Il motivo principale è che non avendo alcuna fiducia nella magistratura, non credo alle conclusioni cui arriva.
Io sono rimasto al principio per cui un soggetto deve essere condannato "al di là di ogni ragionevole dubbio" (art. 533 codice di procedura penale).
E superare ogni "ragionevole dubbio", vuol dire trovare prove concrete o ricevere confessioni, non ipotizzare teoremi, arzigogolare su indizi per arrivare ad una condanna purchessia che, comprensibilmente, i parenti delle vittime pretendono a prescindere perchè è l'unica possibilità per alleviare (solo parzialmente) il dolore per la perdita e le sue modalità.
Non può esistere il "libero convincimento" del giudice.
Siamo purtroppo in una società in cui si cerca il colpevole anche quando è il Destino a provocare un incidente, un decesso, figuriamoci davanti ad un delitto che offre una copertura mediatica straordinaria e quindi grande visibilità agli inquirenti.
Così abbiamo casi per i quali non si giunge mai ad una fine.
Ultimo il caso del cosiddetto "giallo di Garlasco".
Da alcuni anni è in carcere una persona, che continua a proclamarsi innocente, condannata in terzo grado dopo due assoluzioni.
Già questo dovrebbe dimostrare che la condanna è arrivata con tanti ragionevoli dubbi, perchè diversamente si dovrebbe pensare che chi lo ha giudicato innocente nei primi due gradi sia un incompetente e, quindi, sarebbe opportuno rimuoverlo dal ruolo perchè sarebbe troppo pericoloso continuare a dargli il potere di interferire con la vita del prossimo.
Purtroppo la vicenda di Garlasco che oggi trova nuovo spazio sulle prime pagine, non è l'unica.
Sempre di questi giorni è una ripresa, con un nuovo processo deciso dalla cassazione, per l'omicidio di una ragazza, Serena Mollicone, avvenuto oltre venti anni fa, mentre è sempre aperto un "filone" per stragi del passato, sempre dai contorni oscuri tranne per quelli che hanno dato una risposta ideologica.
La "tragedia di Ustica" in questi giorni è ugualmente tornata in auge perchè la procura ha chiesto l'archiviazione dichiarandosi incapace di determinare cosa sia accaduto, ma, comprensibilmente, come si diceva, i parenti delle vittime non accettano che non vi sia nessun colpevole.
In compenso, quando un cittadino spara e neutralizza un colpevole certo, un rapinatore in opera o in fuga non dovrebbe fare differenza, l'inflessibilità della legge si scatena contro il cittadino che da vittima viene dipinto come un carnefice, pur avendo colpito qualcuno che è sicuramente colpevole di aver commesso o tentato di commettere un crimine.
E se c'è un dubbio, la nostra Civiltà, sin dai tempi dei Romani che delle norme di processo avevano fatto un sistema di garanzie perchè le pene colpivano duramente e si doveva avere la massima certezza di colpevolezza, prevede che si giudichi a favore dell'imputato: in dubio, pro reo.
Forse siamo arrivati all'epoca in cui andrebbe sottratto ai magistrati il potere di decidere sulla libertà e la vita delle persone, per ricorrere ad un computer, alimentato dalle leggi da applicare e dalle prove sul caso da giudicare, affidandosi alla asettica decisione di una intelligenza artificiale e non di un intelligenza umana che subisce si troppe influenze dal proprio carattere, dalle proprie convinzioni, dalla propria ideologia.
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