Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

29 gennaio 2009

Quando Confindustria dà i numeri

Il governo ha aperto una trattativa con Fiat per gli aiuti al settore auto e il profumo di soldi che emana da tale incontro sta scatenando gli appetiti di altri valenti, italici imprenditori: non sia mai che ci si astenga dal partecipare al ricco banchetto degli aiuti di stato.
Così dopo i sessantamila posti a rischio minacciati dall’Amministratore Delegato di Fiat, ecco che, per non essere da meno, la presidentessa di Confindustria rilancia i posti a rischio: trecentomila.
Chi offre di più ?
Naturalmente i sindacati non stanno a guardare e strepitano perché i milioni (ben 300 !) messi a disposizione dal governo sono ritenuti “pochi”.
Così, dopo gli aiuti (per ora solo sotto forma di garanzia) alle banche (che peraltro sembrano essere l’industria più solida in Italia e anche messe meglio delle consorelle straniere), le social card, gli interventi sui mutui, l’aumento degli ammortizzatori sociali (tutto, naturalmente, tacciato di “insufficienza” da chi continua a chiedere “di più” ma nulla aveva fatto quando era al governo, eppure l’affare dei mutui subprime scoppiò proprio regnante Prodi e la sinistra) ecco che si richiede al governo di tirar fuori altri soldi.
Per salvare i posti a rischio denunciati da Marchionne e Marcegaglia, direbbero alcuni, più che altro per salvare le ricche prebende di amministratori che, se oggi sono costretti a richiedere aiuti di stato, vuol dire che negli anni di vacche grasse non hanno saputo mettere da parte nulla per i periodi di vacche magre, preoccupandosi solo di due stakeholders: loro stessi in quanto manager e gli azionisti che li hanno preposti a quell’incarico.
Così quello che si da con una mano ai cittadini sotto forma di aiuti, rimborsi, ammortizzatori, lo si toglie doppiamente con l’altra obbligandoli a cambiare macchina (se non vogliono andare a piedi o pagare un bollo maggiorato) e gravando il bilancio dello stato di nuovi capitoli di spesa.
E’ infatti vergognoso che per un pugno di euro (duemila circa si legge sulla stampa) di “incentivo” alla rottamazione dei cosiddetti veicoli “inquinanti” euro zero, uno e due, si obblighino quelli che non hanno quindici o venti mila euro da spendere per un’auto nuova a circolare a piedi o pagare più tasse di circolazione.
Il tutto con operazioni contabili che hanno un unico comun denominatore: il prelievo dalle nostre tasche.

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28 gennaio 2009

Scontri a Torino

Ieri Piazza Castello a Torino è stata epicentro di un tentativo di assalto di un gruppo di immigrati africani supportati da no global dei centri sociali contro la Prefettura.
Respinti dalla Polizia sono, scrivono le cronache, rientrati negli edifici che occupavano già in precedenza.
Mi sembra sia stata data poca copertura a questo evento, gravissimo, che vede protagonisti non degli immigrati appena giunti in Italia, bensì un gruppo di persone che pretenderebbe di ottenere un visto di permanenza quale “profugo”, ma già dimostra come intenderebbe ringraziare dell’ospitalità:
- occupando abusivamente edifici
- scatenando scontri di piazza
.
Prima che sia troppo tardi, prima che si organizzino anche grazie al supporto dell’estrema sinistra, è opportuno che venga dimessa ogni ipotesi di concedere asilo, per qualsiasi motivo, a costoro e siano immediatamente cacciati dall’Italia, liberando e restituendo alla piena disponibilità dei legittimi proprietari gli edifici che occupano.
E’ evidente che sull’ordine e la sicurezza si gioca gran parte del futuro politico del “partito di centro, moderato e liberale” e della Lega.
Se non daranno, in tempi brevi, quei segnali, forti, richiesti dagli italiani per garantire sicurezza e ordine, rischiano non solo di perdere le prossime elezioni, ma anche di innescare quelle reazioni – già viste a Guidonia –da parte di una cittadinanza esasperata e che non si sente tutelata dallo stato.

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27 gennaio 2009

Niente aiuti alla Fiat

Siamo alle solite.
Spirano uragani di crisi e la Fiat cerca di correre al riparo del denaro pubblico, fedele al motto di casa Agnelli: privatizzare gli utili e socializzare le perdite.
Se la sinistra quando è stata al governo ha elargito miliardi – senza ritorno – sotto forma di incentivi alla rottamazione delle “vecchie” auto, oggi, con un governo meno disponibile ad accollarsi oneri, la Fiat lancia la minaccia: sessantamila posti di lavoro in pericolo se lo stato non aiuta la Fiat.
Mi auguro che Berlusconi, al momento ben supportato dalla Lega, neghi ogni aiuto di stato alla Fiat, anche mascherato sotto forma di incentivi alla rottamazione che si trasformerebbero in nuovi debiti per i cittadini che, in possesso di un’automobile funzionante, si vedrebbero costretti a cambiarla non tanto per gli incentivi, quanto per i draconiani divieti di circolazione che, abitualmente, accompagnano tali iniziative.
In sostanza, per “convincere” i più riottosi a separarsi da un mezzo che funziona bene, gli si impedisce, ope legis, di circolare.
Noi italiani ci siamo comprati la Fiat, nel corso degli anni, più e più volte.
Ci siamo svenati, tra casse integrazioni ordinarie e speciali, incentivi e ammortizzatori sociali di vario genere, per darle ossigeno quando l’aveva finito.
Adesso, basta.
Basta inventarsi nuovi ostacoli alla circolazione.
Basta inventarsi le vetture “ecologiche” per costringerci a cambiare il parco macchine.
Basta concedere agevolazioni alla Fiat per consentirle di vendere i suoi modelli.
Si applichino, si comincino ad applicare le regole alle quali si obbligano a sottostare i piccoli imprenditori che sono, loro sì, la spina dorsale della nostra economia reale, perché producono bene concreti e, quando le cose vanno male, pagano di tasca loro, come dimostrano i fallimenti in forte crescita in tutta Italia.
Fallimenti che sono strettamente connessi ad una economia liberale, perché, come diceva il Premier Britannico Margareth Thatcher, solo da molti fallimenti possono nascere molte nuove imprese produttive.
Il governo Berlusconi ha già, inopinatamente, gravato sui contribuenti con la decisione di “salvare” Alitalia, invece di lasciarla fallire e far nascere nuove compagnie.
Non faccia altrettanto con Fiat, non ceda alla minaccia dei licenziamenti e se proprio deve intervenire acquisisca il controllo di Fiat – che, ripeto, noi italiani abbiamo già abbondantemente pagato ! – per poi rivenderla al miglior offerente senza però restituirla agli attuali proprietari quando l’economia tornerà a crescere.

