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08 ottobre 2007

La sinistra alla prova del voto sul welfare

Abbiamo già trattato la questione dell’accordo su welfare e pensioni del 23 luglio, che da oggi viene sottoposto alla prova del referendum tra i lavoratori dipendenti, pensionati, disoccupati e cassaintegrati.
La domanda che ci si pone è: è vera democrazia ?
La risposta non può essere affermativa.
Le assemblee sono gestite dalla triplice sindacale, questo significa che è un sindacalista (o addirittura uno per sigla confederale) della trimurti, favorevole al “sì” ad illustrare l’accordo.
Non sarebbe grave se venisse - ma non è così - concesso analogo spazio alle ragioni del “no”, anzi la possibilità, per il tavolo della presidenza confederale, di replicare agli intervenuti consente di concedere l’ultima parola alle tesi favorevoli all’accordo.
Quanta differenza, anche con i dibattiti delle ultime elezioni politiche, dove la cura per la par condicio” era sin troppo maniacale !
Abbiamo già visto come sia opinabile anche la partecipazione al voto dei pensionati, autentiche truppe di supporto per i confederali, anche se dall’accordo stesso i pensionati sono coinvolti solo nell’incassare.
Ma l’aspetto più critico e criticabile di tutta la procedura è che la organizzazione del voto, la gestione degli scrutini, la conservazione delle urne e, soprattutto, lo spoglio materiale delle schede è interamente appaltato alla trimurti confederale, cioè ad una parte – non ad un terzo – che si sta spendendo per una determinata scelta.
E’ come se alle politiche – dove pure non tutto è oro, anzi - la gestione dell’intera operazione elettorale fosse appaltata, compreso lo spoglio dei voti, a Forza Italia o ai D.S.: probabilmente i dubbi sulla veridicità degli scrutini sarebbero tali da inficiare ogni risultato e gli antagonisti non so quanto si sentirebbero garantiti.
In tale quadro, infatti, vediamo come la presenza di urne “volanti”e presso le sedi dei sindacati, alimenti l’incertezza sulle procure adottate, come pure la scelta di non effettuare lo spoglio immediatamente dopo le assemblee, ma di riunire tutte le urne territoriali per procedere ad uno spoglio cumulativo (e si sa che nella massa, qualche “errore” può sempre capitare, soprattutto se lontani dagli occhi dei votanti).
E’ evidente che non è facile organizzare una votazione referendaria, anche se è prevista da anni, dal 1970, come è evidente che non è possibile demandare ad un campione limitato ai lavoratori dipendenti, integrato dai pensionati, scelte che costano quanto mezza finanziaria all’intera cittadinanza.
Ma è altrettanto evidente che l’impatto che ha sugli equilibri di governo questo accordo, aumenta il rischio di interventi mirati a far emergere un risultato che puntelli una coalizione traballante, fondata su bamboccioni che amano le tasse (quando le pagano gli altri, però).
La mia previsione – lieto di sbagliarmi – è di una affermazione dei “sì” superiore al 75% che farebbe cantar vittoria ai sostenitori dell’accordo e metterebbe a tacere ogni velleità di revisione dello stesso, con la conseguenza di allungare la vita al già sin troppo lungo governo Prodi.
Ma noi contiamo anche nella manzoniana Provvidenza …

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Massimo
I sindacati si sono resi conto di essere stati sfiduciati dai lavoratori.Ed era ora!! te ne potrei raccontare diverse sugli accordi che facevamo noi dirigenti con i capi della trimurti(rsu) per fare o non fare gli scioperi a secondo le giacenze di magazzino ...(potenza del denaro....)

Ed ovvio, quindi, che i sindacati ,vogliano controllare i voti ed aggiustare i risultati elettorali,seguendo la "migliore"tradizione comunista per servire i potenti di turno ai quali poi mandare il conto.
Ormai nessuno si fida più di nessuno.
ciao

marshall ha detto...

Sarcastycon,
anche tu hai sperimentato gli scioperi (inventati) a seconda delle giacenze di magazzino?
Queste son belle storie da raccontare ai giovani di sinistra.
(e qualcuno sottobanco si è pure arricchito. Alla faccia dei poveri gonzi)