E’ dal 1994 che Silvio Berlusconi trova sulla sua strada, tra i tanti, il problema delle pensioni.
Il suo primo governo fu ribaltato dal tradimento della Lega, irretita da D’alema e da una promessa mai mantenuta sul federalismo, ma il pretesto fu dato dalle manifestazioni di retroguardia dei sindacati e della sinistra contro la riforma proposta dal governo.
Poi, l’anno successivo, Dini fece una inutile riformetta, un pannicello caldo che non ha risolto i problemi tanto che abbiamo poi avuto la Riforma Maroni e la controriforma Prodi.
Ed oggi eccoci qui che, dopo una “battuta” fondata sulla logica e il buon senso del ministro Brunetta, siamo di nuovo a parlare di pensioni.
E siamo di nuovo a parlarne in presenza di una apparente spaccatura nella strategia tra Lega e Berlusconi, con la prima che, accantonati o addirittura ribaltati i temi che le hanno consentito di ottenere un grande successo alle elezioni (lotta agli illegali, sicurezza, moratoria sulla costruzione delle moschee, no al trattato di Lisbona) gioca tutto sulla ruota dell’accordo con la sinistra per ottenere l’agognato federalismo.
Mentre Berlusconi, stanco di essere apostrofato con ogni epiteto non piacevole da chi, poi, bussa alla sua porta per ottenere un posto al “tavolo delle riforme”, parla come il Berlusconi dei bei tempi, quel Berlusconi che, se fosse sempre sulla stessa linea, non avrebbe mai perso il mio voto.
In questo quadro arriva la zampata di Brunetta, peraltro molto edulcorata nella formulazione rispetto al sunto giornalistico.
Ragioniamo infatti sui titoli di telegiornali e stampa: “Donne in pensione a 65 anni, progetto del ministro Brunetta”.
Ma negli articoli leggiamo la frase, più che prudente, direi molto timida, di Brunetta: “abbiamo bisogno di innalzare l’età e dobbiamo farlo in modo flessibile, volontario e tale che ci sia un equilibrio di lungo periodo”.
Ben diversa dal taglio netto proposto nei titoli e, soprattutto, frase improntata ad un buon senso sin troppo prudente.
Eppure le vestali del passato (veterofemministe e sindacati confederali) sono insorte come se l’opinione del ministro fosse un delitto di lesa maestà.
Brunetta non ha fatto altro che proiettare nel futuro i costi del mantenimento dello status quo e ragionare come dovrebbe fare qualsiasi governante che abbia a cuore il futuro della propria nazione e non il presente della sua poltrona.
Ne avevo già scritto recentemente , ma qualsiasi persona di normale buon senso sa che i pensionati, gli anziani, sono la parte più debole di una popolazione e per tale motivo devono poter contare su una pensione più che dignitosa e, soprattutto, sicura.
La vita media aumenta e anche se nel giro di alcuni anni si arriverebbe ad una media di età pensionabile sui 60 anni, rimarrebbero ben 20 anni almeno in cui un cittadino percepirà una pensione senza produrre ricchezza.
Qualsiasi persona normale e di comune buon senso sa che sono tre le anomalie che mettono in pericolo la quantità e anche l’erogazione delle pensioni presenti e future:
- il sistema retributivo conservato per quanti avevano 18 anni di anzianità al 31 dicembre 1995;
- il pensionamento anticipato delle donne rispetto agli uomini;
- la duplice “finestra” rappresentata dalla pensione per “vecchiaia” (età) e anzianità.
Eliminare queste anomalie significherebbe consentire agli istituti previdenziali di garantire, anche nel futuro, pensioni più dignitose e sicure.
Ma gli ayatollah degli scioperi generali e le sacerdotesse della parità di diritti (solo quando torna comodo …) da questo orecchio non ci sentono e così, dopo 14 anni, siamo tornati al nodo che, se fosse stato risolto nel 1994, oggi saremmo ben più attrezzati a fronteggiare la crisi presente e quelle che, inevitabilmente, ciclicamente, si presenteranno: le pensioni.
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Il suo primo governo fu ribaltato dal tradimento della Lega, irretita da D’alema e da una promessa mai mantenuta sul federalismo, ma il pretesto fu dato dalle manifestazioni di retroguardia dei sindacati e della sinistra contro la riforma proposta dal governo.
Poi, l’anno successivo, Dini fece una inutile riformetta, un pannicello caldo che non ha risolto i problemi tanto che abbiamo poi avuto la Riforma Maroni e la controriforma Prodi.
Ed oggi eccoci qui che, dopo una “battuta” fondata sulla logica e il buon senso del ministro Brunetta, siamo di nuovo a parlare di pensioni.
E siamo di nuovo a parlarne in presenza di una apparente spaccatura nella strategia tra Lega e Berlusconi, con la prima che, accantonati o addirittura ribaltati i temi che le hanno consentito di ottenere un grande successo alle elezioni (lotta agli illegali, sicurezza, moratoria sulla costruzione delle moschee, no al trattato di Lisbona) gioca tutto sulla ruota dell’accordo con la sinistra per ottenere l’agognato federalismo.
Mentre Berlusconi, stanco di essere apostrofato con ogni epiteto non piacevole da chi, poi, bussa alla sua porta per ottenere un posto al “tavolo delle riforme”, parla come il Berlusconi dei bei tempi, quel Berlusconi che, se fosse sempre sulla stessa linea, non avrebbe mai perso il mio voto.
In questo quadro arriva la zampata di Brunetta, peraltro molto edulcorata nella formulazione rispetto al sunto giornalistico.
