Un anno fa, il 15 luglio 2005 ne Il Castello ancora non trasformato nell’attuale aggregatore di area, a margine della vicenda che occupava la stampa sulle scalate mancate di Unipol e BPI, facemmo accenno a Bazoli e Passera di Banca Intesa, titolando, appunto, “Ombre rosse sulle banche”.
Quindi segnalammo come i principali esponenti di banca (dai già citati Bazoli e Passera, a Profumo, a Salza) si erano disciplinatamente messi in fila per votare alle primarie della sinistra, gettando così la maschera e dichiarando la loro appartenenza politica, nella speranza – centrata – di ottenere cospicui vantaggi.
Ed ecco che giunge il momento di passare all'incasso.
In prima battuta con le sovietizzazioni che impongono l’abolizione del contante e l’uso coatto di carte di credito, bonifici e assegni per pagare le prestazioni dei professionisti, dando così il via alla più gigantesca schedatura di regime appaltata (ovviamente con benefici in termini di aumento della clientela e imposizione di commissioni vantaggiose) alle banche.
Quindi, pronubo Prodi, benedicendo una maxiaggregazione bancaria tra Banca Intesa e San Paolo-Imi.
Molto avrete già letto.
Quanti dipendenti (oltre centomila).
Quanti sportelli (oltre seimila).
Quanta capitalizzazione (65 miliardi di euro).
Quindi segnalammo come i principali esponenti di banca (dai già citati Bazoli e Passera, a Profumo, a Salza) si erano disciplinatamente messi in fila per votare alle primarie della sinistra, gettando così la maschera e dichiarando la loro appartenenza politica, nella speranza – centrata – di ottenere cospicui vantaggi.
Ed ecco che giunge il momento di passare all'incasso.
In prima battuta con le sovietizzazioni che impongono l’abolizione del contante e l’uso coatto di carte di credito, bonifici e assegni per pagare le prestazioni dei professionisti, dando così il via alla più gigantesca schedatura di regime appaltata (ovviamente con benefici in termini di aumento della clientela e imposizione di commissioni vantaggiose) alle banche.
Quindi, pronubo Prodi, benedicendo una maxiaggregazione bancaria tra Banca Intesa e San Paolo-Imi.
Molto avrete già letto.
Quanti dipendenti (oltre centomila).
Quanti sportelli (oltre seimila).
Quanta capitalizzazione (65 miliardi di euro).
Quanti clienti (13 milioni).
Singolarmente sono già apparsi gli organigrammi:
Giovanni Bazoli (Banca Intesa) presidente del consiglio di sorveglianza,
Enrico Salza (San Paolo) presidente del consiglio di gestione,
Corrado Passera (Banca Intesa) amministratore delegato e
Pietro Modiano (San Paolo) direttore generale.
Un bel quadrumvirato per non negare una poltrona a nessuno.
Utilizzando, tra l’altro, la riforma del diritto societario del Governo Berlusconi che, rivedendo le norme del 1942 sulle società, ha introdotto nel nostro ordinamento il sistema duale che è, appunto, quello utilizzato dai nuovi quadrumviri perchè nessuno rimanga senza cadrega (e pensare che adesso i giornali che disprezzavano quella riforma chiamandola “falso in bilancio”, si spellano le mani per applaudire cotanto genio e modernità !).
I numeri sono stati dati e gli ambienti finanziari sono entusiasti.
Ma è tutt’oro quello che luccica ? Vediamo alcuni aspetti, peraltro noti, che sintetizzo in sequenza.
Banca Intesa e San Paolo avevano già approfittato delle amicizie politiche (di sinistra) per diventare quello che sono ora.
Tutte le fusioni bancarie, infatti, sono state architettate ed eseguite nel quinquennio 1996-2001, quando al governo c’era la stessa coalizione di oggi.
Sgravi fiscali (poi bocciati persino dall'europa), percorso (fondo solidarietà del credito) ad hoc per collocare gli “esuberi” di personale, percorsi studiati per l’acquisto da parte non di chiunque (veggasi lo stop giudiziario imposto solo un anno fa a BPI su Antonveneta a, in altro campo, all'acquisizione del Corsera da parte di Ricucci), ma specificatamente di quei personaggi che, come abbiamo visto, appertengono alla stessa "parrocchia".
