Un altro segnale della inutilità e dello spreco di denari delle celebrazioni per il (falso) 150° anniversario della “unità” d’Italia (perchè si tratta del 150° anniversario della proclamazione del Regno d’Italia, mancando il 17 marzo 1861 regioni e città fondamentali per la Nazione Italia come il Veneto e Venezia, Trieste, Trento, Fiume, Istria, Dalmazia, Lazio e Roma) lo si evince dalla recente polemica sulla giornata festiva del 17 marzo.
Già proclamare festivo un giorno ma solo per il 2011 è una ipocrisia: una celebrazione o merita di essere festeggiata tutti gli anni o non lo merita neppure una tantum.
Questo arrancare, poi, verso le celebrazioni in pompa magna, manipolando il significato reale della ricorrenza, mostra la paura concreta che prenda piede il sentimento, sempre più giustificato, della secessione.
Il colmo del ridicolo lo raggiunge però la Confindustria, tramite il suo presidente Marcegaglia, prontamente supportata da Amato, evidentemente non pago delle torte in faccia ricevute dalla sua aberrante proposta di patrimoniale (che Veltroni continua a sostenere, tanto per dire e confermare come, in caso di elezioni, sia molto meglio scegliere il partito di Ruby, piuttosto che il partito delle tasse), di festeggiare il 17 marzo ... al lavoro.
Marcegaglia e Amato si stracciano le vesti per la giornata che viene pagata e che non produrrebbe alcunchè.
Dimenticano che nel 2011 vi sono due giornate festive (e in questa sede mi astengo dal valutare nel merito tali festività) che coincidono con festività religiose e, quindi, pur se pagate, consentono di recuperare ben due giorni di lavoro.
Mi riferisco, chiaramente, al 25 aprile che coincide con il Lunedì dell’Angelo e al 1°maggio che coincide con una domenica.
Il saldo produttivo, quindi, sarebbe comunque a favore delle tesi sostenute da Marcegaglia e Amato e se qualcuno facesse il “ponte” con il venerdì 18 marzo, male che vada sarebbe un “pari”.
Strumentale, quindi, la posizione dei due signori citati, strumentale ad alimentare un clima di incertezza e di discussione, ostacolando costantemente l’azione del Governo.
La sconfitta dei “celebrazionisti” però è insita in tutto ciò: il 17 marzo non è “sentita” come festività ma, come tante altre, è solo vista come una occasione per stare a casa dal lavoro o per alimentare una sterile polemica sulla produttività.
In ogni caso, comunque la si veda, l’ “unità” d’Italia celebrata liturgicamente il 17 marzo è un flop inequivocabile.
Separiamoci pacificamente, che è meglio !
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Già proclamare festivo un giorno ma solo per il 2011 è una ipocrisia: una celebrazione o merita di essere festeggiata tutti gli anni o non lo merita neppure una tantum.
Questo arrancare, poi, verso le celebrazioni in pompa magna, manipolando il significato reale della ricorrenza, mostra la paura concreta che prenda piede il sentimento, sempre più giustificato, della secessione.
Il colmo del ridicolo lo raggiunge però la Confindustria, tramite il suo presidente Marcegaglia, prontamente supportata da Amato, evidentemente non pago delle torte in faccia ricevute dalla sua aberrante proposta di patrimoniale (che Veltroni continua a sostenere, tanto per dire e confermare come, in caso di elezioni, sia molto meglio scegliere il partito di Ruby, piuttosto che il partito delle tasse), di festeggiare il 17 marzo ... al lavoro.
Marcegaglia e Amato si stracciano le vesti per la giornata che viene pagata e che non produrrebbe alcunchè.
Dimenticano che nel 2011 vi sono due giornate festive (e in questa sede mi astengo dal valutare nel merito tali festività) che coincidono con festività religiose e, quindi, pur se pagate, consentono di recuperare ben due giorni di lavoro.
Mi riferisco, chiaramente, al 25 aprile che coincide con il Lunedì dell’Angelo e al 1°maggio che coincide con una domenica.
Il saldo produttivo, quindi, sarebbe comunque a favore delle tesi sostenute da Marcegaglia e Amato e se qualcuno facesse il “ponte” con il venerdì 18 marzo, male che vada sarebbe un “pari”.
Strumentale, quindi, la posizione dei due signori citati, strumentale ad alimentare un clima di incertezza e di discussione, ostacolando costantemente l’azione del Governo.
La sconfitta dei “celebrazionisti” però è insita in tutto ciò: il 17 marzo non è “sentita” come festività ma, come tante altre, è solo vista come una occasione per stare a casa dal lavoro o per alimentare una sterile polemica sulla produttività.
In ogni caso, comunque la si veda, l’ “unità” d’Italia celebrata liturgicamente il 17 marzo è un flop inequivocabile.
Separiamoci pacificamente, che è meglio !
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2 commenti:
Mah, mi piacerebbe una festa nazionale vera e sentita, che unisca tutti, ma questi lavorano solo per dividere.
Mi desta comunque rabbia l'uscita speciosa della Marcegaglia e di Amato ai danni della celebrazione.
Non ricordo di averli mai sentiti lamentarsi dei danni economici provocati dalle altre festività di stampo comunista, o cattoliche, o per gli scioperi politicizzati.
Perfettamente d'accordo. Ero scettico sulla festività, ma l'uscita di Marcegaglia e Amato, così ... arida, mi ha portato a provare simpatia per il giorno festivo. Più volte ho scritto su una Festa Nazionale, una e una sola, che sia comune per tutti.
Difficile individuare la data. Qualunque ricorrenza ha le sue controindicazioni. A parte il 25 aprile e il 28 ottobre che sono marcatamente di parte, le altre vedono comunque qualcuno che è dalla parte dei vinti. Forse la cosa migliore sarebbe quella di sorteggiare una data a caso, eliminando dal sorteggio tutte quelle già considerate. Personalmente mi "accontenterei" del 4 novembre o del 24 maggio ... :-)
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