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26 gennaio 2009

Stupri. Problema sociale non solo italiano

Scrivere delle violenze alle donne è seguire la corrente indotta dalla comunicazione, ma in questo caso è opportuno parlarne, anche per stonare dal coro.
Veltroni e tutta la sinistra si sono coperti di ridicolo criticando Berlusconi per una battuta che a mala pena ispira un sorriso.
Berlusconi è incline alle battute, nell’incontro con Fiorello quest’ultimo ha dichiarato che il Premier gli ha raccontato 165 barzellette e non vi rinuncia.
Secondo me fa bene, lo capisco essendo io stesso uno che non rinuncia alla battuta, in qualunque circostanza e quando ti arriva sulla punta della lingua si fa molta fatica a trattenersi e non sempre è una battuta efficace o strapparisate.
Ma ognuno ha il carattere che si ritrova.
Berlusconi ottimista, scherzoso e di successo, Veltroni e la sinistra lugubri, tristi e perdenti.
Ma la questione degli stupri non si risolve con una battuta o con uno sciopero.
Si può ridurne la portata con la messa in sicurezza degli immigrati, primi responsabili dell’allarme sociale derivante dalla criminalità e dalle violenze sulle donne, magari proprio usando i militari per dare la caccia e catturare tutti gli illegali e rispedirli a casa loro senza ulteriori ritardi.
Si può ridurne la portata, ma solo in prospettiva, recuperando quei valori che si sono persi nel relativismo e nel nichilismo che fa del piacere immediato la sua religione.
Ma non illudiamoci che si possa eliminare il fenomeno che non è solo italiano, ma di tutta la società occidentale dove la violenza è diventata un modo per manifestare la propria presenza e dove il virtuale si confonde con il reale.
Le statistiche delle violenze sulle donne anche nel nord europa –considerato, con una sudditanza provinciale, una sorta di paradiso evoluto – è sostanzialmente simile alle nostre, ma lì hanno anche una percentuale di suicidi ben al di sopra della nostra.
Negli Stati Uniti sono frequenti gli omicidi in college e campus universitari, fenomeno che, qui da noi, ancora non esiste.
Pochi giorni fa un ventenne forse ispirato dall’ultimo film su Batman, con la faccia dipinta da Joker, ha ucciso due bambini e un’assistente in Belgio.
Ecco che la battuta di Berlusconi ha un senso che non è quello dell’impotenza o del fatalismo, bensì è la consapevolezza che, oggi, mancano quei Valori di base che consentono ad alcuni, più deboli, più ignoranti, più influenzabili dai messaggi da cui siamo bombardati, di discernere il Bene dal Male e che, quindi, non è possibile aspettarsi risultati immediati, ma solo rendere più difficile le azioni criminali.
E’ anche da dire che il modello di donna che viene pubblicizzato e diffuso dai mass media, non aiuta ad inculcare quel rispetto che, una volta, portava a dire che “una donna non si picchia neanche con un fiore” , come non aiutano gli atteggiamenti da bulle indossati come corazze da sempre più adolescenti.
E’ compito della società – e di chi la governa – non solo cercare di arginare il fenomeno, ma anche di invertire la rotta, nella consapevolezza che come si è impiegato un lungo tempo per giungere a questo livello, ignorando e ridicolizzando i richiami a costumi più morigerati, ne impiegheremo ancor di più a risalire la china.
E tanto più saranno propagandate le idee di disfacimento di ogni tessuto morale della nazione, quanto più tempo impiegheremo nel risollevarci.
Nel frattempo a pagare saranno, come sempre, i più deboli.

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25 gennaio 2009

Un Papa come Leader in questi anni bui

Il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha deciso di revocare la scomunica comminata da Giovanni Paolo II nel 1988 alla Comunità di San Pio X, più conosciuta come la Comunità Tradizionalista del defunto Monsignor Lefebvre.
Un gesto che è nel solco tracciato dal motu proprio che ha riammesso la Messa “in latino” e che, anche se viene negato, pone un’altra pietra sul Concilio Vaticano II e i suoi devastanti effetti.
E’ ovvio che una tale decisione non potesse piacere ai “progressisti” di ogni risma, ma stupisce che alfiere della contestazione ad una decisione prettamente teologica ed ecclesiale del Papa sia la comunità ebraica italiana.
Come se a tale comunità dovesse essere concesso un diritto di veto su ciò che si può o non si può fare o dire in tema di religione.
Noto che vi sono delle oscillazioni nei comportamenti e nelle comunicazioni della Chiesa Cattolica.
Se da un lato una certa stampa e alcune associazioni si sono schierate decisamente dalla parte di chi vorrebbe aprire le porte dell’Italia ad una immigrazione selvaggia, con tutte le conseguenze in termini di scontri sociali e di forte ridimensionamento del diffuso benessere che abbiamo, dall’altra le posizioni ufficiali che promanano direttamente dal Pontefice indicano un recupero dei Valori Tradizionali di una Chiesa che, negli anni scorsi, è stata sin troppo prona nei confronti dei propri “antagonisti” di altre religioni , ma anche del più sfrenato laicismo.
Ecco che vediamo, con piacere, la Chiesa affermare il diritto alla vita e difendere la memoria di passati pontefici, sin troppo ingiustamente accusati in base ai concetti “politicamente corretti” oggi di moda.
Così come vediamo con piacere il riaffermare che la società è fondata sulla famiglia, composta da un uomo e da una donna, negando ogni pregio ad altre composizioni che famiglia non sono.
E’ sin troppo evidente che la società occidentale è giunta ad un punto di svolta e nei prossimi anni si deciderà se avrà imboccato la strada in discesa di una rapida decadenza che è prima di tutto morale, o se, invece, avrà puntato deciso verso un altro traguardo di montagna, in salita ma, proprio per questo, importante per lo sviluppo dell’Umanità.
Sono anni difficili, anni bui, dove l’Occidente ha perso un importante punto di riferimento che era nella Casa Bianca del Presidente George W. Bush ma, forse, ha ritrovato il suo centro a Roma, con un Pontefice la cui leadership cresce ogni giorno, nonostante gli ostacoli che si frappongono, anche all’interno della sua stessa Chiesa.

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24 gennaio 2009

Uomini e donne, sesso e potere

Nessie è intervenuta sulle recenti aggressioni poste in atto contro le donne, post che ho commentato in modo che ritenevo pertinente e senza calcare la mano.
Ciononostante ho subito le simpatiche reprimende tanto di Nessie quanto di Elly .
Ora, so perfettamente che l’argomento è uno di quelli “sensibili” per tutte le donne e che ad affrontarlo rischio di irritare amiche reali e virtuali, pur tuttavia non credo che sia un bene l’ipocrita appiattirsi sui luoghi comuni e anche se le mie possono apparire idee retrò (ma da uno orgogliosamente reazionario non potete aspettarvi altro !), pur tuttavia essendo le mie idee ritengo giusto esporle e un diritto farlo liberamente (almeno finchè i “politicamente corretti” non imporranno – con la minaccia della galera - il pensiero unico anche in questo campo).
Nessie sostiene che abbiamo aperto le porte dell’Italia all’annientamento della nostra gente e prende ad esempio le violenze sulle donne che al 40% sono opera di stranieri (dato apparso questa mattina ne Il Resto del Carlino) che, pure, non sono altro che meno del 5% della popolazione residente in Italia.
Nel mio commento aggiungevo che questi stranieri arrivavano in Italia senza essere abituati ai costumi, liberi, delle donne italiane.
Nessie ed Elly, nel rivendicare il diritto a vestirsi e comportarsi come vogliono, ricordano come alcune vittime non fossero particolarmente provocanti o attraenti.
Ora, il discorso che voglio oggi iniziare è più ampio e parte dal concetto di “parità” che nessuno rifiuta.
Ma “parità” non significa uguaglianza.
Ed questo il primo errore compiuto dalle femministe: credere che per essere “pari”, si debbano comportare come gli uomini e fare le stesse cose che fanno gli uomini, usare il medesimo linguaggio, svolgere gli stessi compiti.
Ma l’Uomo e la Donna sono stati creati diversi, con funzioni diverse, con caratteristiche differenti.
Una partita di tennis, ad esempio, tra due donne è generalmente di una noia mortale, mentre analogo incontro tra due uomini è generalmente interessante.
Viceversa una esibizione di pattinaggio artistico di una donna è altamente gradevole (anche se ha i denti da roditore come la Kostner), mentre vedere un uomo volteggiare come una libellula (sic!) fa alquanto pena (o peggio).
E’ giusto che una donna possa vestirsi come vuole, ma è naturale che chi non ha l’abitudine a vedere certi costumi si senta stimolato nei suoi istinti animali.
Questo non ne giustifica le azioni, ma condanna chi ha ammesso l’immigrazione selvaggia, perché queste persone se arrivano in poche unità, possono essere controllate, educate e integrate.
Se arrivano in massa, fanno gruppo e mantengono le loro abitudini d’origine, senza maturare civilmente.
Ma qui andiamo a parlare d’altro.
Per tornare al tema del post, uomini e donne non sono uguali, ma hanno gli stessi diritti e responsabilità.
I risultati migliori si hanno quando ognuno dei due svolge le attività che gli sono congeniali, dando così il massimo contributo allo sviluppo ed al progresso dell’Umanità.
Anche caratterialmente uomini e donne sono diversi (naturalmente sempre per categorie generali, le eccezioni esistono in ogni dove).
Mi ricordo che negli anni settanta, all’apice degli scontri politici tra destra e sinistra, mentre le ragazze erano fortemente divise, nel vestire, negli interessi, nelle compagnie, noi ragazzi pur arrivando anche a qualche scaramuccia fisica quando si parlava di politica a scuola, poi ci ritrovavamo tutti assieme quando si trattava di fare squadra (a calcio o in qualche sport) o quando si organizzava una serata o una visione comune, ad esempio, di un mondiale di calcio.
E nel mondo del lavoro se c’è una donna “capo” potete anche ascoltare commenti al vetriolo di altre donne, a livelli che noi uomini neanche ci verrebbero in mente, quand’anche ritenessimo del tutto inadatta la persona di sesso femminile in quel ruolo.
Per non parlare poi del malinteso senso della “libertà” nel vestire, che spesso, soprattutto d’estate, scade nella sciatteria, inammissibile in noi uomini (ho visto colleghe con le infradito in ufficio, mentre – per fortuna – non mi è mai capitato altrettanto per i colleghi).
Ma anche gli atteggiamenti delle più giovani dovrebbero far pensare quanto danno abbia portato l’errato concetto di “parità”.
Vedo, per strada, bambine ipertruccate, che fumano, con quelle espressioni che vediamo al cinema o in televisione nelle attrici che interpretano (è bene sottolineare: interpretano) parti di “donne perdute” o sin troppo “vissute” .
Per finire questo primo post sul tema, vorrei puntare l’indice, tornando alla questione delle violenze, alle dichiarazioni che certi personaggi rilasciano con troppa leggerezza.
Stamattina per radio (Gr1 delle ore 8) ho ascoltato Dacia Maraini, che negava la responsabilità degli immigrati e, senza citare alcun dato, affermava che il maggior numero di violenze erano in ambito domestico.
Il Resto del Carlino di oggi porta le statistiche del 40% (con il 5% di popolazione) di violenze fatte da immigrati e una riduzione delle violenze domestiche, smentendo l’ideologica affermazione della scrittrice.
Se sommiamo il malinteso concetto di “parità”, retaggio del veterofemminismo anni settanta, con la chiusura totale alla realtà in omaggio ai pregiudizi ideologici del “politicamente corretto, ecco che siamo ancora molto lontani dal poter risolvere il problema delle violenze sulle donne.

