Dopo la “lettera dei 101” del “partito di centro, moderato e liberale” che oggi inizia il congresso fondativo, credo sia opportuno ricordare uno dei capisaldi che caratterizza l’Uomo Conservatore, di Destra e lo distingue e lo eleva, nettamente, da quello di sinistra o all’ibrido homo centrista.
Questa caratteristica è la consapevolezza della propria Identità Nazionale.
Una Identità che più è marcata, più rende consapevoli del pericolo che corriamo con quello che l’ex Presidente del Senato Marcello Pera chiamò il “meticciato” e che, con termine politicamente corretto, viene definita la “società multietnica e multiculturale”.
Ma più è forte la nostra Identità, più è facile inglobare, essere inclusivi, chi viene da noi, nella nostra terra con la voglia di fare e di lavorare e non con la pretesa di occupare e di rubare ciò che non gli appartiene.
L’Italia è stata da sempre terra di arrivi, ma da sempre chi è venuto in pace, in pace è restato e si è integrato.
Pensiamo solo alla Leggenda di Enea che è alla base della Fondazione di Roma.
E pensiamo a come Roma, nell’esportare Civiltà là dove c’era solo barbarie, abbia non solo dato regole e infrastrutture, ma abbia anche saputo inglobare, poco alla volta, popoli differenti, sino a farli diventare orgogliosi di poter dire “Civis Romanus Sum”.
Tutto ciò, senza rinunciare alle proprie divinità, alle proprie usanze, ai propri costumi.
I Romani non hanno mai rinunciato alle proprie feste e ricorrenze perché potevano “turbare” i neocittadini.
I Romani, invece, davano piena accoglienza anche alle usanze altrui che, però, non dovevano essere loro a turbare o confliggere con quelle della Tradizione, così come accoglievano nel loro Pantheon gli dei dei popoli sconfitti, naturalmente in posizione subordinata con gli Dei di Roma.
Ma la concessione della cittadinanza romana avveniva nel momento in cui gli uomini di nazionalità romana non erano più in grado di governare un vasto impero da loro stessi conquistato.
Non quando i confini erano così ristretti da non avere neppure spazio per lo loro stessi.
Due anni fa, durante la campagna elettorale per le presidenziali di Francia, i soliti zelanti esterofili si presero una cotta per Sarkozy, lo stesso che sta proteggendo una terrorista rossa come la Petrella e, tutto sommato, ben poco ha fatto per impedire all’altro terrorista rosso Battisti di rifugiarsi nell’ospitale Brasile.
Sarkozy fece una bella campagna elettorale, poi completamente ribaltata da una presidenza molto discutibile, soprattutto perché ha completamente dimenticato uno dei capisaldi della stessa: la costituzione e la effettiva realizzazione di un ministero per l’Identità Nazionale.
Il problema della Identità è un problema che ci coinvolge pesantemente, soprattutto da quando persino quello che fu il leader della Destra Italiana, nel 2003 cominciò a farla fuori dal vaso, auspicando la concessione del diritto di voto (quindi della cittadinanza) agli immigrati.
Poi quel signore abbandonò, come si legge anche nelle interviste di oggi, la sua Fede di sempre, dimostrandosi così persona inaffidabile e invotabile ed oggi è il “delfino” di Berlusconi in quella che, all’inizio, aveva definito “comica finale”, cioè il pdl.
Ma rimane il problema, anche perché rilanciato periodicamente dai buonisti di ogni latitudine, della “cittadinanza”.
Purtroppo ci si dimentica facilmente della “nazionalità”.
Dal contenuto ben diverso.
E allora mi torna in mente, ancora una volta, il Manzoni: una d’arme,di lingua,d’altare,di memorie,di sangue,di cor .
Vuol dire che la nazionalità non può derivare da un decreto presidenziale.
La Nazionalità è un “sentire”.
E’ appartenenza ad un Popolo che ha combattuto per il suo riscatto e per la sua indipendenza.
Un Popolo che, naturalmente, parla la stessa lingua, pensa con le stesse parole e sogna con lo stesso idioma.
Un Popolo che si ritrova nella Fede dei suoi Avi, nella Tradizione di un Rito tanto antico quanto attualissimo, nelle Parole di un Dio.
Un Popolo che ha un percorso comune, una storia comune.
Un Popolo che ha sofferto assieme e assieme è risorto.
Un Popolo che “sente” allo stesso modo che questa Terra è la nostra Terra, che ci fu data e che consegneremo ai nostri posteri.
Riconoscere la nostra Identità Nazionale significa quindi non cedere al finto e peloso buonismo che traspare anche dalla “lettera dei 101” del “partito di centro, moderato e liberale”, bensi tutelare e preservare la nostra Nazionalità, ammettendo e inglobando chi viene per lavorare e integrarsi, ma buttando fuori, senza se e senza ma, chi viene per scardinare Ordine, per minare la nostra Sicurezza e Legalità, con la pretesa di cambiare le nostre Tradizioni.
“Noi Italiani” non deve essere una vuota espressione, indicante una semplice, burocratica, annotazione nella carta di identità.
Bensì deve significare la consapevolezza di appartenere ad una Nazione, quindi il “sentirsi Italiano”, non è questione di passaporto, ma di Identità.
Una d’arme,di lingua,d’altare,di memorie,di sangue,di cor
Entra ne
Questa caratteristica è la consapevolezza della propria Identità Nazionale.