Ragioniamo infatti sui titoli di telegiornali e stampa: “Donne in pensione a 65 anni, progetto del ministro Brunetta”.
Ma negli articoli leggiamo la frase, più che prudente, direi molto timida, di Brunetta: “abbiamo bisogno di innalzare l’età e dobbiamo farlo in modo flessibile, volontario e tale che ci sia un equilibrio di lungo periodo”.
Ben diversa dal taglio netto proposto nei titoli e, soprattutto, frase improntata ad un buon senso sin troppo prudente.
Eppure le vestali del passato (veterofemministe e sindacati confederali) sono insorte come se l’opinione del ministro fosse un delitto di lesa maestà.
Brunetta non ha fatto altro che proiettare nel futuro i costi del mantenimento dello status quo e ragionare come dovrebbe fare qualsiasi governante che abbia a cuore il futuro della propria nazione e non il presente della sua poltrona.
Ne avevo già scritto recentemente , ma qualsiasi persona di normale buon senso sa che i pensionati, gli anziani, sono la parte più debole di una popolazione e per tale motivo devono poter contare su una pensione più che dignitosa e, soprattutto, sicura.
La vita media aumenta e anche se nel giro di alcuni anni si arriverebbe ad una media di età pensionabile sui 60 anni, rimarrebbero ben 20 anni almeno in cui un cittadino percepirà una pensione senza produrre ricchezza.
Qualsiasi persona normale e di comune buon senso sa che sono tre le anomalie che mettono in pericolo la quantità e anche l’erogazione delle pensioni presenti e future:
- il sistema retributivo conservato per quanti avevano 18 anni di anzianità al 31 dicembre 1995;
- il pensionamento anticipato delle donne rispetto agli uomini;
- la duplice “finestra” rappresentata dalla pensione per “vecchiaia” (età) e anzianità.
Eliminare queste anomalie significherebbe consentire agli istituti previdenziali di garantire, anche nel futuro, pensioni più dignitose e sicure.
Ma gli ayatollah degli scioperi generali e le sacerdotesse della parità di diritti (solo quando torna comodo …) da questo orecchio non ci sentono e così, dopo 14 anni, siamo tornati al nodo che, se fosse stato risolto nel 1994, oggi saremmo ben più attrezzati a fronteggiare la crisi presente e quelle che, inevitabilmente, ciclicamente, si presenteranno: le pensioni.
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4 commenti:
Scrivi: "Qualsiasi persona normale e di comune buon senso"... ma perchè, quelli che ora urlano contro Brunetta e la sua ipotesi, pensi che siano persone normali e di buon senso? Va là... eccola la loro parità dei diritti. Io non sono una femminista, anzi, però una soluzione del genere mi andrebbe benissimo, se non altro, in futuro si potrebbero (come scrivi tu e come sarebbe normale) avere pensioni migliori.
Il corteo della cgil del 12 che si recava al comizio di Epifani è passato sotto le finestre del mio ufficio. La pioggia non dato tregua. I volti erano per lo più di anziani. La cgil ha infatti un numero di iscritti che è composto per circa il 60% da pensionati. Quella gente è brava gente che ha lavorato tutta una vita. Mi dispiace che debba lasciarsi infinocchiare da un pugno di caporioni che agitano demagogicamente la piazza per fini ideologici e sfruttano l'indottrinamento operato negli anni in cui il sindacato confederale aveva una sua ragion d'essere e svolgeva una funzione utile alla società. Purtroppo le manifestazioni non servono a ragionare, ma solo a scatenare i bassi istinti e la rabbia che si ha dentro contro un obiettivo che, da 15 anni, la sinistra ha individuato in Berlusconi. E nessuno che riesca a penetrare la loro propaganda, ricordando che i governi di sinistra, con le loro tasse da autentici gabellieri, sono stati quelli che hanno maggiormente depauperato i cittadini scaricando comunque sulle future generazioni i problemi che la nostra non riesce a risolvere.
E già per il solo fatto di dire: "Non se ne parla nemmeno", è di per se demagogico e se vogliamo "antiberlusconiano a prescindere". Avrebbero potuto rispondere vediamo le proposte e se ne discute.
Si, in genere chi segue il sindacato (ultimamente) è brava gente che s'è fatta il didietro tanto per prendere 4 soldi di pensione ma. C'è un ma, c'è anche chi è andato in pensione ingiustamente a 40 anni o meno e questi sono quelli che prelevano soldi a quelli come me. Però a quanto pare, questo non interessa a nessuno tranne forse che a Brunetta avanzando una simile e "sconcia" ipotesi.
Per quanto riguarda i sindacati... sto vedendo come lavorano nella mia azienda che sta in cattive acque. Sono arrivati, hanno raccolto una trentina di tessere (io ho rifiutato l'iscrizione) e poi? Bhu... si presentano, raccontano stupidaggini come: "Ah, e se volete farvi sentire, venerdì 12 c'è la manifestazione ad Ancona ma dovete farci sapere quanti siete prima possibile perchè questo governo blablablabla". Ma il governo precedente a questo ha contribuito a sfasciare il mondo aziendale, loro dove caspita stavano? Io quest'anno, ho 70 euro in meno sulla tredicesima a causa del governo prodi e non a causa del governo Berlusconi. Fai un pò te. Mi spiace dirlo ma stupido a chi ancora ci crede al sindacato, qualunque esso sia.
Nulla da aggiungere, Eleonora, se non che c'è differenza tra sindacati confederali e quelli autonomi di categoria (Alitalia docet) anche se tutti giocano contro l'autonomia sindacale.
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