La trasmissione che Adriano Celentano ha inaugurato giovedì scorso è l’ultimo atto della parabola discendente di un cantante le cui canzoni hanno accompagnato larga parte della mia vita.
Già il suo tentativo di recitare, ancorché segnato da profumati cachet, ne aveva messo a nudo i limiti.
Ma poteva sembrare che fosse un gigioneggiare, nel recitare la parte del re degli ignoranti, come Mike Buongiorno marcia sulle sue gaffes.
Un dimenticato sabato sera, quello del “w la foca”, accentuò l’impressione che i silenzi e gli anacoluti della sua loquela fossero qualcosa in più che uno studiato modo di presentarsi.
L’altra sera abbiamo avuto la certezza che la parte migliore di Celenatano era la canzone.
Rockpolitk ha rappresentato il fondo di una carriera brillante, denunciando i limiti non solo del parlare e del „pensiero“ (?) dell’uomo del clan, ma anche la sua crisi artistica e vocale.
Il molleggiato di un tempo seduto come un nonno Venanzio qualunque (mancava solo il plaid sulle ginocchia) che dimenticava persino le parole di una delle più belle canzoni che abbia interpretato: Azzurro.
E allora, preso da grande tristezza per il Celentano di oggi, preferisco ricordarlo come era nella foto in alto.
Preferisco ricordare il Celentano che imitava Jerry Lewis e cantava “Il tuo bacio è come un rock”.
Il Celentano che distribuiva 24mila baci, canzone che i miei genitori ascoltavano grazie ad un giradischi del pliocene e ad un disco, 48 giri, sul cui retro c’era una canzone, Aulì aulè, che mi piaceva a tal punto da inseguirne la versione in cd, finchè non sono riuscito, da adulto, ad averla.
E poi ancora il Celentano protoecologista: nessuna manifestazione, ma solo una bella canzone (Il ragazzo della via Gluck) ed un’altra così così (La storia di Serafino con annesso – noioso – film).
Il Celentano antidivorzista de La coppia più bella del mondo e quello legalitario contro gli scioperi di Chi non lavora non fa l’amore.
Il tifoso interista di Eravamo in 100000 e l’uomo del passato di Una carezza in un pugno e Sotto le lenzuola.
E i duetti con Mina.
Quello è il Celentano che piace e che ora, visti anche i pesanti segni dell’età, possiamo trovare solo nelle cineteche e nei cd.
I greci antichi dicevano che “chi è caro agli Dei muore giovane”.
Probabilmente è vero, perché i miti inossidabili del tempo sono quelli di cui non abbiamo visto lo scempio che compie il tempo che passa.
Caro Molleggiato, stai invecchiando, sotto ogni punto di vista, ma pregherò per te, anche se oggi si è spento il sole della tua musica.
Se non altro, per ringraziarti delle tue canzoni il cui ascolte rende azzurro anche il periodo più nero.
Ma, per favore, limitati a cantare, possibilmente in playback.
Già il suo tentativo di recitare, ancorché segnato da profumati cachet, ne aveva messo a nudo i limiti.
Ma poteva sembrare che fosse un gigioneggiare, nel recitare la parte del re degli ignoranti, come Mike Buongiorno marcia sulle sue gaffes.
Un dimenticato sabato sera, quello del “w la foca”, accentuò l’impressione che i silenzi e gli anacoluti della sua loquela fossero qualcosa in più che uno studiato modo di presentarsi.
L’altra sera abbiamo avuto la certezza che la parte migliore di Celenatano era la canzone.
Rockpolitk ha rappresentato il fondo di una carriera brillante, denunciando i limiti non solo del parlare e del „pensiero“ (?) dell’uomo del clan, ma anche la sua crisi artistica e vocale.
Il molleggiato di un tempo seduto come un nonno Venanzio qualunque (mancava solo il plaid sulle ginocchia) che dimenticava persino le parole di una delle più belle canzoni che abbia interpretato: Azzurro.
E allora, preso da grande tristezza per il Celentano di oggi, preferisco ricordarlo come era nella foto in alto.
Preferisco ricordare il Celentano che imitava Jerry Lewis e cantava “Il tuo bacio è come un rock”.