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23 gennaio 2009

Giustizia: non è questione di procedure

E’ stata votata al senato la riforma sul federalismo fiscale: alleluia !
Ma c’è un’altra riforma altrettanto importante che segna il passo: quella della giustizia.
Si sta discutendo troppo.
Troppi tecnicismi, troppa procedura per un problema che ha il suo nodo nelle persone, cioè in chi questa giustizia deve amministrare.
Le scelte ideologiche di una certa magistratura hanno fatto perdere credibilità ad una istituzione che dovrebbe rappresentare un soggetto terzo e riconosciuto universalmente come tale per poter rendere credibili le sentenze che emette.
Troppe, invece, sono state le invasioni di campo, le “interpretazioni” in base alla personale ideologia politica del magistrato e troppi i magistrati passati dalle aule di giustizia a quelle del parlamento o delle giunte locali.
Come può un cittadino sentirsi garantito quando a doverlo giudicare ci sono magistrati “militanti” ?
Mi riferisco soprattutto alla situazione attuale, dove un paio di leggi italiane e una recentissima direttiva europea, vorrebbero anche uniformare il pensiero, punendo le idee difformi da quelle considerate “politicamente corrette”.
La giustizia, per tornare ad essere tale agli occhi dei cittadini, deve recuperare in chi la amministra una terzietà rispetto alle parti in causa.
E deve anche essere rappresentata da personale che ispiri fiducia e sia espressione di competenza ed esperienza.
Dubito che ciò possa accadere con magistrati giovanissimi la cui unica esperienza di vita e di lavoro deriva dall’aver superato un concorso e, per solo tale fatto, vengono messi a giudicare padri di famiglia che hanno decine di anni di lavoro e di esperienza sulle spalle.
La prima riforma deve quindi riguardare il personale giudicante e quello inquirente.
Il primo deve essere scelto tra professionisti del diritto, avvocati, giuristi, di chiara fama ed esperienza.
Il secondo deve rispondere delle esigenze della comunità che a lui fa riferimento, quindi deve esserne l’espressione e goderne la fiducia, come solo una elezione diretta dei pubblici ministeri può consentire.
Poi, certo, ci sono anche le riforme procedurali.
Come quella, giustissima, di inibire alla accusa l’appello in caso di assoluzione dell’imputato in primo grado.
E riforme strutturali.
Come la costruzione di nuove carceri o l’espulsione immediata, senza passare “dal via”, degli immigrati che delinquono, svuotando così le carceri, ma non liberando i criminali, bensì liberando gli spazi.
O anche la abolizione della carcerazione preventiva per i cittadini italiani, che spesso appare uno strumento per estorcere confessioni là dove i magistrati non hanno prove.
Ma, prima di tutto, se vogliamo tornare ad avere fiducia nella giustizia, dobbiamo avere magistrati che ispirino loro stessi fiducia per la loro indipendenza, autonomia, preparazione ed esperienza.
Magistrati che rappresentino la società e siano riconosciuti dai cittadini come terzi super partes in grado di giudicare con obiettività, applicando la legge e non interpretandola in base ai propri teoremi ideologici, senza velleità di sostituirsi al legislatore.

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22 gennaio 2009

Con Villari Berlusconi si dimostra recidivo

Allora non fu un inciampo casuale !
Se qualcuno aveva un dubbio circa l’atteggiamento che Berlusconi e il suo “partito di centro, moderato e liberale” aveva assunto contro la Destra dopo averne sfruttato i voti per far cadere Prodi e la presenza per costringere Fini alla resa e all’adesione alla “comica finale quale spalla del protagonista, con la vicenda della commissione di vigilanza Rai ora non può più accampare la scusa dell'ignoranza.
Ancora una volta assistiamo ad un comportamento ingeneroso nei confronti di una persona che si era messa in gioco per sbloccare un impasse istituzionale ed eliminare la irritante candidatura di Orlando del partito di Di Pietro a presidente della commissione.
Berlusconi e il suo partito avrebbero dovuto sostenere Villari, lasciando a lui la decisione se e quando dimettersi.
Questo avrebbero dovuto fare per riconoscenza, prima ancora che per regolarità istituzionale.
Hanno invece preferito privilegiare i futuri inciuci con il pci/pds/ds/pd e aiutare il (politicamente) moribondo Veltroni con una flebo caritatevole, facendo dimettere i propri rappresentanti in commissione e usando – impropriamente – i presidenti delle camere per sbarazzarsi di una presenza divenuta ingombrante.
Hanno così sgombrato il campo alla presidenza Zavoli (l’ennesimo socialista che questo nuovo Berlusconi gratifica) e aperto la strada alle tanto bramate nomine in Rai.
Da questa vicenda traiamo almeno due insegnamenti.
1) Berlusconi, che una volta sosteneva i propri amici anche quando rischiava di compromettere la sua immagine (veggasi Previti e Dell’Utri) e che per tale motivo piaceva ancora di più e acquistava credibilità, oggi non è più credibile quando promette “riconoscenza”.
2) Se la Rai non esistesse, cioè se venisse privatizzata integralmente, questi squallidi spettacoli non andrebbero più in onda
.



