragionevole pensare che le adesioni aumentino nei prossimi giorni.

Ma quel che è importante non è questa specifica iniziativa, è lo spirito che la anima e che, contrariamente ai tentativi di demolizione del morale operati da una stampa allineata a sinistra, dimostra quanto la vittoria nel 2006 possa essere realizzabile.

Salutiamo quindi I blogs per la Casa delle Libertà, importante neonato nella blogosfera del Centro Destra: uniti per vincere.


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03 ottobre 2005

I classici del pensiero liberale


Dopo la serie (allungata forse eccessivamente) della Biblioteca di Libero e i sei introvabili volumi sull’Italia del Fascismo, Feltri e Libero ci riprovano con la Biblioteca del pensiero liberale.

Otto volumi (per ora il “piano dell’opera” sembrerebbe fermarsi qui) a 5 euro, ogni sabato dal 1° ottobre (Thomas Jefferson “Federalismo e democrazia”) al 19 novembre (Salvador de Madariaga “Ritratto d’europa”).

E’ una occasione per integrare (o cominciare) la propria biblioteca politica.

Devo confessare che io stesso di quegli otto volumi ne posseggo due e ne ho letti solo altri due.

E questo perchè la diffusione di testi culturali in Italia ha visto scelte a senso unico, rendendo difficile il reperimento di testi che non sposassero il "pensiero" sinistro.

Basta farsi un giro in libreria (una qualsiasi) per vedere come il settore politico sia monopolizzato da saggi e pamphlet a senso unico.

Su una offerta (in esposizione) di una cinquantina di volumi, saranno tre o quattro quelli che non abbiano come bersaglio - diretto o indiretto - Berlusconi, Bush o, più in generale, l’area di Centro Destra.

Quello della diffusione della nostra Cultura è un tema dibattuto a lungo e solo di recente possiamo salutare con soddisfazione una certa attenzione verso l’esposizione ordinata e la raccolta dei Valori che, più che essere di Centro Destra, sono della Civiltà tout court, essendo la sinistra quella che, inseguendo ogni istanza pur di fare numero, si chiama fuori dal solco della Tradizione Occidentale.

E in questa opera di diffusione della nostra Cultura i quotidiani di area potrebbero e possono fare una bella e incisiva azione, mettendo a disposizione testi difficilmente reperibili o scegliendo di affrontare l’esame di periodi storici fondamentali per la nostra Storia, come ha fatto e fa Il Giornale .

Auguriamoci che non sia solo per caso.

01 ottobre 2005

Il Bologna del … Cazzola

Un raggio di sole illumina Bologna: si è risolta l’ultimo giorno di settembre la telenovela della proprietà.

Bologna ai bolognesi, sì, ma non a quelli sponsorizzati dal sindaco sindacalista cremonese.

Il proprietario uscente ha accettato la proposta di un triumvirato.

I novelli Cesare, Pompeo e Crasso sono:

Alfredo Cazzola, che sarà il Presidente con il 50% del pacchetto azionario, più noto come il presidente della Virtus pigliatutto della fine del secolo scorso ;-) ma, soprattutto, soprannominato Mister Motor Show, la fortunata kermesse motoristica che va in onda alla Fiera di Bologna all’inizio di dicembre.

Con il 25% ciascuno gli altri triumviri sono Mario Bandiera (moda) e Carlo Menarini (autobus).

Soldi, i triumviri, li hanno sicuramente.

Considerato i successi che hanno avuto nei rispettivi settori possiamo anche supporre che siano tutt’altro che “scemi” ma, si sa, la passione a volte rende ciechi …

E allora lasciamo che il nuovo assetto societario si ... assesti, prenda conoscenza del mondo del calcio, si circondi di buoni consiglieri, esperti e dall’occhio lungo per comprare, da subito, quei tre/quattro giocatori che, innestati in una squadra che sta facendo più di quel che ragionevolmente potevamo sperare facesse, potrebbero regalarci la promozione già nel 2006.

Qualche parola per Gazzoni.

Ha preso il Bologna dal fallimento e, dopo averlo portato in serie “A” dalla “C1”, l’ha riconsegnata ai nuovi padroni in serie “B”.

Per il Bologna e per Bologna, non è un risultato esaltante.

Quelli della mia generazione erano abituati a ben altre atmosfere.

Gazzoni ha saputo organizzare la società e per alcuni anni dare anche l’impulso necessario (leggi: soldi) per crescere.

Poi si è messo a centellinare gli spiccioli e far quadrare i conti con giocatori svincolati e a parametro zero, vecchi campioni alla ricerca degli ultimi contratti senza troppe pressioni confidando in allenatori di qualità e nel suo “stellone” personale.

Gli è andata bene per alcuni anni.

L’anno scorso una congiunzione astrale sfavorevole (l’appannamento del suo stellone e del suo allenatore) hanno fatto la frittata.

In ogni caso se una colpa dobbiamo attribuire a Gazzoni è quella di non aver mollato l’osso qualche anno fa, quando aveva cominciato la politica del risparmio.

Un’altra colpa è quella di non aver saputo trovare alleati per la sua battaglia sul “doping amministrativo”, così che il Bologna si è trovato inviso e senza amici in una battaglia (quella per il ripescaggio) che poteva essere fatta, ma in modo diverso, più rispettoso per i tifosi delle società che si volevano coinvolgere.

Ringraziamo comunque Gazzoni per quel che ha fatto e dato al Bologna e guardiamo con fiducia al nuovo triumvirato.


Da tifoso Fortitudo, auspico che Cazzola possa regalare al Bologna le stesse soddisfazioni che diede ai tifosi virtussini.