Contro Venezia, il più grande, longevo e potente tra gli stati italiani del dopo Roma, ci si misero pure i francesi con Napoleone che, dopo averla conquistata, la vendette agli austriaci che si guardarono bene, al Congresso di Vienna, di restaurare la Serenissima Repubblica come avevano restaurato tutti i piccoli ducati e granducati.
Solo un grande Uomo, Camillo Cavour, riuscì a giocare su più tavoli e fece emergere lo spirito unitario al seguito dei Savoia (anche se il disegno di Cavour riguardava il centro nord Italia, poi il Destino, con i colori dell'Inghilterra che favorì la spedizione dei Mille, spinse fortunatamente per l'Unità di tutto lo Stivale).
Ma la nostra unità è storicamente recente e, infatti, ci sono ancora le pulsioni alla divisione, alla chiamata dello straniero nella convinzione che possa favorire il piccolo orticello personale a scapito di un disegno più ampio e nazionale.
Le divisioni non sono (non completamente, almeno) territoriali, ma ideologiche e i principali artefici sono quelli che, da sempre, fanno riferimento a correnti di pensiero anti nazionali e quindi anti italiane: socialcomunisti e cattolici.
I primi da sempre contrari alla Nazione, come dimostrarono con il loro neutralismo nel 1914, i secondi perchè, sia pur in numero sempre più ridotto, considerano lo Stato Nazionale un usurpatore del potere temporale del pontefice (è un semplificare, lo so: questo non è un trattato di Storia, ma un commento su uno strumento social).
Questi soggetti, più o meno assemblati assieme, sono oggi le quinte colonne che ostacolano lo sviluppo dell'Italia.
Caduto il comunismo e archiviate le internazionali rosse, adesso hanno trovato nell'unione europea il nuovo idolo d'oro da venerare e anteporre all'Interesse Nazionale, esattamente come quei cattolici che, dimentichi del ruolo della religione come strumento di consolazione e di visione per quel grande mistero che è l'Oltre Vita, credono di porsi un'aureola di santità perseguendo ogni interesse, tranne quello della propria Nazione e dei propri Connazionali.
Possiamo solo immaginare dove saremmo se tutti operassimo avendo come Stella Polare l'Interesse Nazionale e non internazionalismi o universalismi più o meno utopici.
Dobbiamo prendere atto che i primi nemici degli Italiani sono altri italiani che, abbagliati dall'erba del vicino, danneggiano quella del nostro giardino, senza capire che è anche la loro erba e, come i duchi e i granduchi dei minuscoli staterelli comunali ante unitari, sono giustamente considerati e trattati come i valletti (finchè va bene ...) di quello straniero ai cui piedi si prostrano senza pudore.
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