Mentre Prodi e D’alema architettano lezioni al prossimo organizzando complotti per una moratoria sulla pena di morte, in Italia la giustizia continua a manifestare la sua inadeguatezza (eufemismo) e la sua credibilità procede in caduta libera.
Il caso ultimo è quello del brigatista rosso Cristoforo Piancone, condannato, con sentenza definitiva passata in giudicato, tre volte all’ergastolo in altrettanti procedimenti per aver assassinato 6 persone (una pare addirittura finita con un colpo alla nuca) eppure assurto agli onori della cronaca perché arrestato come responsabile di una rapina in banca.
Il brigatista era infatti in regime di semilibertà, fruendo dei benefici di una delle tante leggi volute dal regime catto comunista (la legge Gozzini del 26 luglio 1975, n. 354, modificata nel 1977 e nel 1986: regnanti Moro, Andreotti – con il governo di “solidarietà nazionale - e Craxi rispettivamente) scritte dalla parte del famoso Caino che nessuno dovrebbe “toccare” (lui invece, i tanti Abele li può finire con un colpo alla nuca).
Piancone aveva ottenuto i benefici di legge senza neppure essere un pentito o un dissociato, quindi senza aver manifestato alcun rimorso o contrizione per il suo passato e i sei omicidi.
E che sia rimasto quello di sempre lo confermano le dichiarazioni rese dopo l’arresto quando si è rifiutato di fare il nome del suo complice.
Questa vicenda, oggi sui giornali, riapre sicuramente una ferita mai rimarginata nei parenti delle vittime, ma soprattutto dovrebbe riaprire il dibattito sulle pene in Italia e sull’utilità – solo per i vari Caino – della mancanza di una pena capitale che rimuova definitivamente ogni pericolo di reiterazione del crimine e rappresenti una autentica punizione per i delitti più efferati.
E non vengano a raccontarci che uno come Piancone può svolgere un funzione utile per la società.
La realtà è che mentre i morti non possono più gridare la loro rabbia e desiderio di giustizia, gli assassini sfruttano una campagna vergognosamente a loro favore, evitando la pena di morte che meriterebbero e utilizzando le leggi di uno stato debole di cui l’inesistente giustizia è perfetto simbolo, per continuare a vivere, raccontando le loro “gesta”, venendo ossequiati e riveriti (e a volte persino candidati ed eletti).
Quanti Piancone esistono in Italia, nascosti dietro l’angolo, pronti a delinquere nuovamente grazie ai provvedimenti di clemenza di uno stato debole ?
Il caso ultimo è quello del brigatista rosso Cristoforo Piancone, condannato, con sentenza definitiva passata in giudicato, tre volte all’ergastolo in altrettanti procedimenti per aver assassinato 6 persone (una pare addirittura finita con un colpo alla nuca) eppure assurto agli onori della cronaca perché arrestato come responsabile di una rapina in banca.
Il brigatista era infatti in regime di semilibertà, fruendo dei benefici di una delle tante leggi volute dal regime catto comunista (la legge Gozzini del 26 luglio 1975, n. 354, modificata nel 1977 e nel 1986: regnanti Moro, Andreotti – con il governo di “solidarietà nazionale - e Craxi rispettivamente) scritte dalla parte del famoso Caino che nessuno dovrebbe “toccare” (lui invece, i tanti Abele li può finire con un colpo alla nuca).
Piancone aveva ottenuto i benefici di legge senza neppure essere un pentito o un dissociato, quindi senza aver manifestato alcun rimorso o contrizione per il suo passato e i sei omicidi.
E che sia rimasto quello di sempre lo confermano le dichiarazioni rese dopo l’arresto quando si è rifiutato di fare il nome del suo complice.
Questa vicenda, oggi sui giornali, riapre sicuramente una ferita mai rimarginata nei parenti delle vittime, ma soprattutto dovrebbe riaprire il dibattito sulle pene in Italia e sull’utilità – solo per i vari Caino – della mancanza di una pena capitale che rimuova definitivamente ogni pericolo di reiterazione del crimine e rappresenti una autentica punizione per i delitti più efferati.
E non vengano a raccontarci che uno come Piancone può svolgere un funzione utile per la società.
La realtà è che mentre i morti non possono più gridare la loro rabbia e desiderio di giustizia, gli assassini sfruttano una campagna vergognosamente a loro favore, evitando la pena di morte che meriterebbero e utilizzando le leggi di uno stato debole di cui l’inesistente giustizia è perfetto simbolo, per continuare a vivere, raccontando le loro “gesta”, venendo ossequiati e riveriti (e a volte persino candidati ed eletti).
Quanti Piancone esistono in Italia, nascosti dietro l’angolo, pronti a delinquere nuovamente grazie ai provvedimenti di clemenza di uno stato debole ?
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2 commenti:
Beh, nel mio blog ho pubblicato un altro caso di degrado della giustizia italiana...Ci sono tanti brutti esempi, purtroppo...
Verissimo. Purtroppo in Italia sono più i casi di malagiustizia che quelli che ti inducono ad aver fiducia nella legge. Anzi, dei secondi non me ne viene in mente nessuno ...
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