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21 gennaio 2009

Berlusconi e Kaka

Alcuni giorni fa, quando sembrava che il calciatore brasiliano fosse ormai proprietà del Manchester City, ho seguito un servizio su Sky Tg24 in cui noi spettatori venivamo informati del “perché” Berlusconi aveva ceduto Kaka.
Ecco che, con quel giornalismo che sarebbe da “inchiesta” se non fosse che espone dati arcinoti e allora diventa solo giornalismo da dietrologia spicciola, venivamo informati che lo sceicco (o l’emiro) il cui figlio (o fratello, la cosa mi è del tutto indifferente ed è irrilevante) è proprietario del Manchester City, è anche azionista di Mediaset.
Direttamente per azioni proprie e indirettamente in quanto azionista della Barclays Bank.
Il tono del servizio era ammiccante ed insinuante: Berlusconi vende Kaka al City perché di proprietà di un suo azionista.
Ci mancava che, anche su questo, arrivasse qualcuno a ricordare istericamente l’ennesimo “conflitto di interessi”.
Questa volta, però, non c’è voluto molto per smascherare l’inconsistenza dei teoremi antiberlusconiani: Kaka resta al Milan.
Alcuni quotidiani si sono profusi in peana verso i due protagonisti della vicenda, elogiando (oggi ne Il Resto del Carlino) Berlusconi e Kaka che hanno rinunciato ad un guadagno per “amor di bandiera”.
Non ho ascoltato analoghe osservazioni da Sky Tg 24 che, evidentemente, ha cercato di portare un nuovo attacco all’immagine del Premier, a dimostrazione che quel che affermano a sinistra circa il dominio dell’etere di Berlusconi è totalmente privo di fondamento.
Come sono privi di fondamento gli attacchi personali che gli vengono portati.
Per quanto mi riguarda io Kaka l’avrei venduto: con quei soldi avrei costruito una squadra sicuramente più competitiva, tanto il Milan di campioni ne ha, per l’appunto, da vendere.

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20 gennaio 2009

Tributo al Presidente Bush

Il 20 gennaio 2009 è terminata la Presidenza di George Walker Bush, 43° Presidente degli Stati Uniti.
Due mandati presidenziali (il massimo consentito dalla costituzione americana) nei quali gli Stati Uniti hanno decisamente preso l'iniziativa, ribaltando la precedente fase involutiva che aveva lasciato l'iniziativa ai nemici della libertà.
Qui il link ai post scritti per ringraziare il Presidente Bush per averci consentito, per otto anni, di essere orgogliosi di essere Occidentali e sicuri con la sua leadership.

BlacKnights

Civiltà solo nella Tradizione

We The People

Civitas

Non porgiamo l'altra guancia

Il Camper


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19 gennaio 2009

Tributo al Presidente George W. Bush

Meno di 24 ore e termineranno i due mandati presidenziali di George W. Bush.
Un Presidente e una Presidenza oggi sotto il tiro dei “politicamente corretti”, la cui fine fa tirare un sospirone di sollievo a comunisti e islamici.
Ed è quel sospiro di sollievo che ne attesta la bontà.
Ma è stata anche la presidenza dalla quale mi sento rappresentato più e meglio di tutte quelle che l’hanno preceduta e che ho potuto “conoscere”.
Più di quella di Nixon e Ford, che pure ha restituito un progetto serio agli Stati Uniti dopo la sbornia kennedyana e la “grande società” johnsoniana, ma che ha, come macchia indelebile, l’aver abbandonato il Vietnam del Sud senza combattere un nemico ormai allo stremo delle forze e costretto alla pace anche dai bombardamenti del 1971-1972 ordinati con coraggio dal Presidente Nixon.
Più di quella di Reagan e di Bush padre, nonostante il primo abbia fatto rinascere gli Stati Uniti, liberandoli dalla sindrome del Vietnam e risollevandoli dopo la disastrosa, dolente presidenza Carter.
Reagan ha fatto tanto a livello psicologico, ma le sue azioni si sono limitate al giardino di casa, mentre Bush padre non ha avuto il coraggio di affondare l’azione militare nel 1992, arrivando a Bagdad e destituendo Saddam, lasciando tale fardello sulle spalle del figlio.
La presidenza di George W. Bush, invece, ha saputo riprendere un progetto globale di società e, anche costretto dall’aggressione musulmana dell’11 settembre, restituito dignità ad un mondo occidentale sin troppo remissivo e sulla difensiva, diciamo anche alquanto codardo.
Il Presidente George W. Bush ha dimostrato che, se lo si vuole, l’Occidente ha ancora in se stesso le doti imperiali che hanno fatto grandi prima Roma e poi Londra.
Il Presidente George W. Bush non è rimasto annichilito dall’odiosa dichiarazione di guerra dell’11 settembre, ma ha mandato le truppe a stanare ed abbattere i terroristi, ovunque nel mondo.
Purtroppo il suo è stato uno sforzo non compreso se non da pochi: Blair, Howard e più timidamente, solo sotto alcuni aspetti, Aznar, Berlusconi e Koizumi.
Ma anche in questo dobbiamo rendere grazie al Presidente George W. Bush che ha messo a nudo la pusillanimità di una certa europa (quella franco tedesca, tanto per essere chiari) ormai inquinata da un multiculturalismo che ne ha ammazzato la volontà di agire sulla scena internazionale nel nome di Radici e per Valori e Principi fondati su una Tradizione di Civiltà, la nostra Civiltà, quella che ha reso possibile il maggior benessere al maggior numero di persone mai raggiunte.
Così sappiamo che il primo nemico che dobbiamo sconfiggere è in mezzo a noi, è il nemico interno, che ha sostenuto le ragioni del nemico esterno, contro la nostra stessa sicurezza e il nostro stesso interesse.
Il Presidente George W. Bush ci ha indicato la strada da seguire se vogliamo ancora essere protagonisti nel mondo futuro, senza abdicare al primato, nostro da secoli e ridurci ad essere comparse dove i protagonisti sono altri.
A 62 anni il Presidente George W. Bush avrà ancora la possibilità di dare il suo contributo, cominciando con il restituire voglia di combattere al partito Repubblicano che non può certo adeguarsi su un McCain troppo bipartisan ma, viceversa, dovrà prepararsi alle prossime sfide.
Nel 2012 il Presidente George W. Bush potrebbe in teoria ripresentarsi, cercando di ripetere l’impresa compiuta dal solo Grover Cleveland (22° e 24° presidente) a fine ottocento, ma quel che importa è che torni un altro Bush, di nome o di fatto, alla Casa Bianca.
Questi 8 anni che hanno dimostrato che l’Occidente può, se lo vuole, continuare a primeggiare anche nel futuro.

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18 gennaio 2009

Israele, Gaza, Alberto Tomba ed io

Alcuni giorni fa è apparsa sulla stampa una notizia con protagonista l’ex campione di sci Alberto Tomba.
In un parcheggio ha avuto un diverbio con un russo che lo ha steso con un pugno mentre Tomba scendeva dalla macchina.
Il nostro è risalito in macchina, se n’è andato e si è fatto visitare in ospedale, dichiarando “poteva andare peggio”.
Tomba, lo ricorderete, non è certo un fuscello ed ha una stazza sufficiente a difendersi, ma non lo ha fatto.
Mi è tornato alla mente un episodio di oltre dieci anni fa.
Stavo andando in stazione a prendere il treno di prima mattina, quando fui importunato da un drogato che chiedeva soldi.
Alla mia risposta negativa (non ho mai finanziato i vizi altrui) mi ha aggredito.
Per mia fortuna era uno straccio, molto più piccolo di me, probabilmente già marcio per il suo vizio.
Eppure ho avuto difficoltà.
Prima mi sono solo difeso, poi ho dovuto reagire per farlo smettere.
Ed anche colpendolo, mi sono accorto che non colpivo con troppa forza.
Avevo una sorta di inibizione, paura a fargli male.
Inibizione che lui non aveva.
Fosse stato anche solo un po’ più robusto e un po’ meno marcio, per me poteva finire male.
Come a Tomba.
Come ad Israele
.
I terroristi assassini di Hamas non hanno freni.
Lanciano i loro missili sulle città e sono portatori di stragi potenziali e, soprattutto, volute nei confronti dei civili israeliani.
Israele, invece, cerca di colpire in modo mirato, condizionato (inibito) dalla paura di fare stragi di civili, da scrupoli umanitari, dalle chiacchiere internazionali che chiedono, solo ad Israele, di “risparmiare i civili”.
Scrupoli ed inibizioni totalmente assenti in Hamas e in Hetzbollah che colpiscono “ando cojo, cojo”, senza preoccuparsi delle potenziali vittime civili e senza subire le reprimenda internazionali.
Ecco un grave aspetto della inferiorità in cui ci troviamo a combattere questa guerra contro il terrorismo: le inibizioni che si sono sedimentate in noi.
Crediamo di essere “civili”, perché cerchiamo di non colpire i civili dietro ai quali si nascondono i terroristi ma, così facendo, mettiamo in pericolo noi stessi, esattamente come accadrebbe a ciascuno di noi se venisse aggredito per strada da uno che non ha quelle inibizioni e colpisce per fare male, senza remore.
Non saremmo in grado di reagire con la tutta la forza necessaria per le inibizioni che ci siamo nel tempo creato e se presi alla sprovvista, non saremmo in grado di reagire tout court.
Se non ci libereremo di simili remore quando dobbiamo trattare con chi queste inibizioni non ha, rischiamo veramente che alla fine vincano i terroristi.
E per liberarcene dobbiamo, in prima battuta, non cedere più al richiamo del “politicamente corretto”, né in patria verso gli immigrati, né all’estero nel condizionare il sostegno a stati, come Israele, che sono in trincea contro il nemico comune.

