Sabato sera Rete4 ha trasmesso quello che penso sia il primo episodio di una nuova (per l'Italia) serie televisiva, il cui protagonista è il Commissario Wallander di una piccola città della Svezia.
Wallander è stato creato dallo scrittore di gialli Henning Mankell, forse il capostipite di quella lunga schiera di giallisti scandinavi di cui oggi, dopo il successo di “Millennium” del defunto Stieg Larsson, sono pieni gli scaffali delle librerie.
Ho letto tutti i romanzi aventi a protagonista Wallander e almeno una decina di altri gialli svedesi di almeno quattro autori differenti, oltre ad un paio di norvegesi.
Non ho ancora visto il primo telefilm, che ho però registrato e che è solo il pretesto per un commento su quello che mi sembra ci dicano i gialli scandinavi.
La trama c'è.
Appassiona anche.
E' ben costruita ed incalzante.
Non ci si annoia.
Sono i contorni che deludono e, anche, spaventano.
Intanto c'è sempre un che di morboso attinente al sesso.
I protagonisti sono personaggi tormentati, al limite (e anche oltre) della nevrosi e, perchè no, del suicidio.
Si respira povertà.
Povertà economica.
Povertà ideale.
Povertà morale.
I personaggi “buoni” sono tutti rigorosamente “politicamente corretti”.
Gli immigrati sono immancabilmente “sfruttati”.
E' necessario “farli sentire a casa” e per fare ciò si rinuncia alle proprie Tradizioni.
La morbosità di scene di contorno (e inutili ai fini della trama del giallo) sono spesso relative a rapporti sadomaso od omosessuali.
Il protagonista – che sia Wallander o un altro investigatore – sono sostenitori della “integrazione”.
Spesso il “cattivo” è chi cerca di contrastare, con metodi sistematicamente ed esclusivamente discutibili come se esistessero solo quelli, l'arrivo degli immigrati e, immancabilmente, ha una cantina piena di cimeli nazisti, ha il culto della razza pura e manca poco che organizzi "squadre della morte” contro negri, drogati, omosessuali, immigrati.
Lo stereotipo più vuoto e insulso che ci possa essere.
Wallander – e i suoi omologhi – sono infine incredibilmente tristi, si pongono una marea di problemi e di scrupoli, divorziati.
Ma dov'è finita quella Svezia che, quando ero un adolescente, ci veniva raccontata come il Paradiso terrestre ?
Ma sarà mai esistita o, piuttosto, lo spirito avventuroso e coraggioso dell'essere umano non stato abbruttito fino ad essere spento da decenni di socialismo, di tutele “dalla culla alla tomba” ?
Se le opere degli scrittori – anche di quelli gialli – sono lo specchio di una società, la tanto decantata società scandinava è una autentica delusione, anzi un incubo che mi auguro mai possa avverarsi in Italia.
Se accadesse ci meriteremmo davvero di essere invasi da popoli più giovani e più forti.
Come, del resto, è accaduto da sempre nel corso della storia, quando una Civiltà si è troppo indebolita, dalle perversioni della sua classe dirigente, dalla negazione delle proprie Radici e dalla mancanza di Ideali forti, le terre in cui si è sviluppata hanno sempre trovato altri popoli che le potessero meglio sfruttare.
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Wallander è stato creato dallo scrittore di gialli Henning Mankell, forse il capostipite di quella lunga schiera di giallisti scandinavi di cui oggi, dopo il successo di “Millennium” del defunto Stieg Larsson, sono pieni gli scaffali delle librerie.
Ho letto tutti i romanzi aventi a protagonista Wallander e almeno una decina di altri gialli svedesi di almeno quattro autori differenti, oltre ad un paio di norvegesi.
Non ho ancora visto il primo telefilm, che ho però registrato e che è solo il pretesto per un commento su quello che mi sembra ci dicano i gialli scandinavi.
La trama c'è.
Appassiona anche.
E' ben costruita ed incalzante.
Non ci si annoia.
Sono i contorni che deludono e, anche, spaventano.
Intanto c'è sempre un che di morboso attinente al sesso.
I protagonisti sono personaggi tormentati, al limite (e anche oltre) della nevrosi e, perchè no, del suicidio.
Si respira povertà.
Povertà economica.
Povertà ideale.
Povertà morale.
I personaggi “buoni” sono tutti rigorosamente “politicamente corretti”.
Gli immigrati sono immancabilmente “sfruttati”.
E' necessario “farli sentire a casa” e per fare ciò si rinuncia alle proprie Tradizioni.
La morbosità di scene di contorno (e inutili ai fini della trama del giallo) sono spesso relative a rapporti sadomaso od omosessuali.
Il protagonista – che sia Wallander o un altro investigatore – sono sostenitori della “integrazione”.
Spesso il “cattivo” è chi cerca di contrastare, con metodi sistematicamente ed esclusivamente discutibili come se esistessero solo quelli, l'arrivo degli immigrati e, immancabilmente, ha una cantina piena di cimeli nazisti, ha il culto della razza pura e manca poco che organizzi "squadre della morte” contro negri, drogati, omosessuali, immigrati.
Lo stereotipo più vuoto e insulso che ci possa essere.
Wallander – e i suoi omologhi – sono infine incredibilmente tristi, si pongono una marea di problemi e di scrupoli, divorziati.
Ma dov'è finita quella Svezia che, quando ero un adolescente, ci veniva raccontata come il Paradiso terrestre ?
Ma sarà mai esistita o, piuttosto, lo spirito avventuroso e coraggioso dell'essere umano non stato abbruttito fino ad essere spento da decenni di socialismo, di tutele “dalla culla alla tomba” ?
Se le opere degli scrittori – anche di quelli gialli – sono lo specchio di una società, la tanto decantata società scandinava è una autentica delusione, anzi un incubo che mi auguro mai possa avverarsi in Italia.
Se accadesse ci meriteremmo davvero di essere invasi da popoli più giovani e più forti.
Come, del resto, è accaduto da sempre nel corso della storia, quando una Civiltà si è troppo indebolita, dalle perversioni della sua classe dirigente, dalla negazione delle proprie Radici e dalla mancanza di Ideali forti, le terre in cui si è sviluppata hanno sempre trovato altri popoli che le potessero meglio sfruttare.
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