In Francia svolta “epocale”: stop progressivo alla pubblicità sui canali pubblici.
Con la solita mediocrità provinciale gli intellettualoidi di sinistra italiani, sempre pronti ad elogiare quel che accade all’estero e a disprezzare le iniziative nazionali, si interrogano se non sia il caso di seguire l’esempio di Sarkozy.
Premettendo che personalmente sostengo la necessità di privatizzare integralmente la Rai, in modo da por fine alle lotte tra "bande" che cercano di accaparrarsi visibilità e clientele con i nostri soldi, per lo stesso motivo ritengo che, se proprio dobbiamo tenerci una televisione pubblica, allora è molto meglio liberalizzare la acquisizione di pubblicità, abolendo integralmente il canone.
E’ la posizione esattamente contraria a quella degli intellettualoidi che trovano nelle parole del direttore generale Rai, Cappon, una sponda quando dice: se togliamo la pubblicità occorrono altre risorse.
E da dove si possono prelevare quelle risorse ?
Ma dalle tasche dei cittadini, dove se no ?
Con l’aggravante che quando una trasmissione vive grazie alla pubblicità che ospita, muore se non ha ascolti soddisfacenti, mentre se manca il controllo delle aziende che pagano gli spazi commerciali, i dirigenti Rai possono sbizzarrirsi nel promuovere i propri amici, trasmissioni ideologicamente segnate, costruire clientele, indipendentemente dagli ascolti e dai meriti dei protagonisti, tanto i soldi arrivano sempre dalle capienti tasche di quei babbei dei contribuenti.
Una Rai senza pubblicità, che vivesse solo dei contributi pubblici sarebbe una Rai in preda alle lotte tribali, una Rai faziosa e di fazione: immaginate l’alluvione di programmi alla Santoro o alla Floris in spregio a chi paga il canone e proprio quegli elementi non vuole finanziarli.
Va bene aprire il dibattito sulla decisione francese, va bene porci il problema della pubblicità ma, ricordiamoci, che la pubblicità è un controllo oggettivo sul successo – quindi sulla popolarità – di una trasmissione e, in ogni caso, quella trasmissione viene pagata da chi compra i prodotti pubblicizzati.
Al contrario, senza pubblicità, tutti noi dovremmo farci carico del mantenimento di una struttura burocratica, elefantiaca, costosa e lo stato verrebbe a mettere le mani nelle nostre tasche.
Sarà opportuno che Berlusconi ricordi le promesse in campagna elettorale e la Lega rispolveri i suoi vecchi slogan contro il canone tv.
Con la solita mediocrità provinciale gli intellettualoidi di sinistra italiani, sempre pronti ad elogiare quel che accade all’estero e a disprezzare le iniziative nazionali, si interrogano se non sia il caso di seguire l’esempio di Sarkozy.
Premettendo che personalmente sostengo la necessità di privatizzare integralmente la Rai, in modo da por fine alle lotte tra "bande" che cercano di accaparrarsi visibilità e clientele con i nostri soldi, per lo stesso motivo ritengo che, se proprio dobbiamo tenerci una televisione pubblica, allora è molto meglio liberalizzare la acquisizione di pubblicità, abolendo integralmente il canone.
E’ la posizione esattamente contraria a quella degli intellettualoidi che trovano nelle parole del direttore generale Rai, Cappon, una sponda quando dice: se togliamo la pubblicità occorrono altre risorse.
E da dove si possono prelevare quelle risorse ?
Ma dalle tasche dei cittadini, dove se no ?
Con l’aggravante che quando una trasmissione vive grazie alla pubblicità che ospita, muore se non ha ascolti soddisfacenti, mentre se manca il controllo delle aziende che pagano gli spazi commerciali, i dirigenti Rai possono sbizzarrirsi nel promuovere i propri amici, trasmissioni ideologicamente segnate, costruire clientele, indipendentemente dagli ascolti e dai meriti dei protagonisti, tanto i soldi arrivano sempre dalle capienti tasche di quei babbei dei contribuenti.
Una Rai senza pubblicità, che vivesse solo dei contributi pubblici sarebbe una Rai in preda alle lotte tribali, una Rai faziosa e di fazione: immaginate l’alluvione di programmi alla Santoro o alla Floris in spregio a chi paga il canone e proprio quegli elementi non vuole finanziarli.
Va bene aprire il dibattito sulla decisione francese, va bene porci il problema della pubblicità ma, ricordiamoci, che la pubblicità è un controllo oggettivo sul successo – quindi sulla popolarità – di una trasmissione e, in ogni caso, quella trasmissione viene pagata da chi compra i prodotti pubblicizzati.
Al contrario, senza pubblicità, tutti noi dovremmo farci carico del mantenimento di una struttura burocratica, elefantiaca, costosa e lo stato verrebbe a mettere le mani nelle nostre tasche.
Sarà opportuno che Berlusconi ricordi le promesse in campagna elettorale e la Lega rispolveri i suoi vecchi slogan contro il canone tv.
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