La stampa ha dato risalto ad una notizia presentandola come una dura critica “dei vescovi” al governo italiano in merito alla gestione del problema degli immigrati.
A parte il fatto che le esternazioni sono di Famiglia Cristiana e dell’ufficio della Cei sugli immigrati, a parte il fatto che ho molti dubbi che tali esternazioni siano condivise da molti vescovi italiani che ben conoscono non solo la realtà della nazione, ma anche il sentimento della base cattolica, è pur vero che la dichiarazione di un “ministero” della Cei deve essere colto, fino a smentita, come la posizione dei vescovi.
Una posizione legittima, perché la Cei ha il diritto di intervenire sulle vicende italiane, su tutte: non solo immigrazione, ma anche aborto, eutanasia, omosessualità e via discorrendo.
Quindi il primo aspetto è: se a sinistra riconoscono legittimità e portano ad esempio l’esternazione ecclesiastica sull’immigrazione, altrettanto sono obbligati a fare con le altre dichiarazioni, pur non condividendone e legittimamente criticandone il contenuto.
Esattamente come mi accingo a fare in merito all’immigrazione.
Se i vescovi ritengono che le leggi italiani siano troppo repressive (?) dell’immigrazione, fanno bene a criticarle.
E noi facciamo bene a criticare i vescovi ed a chiedere invece un inasprimento di quelle stesse leggi.
Perché in Italia non c’è posto per tutti quelli che vogliono venire, a meno di dare per scontato un fortissimo abbassamento della qualità della vita, del nostro benessere e della nostra sicurezza.
La tassa sul permesso di soggiorno, così come il far pagare le cure sanitarie, è un atto dovuto per evitare che noi italiani si stia sempre a metterci le mani in tasca, trasformando l’Italia in un Bengodi per gli immigrati cui spettano tutti i diritti e nessun dovere.
Non si capisce perché gente come Pezzotta dichiarasse di amare le tasse e oggi si opponga alle tasse sugli immigrati.
Forse che le tasse sono belle solo se appioppate agli italiani ?
Ma, soprattutto, dobbiamo avere la consapevolezza che il fenomeno immigratorio non è una risorsa, perché porta noi italiani a cullarci nell’illusioni che saranno loro a fare i lavori che noi non vogliamo più fare, indebolendo la nostra capacità di far fronte alle difficoltà, ma soprattutto porta ad una profonda alterazione del tessuto sociale, economico, etnico, religioso della nazione che, di questo passo, non sarà più la nazione italiana, ma un ibrido, come sta per accadere in Francia, senza radici e, quindi, senza storia e senza futuro.
Le tasse sull’immigrazione oltre ad essere un corretto strumento per far pagare agli immigrati i costi che finora ci siamo accollati noi per il loro rimpatrio e per le loro cure, è anche un deterrente per mandare un forte segnale a chi ancora vorrebbe venire ad affollare un panorama già sin troppo affollato.
Deterrente al quale deve necessariamente essere aggiunta una politica più repressiva alla fonte, non solo per rimpatriare chi arriva, ma per impedire che arrivino immigrati non selezionati.
I vescovi guardano da un profilo umanitario.
Ma è solo un aspetto parziale di quel che deve essere un governo di una nazione, dove, in primo luogo, devono essere tutelati gli interessi degli italiani.
I vescovi spingono per una politica dell’accoglienza.
Ma rischiano di perdere i consensi della loro base (che in gran parte sarebbe pronta ad organizzarsi per rimandare gli illegali a casa loro e per impedire lo scempio delle nostre piazze con le “preghiere” islamiche) senza acquisire alcun reale beneficio in termini di conversione da parte di questi immigrati.
I vescovi, che pretenderebbero che lo stato, cioè i contribuenti italiani, si svenasse per pagare contributi alle casalinghe (magari spesso donne straniere immigrate e arrivate in Italia per il “ricongiungimento”) o pagasse i servizi a cinque stelle per gli extracomunitari, sarebbero più credibili se, invece di dire a noi: pagate!, mettessero mano al portafogli e vendessero i beni della Chiesa per organizzare, privatisticamente, quelle assistenze che vorrebbero accollare a noi.
Mi ricordo un film di una quarantina di anni fa, protagonista Anthony Quinn: L’uomo venuto dal Cremlino.
La trama è di fantapolitica.
Un vescovo russo, perseguitato dal regime, viene liberato e quindi eletto papa.
Scoppia una crisi internazionale e, per impedire uno scontro, il papa (Kiril I si era nominato Quinn nel film) mette a disposizione le ricchezze accumulate dalla chiesa nei secoli.
Ecco.
Se i vescovi condividono l’esternazione del loro ministro per gli immigrati agiscano come Quinn nel film citato.
Si spoglino di tutte (ma proprio tutte !) le loro ricchezze e paghino di tasca loro le iniziative che vorrebbero far pagare a noi.
Naturalmente a noi rimane il diritto di accettare e concedere la cittadinanza avendo ben presente il primario interesse di chi italiano lo è già, da generazioni.