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17 gennaio 2009

Napolitano presidente delle Due Sicilie

I giornali di ieri hanno registrato le esternazioni di Napolitano a Lametia Terme.
In sostanza colui che dovrebbe rappresentare l’Italia intera è sceso in campo indossando i colori a lui più congeniali di presidente delle Due Sicilie.
Evidente la differenza tra il tono secco usato nei confronti del Nord che, a suo dire, ha il “dovere inderogabile” di cacciare i soldi per buttarli nel pozzo senza fondo del meridione e la sorridente paternale al suo Sud che ha invitato solo ad essere capace di portare il suo contributo, espressione così generica e debole da essere totalmente inefficace.
Che Napolitano sia un presidente del Sud era da tempo chiaro, ma ieri si è sbilanciato in modo irreversibile.
E se sostiene che siamo noi del Nord a dover pagare perché così vuole la costituzione, allora è evidente che, pur avendo una costituzione “rigida”, ognuno la tira e vi trova ciò che più gli fa comodo, mettendo in risalto ciò che gli torna utile ed ignorando il resto.
Ed è quindi ovvio che una costituzione che obbligherebbe una parte dei cittadini a pagare per l’altra parte senza avere nulla in cambio, è una costituzione che merita di essere buttata via e sostituita, dal primo all’ultimo articolo, al più presto.
Perché il concetto di solidarietà non ha nulla a che vedere con quello di accollo degli oneri altrui.
Io sono solidale e disponibile a contribuire in caso di evento catastrofico naturale perché i miei connazionali possano più facilmente rialzarsi.
Non sono disponibile a pagare, ogni giorno, vedendo annullare i miei sforzi da mille interessi, diecimila rivoli e poche tasche in cui finiscono i miei soldi, senza che siano realizzate le opere per le quali sono tassato e senza neanche vedere un palpito di reazione o di orgoglio nei cittadini del Sud.
Allora meglio, molto meglio, che ognuno affronti i suoi problemi con le proprie forze e con i politici e gli amministratori che merita e che si è eletto, senza dirottare risorse da chi le produce e saprebbe reinvestirle e farle fruttare, a chi si limita a consumarle senza alcun beneficio per la collettività.

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15 gennaio 2009

I vescovi dell'Apocalisse

La stampa ha dato risalto ad una notizia presentandola come una dura critica “dei vescovi” al governo italiano in merito alla gestione del problema degli immigrati.
A parte il fatto che le esternazioni sono di Famiglia Cristiana e dell’ufficio della Cei sugli immigrati, a parte il fatto che ho molti dubbi che tali esternazioni siano condivise da molti vescovi italiani che ben conoscono non solo la realtà della nazione, ma anche il sentimento della base cattolica, è pur vero che la dichiarazione di un “ministero” della Cei deve essere colto, fino a smentita, come la posizione dei vescovi.
Una posizione legittima, perché la Cei ha il diritto di intervenire sulle vicende italiane, su tutte: non solo immigrazione, ma anche aborto, eutanasia, omosessualità e via discorrendo.
Quindi il primo aspetto è: se a sinistra riconoscono legittimità e portano ad esempio l’esternazione ecclesiastica sull’immigrazione, altrettanto sono obbligati a fare con le altre dichiarazioni, pur non condividendone e legittimamente criticandone il contenuto.
Esattamente come mi accingo a fare in merito all’immigrazione.
Se i vescovi ritengono che le leggi italiani siano troppo repressive (?) dell’immigrazione, fanno bene a criticarle.
E noi facciamo bene a criticare i vescovi ed a chiedere invece un inasprimento di quelle stesse leggi.
Perché in Italia non c’è posto per tutti quelli che vogliono venire, a meno di dare per scontato un fortissimo abbassamento della qualità della vita, del nostro benessere e della nostra sicurezza.
La tassa sul permesso di soggiorno, così come il far pagare le cure sanitarie, è un atto dovuto per evitare che noi italiani si stia sempre a metterci le mani in tasca, trasformando l’Italia in un Bengodi per gli immigrati cui spettano tutti i diritti e nessun dovere.
Non si capisce perché gente come Pezzotta dichiarasse di amare le tasse e oggi si opponga alle tasse sugli immigrati.
Forse che le tasse sono belle solo se appioppate agli italiani ?
Ma, soprattutto, dobbiamo avere la consapevolezza che il fenomeno immigratorio non è una risorsa, perché porta noi italiani a cullarci nell’illusioni che saranno loro a fare i lavori che noi non vogliamo più fare, indebolendo la nostra capacità di far fronte alle difficoltà, ma soprattutto porta ad una profonda alterazione del tessuto sociale, economico, etnico, religioso della nazione che, di questo passo, non sarà più la nazione italiana, ma un ibrido, come sta per accadere in Francia, senza radici e, quindi, senza storia e senza futuro.
Le tasse sull’immigrazione oltre ad essere un corretto strumento per far pagare agli immigrati i costi che finora ci siamo accollati noi per il loro rimpatrio e per le loro cure, è anche un deterrente per mandare un forte segnale a chi ancora vorrebbe venire ad affollare un panorama già sin troppo affollato.
Deterrente al quale deve necessariamente essere aggiunta una politica più repressiva alla fonte, non solo per rimpatriare chi arriva, ma per impedire che arrivino immigrati non selezionati.
I vescovi guardano da un profilo umanitario.
Ma è solo un aspetto parziale di quel che deve essere un governo di una nazione, dove, in primo luogo, devono essere tutelati gli interessi degli italiani.
I vescovi spingono per una politica dell’accoglienza.
Ma rischiano di perdere i consensi della loro base (che in gran parte sarebbe pronta ad organizzarsi per rimandare gli illegali a casa loro e per impedire lo scempio delle nostre piazze con le “preghiere” islamiche) senza acquisire alcun reale beneficio in termini di conversione da parte di questi immigrati.
I vescovi, che pretenderebbero che lo stato, cioè i contribuenti italiani, si svenasse per pagare contributi alle casalinghe (magari spesso donne straniere immigrate e arrivate in Italia per il “ricongiungimento”) o pagasse i servizi a cinque stelle per gli extracomunitari, sarebbero più credibili se, invece di dire a noi: pagate!, mettessero mano al portafogli e vendessero i beni della Chiesa per organizzare, privatisticamente, quelle assistenze che vorrebbero accollare a noi.
Mi ricordo un film di una quarantina di anni fa, protagonista Anthony Quinn: L’uomo venuto dal Cremlino.
La trama è di fantapolitica.
Un vescovo russo, perseguitato dal regime, viene liberato e quindi eletto papa.
Scoppia una crisi internazionale e, per impedire uno scontro, il papa (Kiril I si era nominato Quinn nel film) mette a disposizione le ricchezze accumulate dalla chiesa nei secoli.
Ecco.
Se i vescovi condividono l’esternazione del loro ministro per gli immigrati agiscano come Quinn nel film citato.
Si spoglino di tutte (ma proprio tutte !) le loro ricchezze e paghino di tasca loro le iniziative che vorrebbero far pagare a noi.

