Siamo i nuovi albanesi del calcio italiano.
La comica della presidenza Menarini si sta concludendo malamente (anche se poteva andare peggio), con la cessione del Bologna non solo ad un imprenditore che, come fu per Corioni o Brizzi, non è di Bologna e la usa solo per la crescita personale, ma addirittura straniero, albanese, che non ha trovato (evidentemente) di meglio per conquistare un posto al sole e che, sicuramente, alla prima occasione abbandonerebbe il Bologna per qualche club più famoso, anche se meno blasonato (ricordiamo che Roma, Napoli e Lazio, assieme, fanno gli stessi scudetti riconosciuti al Bologna ed uno in meno se consideriamo lo scudetto mai assegnato al Bologna – come è stato per l’Inter tre anni fa – nel 1927).
Ma non è certo colpa di Rezart Taci che, anzi, dimostra coraggio nel buttare i suoi soldi nel calcio italiano (almeno si spera che lo faccia, perché finora è un deja vù con acquisti al minimo e che non fanno ben sperare per il prossimo campionato), bensì di quei “plumoni” degli imprenditori bolognesi che tengono ben chiusi in cassaforte i propri soldi a differenza di altri imprenditori, più generosi (e con un filo di pazzia).
Non si chiede qui di spendere e spandere come Moratti o il primo Berlusconi, bensì di effettuare un investimento che, come tutti gli investimenti, necessita di un periodo medio lungo di avviamento per poter conseguire poi quei ritorni che consentirebbero di chiudere almeno in pareggio le gestioni.
Il problema, tra l’altro, non è solo del Bologna calcio, bensì di tutto lo sport bolognese in crisi finanziaria come attestano i casi della Zinella pallavolo e nella pallacanestro della Fortitudo e della stessa Virtus il cui proprietario oscilla tra la passione e la voglia di liberarsene.
Non mi sembra, peraltro, che altrove la situazione sia migliore.
Finiti gli anni dei “presidenti ricchi e scemi”, si regge solo chi ha le spalle forti per pagare ingaggi altissimi e combattere per l’acquisto dei giocatori migliori con le società straniere.
In pratica: Moratti, Berlusconi e Agnelli, cioè le solite Inter, Milan e Juventus.
E, a quanto sembra, i Berlusconi si sono stancati di mettere mano al portafogli per compiacere il pater familias nella sua passione calcistica.
Un po’ come accadde alla Roma di Sensi, quando al passionale presidente (deceduto se non sbaglio lo scorso anno) fu affiancata la figlia che ha cercato di stringere i cordoni della borsa e, perché no?, di rifilare la costosa società a qualcun altro.
Allora, forse, è da ripensare alla struttura del calcio stesso che brucia miliardi senza peraltro costruire un autentico movimento calcistico importante per la nazione.
Perché non ripensare alla formula dei massimo campionato, rinunciando alle retrocessioni e consentendo alle squadre di allevare un vivaio di italiani, senza il patema della salvezza ?
Questo rinforzerebbe sicuramente il calcio italiano e porterebbe ad un forzato calmiere dei costi.
Ma, forse, andrebbe contro a troppi interessi che ruotano attorno al calcio dagli alti costi.
La comica della presidenza Menarini si sta concludendo malamente (anche se poteva andare peggio), con la cessione del Bologna non solo ad un imprenditore che, come fu per Corioni o Brizzi, non è di Bologna e la usa solo per la crescita personale, ma addirittura straniero, albanese, che non ha trovato (evidentemente) di meglio per conquistare un posto al sole e che, sicuramente, alla prima occasione abbandonerebbe il Bologna per qualche club più famoso, anche se meno blasonato (ricordiamo che Roma, Napoli e Lazio, assieme, fanno gli stessi scudetti riconosciuti al Bologna ed uno in meno se consideriamo lo scudetto mai assegnato al Bologna – come è stato per l’Inter tre anni fa – nel 1927).
Ma non è certo colpa di Rezart Taci che, anzi, dimostra coraggio nel buttare i suoi soldi nel calcio italiano (almeno si spera che lo faccia, perché finora è un deja vù con acquisti al minimo e che non fanno ben sperare per il prossimo campionato), bensì di quei “plumoni” degli imprenditori bolognesi che tengono ben chiusi in cassaforte i propri soldi a differenza di altri imprenditori, più generosi (e con un filo di pazzia).
Non si chiede qui di spendere e spandere come Moratti o il primo Berlusconi, bensì di effettuare un investimento che, come tutti gli investimenti, necessita di un periodo medio lungo di avviamento per poter conseguire poi quei ritorni che consentirebbero di chiudere almeno in pareggio le gestioni.
Il problema, tra l’altro, non è solo del Bologna calcio, bensì di tutto lo sport bolognese in crisi finanziaria come attestano i casi della Zinella pallavolo e nella pallacanestro della Fortitudo e della stessa Virtus il cui proprietario oscilla tra la passione e la voglia di liberarsene.
Non mi sembra, peraltro, che altrove la situazione sia migliore.
Finiti gli anni dei “presidenti ricchi e scemi”, si regge solo chi ha le spalle forti per pagare ingaggi altissimi e combattere per l’acquisto dei giocatori migliori con le società straniere.
In pratica: Moratti, Berlusconi e Agnelli, cioè le solite Inter, Milan e Juventus.
E, a quanto sembra, i Berlusconi si sono stancati di mettere mano al portafogli per compiacere il pater familias nella sua passione calcistica.
Un po’ come accadde alla Roma di Sensi, quando al passionale presidente (deceduto se non sbaglio lo scorso anno) fu affiancata la figlia che ha cercato di stringere i cordoni della borsa e, perché no?, di rifilare la costosa società a qualcun altro.
Allora, forse, è da ripensare alla struttura del calcio stesso che brucia miliardi senza peraltro costruire un autentico movimento calcistico importante per la nazione.
Perché non ripensare alla formula dei massimo campionato, rinunciando alle retrocessioni e consentendo alle squadre di allevare un vivaio di italiani, senza il patema della salvezza ?
Questo rinforzerebbe sicuramente il calcio italiano e porterebbe ad un forzato calmiere dei costi.
Ma, forse, andrebbe contro a troppi interessi che ruotano attorno al calcio dagli alti costi.
Ultima ora - nel tardo pomeriggio si viene a conoscenza che l'albanese Taci, al termine della valutazione di bilancio, ha ritenuto troppo esosa la richiesta dei Menarini (pare 22 milioni di euro) e ha controproposto 15 milioni. I Menarini pare abbiano rifiutato. Intanto il Bologna continua a non fare vero mercato e la squadra sarà quella dello scorso anno, con l'allenatore che ha chiaramente detto che occorrono almeno 5 elementi di rinforzo. Qualcuno comincia già a rimpiangere l'ostracismo decretato contro Moggi ?
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