Qual è ?
L’ostilità dei sindacati confederali.
La triplice, da 7 anni integrata con l’Ugl fedele portatrice d’acqua, è insorta contro la proposta della Lega fatta propria dal Premier Silvio Berlusconi.
Ora, la trimurti è, da almeno 25 anni (referendum sulla scala mobile) se non più, protagonista di sistematiche battaglie di retroguardia in campo economico e sociale e sostenitrice di una spesa pubblica senza limiti per destinarla a realizzare un assistenzialismo privo di sbocchi e di utilità.
Per sostenere tale politica ha bisogno di spremere qualche “pollo” e ogni provvedimento che riduca la disponibilità di questo tsunami di denaro pubblico disperso improduttivamente in milioni di rivoli rappresenta un vulnus per la triplice e il suo potere.
Così se si parla di parametrare gli stipendi, quindi gli aumenti, ma anche le tassazioni, in base al costo locale della vita, cioè se si parla di introdurre una giustizia retributiva in modo che chi svolge lo stesso lavoro, a parità di anzianità, abbia una retribuzione che consenta una pari capacità economica, la trimurti vede messe in pericolo le sue prerogative di interprete unica delle necessità dei “lavoratori”.
Ma non è solo l’opposizione della triplice confederale a far pensare bene alle “gabbie salariali” (rectius: salari differenziati), ma anche la origine ideologica di chi si oppone in campo politico.
Inutile citare il pci/pds/ds/pd e il partito di Di Pietro che tanto si opporrebbero a qualsiasi proposta di Berlusconi, quindi non sono credibili nelle loro obiezioni.
Significativo invece l’atteggiamento dell’Udc e di una parte del pdl.
L’Udc è, notoriamente, l’erede diretta della vecchia Dc, la “balena bianca”, che nel voto in meridione ha fondato le sue fortune elettorali.
Facile, quindi, rispondersi sul perché l’Udc – che ha ottenuto il quorum alla camera per i voti racimolati al Sud e che l’unico quorum al senato lo ottenne in Sicilia, sfiorandolo in Calabria e Campania – sia contraria ad un provvedimento che, restituendo capacità economica a lavoratori prevalentemente del Nord, sottrae denaro che sarebbe altrimenti utilizzato per quei deprecabili interventi assistenzialisti che non hanno mai portato alcuna produttività.
Ma anche nel pdl vi sono degli oppositori.
Leggo i nomi e vedo dichiarazioni contrarie dei socialisti del pdl.
Evidentemente il richiamo della foresta è troppo forte anche quando si deve intervenire per rettificare un errore, quello commesso – non a caso – tra il 1969 e il 1972, gli anni della grande rivolta operaia che fece da detonatore alla crisi economica che, con alti e bassi, ci siamo trascinati per oltre 20 anni.
Desumendo quindi ex contrario, abbiamo ottimi motivi per sostenere l’introduzione dei salari differenziati: l’opposizione dei confederali, quella dell’Udc e dell’ala socialista del pdl.
Per dirla in termini più crudi: contro i salari differenziati si è riformato quell’ “arco costituzionale” che tanti danni provocò alla nostra Nazione, con leggi (prevalentemente di spesa) approvate dal 95% del parlamento e con inflazione galoppante ben oltre il 20-25%.
Contro i salari differenziati, insomma, si sono schierati i nostalgici della prima repubblica e questo è già un ottimo motivo per sostenere la proposta leghista.
Entra ne
L’ostilità dei sindacati confederali.
La triplice, da 7 anni integrata con l’Ugl fedele portatrice d’acqua, è insorta contro la proposta della Lega fatta propria dal Premier Silvio Berlusconi.
Ora, la trimurti è, da almeno 25 anni (referendum sulla scala mobile) se non più, protagonista di sistematiche battaglie di retroguardia in campo economico e sociale e sostenitrice di una spesa pubblica senza limiti per destinarla a realizzare un assistenzialismo privo di sbocchi e di utilità.
Per sostenere tale politica ha bisogno di spremere qualche “pollo” e ogni provvedimento che riduca la disponibilità di questo tsunami di denaro pubblico disperso improduttivamente in milioni di rivoli rappresenta un vulnus per la triplice e il suo potere.
Così se si parla di parametrare gli stipendi, quindi gli aumenti, ma anche le tassazioni, in base al costo locale della vita, cioè se si parla di introdurre una giustizia retributiva in modo che chi svolge lo stesso lavoro, a parità di anzianità, abbia una retribuzione che consenta una pari capacità economica, la trimurti vede messe in pericolo le sue prerogative di interprete unica delle necessità dei “lavoratori”.
Ma non è solo l’opposizione della triplice confederale a far pensare bene alle “gabbie salariali” (rectius: salari differenziati), ma anche la origine ideologica di chi si oppone in campo politico.
Inutile citare il pci/pds/ds/pd e il partito di Di Pietro che tanto si opporrebbero a qualsiasi proposta di Berlusconi, quindi non sono credibili nelle loro obiezioni.
Significativo invece l’atteggiamento dell’Udc e di una parte del pdl.
L’Udc è, notoriamente, l’erede diretta della vecchia Dc, la “balena bianca”, che nel voto in meridione ha fondato le sue fortune elettorali.
Facile, quindi, rispondersi sul perché l’Udc – che ha ottenuto il quorum alla camera per i voti racimolati al Sud e che l’unico quorum al senato lo ottenne in Sicilia, sfiorandolo in Calabria e Campania – sia contraria ad un provvedimento che, restituendo capacità economica a lavoratori prevalentemente del Nord, sottrae denaro che sarebbe altrimenti utilizzato per quei deprecabili interventi assistenzialisti che non hanno mai portato alcuna produttività.
Ma anche nel pdl vi sono degli oppositori.
Leggo i nomi e vedo dichiarazioni contrarie dei socialisti del pdl.
Evidentemente il richiamo della foresta è troppo forte anche quando si deve intervenire per rettificare un errore, quello commesso – non a caso – tra il 1969 e il 1972, gli anni della grande rivolta operaia che fece da detonatore alla crisi economica che, con alti e bassi, ci siamo trascinati per oltre 20 anni.
Desumendo quindi ex contrario, abbiamo ottimi motivi per sostenere l’introduzione dei salari differenziati: l’opposizione dei confederali, quella dell’Udc e dell’ala socialista del pdl.
Per dirla in termini più crudi: contro i salari differenziati si è riformato quell’ “arco costituzionale” che tanti danni provocò alla nostra Nazione, con leggi (prevalentemente di spesa) approvate dal 95% del parlamento e con inflazione galoppante ben oltre il 20-25%.
Contro i salari differenziati, insomma, si sono schierati i nostalgici della prima repubblica e questo è già un ottimo motivo per sostenere la proposta leghista.
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1 commento:
Possiamo allargare il tuo slogan di ciò che è bene per la sinistra è male per l'Italia con ciò che è bene per la Trimurti e l'UDC ;-)
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