Naturalmente a noi rimane il diritto di accettare e concedere la cittadinanza avendo ben presente il primario interesse di chi italiano lo è già, da generazioni.

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14 gennaio 2009

Fini. Basta la parola

Berlusconi non è fortunato con quanti gratifica del seggio da presidente della camera.
Nel 1994, vincendo a sorpresa le elezioni politiche e stoppando la marcia dei comunisti al governo, intese premiare la “pasionaria” della Lega Nord, Irene Pivetti.
Finchè l’allenza con Bossi funzionò, tutto bene, poi la Pivetti fece da corona ad uno Scalfaro in vena di doroteate, con grave danno per Berlusconi ma, soprattutto, per l’Italia.
Nel 2001 fu gratificato Pierferdinando Casini.
E l’Udc fu il principale artefice di tante frenate sulla via delle riforme.
Adesso è il turno di Fini, quello che definì il pdl “comica finale”, ma poi accettò di farne parte.
Grave l’errore di Berlusconi di non perseguire la sua intuizione iniziale: estromettere Fini e Casini, imbarcando al loro posto tutti i “minori” di area come Rotondi e anche Storace.
Avrebbe vinto ugualmente le elezioni, con una compagine più coesa e magari con un presidente della camera che non avrebbe esternato ogni giorno, criticando e ostacolando l’azione di governo, lanciando continui assist all’opposizione da cui riceve scroscianti applausi.
E sono proprio i consensi dell’opposizionedi cui Fini si candida ad assumere la guida al posto di Veltroni – che dovrebbero far riflettere Berlusconi.
Così ricordiamo le continue, allucinanti e per nulla di destra, dichiarazioni di Fini:
- voto agli immigrati
- il Fascismo “male assoluto”
- responsabilità della Chiesa nella persecuzione degli ebrei
- no alla tassa sull’immigrazione
- no al rilascio di fideiussioni da parte degli immigrati che intraprendono una attività
- il pdl come “comica finale”
- basta con i voti di fiducia
- metodologia delle riforme condivise
.
Anche Cossiga ha ricordato a Fini che il presidente della camera deve assumere posizioni istituzionali, invece esterna peggio di Bertinotti.
Fini, se lo ricordi, Berlusconi, aspira a sostituirlo, ma quando mai potrebbe ricevere il consenso del Popolo di Destra visto che le sue posizioni sono in contrasto con le aspirazioni di questo stesso popolo ?
Se Fini dovesse diventare il delfino di Berlusconi si aprirebbero autostrade per scelte alternative al pdl e, in ogni caso, meglio al governo un nemico dichiarato che un "amico" come Fini.
Fini. Basta la parola.

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13 gennaio 2009

Che Alitalia del Cai !

Berlusconi ha molte qualità.
Tra queste la capacità progettuale e la determinazione per perseguire la realizzazione della sua visione.
Fininvest/Mediaset e Forza Italia/Pdl sono le prove tangibili di tali doti.
Anche Alitalia appartiene ad una sua visione più che condivisibile.
Un anno fa la sinistra stava per svendere ai francesi di Air France la Compagnia di Bandiera, affossata dai debiti.
Berlusconi ha una geniale intuizione: Alitalia deve restare italiana.
Rincuorati dalla presa di posizione del leader di una opposizione che era data per vincente alle elezioni, i sindacati autonomi, ma anche i confederali per effetto traino, hanno impedito che si consumasse la svendità di Alitalia ai francesi del signor Spinetta.
Berlusconi vince le elezioni e, tra le tante cose, cerca di rendere realtà quella che fino ad allora era stata solo una sua visione.
Infatti, nonostante le sue affermazioni non esisteva alcuna cordata italiana che, invece, è stata faticosamente composta dopo il voto.
Nacque la Cai.
Purtroppo nella Cai c’era un solo imprenditore della navigazione aerea, Carlo Toto, che aveva le sue gatte da pelare con la sua compagnia, Air One.
Gli altri erano manager di banche, industriali del ferro, finanzieri.
Tutti usi a cercare il guadagno immediato, hic et nunc, non a costruire una impresa proiettata verso il futuro.
In cambio di forti agevolazioni – pagate con i soldi di tutti noi – Berlusconi riesce ad ottenere una clausola che impegna a mantenere italiana la compagnia per 5 anni.
E dopo ?
Il dopo si intravede già adesso.
Bisognosi di un partner del settore, Cai ha ceduto il 25% delle quote azionarie proprio ad Air France, la sposa rifiutata un anno prima.
Si può ragionevolmente presumere che, se non accadrà qualche ribaltone tipo il fallimento di Air France ..., fra 4 anni Alitalia sostituirà il verde con il blu.
In questa situazione sono state rifiutate altre alleanze o, forse, non sono state né sollecitate, né alcun pretendente si è fatto avanti.
Berlusconi forse pensa a qualche colpo di scena fra 4 anni (intanto c’è tempo) ma è opportuno evidenziare un paio di aspetti critici:
- l’essersi affidato a finanzieri orientati a sinistra (il presidente di Cai è il padre di un parlamentare di sinistra ed altri hanno sistematicamente espresso le loro simpatie per la parte politica ostile a Berlusconi);
- aver accettato Air France come partner.
Sarebbe stato molto meglio (anche per le nostre tasche) lasciar fallire Alitalia e sostenere la nascita di più compagnie nazionali, magari collegate a più partner stranieri.
In questo modo la ciambella (cioè la giusta visione) di Berlusconi non è riuscita con il buco, tranne con quello nel bilancio dello stato.

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12 gennaio 2009

Dico “no” allo stipendio statale per le casalinghe

Un alto prelato, a capo di una qualche commissione pontificia sul sociale, ha rilanciato un vecchio tormentone: il riconoscimento del lavoro in casa mediante uno “stipendio” che lo stato dovrebbe corrispondere alle donne di casa.
La esternazione del prelato trova fondamento anche nella situazione di crisi generale, quando ogni aiuto è un sollievo ed è un tentativo di rilanciare il ruolo della famiglia come nucleo di base della nostra società.
Il prelato ha ragione nel riconoscere dignità lavorativa alle donne che stanno in casa a lavare, cucinare, fare la spesa, occuparsi della prole e, magari, anche degli anziani.
Non solo svolgono un lavoro vero e proprio, ma aiutano la famiglia a far sì che quel che il marito guadagna sia utilizzato per altre necessità.
Ed è proprio qui che casca il prelato quando sostiene il riconoscimento statale alle casalinghe.
Perché le casalinghe devono essere remunerate attraverso un onere sulla collettività quando l’utile è privatistico, cioè della famiglia di cui fanno parte ?
Il prelato sostiene che se vengono pagate le colf per svolgere i lavori domestici, altrettanto deve essere riconosciuto alle casalinghe.
Giusto.
Ma le colf non ce le paga lo stato, le colf le paghiamo noi, per ottenere un beneficio privato.
O forse il prelato pensa che lo stato tanto corrisponde alle casalinghe e in egual misura alle coppie che lavorano (e che devono pagare una colf per quel che la moglie non fa in casa) o agli scapoli/nubili ?
Non credo.
Se venisse accolta la proposta del prelato si verificherebbe un ingiustificato arricchimento da parte delle famiglie le cui donne non lavorano perché non solo non dovrebbero pagare colf, ma riceverebbero anche un contributo dallo stato, mentre le coppie che lavorano e gli scapoli ( e le … zitelle … ;-) vedrebbero i loro redditi sistematicamente decurtati dagli oneri colf.
Se, quindi, l’istanza del riconoscimento del lavoro casalingo è giusta, perché di lavoro si tratta, tale riconoscimento non può pesare sullo stato perché ne beneficiano solo dei privati, ma deve essere posto a carico di chi ne beneficia.
Ad esempio obbligando ad un accantonamento/accreditamento a favore della moglie quanti beneficiano del ruolo di casalinga della propria consorte.
Per questo è mal posta la questione se si ritiene di far pagare allo stato, cioè a tutti noi, anche alle donne che lavorano, anche agli scapoli, uno stipendio per le casalinghe.