Così avvenne che il presidente di una piccola banca privata, Giovanni Bazoli, divenne il numero uno di una aggregazione che comprendeva le potenti Casse di Risparmio della Provincia Lombarda (Cariplo) e persino la Banca Commerciale Italiana, oltre a altri istituti minori come Friuladria, Cariparma e numerose casse di risparmio del centro Italia.
Analogamente sul versante torinese, vennero concessi Cardine (il gruppo delle ricche casse di risparmio di Padova, Venezia, Bologna, Udine e Pordenone) e anche il Banco di Napoli, per nulla “ricco”, ma capillarmente presente nel meridione.
Per “sistemare” i grossi bocconi trangugiati, i vari istituti dovettero organizzarsi e chi ne fece le spese se non clienti e dipendenti ?
Emblematica l’operazione con la quale la futura Banca Intesa vendette oltre cento sportelli “tutto incluso” a tre istituti: la maggior parte all’Unipol (toh, chi spunta!), Banca Popolare di Vicenza e Cassa di risparmio di Genova.
“Tutto incluso” significa, compreso di arredi, mura e … clienti e dipendenti (sui giornali adesso si legge di un surplus tra i 300 e i 600 sportelli: piatto ricco !).
Singolarmente sono già apparsi gli organigrammi:
Giovanni Bazoli (Banca Intesa) presidente del consiglio di sorveglianza,
Enrico Salza (San Paolo) presidente del consiglio di gestione,
Corrado Passera (Banca Intesa) amministratore delegato e
Pietro Modiano (San Paolo) direttore generale.
Un bel quadrumvirato per non negare una poltrona a nessuno.
Utilizzando, tra l’altro, la riforma del diritto societario del Governo Berlusconi che, rivedendo le norme del 1942 sulle società, ha introdotto nel nostro ordinamento il sistema duale che è, appunto, quello utilizzato dai nuovi quadrumviri perchè nessuno rimanga senza cadrega (e pensare che adesso i giornali che disprezzavano quella riforma chiamandola “falso in bilancio”, si spellano le mani per applaudire cotanto genio e modernità !).
I numeri sono stati dati e gli ambienti finanziari sono entusiasti.
Ma è tutt’oro quello che luccica ? Vediamo alcuni aspetti, peraltro noti, che sintetizzo in sequenza.
Banca Intesa e San Paolo avevano già approfittato delle amicizie politiche (di sinistra) per diventare quello che sono ora.
Tutte le fusioni bancarie, infatti, sono state architettate ed eseguite nel quinquennio 1996-2001, quando al governo c’era la stessa coalizione di oggi.
Sgravi fiscali (poi bocciati persino dall'europa), percorso (fondo solidarietà del credito) ad hoc per collocare gli “esuberi” di personale, percorsi studiati per l’acquisto da parte non di chiunque (veggasi lo stop giudiziario imposto solo un anno fa a BPI su Antonveneta a, in altro campo, all'acquisizione del Corsera da parte di Ricucci), ma specificatamente di quei personaggi che, come abbiamo visto, appertengono alla stessa "parrocchia".
Così avvenne che il presidente di una piccola banca privata, Giovanni Bazoli, divenne il numero uno di una aggregazione che comprendeva le potenti Casse di Risparmio della Provincia Lombarda (Cariplo) e persino la Banca Commerciale Italiana, oltre a altri istituti minori come Friuladria, Cariparma e numerose casse di risparmio del centro Italia.
Analogamente sul versante torinese, vennero concessi Cardine (il gruppo delle ricche casse di risparmio di Padova, Venezia, Bologna, Udine e Pordenone) e anche il Banco di Napoli, per nulla “ricco”, ma capillarmente presente nel meridione.
Per “sistemare” i grossi bocconi trangugiati, i vari istituti dovettero organizzarsi e chi ne fece le spese se non clienti e dipendenti ?
Emblematica l’operazione con la quale la futura Banca Intesa vendette oltre cento sportelli “tutto incluso” a tre istituti: la maggior parte all’Unipol (toh, chi spunta!), Banca Popolare di Vicenza e Cassa di risparmio di Genova.
“Tutto incluso” significa, compreso di arredi, mura e … clienti e dipendenti (sui giornali adesso si legge di un surplus tra i 300 e i 600 sportelli: piatto ricco !).
