Ieri, primo maggio, si è consumata la tradizionale liturgia della festa del lavoro e/o dei lavoratori.
Un rito stanco e privo di qualsivoglia novità.
Discorsi triti e ritriti, noiosi e pronunciati con la cantilena abituale che, ormai, è una ninna nanna.
Anche le facce dei "protagonisti" sono sempre le stesse, solo, anno dopo anno, più incartapecorite e grige, con una serietà impressa come un marchio di fabbrica che ci racconta il nulla che sta dietro.
Ho quasi 58 anni e da tutta la vita ascolto i soliti discorsi del 1° maggio: lavoro, occupazione, diritti.
Oggi la disoccupazione, soprattutto giovanile, è a livelli sudamericani e costoro non hanno altro da proporre che la rimasticazione di una sempre maggiore invadenza della mano pubblica.
Ho sentito la Camusso al gr1 delle 8 del mattino di ieri che attribuiva la colpa all'individualismo degli anni passati e riproponeva il ... collettivismo/comunismo, stava per dire, poi si è ripresa ed ha parlato di solidarietà della collettività.
La Camusso, come i suoi predecessori, ha fatto di tutto per portarci a questo punto, danneggiando l'economica nazionale e le aziende con scioperi politici e con la pretesa di razziare i risparmi (fu la prima a proporre di tassare i risparmi al 26% , puntualmente obbedita dal putto fiorentino alla faccia di ogni presunta autonomia del pci/pds/ds/pd dalla cgil).
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La fesseria contro l'individualismo, unico che crea posti di lavoro con il rischio di impresa e l'ambizione di crescere e guadagnare, è emblematica del fallimento di quella casta cresciuta a falce e martello e che ogni anno si ostina a presentarsi sulla piazza rossa, esattamente come facevano i gerontocrati del pcus, finchè non sono crollati e sono stati sepolti dalle loro stesse macerie.
Con una spintarella, che potrebbe arrivare da un esito marcatamente antieuropeista del voto del 25 maggio, potremmo liberarci definitivamente di queste maschere del passato.
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