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11 gennaio 2009

Sì alla tassa sull'immigrazione

La Lega ha proposto un emendamento che imponga una tassa da 50 euro per ogni permesso di soggiorno rilasciato e una fideiussione di diecimila euro quando un immigrato dovesse iniziare una attività imprenditoriale.
Sono subito insorti coloro che, da ogni singolo atto del loro comportamento, sembrano interessati a regalare la nostra terra agli stranieri.
Non sorprende la coincidenza di interessi tra Fini (più credibile come sucessore di Veltroni che di Berlusconi), la sinistra e l’anima liberalsocialista del “partito di centro, moderato e liberale”.
Costoro non hanno alcun ritegno nel promuovere, con la scusa dell’ ”accoglienza”, dei “diritti umani”, dell’ “antirazzismo”, ogni iniziativa che agevoli l’immissione di persone estranee alla nostra cultura, alla nostra storia, alla nostra società.
E’ la stessa politica che ha portato alla rovina gli Afrikaners (o Boeri) in Sud Africa.
Contemporaneamente arrivano ancora a migliaia gli illegali sulle nostre coste e di questi il 75% chiede asilo che viene concesso ai due terzi dei richiedenti.
Tutto ciò grava sulle spalle del contribuente italiano.
Anche quei pochi rimpatri forzosi sono a nostro carico (ed è la spesa più accettabile).
Non solo, ma il mantenimento, le cure, l’alloggiamento, il vitto di tutta questa massa di persone sono a spese dello stato italiano, cioè dei singoli cittadini italiani.
E’ così peregrina l’idea di far pagare il permesso di soggiorno a chi ne usufruisce ?
A me sembra un’ottima idea, visto che gli immigrati trovano servizi implementati grazie alle nostre tasse e il loro contributo non sarebbe altro che un parziale (parzialissimo) rimborso che potrebbe peraltro aiutarci a ridurre l’eccessiva pressione fiscale che grava sui nostri stipendi.
Ma anche l’idea di una fideiussione è un’ottima idea.
Quante volte siamo venuti a conoscenza di immigrati che chiedevano prestiti, affittavano locali, avviavano una impresa, salvo poi farsi di nebbia appena ottenuti finanziamenti o senza rimborsare il dovuto ?
E quale recupero crediti sarebbe possibile, quando con poche migliaia di euro questi potrebbero tornare nei loro paesi facendo vita agiata a spese nostre ?
Allora l’impegno di una fideiussione, una cauzione, è il giusto contrappeso che funzionerebbe da deterrente a queste piccole “stangate” poste in atto da alcuni furbacchioni.
In fondo, come per chiunque, colpire nel portafogli, un affetto caro a qualsiasi latitudine, è un deterrente ad abusare della eccessiva tolleranza (chiamiamola così …) che manifestano certuni quando si parla di immigrazione e, magari, anche a frenare l’arrivo di tanti illegali con la loro immancabile richiesta di asilo (sin troppo accolta).

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09 gennaio 2009

Rai:meglio la pubblicità del canone

In Francia svolta “epocale”: stop progressivo alla pubblicità sui canali pubblici.
Con la solita mediocrità provinciale gli intellettualoidi di sinistra italiani, sempre pronti ad elogiare quel che accade all’estero e a disprezzare le iniziative nazionali, si interrogano se non sia il caso di seguire l’esempio di Sarkozy.
Premettendo che personalmente sostengo la necessità di privatizzare integralmente la Rai, in modo da por fine alle lotte tra "bande" che cercano di accaparrarsi visibilità e clientele con i nostri soldi, per lo stesso motivo ritengo che, se proprio dobbiamo tenerci una televisione pubblica, allora è molto meglio liberalizzare la acquisizione di pubblicità, abolendo integralmente il canone.
E’ la posizione esattamente contraria a quella degli intellettualoidi che trovano nelle parole del direttore generale Rai, Cappon, una sponda quando dice: se togliamo la pubblicità occorrono altre risorse.
E da dove si possono prelevare quelle risorse ?
Ma dalle tasche dei cittadini
, dove se no ?
Con l’aggravante che quando una trasmissione vive grazie alla pubblicità che ospita, muore se non ha ascolti soddisfacenti, mentre se manca il controllo delle aziende che pagano gli spazi commerciali, i dirigenti Rai possono sbizzarrirsi nel promuovere i propri amici, trasmissioni ideologicamente segnate, costruire clientele, indipendentemente dagli ascolti e dai meriti dei protagonisti, tanto i soldi arrivano sempre dalle capienti tasche di quei babbei dei contribuenti.
Una Rai senza pubblicità, che vivesse solo dei contributi pubblici sarebbe una Rai in preda alle lotte tribali, una Rai faziosa e di fazione: immaginate l’alluvione di programmi alla Santoro o alla Floris in spregio a chi paga il canone e proprio quegli elementi non vuole finanziarli.
Va bene aprire il dibattito sulla decisione francese, va bene porci il problema della pubblicità ma, ricordiamoci, che la pubblicità è un controllo oggettivo sul successo – quindi sulla popolarità – di una trasmissione e, in ogni caso, quella trasmissione viene pagata da chi compra i prodotti pubblicizzati.
Al contrario, senza pubblicità, tutti noi dovremmo farci carico del mantenimento di una struttura burocratica, elefantiaca, costosa e lo stato verrebbe a mettere le mani nelle nostre tasche.
Sarà opportuno che Berlusconi ricordi le promesse in campagna elettorale e la Lega rispolveri i suoi vecchi slogan contro il canone tv.


