La Lega ha il pregio di far emergere i reali interessi – spesso inconfessabili – di alleati e avversari.
Vediamo infatti in affanno i paladini dello status quo, soprattutto di quello proteso a mungere a piene mani dalle mammelle statali.
Il Federalismo, che inizia come fiscale e non si sa (magari molti di noi sperano) dove possa arrivare.
Il Federalismo significa dare a ciascuno il suo.
Noi produciamo reddito in ogni nostra attività.
Questo reddito è la ricchezza della nostra persona, della nostra famiglia, della nostra azienda, della nostra città.
Alcune regioni, quelle che producono più reddito, si vedono espropriate dei frutti del loro lavoro perché il “Jocondor” romano sottrae legalmente con il fisco e riversa là dove si produce meno reddito.
Purtroppo questa non è una redistribuzione temporanea, finalizzata a fornire gli strumenti e il tempo perché anche altrove si possa produrre più reddito.
Questa è una sorta di tassa eterna, che sposta, senza nulla in cambio e senza un adeguato ritorno di produttività, ricchezza dal Nord al Sud.
La Lega chiede che le tasse del Nord rimangano al Nord, per poter pagare i servizi e le infrastrutture per chi produce quella ricchezza e, magari, per poter ridurre le tasse.
Naturalmente è necessario contribuire per la propria parte alle spese dello stato (Forze Armate, Polizia, giustizia, apparato pubblico).
Una quota che, trattandosi di servizi utilizzati in pari modo da tutti i cittadini, non può essere percentuale e, tanto meno, progressiva, quanto pro capite: tot ci costa lo stato, diviso per i cittadini, moltiplicato per gli abitanti di una regione e quella è la somma che deve prendere la via di Roma.
Naturalmente in caso di calamità naturali scatta il contributo di solidarietà che, però, deve essere finalizzato alla ricostruzione e non all’assistenzialismo perpetuo e, quindi, deve avere una data finale, predeterminata e certa.
Tutto il resto sia gestito in sede locale, in base alla capacità degli amministratori eletti dai cittadini, di far fruttare le locali ricchezze.
Chi, invece, ha fatto delle clientele e dell’assistenzialismo la base della propria fortuna politica, si oppone acchè sia dato a ciascuno il suo.
La resistenza al cambiamento è fortissima, dentro e fuori il governo.
Ma su questo cambiamento, che è radicale, di mentalità, di costumi, di gestione delal cosa pubblica, si gioca il futuro della nostra società.
Solo con il Federalismo (non solo fiscale) gli sforzi di chi produce ottengono il risultato di creare ricchezza e non di essere sperperati in un eterno assistenzialismo fine a se stesso (e alle clientele di potere).
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Vediamo infatti in affanno i paladini dello status quo, soprattutto di quello proteso a mungere a piene mani dalle mammelle statali.
Il Federalismo, che inizia come fiscale e non si sa (magari molti di noi sperano) dove possa arrivare.
Il Federalismo significa dare a ciascuno il suo.
Noi produciamo reddito in ogni nostra attività.
Questo reddito è la ricchezza della nostra persona, della nostra famiglia, della nostra azienda, della nostra città.
Alcune regioni, quelle che producono più reddito, si vedono espropriate dei frutti del loro lavoro perché il “Jocondor” romano sottrae legalmente con il fisco e riversa là dove si produce meno reddito.
Purtroppo questa non è una redistribuzione temporanea, finalizzata a fornire gli strumenti e il tempo perché anche altrove si possa produrre più reddito.
Questa è una sorta di tassa eterna, che sposta, senza nulla in cambio e senza un adeguato ritorno di produttività, ricchezza dal Nord al Sud.
La Lega chiede che le tasse del Nord rimangano al Nord, per poter pagare i servizi e le infrastrutture per chi produce quella ricchezza e, magari, per poter ridurre le tasse.
Naturalmente è necessario contribuire per la propria parte alle spese dello stato (Forze Armate, Polizia, giustizia, apparato pubblico).
Una quota che, trattandosi di servizi utilizzati in pari modo da tutti i cittadini, non può essere percentuale e, tanto meno, progressiva, quanto pro capite: tot ci costa lo stato, diviso per i cittadini, moltiplicato per gli abitanti di una regione e quella è la somma che deve prendere la via di Roma.
Naturalmente in caso di calamità naturali scatta il contributo di solidarietà che, però, deve essere finalizzato alla ricostruzione e non all’assistenzialismo perpetuo e, quindi, deve avere una data finale, predeterminata e certa.
Tutto il resto sia gestito in sede locale, in base alla capacità degli amministratori eletti dai cittadini, di far fruttare le locali ricchezze.
Chi, invece, ha fatto delle clientele e dell’assistenzialismo la base della propria fortuna politica, si oppone acchè sia dato a ciascuno il suo.
La resistenza al cambiamento è fortissima, dentro e fuori il governo.
Ma su questo cambiamento, che è radicale, di mentalità, di costumi, di gestione delal cosa pubblica, si gioca il futuro della nostra società.
Solo con il Federalismo (non solo fiscale) gli sforzi di chi produce ottengono il risultato di creare ricchezza e non di essere sperperati in un eterno assistenzialismo fine a se stesso (e alle clientele di potere).
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4 commenti:
Ciao Massimo, scusa se vado fuori argomento ma al Castello pare che siate messi proprio male, guarda qui l'articolo che è apparso da voi.
http://tradizionevandeana.blogspot.com/2008/07/from-molin.html
Caspita, ogni giorno che passa sono sempre più felice di esserne uscito. Ma voi come fate ad accettare gente che latra queste sciempiaggini? Tanto vale accettare i rifondaroli, che a quanto pare ci starebbero davvero bene.
A presto! jetset
L’autore del post è aggregato anche in Tocqueville, dove credo tu sia rimasto.
E c’era anche prima, quando eri nel Castello.
Ovvio che, avendo ridefinito l’area politica di appartenenza con l’uscita di quanti hanno seguito Berlusconi e il “partito di centro, moderato e liberale”, la percentuale di post di quel genere nel Castello sia aumentata.
E potrà essere totale a seconda dell’esito delle presidenziali del prossimo 4 novembre ;-)
Ha allora tu appoggi ciò che egli afferma! Certo che sei davvero coerente...
Come ti è capitato frequentemente nell'ultimo anno, la superficialità con la quale leggi gli scritti altrui ti porta a non capire.
Ma il problema è solo tuo.
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