Il Celentano che distribuiva 24mila baci, canzone che i miei genitori ascoltavano grazie ad un giradischi del pliocene e ad un disco, 48 giri, sul cui retro c’era una canzone, Aulì aulè, che mi piaceva a tal punto da inseguirne la versione in cd, finchè non sono riuscito, da adulto, ad averla.
E poi ancora il Celentano protoecologista: nessuna manifestazione, ma solo una bella canzone (Il ragazzo della via Gluck) ed un’altra così così (La storia di Serafino con annesso – noioso – film).
Il Celentano antidivorzista de La coppia più bella del mondo e quello legalitario contro gli scioperi di Chi non lavora non fa l’amore.
Il tifoso interista di Eravamo in 100000 e l’uomo del passato di Una carezza in un pugno e Sotto le lenzuola.
E i duetti con Mina.
Quello è il Celentano che piace e che ora, visti anche i pesanti segni dell’età, possiamo trovare solo nelle cineteche e nei cd.
I greci antichi dicevano che “chi è caro agli Dei muore giovane”.
Probabilmente è vero, perché i miti inossidabili del tempo sono quelli di cui non abbiamo visto lo scempio che compie il tempo che passa.
Caro Molleggiato, stai invecchiando, sotto ogni punto di vista, ma pregherò per te, anche se oggi si è spento il sole della tua musica.
Se non altro, per ringraziarti delle tue canzoni il cui ascolte rende azzurro anche il periodo più nero.
Ma, per favore, limitati a cantare, possibilmente in playback.
Viva Celentano:ma quello vero, non la sua appassita controfigura politicamente corretta.
5 commenti:
Operazione nostalgia : )) sono più o meno i pensieri dei miei genitori, essendo relativamente giovani (60 e 31 anni) hanno preferito non seguire la trasmissione e ricordarselo come era quando fidanzati danzavano sulle note delle sue di canzoni. Io di anni ne ho 38 e i primi ricordi che ho di lui lo vedono già tribuno, questo purtroppo non mi consente di essere altrettanto generoso nei miei giudizi.
Ciao e buon fine settimana.
60 e 61 anni : )))
Nostalgia canaglia :-)
Le canzoni (non solo) segnano gli anni della nostra vita.
Celentano, Battisti, Morandi, i Beatles hanno marcato i miei anni giovanili.
E tanti altri ancora.
Mi piace riascoltarli.
Come mi piace riguardare i vecchi telefilm Ufo.
Ma sei proprio sicuro che sia stato così generoso con Celentano ? ;-)
Peccato che una persona intelligen-te e di buona cultura non riesca a sottrarsi dalla schiavitù del PRE-GIUDIZIO,in tal modo finisce per non essere un uomo libero,e non potrà mai esserlo sino a quando pretende che il mondo, tutto il mondo, si adegui ai suoi paradigmi.
Anche Celentano - sul quale sono inevitabili parecchie riserve - ha il diritto inalienabile alle sue mutazioni ed ai suoi declini, che se sono percorsi direi naturalmente
meritano rispetto, e forse silenzio.
Altro che pontificare!
Nessuno vuole proibire a Celentano le sue mutazioni.
Come nessuno può inibire il diritto di critica, anche nei confronti di Celentano.
Celentano sapeva fare bene una sola cosa: cantare.
Ha voluto strafare, forse perchè il tempo non è stato clemente con la sua voce e la sua memoria.
Ma il busillis è nei contenuti e nello strumento usato.
Hanno detto menzogne: perchè in Italia c'è tutta la libertà di stampa e di opinione che uno può desiderare.
Hanno usato per tale fine privato un mezzo pubblico.
Nulla quaestio se si facessero la loro televisione, rischiassero in proprio e dicessero quel che vogliono, anche le bugie.
Ma usare il mezzo pubblico per dire che il mezzo pubblico è sottoposto a censura ci fornisce la scarsa dimensione loro statura morale.
Il microfono pubblico non è "loro".
La soluzione migliore sarebbe privatizzare la Rai, così non si porrebbe più il problema di usare soldi pubblici, di tutti, per fini privati.
Ed entrerebbero anche cospicui fondi nelle casse dello Stato.
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