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06 gennaio 2009

Sarkozy si monta la testa e l’europa si copre di ridicolo

I fautori (ma ce ne sono realmente al di fuori della cerchia dei beneficiati dalla burocrazia di Bruxelles ?) dell’europa non avranno certo apprezzato la piece comica messa in scena dalla loro creatura a cavallo del nuovo anno.
Il 19 dicembre i terroristi palestinesi di Hamas rompono la tregua e ricominciano ad aggredire con i missili Israele: l’europa a presidenza francese, tace.
Il 26 dicembre Israele reagisce e pone in atto azioni di rappresaglia, organizzando anche una azione di terra per neutralizzare Hamas, anche – come dichiara giustamente l’ex ministro degli esteri e della difesa nel primo e nel secondo/terzo governo Berlusconi, Antonio Martino – nell’interesse di tutto l’Occidente.
Sarkozy comincia ad agitarsi: troppo tardi.
Il 2008 finisce e la presidenza dell’europa passa nelle mani della Repubblica Ceca che ha una visione più consona agli interessi occidentali.
Sarkozy, però, non vuole cedere lo scettro e comincia una sua diplomazia personale che lo porta ad incontrare la Livni e poi anche Peres e i palestinesi.
L’apice del ridicolo si raggiunge con l’incontro a tre tra Sarkozy, i rappresentanti dell’europa e gli israeliani.
Per merito di Sarkozy si evidenzia come l’europa sia solo una espressione geografica dove convivono l’eurabia rappresentata dalla Francia e l’europa ancorata alla Civiltà Occidentale rappresentata, in questo caso, dalla Repubblica Ceca cui va tutta la mia personale gratitudine per aver scoperto il gioco francese.
Gran Bretagna, Germania e Italia, le altre Grandi dell’europa, tacciono in applicazione al principio: un bel tacer non fu mai scritto, lasciando che Sarkozy e la burocrazia europea si scornino tra loro.
Intanto Israele si accolla anche i compiti che dovremmo eseguire noi europei.
La vicenda si presta ad alcune considerazioni.
1) Già l’ho scritto: l’europa è solo una espressione geografica e, al più, monetaria, dove convivono – per ora pacificamentei veri europei e l’eurabia che ha nella Francia il suo cuore. Quanto a lungo si potrà parlare di convivenza pacifica ? L’occupazione delle piazze nelle principali città europee da parte degli esagitati musulmani non dovrebbe suonare come un secondo campanello di allarme dopo la rivolta delle banlieu francesi, anzi come una terza sirena di allarme se ci aggiungiamo anche l’invasione degli illegali che sbarcano a migliaia sulle coste italiane senza essere respinti ?
2) L’atteggiamento di Sarkozy – ricordiamo che è colui che ha messo in libertà una assassina, terrorista rossa già condannata in Italia con sentenza passata in giudicato, concedendole asilo ! – rispecchia evidentemente una mai sopita ambizione francese di porre l’europa ai suoi piedi, cioè di usare l’europa per rafforzare il ruolo della Francia e non per un gioco di squadra. Se così non fosse, allo scadere della mezzanotte Sarkozy si sarebbe fatto da parte e, nel rispetto delle regole che l’europa stessa si è data, avrebbe lasciato il campo libero alla Repubblica Ceca.
3) L’anomala presenza di musulmani all’interno dei nostri confini rappresenta un pericolo per l’interesse della nostra Civiltà e sbilancia totalmente la politica estera, facendole perdere di vista l’interesse dell’Occidente, per sposare solo quello arabo. Questo pericolo si vede maggiormente là dove, come in Francia, si è adottata una politica di “naturalizzazione” con la concessione della cittadinanza a milioni di musulmani che, ora, esercitano anche una pressione politica.
4) Le altre tre Grandi Nazioni europee sono fortunatamente rette da governanti più responsabili e non si sono unite al pollaio francese, appoggiando la missione della Repubblica Ceca, presidente di turno, e mantenendo una condivisibile posizione che evidenzia come Hamas sia una organizzazione terrorista e sia responsabile della recrudescenza degli scontri. Manca solo un ultimo passo: l’appoggio, senza se e senza ma, all’azione israeliana finalizzata a neutralizzare definitivamente Hamas.
5) Si pone, di nuovo, il problema di cosa ci stiamo a fare in europa se una nazione non sa, per suo interesse interno e per appagare le ambizioni personali del suo presidente, rispettare neppure la regola dell’alternanza alla guida della comunità. Non siamo in europa per fare da sgabello ai francesi.
6) Ne scriverò un post a parte, ma è opportuno, in un momento in cui continua l’invasione degli illegali in Italia e riprendono fiato le voci che chiedono cittadinanze accelerate e concessione del diritto di voto, tenere bene a mente la differenza che esiste tra “concittadino” e “connazionale”, anche per le implicazioni che una cittadinanza o un diritto di voto concessi a cani e porci possa influire pesantemente non solo sulle scelte di campo in politica estera, ma anche sulla nostra stessa realtà sociale, economica e culturale.

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04 gennaio 2009

Estirpare il male,neutralizzare Hamas

Torno nuovamente a parlare della vicenda relativa all’aggressione palestinese ai danni di Israele con il lancio di missili contestuale alla rottura, voluta da Hamas, della tregua il 19 dicembre scorso, perché nella giornata di sabato 3 gennaio abbiamo avuto una dimostrazione di cosa accade ad “accogliere” senza alcuna selezione immigrati con mentalità, cultura, storia, religione totalmente differenti dalle nostre.
Migliaia di musulmani (guardate le facce nella fotografia qui scelta e nelle altre pubblicate sulla stampa e dite se vi sembrano nostri connazionali !) hanno occupato le piazze delle principali città italiane (ed europee), davanti alle nostre Cattedrali, rovinando una giornata ancora di festa, per manifestare la loro rabbiosa impotenza nei confronti della legittima reazione di Israele.
Perché, invece di rompere le scatole a noi, non vanno a Gaza per risolvere, una volta per tutte, il loro problema con Israele ?
Troppo comodo manifestare in Italia, al sicuro (per ora …) dalle legittime rappresaglie israeliane disturbando e danneggiando chi non ha alcuna parte nella controversia con Israele che è un loro nemico, non nostro.
Anzi, Israele in Medio Oriente è l’unica democrazia ed è, da decenni, l’avamposto della Civiltà Occidentale.
Non potrò mai dimenticare, negli anni settanta, che furono i palestinesi i primi a portare la loro guerra a casa nostra con dirottamenti aerei, sanguinosi atti terroristici e violenze aberranti .
Non potrò mai dimenticare che uno degli slogan con i quali i comunisti manifestavano nelle piazze negli anni settanta ritmava assieme i loro miti del tempo: ira, feddayn, tupamaros, vietcong.
Cioè tutte le varie manifestazioni di un terrorismo che ha cercato di scardinare la nostra ordinata e sicura società civile.
Se tollereremo ancora manifestazioni come quelle di sabato senza reagire con l’espulsione di tutti gli extracomunitari, con o senza permesso, che vi partecipano e che per questioni a noi estranee, occupano le nostre piazze e le nostre strade allora meriteremo la decadenza che è emersa con la linea del “politicamente corretto” che fa star zitti quando i terroristi lanciano missili, rompendo la tregua, contro i civili israeliani, mentre porta a strepitare se gli israeliani si difendono e agiscono per porre fine a tale aggressione.
Aiutando, tra l’altro, anche tutti noi, perché per estirpare il male del terrorismo, è necessario neutralizzare tutte le singole organizzazioni terroriste, una per una.

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01 gennaio 2009

Ma condivisione su cosa ?

Il presidente della repubblica ha comunicato il solito messaggio di fine anno, pieno di bei proponimenti come la più classica delle letterine a Babbo Natale della nostra infanzia.
Non ne faccio un appunto a Napolitano, nel suo ruolo non può fare altro di diverso.
Ne faccio un rimprovero ad una classe politica malata di nanismo dichiarativo che si è accodata senza spirito critico e senza considerare la realtà dei fatti.
Ma quale condivisione si può avere in una Italia irrimediabilmente spaccata a metà e senza ponti ?
Ma i politici, tutti, da Destra a sinistra, li leggono i commenti dei lettori nelle migliaia di forum sparsi nella rete ?
Lo scontro, la divisione è totale.
Quale condivisione si può avere tra chi vorrebbe concedere cittadinanza veloce e voto agli immigrati e chi vorrebbe impedire loro di approdare nei nostri porti per scegliere chi ci portiamo in casa nostra ?
Quale condivisione si può avere tra chi vorrebbe una moratoria e la condizione di reciprocità per la costruzione di moschee e chi invece vuole concedere non solo i permessi, ma anche i finanziamenti ai musulmani per costruirle ?
Quale condivisione ci può essere tra chi considera terroristi i fondamentalisti islamici e chi invece “partigiani” ?
Quale condivisione ci può essere tra chi vorrebbe ampliare l’intervento dello stato, ravanando nelle nostre tasche con la leva fiscale e chi invece vorrebbe lo stato sempre più lontano dalla nostra vita e le tasse ad un livello sempre più basso ?
Quale condivisione ci può essere tra chi condivide i teoremi di certa magistratura e chi vorrebbe riformare la giustizia perché la magistratura si concentri sui reati che rendono la nostra vita meno sicura ?
Quale condivisione ci può essere tra chi vuole riportare la scuola alla serietà gentiliana e chi invece vuole proseguire con il “sessantottismo” ?
Quale condivisione ci può essere tra chi ha approvato la liberazione dell’Iraq e chi ha manifestato a sostegno di Saddam ?
Quale condivisione ci può essere tra chi vorrebbe dare a capricci individuali la dignità di leggi dello stato e chi, invece, si batte perché prevalga una etica anche nella legislazione senza spazio per derive morali ?
Quale condivisione ci può essere tra chi vuole imporre il pensiero unico con direttive europee liberticide del libero pensiero e chi, invece, vuole continuare a ragionare con la propria testa ed essere libero di esprimere le idee sue e non le veline altrui ?
E si potrebbe continuare a lungo, evidenziando tante altre questioni sulle quali non solo si è divisi, ma lo si è così tanto da rendere impensabile un punto di convergenza.
Allora uno direbbe: guardiamo a ciò che ci unisce.
La Nazionale di calcio ?
Forse neppure quella
.

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