Sono passati 40 anni, all’incirca due generazioni, dall’invasione comunista che ha soffocato nel sangue le aspirazioni di libertà del popolo cecoslovacco che dovette quindi attendere ben 21 anni per poterle realizzare.
Sulla vicenda di Praga scrissi già nel 2005 , nel 2006 e nel 2007 e continuerò anche negli anni a venire perché non si dimentichi una delle pagine più brutali della storia comunista che ha reso tutti i partiti marxisti correi di simili misfatti e ancora più colpevoli tutti coloro che, venuti a conoscenza di tutto ciò (e nessuno oggi può dire: io non so) continuarono e, addirittura, alcuni continuano a professarsi comunisti.
Un ricordo dedicato soprattutto a chi, in quell’estate del 1968, non c’era o non era in grado di comprendere la gravità dei fatti e che, adulto, non ha trovato nell’insegnamento scolastico della Storia contemporanea – grondante retorica resistenzialista – alcun riferimento alla barbarie comunista, se non in qualche fugace e nascosta nota a pie’ di pagina.
Sarà perché la Primavera di Praga e la sua tragica fine ha rappresentato per me, allora 12enne, uno di quegli eventi che hanno marcato la formazione politica, sarà perché mio padre mi ha sempre sollecitato ad interessarmi ai fatti del mondo e in quel 1968 mi appassionava la politica estera con la competizione negli Stati Uniti tra Repubblicani e Democratici (e spuntava quel “terzo incomodo” che fu George Wallace), ma la vicenda del 1968 praghese resta un punto di svolta nella competizione politica mondiale.
Dopo il 1968, infatti, anche i più ingenui presero coscienza “di che lacrime grondi e di che sangue” il comunismo, tanto che proprio da quella vicenda cominciò a maturare il convincimento del capo marxista italiano, Enrico Berlinguer, che il Pci, da solo, non poteva – per la stessa sicurezza dei gerarchi rossi – andare al potere.
Un convincimento poi confermato dalla fine ingloriosa della deriva marxista in Cile cinque anni dopo, così da far emergere per la prima volta il termine “compromesso storico” che fu realizzato con le elezioni del 1976 e affossato grazie all’astuzia di Giulio Andreotti.
Ricordiamo, dunque, le vittime della bestialità comunista che nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1968 impose la sua ferrea legge, fatta di miseria, terrore e morte, alla Cecoslovacchia.
Lo ricordiamo per aiutare chi ancora osa professarsi comunista a mondarsi e a ripudiare quella barbara ideologia.
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Sulla vicenda di Praga scrissi già nel 2005 , nel 2006 e nel 2007 e continuerò anche negli anni a venire perché non si dimentichi una delle pagine più brutali della storia comunista che ha reso tutti i partiti marxisti correi di simili misfatti e ancora più colpevoli tutti coloro che, venuti a conoscenza di tutto ciò (e nessuno oggi può dire: io non so) continuarono e, addirittura, alcuni continuano a professarsi comunisti.
Un ricordo dedicato soprattutto a chi, in quell’estate del 1968, non c’era o non era in grado di comprendere la gravità dei fatti e che, adulto, non ha trovato nell’insegnamento scolastico della Storia contemporanea – grondante retorica resistenzialista – alcun riferimento alla barbarie comunista, se non in qualche fugace e nascosta nota a pie’ di pagina.
Sarà perché la Primavera di Praga e la sua tragica fine ha rappresentato per me, allora 12enne, uno di quegli eventi che hanno marcato la formazione politica, sarà perché mio padre mi ha sempre sollecitato ad interessarmi ai fatti del mondo e in quel 1968 mi appassionava la politica estera con la competizione negli Stati Uniti tra Repubblicani e Democratici (e spuntava quel “terzo incomodo” che fu George Wallace), ma la vicenda del 1968 praghese resta un punto di svolta nella competizione politica mondiale.
Dopo il 1968, infatti, anche i più ingenui presero coscienza “di che lacrime grondi e di che sangue” il comunismo, tanto che proprio da quella vicenda cominciò a maturare il convincimento del capo marxista italiano, Enrico Berlinguer, che il Pci, da solo, non poteva – per la stessa sicurezza dei gerarchi rossi – andare al potere.
Un convincimento poi confermato dalla fine ingloriosa della deriva marxista in Cile cinque anni dopo, così da far emergere per la prima volta il termine “compromesso storico” che fu realizzato con le elezioni del 1976 e affossato grazie all’astuzia di Giulio Andreotti.
Ricordiamo, dunque, le vittime della bestialità comunista che nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1968 impose la sua ferrea legge, fatta di miseria, terrore e morte, alla Cecoslovacchia.
Lo ricordiamo per aiutare chi ancora osa professarsi comunista a mondarsi e a ripudiare quella barbara ideologia.
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