Una volta in famiglia ci si rivolgeva con un rispettoso “Voi”: “Buongiorno Signor Padre, avete riposato bene ?”.
Un rispetto che andava oltre le formalità, per riconoscere l’autorità della persona cui ci si rivolgeva o solo per rappresentare quanto fosse considerato importante il riconoscimento della identità individuale del prossimo.
Dal “Voi” si è passato ad un altrettanto rispettoso ed educato “Lei”, diffondendosi sempre più il “Tu” nell’ambito famigliare e tra amici, ma solo quelli “veri” ed intimi.
Ancora nella mia infanzia era naturale educare i bambini a rivolgersi agli adulti, a tutti gli adulti, con un rispettoso “Lei”.
L’educazione se uno non ce l’ha, non se la può dare.
La chiave di svolta, in negativo, fu, anche per questo aspetto, il periodo iniziato con “il ‘68”, quando un malinteso senso di egualitarismo che fu, in realtà, massificazione e conformizzazione al ribasso, introdusse l’uso del “Tu” indiscriminato.
Ai professori, che male fecero a non sanzionarlo tempestivamente, con gli amici dei genitori, con le persone che si incontravano per la prima volta, con i colleghi di lavoro pari grado e anche superiori gerarchici.
Man mano che i “sessantottini” arrivarono nel mondo del lavoro, anche gli ambienti più esclusivi, passarono dal “Lei” al “Tu” credendo con ciò di essere finemente popolari e risultando, invece, maleducatamente ignoranti (nel senso etimologico del termine, si intende).
Così oggi andiamo a comprare anche un paio di calzettoni e ci sentiamo interpellare da una commessa squinzia, tutta tatuaggi e piercing con una età che potrebbe essere nostra figlia: “quale colore preferisci ?” e a nulla vale insistere “mi dia … mi faccia provare … “ perché sono sorde e cieche anche davanti alla insistenza con cui il cliente utilizza il “Lei”.
Ma il crollo della educazione non si limita al modo con il quale ci si rivolge al prossimo, ma anche a come ci si presenta in pubblico.
Per molte persone, soprattutto donne, ma negli ultimi anni sono dilagati anche aberranti costumi maschili, non fa differenza essere su una spiaggia o al lavoro in una città.
Le “infradito” sono l’esempio più eclatante del mancato rispetto che si ha non solo del prossimo, ma soprattutto della propria dignità.
Ma non ci facciamo mancare uomini con quei ridicoli pantaloncini a mezza gamba (“pinocchietti” mi sembra si chiamino) indossati con ostentata impermeabilità al buon gusto.
E se una volta negli uffici, pubblici e privati, trovavi gli impiegati non in divisa, ma presentarsi con la dignità ed il rispetto di un aspetto curato, spesso con una classica eleganza senza ostantazione, oggi l’anarchia regna sovrana.
Barbe incolte e maglioni modello “Cipputi” per chi vuole mostrarsi giovane a dispetto degli anni che passano e che sono regolarmente denunciati dai capelli bianchi o dalla loro progressiva assenza, dalle rughe, dal giro vita, mentre anche a livello dirigenziale, con la scusa del risparmio energetico e dei consumi ecosostenibili (ultima frontiera dello sciocchezzaio ecoambientalista) stanno scomparendo giacca e cravatta per lasciare il posto a “sportivi” manager tanto “alla mano” nei colloqui e nel vestire (peraltro rigorosamente “firmato”: nulla di più volgare che la plateale ostentazione di una neoricchezza), quanto crudelmente attenti a come meglio tagliare i costi del personale (e che tentano improbabili citazioni colte parlando della “grande vittoria di Napoleone a Waterloo” …).
L’educazione, ecco un altro aspetto della vera questione morale che affligge la nostra società e che rischia di distruggere la nostra civiltà.
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Un rispetto che andava oltre le formalità, per riconoscere l’autorità della persona cui ci si rivolgeva o solo per rappresentare quanto fosse considerato importante il riconoscimento della identità individuale del prossimo.
Dal “Voi” si è passato ad un altrettanto rispettoso ed educato “Lei”, diffondendosi sempre più il “Tu” nell’ambito famigliare e tra amici, ma solo quelli “veri” ed intimi.
Ancora nella mia infanzia era naturale educare i bambini a rivolgersi agli adulti, a tutti gli adulti, con un rispettoso “Lei”.