Ma non bastava.
Così si ricorse al fondo “esuberi”: per Banca Intesa furono oltre 7000 i dipendenti messi anticipatamente in pensione, fruendo dell’apposito accordo recepito con decreto del ministro del lavoro e oggi già prorogato al 2020 rispetto alla scadenza iniziale del 2010 (sui giornali adesso si legge che i dipendenti in eccesso sarebbero 15.000!).
Mentre tutto questo veniva posto in essere, i dirigenti continuavano a percepire remunerazioni altissime, chiedendo peraltro ai dipendenti di “sacrificarsi” con mobilità, rinuncia al premio aziendale, accollo di sempre maggiori carichi di lavoro, essendosi ridotti di numero, ma con la medesima quantità di lavoro (persino aumentata grazie a tutti gli adempimenti burocratici anche voluti dalle associazioni dei consumatori sulla “trasparenza”) e altri “interventi” per ridurre i costi su vari aspetti della vita aziendale.
Adesso si ricomincia.
Una fusione che è la più grande in assoluto mai proposta in Italia.
Una fusione che porta la nuova banca a detenere il 44% del capitale di … Banca d’Italia: come a dire che un solo istituto detiene il 44% di chi ne dovrebbe controllare l’operato.
Una fusione che porterà inevitabilmente con se, qualche leggina ad hoc e, se non saranno di nuovo sgravi fiscali, potrà essere una revisione dell’età pensionabile per consentire di accollare all’Inps (cioè alla collettività nazionale) i dipendenti troppo … “esuberanti”.
E se qualcuno pensa che il cittadino “qualunque”, cioè l’imprenditore, il piccolo artigiano, il professionista, il dipendente di altri settori, il pensionato, possa avere dei vantaggi, si tolga ogni illusione dalla testa.
Abbiamo già visto come la nuova banca terrà salde posizioni in chi (Banca d’Italia) dovrebbe controllarla.
Ma questa operazione, riducendo il personale porterà ulteriori rallentamenti nella operatività di ogni giorno ed essendo condizionata dagli azionisti, avrà una dirigenza che dovrà presentare conti sempre in progressivo, cospicuo utile, che non può esser realizzato se non tramite una politica particolarmente aggressiva all'esterno e all'interno.
Porterà a veder ridotta la concorrenza perché si ridurranno le banche in competizione.
Vi ricordate quando in campagna elettorale Silvio Berlusconi elencava tutte quelle corporazioni okkupate dai cattocomunisti?
Enti, grosse industrie indebitate, media (stampa e televisione), magistratura ... e invitava a non regalare loro anche il potere politico che, unico, era rimasto tra loro e il regime ?
5 commenti:
Inviterei a non postare copia e incolla di dichiarazioni altrui ma commentare con parole proprie e con cortese sinteticità l'argomento oggetto del post.
Ecco il motivo per cui il commento precedente è stato eliminato.
Paradossalmente la CdL ha fatto esattamente quello che dovrebbe fare un Governo con la "G" maiuscola: atenersi dall'interferire. Infatti senza interferenze (cioè senza sostegni a questa o quella cordata) nulla si è mosso (tranne Consorte e Fiorani).
Vhi sbaglia non è la CdL (se non nel favore con il quale hanno accolto la fusione) ma questa sinistra piena di mezze tacche alla perenne ricerca di un qualcosa che, con i soldi altrui, dia loro quella luce (peraltro riflessa) che da soli non riescono proprio ad avere.
Ciao Mons,
è proprio vero: ancora una volta Berlusconi aveva ragione!
Ma come si fa a governare con un Casini che fa gli accordi sotto banco con Mastella? Hai sentito le "innocenti" dichiarazioni del buo Clemente?
Ha fatto fin troppo, per gli alleati che aveva a fianco...
Ciao
Il conflitto di interessi non vale per i propri sodali, ma solo contro i nemici ... :-)
Come puoi leggere nel nuovo post di oggi, Ineff, credo che tutti si fossero accorti delle ambizioni di Casini:una sorte di ruggito del topo ... ma la pessima figura l'ha fatta un Mastella che cerca benemerenze (veggasi anche proposta di ridurre l'impegno in Afghanistan a fronte della barzelletta in Libano) nell'estrema sinistra.
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