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A parte il fatto che le esternazioni sono di Famiglia Cristiana e dell’ufficio della Cei sugli immigrati, a parte il fatto che ho molti dubbi che tali esternazioni siano condivise da molti vescovi italiani che ben conoscono non solo la realtà della nazione, ma anche il sentimento della base cattolica, è pur vero che la dichiarazione di un “ministero” della Cei deve essere colto, fino a smentita, come la posizione dei vescovi.
Una posizione legittima, perché la Cei ha il diritto di intervenire sulle vicende italiane, su tutte: non solo immigrazione, ma anche aborto, eutanasia, omosessualità e via discorrendo.
Quindi il primo aspetto è: se a sinistra riconoscono legittimità e portano ad esempio l’esternazione ecclesiastica sull’immigrazione, altrettanto sono obbligati a fare con le altre dichiarazioni, pur non condividendone e legittimamente criticandone il contenuto.
Esattamente come mi accingo a fare in merito all’immigrazione.
Se i vescovi ritengono che le leggi italiani siano troppo repressive (?) dell’immigrazione, fanno bene a criticarle.
E noi facciamo bene a criticare i vescovi ed a chiedere invece un inasprimento di quelle stesse leggi.
Perché in Italia non c’è posto per tutti quelli che vogliono venire, a meno di dare per scontato un fortissimo abbassamento della qualità della vita, del nostro benessere e della nostra sicurezza.
La tassa sul permesso di soggiorno, così come il far pagare le cure sanitarie, è un atto dovuto per evitare che noi italiani si stia sempre a metterci le mani in tasca, trasformando l’Italia in un Bengodi per gli immigrati cui spettano tutti i diritti e nessun dovere.
Non si capisce perché gente come Pezzotta dichiarasse di amare le tasse e oggi si opponga alle tasse sugli immigrati.
Forse che le tasse sono belle solo se appioppate agli italiani ?
Ma, soprattutto, dobbiamo avere la consapevolezza che il fenomeno immigratorio non è una risorsa, perché porta noi italiani a cullarci nell’illusioni che saranno loro a fare i lavori che noi non vogliamo più fare, indebolendo la nostra capacità di far fronte alle difficoltà, ma soprattutto porta ad una profonda alterazione del tessuto sociale, economico, etnico, religioso della nazione che, di questo passo, non sarà più la nazione italiana, ma un ibrido, come sta per accadere in Francia, senza radici e, quindi, senza storia e senza futuro.
Le tasse sull’immigrazione oltre ad essere un corretto strumento per far pagare agli immigrati i costi che finora ci siamo accollati noi per il loro rimpatrio e per le loro cure, è anche un deterrente per mandare un forte segnale a chi ancora vorrebbe venire ad affollare un panorama già sin troppo affollato.
Deterrente al quale deve necessariamente essere aggiunta una politica più repressiva alla fonte, non solo per rimpatriare chi arriva, ma per impedire che arrivino immigrati non selezionati.
I vescovi guardano da un profilo umanitario.
Ma è solo un aspetto parziale di quel che deve essere un governo di una nazione, dove, in primo luogo, devono essere tutelati gli interessi degli italiani.
I vescovi spingono per una politica dell’accoglienza.
Ma rischiano di perdere i consensi della loro base (che in gran parte sarebbe pronta ad organizzarsi per rimandare gli illegali a casa loro e per impedire lo scempio delle nostre piazze con le “preghiere” islamiche) senza acquisire alcun reale beneficio in termini di conversione da parte di questi immigrati.
I vescovi, che pretenderebbero che lo stato, cioè i contribuenti italiani, si svenasse per pagare contributi alle casalinghe (magari spesso donne straniere immigrate e arrivate in Italia per il “ricongiungimento”) o pagasse i servizi a cinque stelle per gli extracomunitari, sarebbero più credibili se, invece di dire a noi: pagate!, mettessero mano al portafogli e vendessero i beni della Chiesa per organizzare, privatisticamente, quelle assistenze che vorrebbero accollare a noi.
Mi ricordo un film di una quarantina di anni fa, protagonista Anthony Quinn: L’uomo venuto dal Cremlino.
La trama è di fantapolitica.
Un vescovo russo, perseguitato dal regime, viene liberato e quindi eletto papa.
Scoppia una crisi internazionale e, per impedire uno scontro, il papa (Kiril I si era nominato Quinn nel film) mette a disposizione le ricchezze accumulate dalla chiesa nei secoli.
Ecco.
Se i vescovi condividono l’esternazione del loro ministro per gli immigrati agiscano come Quinn nel film citato.
Si spoglino di tutte (ma proprio tutte !) le loro ricchezze e paghino di tasca loro le iniziative che vorrebbero far pagare a noi.
Naturalmente a noi rimane il diritto di accettare e concedere la cittadinanza avendo ben presente il primario interesse di chi italiano lo è già, da generazioni.
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1 commento:
Magistrale Mons! Sottoscrivo tutto!
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