L’educazione se uno non ce l’ha, non se la può dare.
La chiave di svolta, in negativo, fu, anche per questo aspetto, il periodo iniziato con “il ‘68”, quando un malinteso senso di egualitarismo che fu, in realtà, massificazione e conformizzazione al ribasso, introdusse l’uso del “Tu” indiscriminato.
Ai professori, che male fecero a non sanzionarlo tempestivamente, con gli amici dei genitori, con le persone che si incontravano per la prima volta, con i colleghi di lavoro pari grado e anche superiori gerarchici.
Man mano che i “sessantottini” arrivarono nel mondo del lavoro, anche gli ambienti più esclusivi, passarono dal “Lei” al “Tu” credendo con ciò di essere finemente popolari e risultando, invece, maleducatamente ignoranti (nel senso etimologico del termine, si intende).
Così oggi andiamo a comprare anche un paio di calzettoni e ci sentiamo interpellare da una commessa squinzia, tutta tatuaggi e piercing con una età che potrebbe essere nostra figlia: “quale colore preferisci ?” e a nulla vale insistere “mi dia … mi faccia provare … “ perché sono sorde e cieche anche davanti alla insistenza con cui il cliente utilizza il “Lei”.
Ma il crollo della educazione non si limita al modo con il quale ci si rivolge al prossimo, ma anche a come ci si presenta in pubblico.
Per molte persone, soprattutto donne, ma negli ultimi anni sono dilagati anche aberranti costumi maschili, non fa differenza essere su una spiaggia o al lavoro in una città.
Le “infradito” sono l’esempio più eclatante del mancato rispetto che si ha non solo del prossimo, ma soprattutto della propria dignità.
Ma non ci facciamo mancare uomini con quei ridicoli pantaloncini a mezza gamba (“pinocchietti” mi sembra si chiamino) indossati con ostentata impermeabilità al buon gusto.
E se una volta negli uffici, pubblici e privati, trovavi gli impiegati non in divisa, ma presentarsi con la dignità ed il rispetto di un aspetto curato, spesso con una classica eleganza senza ostantazione, oggi l’anarchia regna sovrana.
Barbe incolte e maglioni modello “Cipputi” per chi vuole mostrarsi giovane a dispetto degli anni che passano e che sono regolarmente denunciati dai capelli bianchi o dalla loro progressiva assenza, dalle rughe, dal giro vita, mentre anche a livello dirigenziale, con la scusa del risparmio energetico e dei consumi ecosostenibili (ultima frontiera dello sciocchezzaio ecoambientalista) stanno scomparendo giacca e cravatta per lasciare il posto a “sportivi” manager tanto “alla mano” nei colloqui e nel vestire (peraltro rigorosamente “firmato”: nulla di più volgare che la plateale ostentazione di una neoricchezza), quanto crudelmente attenti a come meglio tagliare i costi del personale (e che tentano improbabili citazioni colte parlando della “grande vittoria di Napoleone a Waterloo” …).
L’educazione, ecco un altro aspetto della vera questione morale che affligge la nostra società e che rischia di distruggere la nostra civiltà.
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5 commenti:
Come se l' avessi scritto io...
Aggiungo che all' estero, Romania compresa, si usa: Signor Rossi, Signor Tizio...
E Signor Primo Ministro, Signor Professore...
Concordo anch'io con il Suo articolo, anche se a volte mi è sembrato che Lei, sicuramente in Buona Fede, confonda, il Buon Costume (che impone il rispetto di tutte le diversità purchè a condizione di reciprocità) con i gusti o le preferenze della maggioranza (che non sono altro di una delle tante opzioni possibili)...
Ma sicuramente la mia sarà stata un'impressione sbagliata...saluti!
Ehhh, vero vero| Tanto per dirti, quando andavo a scuola io (e sono più giovane di te) si usava alzarsi in piedi quando entravano maestri o prof e salutare col 'buongiorno'. Ora i bambini danno del tu alle maestre e le chiamano per nome (ho lavorato in una elementare qualche anno fa e ho visto coi miei occhi, ora sarà anche peggio...). Questo è lo specchio dei tempi grami che stiamo vivendo dove il rispetto per il prox va a farsi benedire...
Nè diversità, nè maggioranza. Il buon costume è un mix di buon gusto, di discrezione, di rispetto delle Tradizioni e di comportamenti ... secondo natura ... ;-)
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