Una Identità che più è marcata, più rende consapevoli del pericolo che corriamo con quello che l’ex Presidente del Senato Marcello Pera chiamò il “meticciato” e che, con termine politicamente corretto, viene definita la “società multietnica e multiculturale”.
Ma più è forte la nostra Identità, più è facile inglobare, essere inclusivi, chi viene da noi, nella nostra terra con la voglia di fare e di lavorare e non con la pretesa di occupare e di rubare ciò che non gli appartiene.
L’Italia è stata da sempre terra di arrivi, ma da sempre chi è venuto in pace, in pace è restato e si è integrato.
Pensiamo solo alla Leggenda di Enea che è alla base della Fondazione di Roma.
E pensiamo a come Roma, nell’esportare Civiltà là dove c’era solo barbarie, abbia non solo dato regole e infrastrutture, ma abbia anche saputo inglobare, poco alla volta, popoli differenti, sino a farli diventare orgogliosi di poter dire “Civis Romanus Sum”.
Tutto ciò, senza rinunciare alle proprie divinità, alle proprie usanze, ai propri costumi.
I Romani non hanno mai rinunciato alle proprie feste e ricorrenze perché potevano “turbare” i neocittadini.
I Romani, invece, davano piena accoglienza anche alle usanze altrui che, però, non dovevano essere loro a turbare o confliggere con quelle della Tradizione, così come accoglievano nel loro Pantheon gli dei dei popoli sconfitti, naturalmente in posizione subordinata con gli Dei di Roma.
Ma la concessione della cittadinanza romana avveniva nel momento in cui gli uomini di nazionalità romana non erano più in grado di governare un vasto impero da loro stessi conquistato.
Non quando i confini erano così ristretti da non avere neppure spazio per lo loro stessi.
Due anni fa, durante la campagna elettorale per le presidenziali di Francia, i soliti zelanti esterofili si presero una cotta per Sarkozy, lo stesso che sta proteggendo una terrorista rossa come la Petrella e, tutto sommato, ben poco ha fatto per impedire all’altro terrorista rosso Battisti di rifugiarsi nell’ospitale Brasile.
Sarkozy fece una bella campagna elettorale, poi completamente ribaltata da una presidenza molto discutibile, soprattutto perché ha completamente dimenticato uno dei capisaldi della stessa: la costituzione e la effettiva realizzazione di un ministero per l’Identità Nazionale.
Il problema della Identità è un problema che ci coinvolge pesantemente, soprattutto da quando persino quello che fu il leader della Destra Italiana, nel 2003 cominciò a farla fuori dal vaso, auspicando la concessione del diritto di voto (quindi della cittadinanza) agli immigrati.
Poi quel signore abbandonò, come si legge anche nelle interviste di oggi, la sua Fede di sempre, dimostrandosi così persona inaffidabile e invotabile ed oggi è il “delfino” di Berlusconi in quella che, all’inizio, aveva definito “comica finale”, cioè il pdl.
Ma rimane il problema, anche perché rilanciato periodicamente dai buonisti di ogni latitudine, della “cittadinanza”.
Purtroppo ci si dimentica facilmente della “nazionalità”.
Dal contenuto ben diverso.
E allora mi torna in mente, ancora una volta, il Manzoni: una d’arme,di lingua,d’altare,di memorie,di sangue,di cor .
Vuol dire che la nazionalità non può derivare da un decreto presidenziale.
La Nazionalità è un “sentire”.
E’ appartenenza ad un Popolo che ha combattuto per il suo riscatto e per la sua indipendenza.
Un Popolo che, naturalmente, parla la stessa lingua, pensa con le stesse parole e sogna con lo stesso idioma.
Un Popolo che si ritrova nella Fede dei suoi Avi, nella Tradizione di un Rito tanto antico quanto attualissimo, nelle Parole di un Dio.
Un Popolo che ha un percorso comune, una storia comune.
Un Popolo che ha sofferto assieme e assieme è risorto.
Un Popolo che “sente” allo stesso modo che questa Terra è la nostra Terra, che ci fu data e che consegneremo ai nostri posteri.
Riconoscere la nostra Identità Nazionale significa quindi non cedere al finto e peloso buonismo che traspare anche dalla “lettera dei 101” del “partito di centro, moderato e liberale”, bensi tutelare e preservare la nostra Nazionalità, ammettendo e inglobando chi viene per lavorare e integrarsi, ma buttando fuori, senza se e senza ma, chi viene per scardinare Ordine, per minare la nostra Sicurezza e Legalità, con la pretesa di cambiare le nostre Tradizioni.
“Noi Italiani” non deve essere una vuota espressione, indicante una semplice, burocratica, annotazione nella carta di identità.
Bensì deve significare la consapevolezza di appartenere ad una Nazione, quindi il “sentirsi Italiano”, non è questione di passaporto, ma di Identità.
Una d’arme,di lingua,d’altare,di memorie,di sangue,di cor
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2 commenti:
Sottoscrivo. Ma se oggi qualcuno parlasse come il Manzoni si beccherebbe del "fascista". Quello che chiedi e i capisaldi che elenchi sono mera utopia nell'era del globalismo, un vero e proprio "cantiere di demolizione" che tutto sradica, devasta, conculca e disperde.
Forse Manzoni si beccherebbe ancor di più del "razzista" ma, visto da chi proviene, più che un insulto è un riconoscimento della correttezza della propria posizione ;-)
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